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Spadaccia Gianfranco - 24 aprile 1978
Perché il convegno
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: (Il 5-6-7 maggio 1978 a Roma il convegno teorico sul partito, deciso dal Congresso di Bologna. Nella difficile situazione che viviamo, necessario un momento di riflessione e di approfondimento delle ragioni e della strategia, delle scelte statutarie e organizzative che hanno ispirato oltre quindici anni di lotte radicali. Andiamo a questo appuntamento con la speranza che esso possa assicurare al partito, alla sua crescita, alla sua lotta, un contributo utile di riflessione e di dibattito, in vista delle esperienze che dovrà affrontare. Necessario un periodo di approfondimento. Non sarà un congresso: perché questo appuntamento possa dare un contributo alla riflessione colletiva, dovrà rispettare i limiti che si è posto e che il Congresso gli ha dato. Le analisi, la prassi rogorosamente sperimentale,la scelta degli obiettivi, i tentativi di diffondere un diverso modo di fare poltica e di organizzarsi politicamente non è riuscito mai a filtrare attraverso il muro del rifiuto e dell'ostracismo cui erav

amo condannati dalla cultura dominante e dai mass media, dalle mode indotte dalla superficialità giornalistica, politica e culturale. Vittime della censura il paese, la democrazia, ma in primo luogo i radicali, privati del confronto e del dialogo con i diversi e con i dissenzienti.

(NOTIZIE RADICALI N. 118, 24 aprile 1978)

I giorni che viviamo sono giorni drammatici e tragici per il paese e per la democrazia, per le famiglie delle vittime della violenza armata, per la famiglia di Aldo Moro. Giorni drammatici e tragici per i diritti dei cittadini e per le ragioni della libertà contro quelle della convergente violenza del regime e delle Brigate Rosse che sembra prevalere.

L'opposizione radicale non abbandona la sua lotta nonviolenta nel parlamento e nel paese, e nonostante la censura e la disinformazione, il linciaggio maccartista del regime e gli attacchi e gli insulti delle Brigate Rosse, acquista spessore nel paese, nella coscienza e consapevolezza dell'opinione pubblica. Ma il grande disegno di alternativa nonviolenta e costituzionale che avevamo portato avanti in questi anni con il progetto referendario e con le nostre lotte di liberazione sembra travolto e sconfitto. Il tentativo e la speranza di costituire una barriera di legalità repubblicana fatta di diritti civili e di diffusione della democrazia, per il quale era sembrato possibile il successo negli anni passati, sembra cedere il passo all'acuirsi della spirale della violenza con il suo seguito di violazioni della Costituzione e di negazioni della democrazia, con le nuove stragi di legalità e di vite umane.

Non solo i fatti di questi giorni, con la drammatica serie di omicidi agli angoli delle strade, con il rapimento di Moro e i timori per la sua sorte, a dircelo. Ce lo dice anche ogni giorno ciò che accade in Parlamento: la lotta decennale contro l'aborto clandestino di classe conclusa con una legge truffa, ancora peggiore dopo gli ultimi emendamenti di quella passata in precedenza; una emergenza tutta rivolta contro i diritti dei cittadini, contro lo democrazia, contro i referendum.

Un periodo di approfondimento

Ormai da mesi il partito ha dovuto ufficialmente sospendere ogni attività nazionale: qualsiasi progetto politico oggi si pensasse di proporre e di intraprendere, il regime e i suoi mezzi di comunicazione di massa non ne consentirebbero la conoscenza e il giudizio al paese come non lo consentono per ogni altra informazione radicale che o viene censurata o viene stravolta.

In queste condizioni, perché il convegno di cui diamo l'annuncio con questo numero straordinario di "Notizie radicali"?

Avevamo avvertito al congresso del novembre scorso, in una situazione che tutto ciò mostrava già difficile, la necessità di un periodo di riflessione e di approfondimento delle ragioni e della strategia, delle scelte statutarie e organizzative che avevano ispirato oltre quindici anni di lotte radicali. Un periodo di riflessione e di approfondimento collettivo per molti versi analogo a quello che abbiamo affrontato in altri momenti della storia del partito: penso soprattutto al dibattito che affrontammo nel 1966 e nel 1967 e che portò alla definizione dello statuto, consolidando una attività di rifondazione nella quale ci eravamo prodigati dal 1962 dopo la crisi definitiva dell'esperienza della precedente generazione di radicali.

Non sarà un congresso

In queste intenzioni, il convegno che non a caso chiamammo allora teorico, era il primo appuntamento che il congresso fissava al consiglio federativo.

Gli avvenimenti gravi che si sono verificati ce ne hanno in parte distratto, allungandone di qualche settimana i tempi di preparazione e facendo slittare da marzo all'inizio di maggio la data della sua convocazione e del suo svolgimento.

Il convegno però si terrà. Esso non sarà, non potrà essere un congresso. Proprio perché possa dare un contributo - come speriamo - consistente alla nostra riflessione collettiva, bisogna rispettare i necessari limiti che esso si è posto e che il congresso gli ha fissato.

A causa del drammatico evolversi dei fatti politici, il consiglio federativo ha ritenuto opportuno separare il convegno in due punti all'ordine del giorno: il primo riguardante il partito e l'organizzazione libertaria, il secondo riguardante le istituzioni cioè il rapporto che i radicali hanno avuto nelle loro lotte con le istituzioni.

Nel ripercorrere le diverse tappe della nostra esperienza, nel ricordare e nel ripensare le modalità di lotta che abbiamo inventato, ci siamo accorti in realtà di quale patrimonio nonviolento, di quale esperienza collettiva siamo stati capaci di accumulare, dando alla lotta politica un contributo originale e creativo che forse non ha uguali nelle organizzazioni politiche della sinistra nell'ultimo decennio. Di tutto questo sono giunti all'opinione pubblica soltanto i risultati, le cosiddette "vittorie" radicali, la pretesa "efficacia" dei nostri metodi. Tutto ciò che c'era dietro - le analisi, la prassi rigorosamente sperimentale, le scelte, come si dice, strategiche, che suggerivano la scelta degli obiettivi, i tentativi di diffondere un modo diverso di fare politica e di organizzarsi politicamente - non è mai riuscito a filtrare attraverso il muro del rifiuto, dell'indifferenza, dell'ostracismo cui eravamo condannati dalla cultura dominante e dai mezzi di comunicazione di massa, oltre che dalle mode indott

e dalla superficialità del mondo politico, giornalistico e culturale.

Vittime della censura

E' lo stesso mondo, è la stessa cultura che ora devono prendere atto della ben diversa e più agghiacciante "efficacia" di altri metodi.

Di questo ostracismo, di questa indifferenza, di questa censura non sono stati vittime soltanto il paese e la democrazia, i radicali potenziali che esistevano nella società e che potevano unirsi a noi nella formazione di una organizzazione politica alternativa (e alternativa innanzitutto nei suoi connotati libertari, e non-violenti). Noi stessi ne siamo stati le prime vittime perché siamo stati privati di quella riflessione e di quegli sviluppi che possono venire soltanto dal confronto, dal dialogo con i diversi e con i dissenzienti da noi.

Rimeditare oggi criticamente anche nelle loro contraddizioni, che si sono rivelate contraddizioni vitali, quelle esperienze di lotta e di organizzazione, riconquistarle innanzitutto alla memoria collettiva del partito e poi alla sua capacità di dibattito e di riflessione comune, è tanto più necessario in un momento in cui tutti avvertiamo che la vita politica è a una svolta profonda e drammatica, quella svolta che abbiamo previsto, denunciato e tentato di impedire, e di fronte alla quale tutti avvertiamo che il partito deve attrezzarsi in maniera diversa dal passato, compiendo un salto nella sua capacità di organizzazione e di lotta.

Per questi motivi non abbiamo chiuso il convegno all'apporto dei soli radicali. E ci siamo sforzati di non cadere nel rischio di un tentativo di sistemazione acritica a posteriori di una esperienza che si presenta complessa, variegata, perfino vitalmente contraddittoria.

Confronto e dialogo

E' ciò che abbiamo raccomandato ai due relatori, sui due punti all'ordine del giorno, i compagni Teodori e Bandinelli, ed è lo sforzo che abbiamo tentato nel preparare le comunicazioni, sia quelle preparate da nostri compagni sia quelle che abbiamo richiesto a non radicali. Molti dei temi che abbiamo evocato durante i lavori preparatori rimarranno senza trattazione, per mancanza di tempo e di energie. Non sarà un male se, come speriamo, le comunicazioni verteranno sui temi che abbiamo invece deciso di trattare un sufficiente materiale di riflessione e di analisi.

La tirannia dei tempi ci ha costretto a fare il convegno in coincidenza o ad immediato ridosso di iniziative prese da alcuni partiti regionali, e ci ha privato, nella fase di preparazione, dell'apporto delle compagne e dei compagni del collettivo parlamentare, impegnati nel loro difficile lavoro alla Camera.

Uno strumento di riflessione

Non siamo ancora affatto sicuri della partecipazione di Leonardo Sciascia, che sentiamo in questi giorni particolarmente vicino e che abbiamo invitato a presiedere la seconda parte del convegno; né lo siamo della partecipazione e dell'apporto di altri intellettuali, dal compagno Guiducci ad Umberto Eco, che pure abbiamo invitato.

Andiamo tuttavia a questo appuntamento con la speranza che esso possa assicurare al partito, alla sua crescita, alla sua lotta, uno strumento e un contributo utile di riflessione e di dibattito, in vista delle successive esperienze che dovrà affrontare.

 
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