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Pannella Marco - 29 aprile 1978
MORO: DICHIARAZIONE DI MARCO PANNELLA DI SABATO 29.4.78 ORE 14 CENSURATA DA TUTTA LA STAMPA.

SOMMARIO: Denunciando coloro che offendono l'immagine di Aldo Moro attribuendogli un comportamento subalterno ai suoi torturatori delle BR, Pannella afferma "che se Moro scrive è perché vuole e sceglie di farlo; se scrive non poche frasi monche ma, con rigore e passione, pagine e pagine [...] e non sceglie il silenzio, e non oppone ai suoi carcerieri delle B.R. ed ai suoi torturatori esterni il silenzio, questo accresce e fa nascere in noi la stima ed anche la fiducia non solo nell'uomo Moro, ma nel politico presidente della DC". Non è pazzo Moro quando chiede, a termini di statuto, che si riuniscano gli organi statutari della Dc e che si affidi a loro e non al potere incontrollato dei vertici, il discutere ed il deliberare sul suo caso. Pannella ribadisce la richiesta che le Camera possano discutere del suo caso, dare indirizzi al Governo, discutere su quanto fatto in questi 44 giorni.

"In attesa che l'assassinino le Brigate Rosse, il regime e i suoi zeloti linciano e torturano nel peggiore dei modi Aldo Moro. La sua immagine è offesa, stravolta, lordata dai mass media: sembra quasi che il Presidente della DC sia divenuto radicale.

Che Moro sia prigioniero, tutto lo sanno; che cosa questo comporti ognuno può valutarlo. Noi, che abbiamo sempre lottato contro l'inumanità e la barbarie delle carceri (speciali e no), in nome della dignità della Repubblica e dei diritti fondamentali della persona, valutiamo fino in fondo la gravità delle costrizioni non solo fisiche, ma morali e psicologiche della reclusione di Moro.

Ma Moro scrive. Offende la sua statura morale e umana, mente, sapendo di mentire, chi pensa che proprio Aldo Moro non sappia, ove lo voglia, dire di no ai suoi carcerieri: No al parlare, No - perfino - alla vita se ritenesse in tal modo di meglio difendere (di quanto non lo faccia scrivendo ed intervenendo nella politica italiana ed alla sua famiglia) la sostanza delle cose da lui sperate ed amate, se stesso e la società.

In condizioni anche peggiori, in ogni tempo e luogo, persone umili, con il solo carico di responsabilità della propria individuale esistenza e delle loro idee, hanno saputo resistere e non collaborare con i loro aguzzini o carcerieri. Si può non essere d'accordo con quel che Moro, oggi come ieri, pensa, vuole, tenta. Ma non lo si può, se non con la ferocia dei vili e dei servi di chierici traditori e frustrati, a tal punto torturare, ferire, togliergli non solamente la libertà di movimento, ma anche il diritto alla propria immagine, al proprio pensiero, alla propria parola. Nel migliore dei casi chi parla in nome del Moro di ieri contro quello di oggi pecca orrendamente di superbia; reifica, riduce a sua propria cosa la vita di colui che proclama di voler difendere, e ne dispone senza carità e senza speranza.

Noi affermiamo che se Moro scrive è perché vuole e sceglie di farlo; se scrive non poche frasi monche ma, con rigore e passione, pagine e pagine, quasi con disperazione cercando di annodare un dialogo con i suoi amici e con la massa di coloro che si apprestavano a plebiscitario Presidente della Repubblica, se tanto e questo scrive, e non sceglie il silenzio, e non oppone ai suoi carcerieri delle B.R. ed ai suoi torturatori esterni il silenzio, questo accresce e fa nascere in noi la stima ed anche la fiducia non solo nell'uomo Moro, ma nel politico presidente della DC.

Non è pazzo né prigioniero, in democrazia, l'esponente di un partito che chiede, esige, a termini di statuto, di democrazia, carica e di umanità, che si riuniscano gli organi statutari del partito stesso e che si affidi a loro e non al potere incontrollato dei vertici, il discutere ed il deliberare su un problema gravissimo per lo stato, il partito, per se stesso. Così come non è pazzo né prigioniero di utopie irresponsabili il deputato che chiede, in queste condizioni, che la Costituzione sia rispettata, che la Camera della quale fa parte compia le sue funzioni, detti i suoi indirizzi, operi il controllo dell'esecutivo, come deve. Invece lo statuto della DC non meno che il regolamento della Camera e la Costituzione Italiana, sono oggi posti in mora da chi ha fino a ieri servito le indicazioni di Aldo Moro, si è ad esse piegato anziché rendergli l'omaggio di doverose opposizioni, e tortura il Moro vivo, ancora vivo, proteso a capire come può ancora vivere e forse d'ora in poi far vivere. Il presidente

della DC ha nella sua lettera al Messaggero parlato certamente a nome della democrazia, dei democratici cristiani. Senza presunzione di rappresentarlo, ma nella convinzione che il deputato Moro non possa non essere in questo d'accordo, torno quindi da deputato a chiedere che la Camera si riunisca per discutere del suo caso, dare indirizzi al Governo, discutere su quanto fatto in questi 44 giorni. E' quanto i radicali hanno già fatto quotidianamente, con la censura di tutti. Ma se da Moro venisse un cenno in questo senso, se il collega Moro questo chiedesse direttamente, siamo sicuri che non saremmo più soli in questa richiesta e comunque non tollereremmo oltre che la democrazia e la Costituzione continuino ad essere offesi con tutto il Parlamento, anche su questo punto.

 
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