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Notizie Radicali - 26 maggio 1978
...non si bara con il referendum
Dopo lo scippo del Codice Rocco, del Concordato, delle leggi militari, oggi l'Alta Corte afferma che

SOMMARIO: La Corte Costituzionale, dopo aver sottratto al giudizio popolare i quattro maggiori referendum del progetto di attuazione costituzionale promosso dal Pr, ha riconosciuto "l'esigenza di non frustrare il ricorso ai referendum" e di "tutelare adeguatamente i promotori". Gli espedienti legislativi non possono bloccare i referendum, ha detto la Corte; dev'esserci, da parte del Parlamento, una modifica dei contenuti normativi essenziali e dei principi ispiratori perché il referendum possa essere bloccato. Bisognerà valutare nei prossimi giorni quanto questo argine sia realmente efficace contro i furibondi attacchi ai referendum della maggioranza-unanimità del Parlamento, che ha, comunque, già raggiunto lo scopo di soffocare e impedire un reale dibattito sui temi dei referendum. Dando per scontato infatti lo svolgimento di un solo referendum, si è provocata un'incredibile situazione d'incertezza; la Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai-tv ha scandalosamente ristretto i tempi per le tribune ref

erendarie; il Ministero degli Interni, i prefetti, i Comuni hanno addirittura omesso o ritardato l'adempimento di alcune operazioni elettorali (tabelloni per l'affissione dei manifesti, verifica dell'esistenza di adeguato numero di urne) mettendo in atto un vero e proprio boicottaggio ostruzionistico della campagna referendaria.

(NOTIZIE RADICALI N. 119, 26 maggio 1978)

Questa volta anche la Corte Costituzionale, quella Corte che a gennaio sotrasse con un vero e proprio "golpe" i quattro maggiori referendum del progetto di attuazione costituzionale promosso dal PR, ha dovuto riconoscere "l'esigenza di non frustrare il ricorso al referendum", la necessità di "tutelare adeguatamente i firmatari, i promotori delle richieste referendarie": le modifiche formali e pretestuose, gli espedienti legislativi - ha detto in pratica la Corte - non possono bloccare il referendum; solo se il parlamento modifica "i contenuti normativi essenziali", "i principi ispiratori" delle leggi sottoposte a referendum, è legittimo il blocco delle operazioni referendarie.

La nuova sentenza della Corte Costituzionale è sicuramente un argine - anche se dovremo valutarne nei prossimi giorni la reale efficacia - nei confronti dei furibondi attacchi e dell'ossessivo ostruzionismo contro i referendum (il vero ostruzionismo!) messo in atto, ormai da molti mesi, dai partiti della maggioranza-unanimità del parlamento.

Ostruzionismo e attacchi antireferendari spesso anche maldestri, portati avanti con leggi e leggine malfatte, a volte tecnicamente ridicole, ma per le quali non si è esitato a violare i regolamenti parlamentari e fondamentali principi costituzionali.

L'assurda pretesa di legiferare sulle materie sottoposte a referendum fino all'ultimo momento, senza alcun limite di tempo (anche dopo l'indizione dei comizi elettorali da parte del Presidente della Repubblica e addirittura dopo l'inizio della stessa campagna elettorale) ha intanto provocato una situazione tanto grave quanto addirittura paradossale: si potrà sapere con certezza quanti e quali referendum si terranno solo pochi giorni prima delle votazioni!

Infatti i referendum ancora in piedi (al 20 maggio) sono cinque, anche se stampa e Rai-TV, con la loro opera sistematica di disinformazione, ne hanno abrogati del tutto due, asserendo che l'approvazione delle leggi-truffa sull'inquirente e sui manicomi aveva già prodotto, automaticamente, il blocco delle operazioni referendarie. Questo blocco invece può essere dichiarato solo dall'Ufficio centrale della Cassazione al quale aspetta il compito di prendere in esame "leggi" approvate dal parlamento e valutare, con i criteri stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale, se esse mutino i principi ispiratori della disciplina sottoposta a referendum o se invece apportino solo modifiche formali. In quest'ultimo caso il referendum si fa. E, per quanto ha detto la Corte, si fa proprio sulla nuova legge che ha sostituito solo formalmente quella inizialmente sottoposta a referendum. L'Ufficio centrale della Cassazione però, potrà prendere queste decisioni solo verso la fine di maggio (il 25 o il 26 probabilmente)

o forse ancora dopo, soprattutto per l'aborto.

Provocando questa incredibile situazione di incertezza e confusione sull'oggetto stesso della consultazione, i partiti di regime, anche se non riusciranno a "scongiurare" tutti i referendum hanno comunque già raggiunto lo scopo di soffocare e impedire un reale e approfondito dibattito sui temi dei referendum, soprattutto grazie al comportamento banditesco della Rai-Tv e alla decisione scandalosa della commissione parlamentare di vigilanza.

Ma c'è di più: avendo finora dato per scontato lo svolgimento di un solo referendum il Ministero degli Interni, o i prefetti e i Comuni hanno addirittura omesso o ritardato l'adempimento di alcune operazioni elettorali (soprattutto quelle da compiere per tutti i cinque referendum: tabelloni per l'affissione dei manifesti, verifica dell'esistenza di un numero sufficiente di urne etc.), mettendo in atto, anche in questo modo, un azione di boicottaggio e ostruzionismo nei confronti della campagna referendaria.

Cerchiamo comunque di esaminare più dettagliatamente a che punto è l'iter istituzionale del referendum ripercorrendo le tappe di questa complessa vicenda giuridico-costituzionale e cercando di prevederne, per quanto sia possibile gli sviluppi.

Il 6 dicembre scorso l'Ufficio centrale della Cassazione, attestando la regolarità delle 700 mila firme, escluse dal referendum sulla legge Reale l'art. 5 (relativo al divieto di usare caschi o altri mezzi che rendano difficoltoso il riconoscimento della persona), in quanto "sostituito" dal parlamento, sia pure solo formalmente e in senso peggiorativo.

Contro questa decisione che al di là del problema dell'art. 5 sanciva un principio aberrante e un precedente pericolosissimo, il Comitato promotore presentò il 7 gennaio un ricorso alla Corte Costituzionale, sollevando un "conflitto di attribuzione tra poteri dello stato" (cioè tra il Comitato stesso e l'Ufficio centrale).

L'11 aprile, entrando nel merito del ricorso, la Corte affermò che il conflitto era sorto a causa di una possibile illegittimità costituzionale dell'art. 39 della legge sul referendum (la norma in base alla quale l'Ufficio centrale aveva preso la sua decisione) nella parte in cui esso "prevede che il blocco delle operazioni referendarie si produca anche quando la sopravvenuta norma abrogatrice sia accompagnata dall'emanazione di altra normativa che regoli la stessa materia apportando solo innovazioni formali o di dettaglio".

Con la sentenza del 17 maggio la Corte ha accolto questa questione di legittimità dell'art. 39 e ha fornito i nuovi criteri, di cui si è già fatto cenno inizialmente, in base ai quali deve pronunciarsi l'Ufficio centrale quando il parlamento approva una legge concernente la stessa materia sottoposta a referendum.

Lunedì 22 maggio la Corte dovrà emettere una nuova sentenza per risolvere il problema specifico dell'art. 5 della legge Reale e fornire, probabilmente, ulteriori "indicazioni" sull'applicazione della sua stessa sentenza del 17 maggio.

 
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