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Fossetti Laura - 7 aprile 1978
L'ANTAGONISTA RADICALE: (12) Personale e politico
di Laura Fossetti

SOMMARIO: Gli atti del convegno sullo statuto e sull'esperienza del Parito radicale che si è svolto a Roma all'Hotel Parco dei Principi nei giorni 5, 6 e 7 aprile 1978.

("L'ANTAGONISTA RADICALE" - La teoria e la prassi del partito nuovo, socialista e libertario; e lo statuto e l'esperienza del PR nella società e nelle istituzioni - Convegno del consiglio federativo del Partito Radicale - Roma, aprile 1978)

Laura Fossetti

PERSONALE E POLITICO (intervento) *

Innanzitutto, mi è dispiaciuto moltissimo quello che secondo me è il profondo fraintendimento, da parte di Vattimo, dell'intervento di Taschera. Siccome non posso pensare che semplicemente non l'abbia capito, mi domando perché l'abbia così frainteso. Penso si tratti di un riflesso molto diffuso oggi, direi, dentro il partito: il non voler comprendere perché inconsciamente si ha paura di comprendere. Un rifiuto, una rimozione o quel cavolo volete che sia.

Si è parlato di crisi dei movimenti federati; è venuto fuori, il discorso, lo notava anche Taschera, in quell'importante lavoro di statistica che ha fatto il compagno di Milano; è venuto fuori che c'è stato dal '76 al '77 un crollo notevolissimo di partecipazione agli stessi congressi di iscritti o militanti nei movimenti federati. In più consigli federativi è venuto poi fuori il problema dei rapporti fra partito e movimenti federati, con insofferenze nei confronti dei movimenti stessi, che non farebbero abbastanza eccetera. Ho detto più volte che ci sono responsabilità da ambo le parti. Ma io indicherei come responsabilità dei movimenti federati - e mi riferisco soprattutto al FUORI del quale ho esperienza diretta - il non aver chiarito abbastanza al proprio interno cosa è che vogliono. Credo che il discorso possa valere anche per l'MLD, come per qualunque collettivo o movimento femminista: si tratta di capire quale femminismo si vuole, quale liberazione sessuale si vuole o cosa si intende per essa.

Certamente un movimento come il FUORI è andato in crisi (perché è in crisi, inutile cercare di nasconderlo: ci sono dati di ripresa, la rivista riparte piuttosto bene, ma sono dati marginali) è andato in crisi perché non ha chiarito al proprio interno se gamento delle maglie, un allargamento della norma (``riconoscete anche me, magari concedetemi pure il matrimonio in chiesa, tanto bello, lo fanno anche in America''... ecco, porto all'esasperazione una posizione più riformistica in senso tradizionale) oppure se vuole lottare per una diversa "qualità della vita", il che è rivoluzionario. Ecco, una scelta tra queste due posizioni non c'è stata, non è chiara, c'è chi si muove su una linea e chi sull'altra, ma senza molta chiarezza. E molte volte si chiede appunto solo questa accettazione (brutta parola!): ``Ci siamo anche noi! ''. Certo anche a me non piace essere presa a pietrate o picchiata; no proprio no. Anche io ci tengo a non essere insultata solo per la ragione che non mi conformo alla norma dominante, a

l comportamento voluto dal potere. Però il discorso non si può limitare a questo. L'intervento di Vattimo mi ha fra l'altro fatto pensare a questo: se certi fraintendimenti non siano collegati a questo modo, se vogliamo tradizionale (ma dò una connotazione negativa in questo caso alla parola) di richiedere un po' più di spazio, un po' più di diritto, l'allargamento delle maglie ma non veramente al volere (anche se lo si dichiara a parole) una diversa qualità della vita: cambiare cioè, capovolgere prima di tutto i propri piani mentali, rifiutare i valori imperanti legati a questo - ma sì - a questo sistema di produzione. Carlo Sismondi ce l'ha ricordato tante volte: sistema di produzione per accumulazione a occidente come a oriente, che richiede come elemento assolutamente funzionale la repressione sessuale.

Ecco, il problema è di chiarirci all'interno dei movimenti, e per un verso all'interno del partito, tra compagni e compagne che non militano nei movimenti: cos'è che si vuole? Se si vuole quella tale diversa qualità della vita si deve essere disposti prima di tutto, l'ho detto fino alla nausea, a rimettersi in discussione nelle proprie singole vite: qui e ora, non aspettando dopodomani la fine del regime. Qui e ora: Questo è un problema che riguarda i movimenti per un verso, ma tutto il partito. Solo che anche qui ormai, l'ho ripetuto fino alla nausea, c'è questa tendenza costante alla fuga dalla presa di coscienza di certi problemi di fondo; ci si impegna tantissimo, si lotta tantissimo, su lotte importantissime, su battaglie ultra importanti, che passeranno alla storia, benissimo, ciascuno di noi ha contribuito come ha potuto in molti sensi, però c'è anche la tendenza alla fuga, al non volere ``prendere coscienza''; ora, al punto in cui siamo, punto di estrema crisi, non solo dall'esterno, ma anche dentro

il partito, se non ci si raccoglie anche verso l'interno a ripensare davvero i nostri fondamenti, a cercare di chiarire a se stessi cosa si vuole, a chiarirli non a livello ``teorico'' (come si intende tradizionalmente) ma affondando le mani in quel magma che abbiamo nel fondo e cercando di tirar fuori e guardare con un minimo di chiarezza quello che c'è, cercando di affondare le mani nell'intrico delle nostre paure, dei tabù, delle resistenze eccetera, ho la convinzione che si rischia di non aver molta strada da fare.

Voglio dire semplicemente che si rischia di finire, un po' più presto o un po' più tardi, molto poco o punto diversi, di scivolare verso quello che sono i partiti tradizionali. Sarà una fissazione mia, una monomania, ma credo che il Partito Radicale in questo momento comincia veramente a correre questo rischio e vorrei che i compagni e le compagne il problema se lo ponessero, non scivolassero via, non girassero sempre l'angolo; se lo ponessero: rischiamo, oggi come non mai, di essere riassorbiti dal famoso sistema, diciamo dal regime - chiamatelo come volete - che è molto più potente di quello che forse fin qui ci siamo illusi, molto di più. Rischiamo di essere assorbiti nel modo peggiore, normalizzati a pieno. Noi continuiamo a ripetere il partito di diversi, il partito diverso, Sergino molto bene ci diceva prima ``diversi, anche a livello associativo''; diciamo molto spesso in giro che siamo il partito dei diversi perché perbacco, li abbiamo caricati tutti, la gente più scomoda, quella più difficile, froci

, battone, matti, eccetera, quanto siamo bravi! ma attenzione, perché siamo sempre meno diversi, lo siamo sempre meno dentro di noi, anche perché, vecchia storia, in queste cose i passi che non si fanno avanti si fanno indietro, e fermi non si resta. Se non si fa niente non è che si resta alla situazione dell'altr'anno o quella di due anni fa, se non si fa niente si regredisce e sempre più rapidamente. I ritmi diventano sempre più rapidi. Non so se lo pongo come problema o come interrogativo. Ecco, rischiamo di morire ma della morte peggiore, se non partiamo in tempo a ridiscuterci e a ridiscutere fino in fondo, a ridiscutere questa famosa non-violenza.

Perché attenzione, anche qui, non si vive di rendita; anche la non-violenza, il senso della non-violenza va approfondito: se non si prende coscienza di quanto sia essenziale il legame della scelta non-violenta con la scelta del rifiuto dei condizionamenti, delle castrazioni della sessualità, del conformismo in campo sessuale, della scelta di una liberazione, o tentativo di liberazione della sessualità; se non si vede come sia strettamente connessa a un recupero del femminile, di valori (se volete dirlo con certi termini antropologici) matri-lineari o chiamatelo come volete, di un tipo insomma di aggregazione che non sia dominato dall'idea di potere, con tutto quello che implica, proprio delle società maschiliste-paternaliste; se non ci si rende conto che un nucleo solo della non-violenza non lo si può portare avanti davvero e farne veramente forza rivoluzionaria; se non si ha coscienza di tutte queste implicazioni, smetteremo presto anche di vivere di rendita su questo.

Non basta elencare le glorie passate: quanti compagni sono andati in galera, sono stati perseguitati... bellissime cose, ma le rimproverate sempre al resto della sinistra, che finiva per fare gran discorsi ai funerali! Attenzione, rischiamo di metterci anche noi su questa strada, di ripeterci tra noi quanto siamo stati bravi, quanti eroi abbiamo avuto, quanto continuiamo ad essere bravi e diversi, e rischiamo di essere sempre meno diversi, sempre meno bravi, di sostenere una non-violenza che, se non è approfondita davvero, e se non cambia dal profondo le nostre singole vite a tutti i livelli, sarà sempre meno non-violenza, sempre meno efficace e sempre meno convincente per gli altri.

 
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