SOMMARIO: Cronistoria dell'opposizione radicale alla legge sul finanziamento pubblico dei partiti, a partire dall'ingresso dei primi quattro deputati in Parlamento (luglio 1976). Smentito chi prevedeva che, al primo impatto con il finanziamento pubblico, i radicali avrebbero cambiato idea.
(NOTIZIE RADICALI N. 119, 26 maggio 1978)
I radicali si dichiararono immediatamente contrari alla legge sul finanziamento pubblico dei partiti approvata dalla Camera dei Deputati nel 1974: sin dalla sua nascita, infatti, il partito aveva finanziato le proprie iniziative e le proprie attività con i contributi degli iscritti e dei sostenitori. Molti osservatori esterni erano però convinti che, al primo impatto con il finanziamento pubblico, le cose sarebbero cambiate. I fatti, così come li riportiamo di seguito, dimostrano che non è stato così.
"Luglio 1976": le elezioni del 20 giugno vedono l'ingresso in Parlamento di quattro deputati radicali. In base alla legge sul finanziamento pubblico, viene versata al Partito Radicale la prima rata del rimborso delle spese sostenute nel corso della campagna elettorale: la somma ammonta a L. 295.547.439. Entro il mese di ottobre di ogni anno, per tutta la durata della legislatura, si aggiungeranno le rate successive (18.218.976 lire ciascuna).
Il partito accetta questa forma di rimborso che, in quanto relativa a spese già sostenute, e quindi diretta a finanziare l'attività e non l'apparato non è in contrasto con la posizione radicale sul finanziamento pubblico.
La decisione sulla destinazione dei fondi destinati al partito verrà invece presa da un congresso straordinario, convocato a Roma nel mese di luglio. All'unanimità viene stabilito di rinunciare all'utilizzazione del fondo ordinario del finanziamento statale (che dovrebbe essere versato al partito entro il mese di gennaio 1977): al segretario nazionale viene dato mandato di ritirare la quota spettante, per evitare che venga ridistribuita tra gli altri partiti, e di congelarla in un apposito fondo bloccato fino al momento della revisione della legge. Per la modifica di quest'ultima, il congresso delibera che vengano messe in atto tutte le iniziative di lotta per raggiungere questo obiettivo compresa l'indizione di un referendum abrogativo.
Da questo momento inizia per il partito un'esperienza del tutto nuova: avendo rifiutato l'utilizzazione dei fondi statali, i radicali si trovano ad avere depositi bancari di centinaia di milioni, e a non disporre per le proprie lotte e per le proprie attività che dei contributi degli iscritti e dei sostenitori.
"Novembre 1976:" Le decisioni di luglio vengono confermate dal XVII congresso ordinario del partito, che ribadisce il rifiuto dei fondi del finanziamento pubblico. Contemporaneamente, l'assemblea di Napoli approva, nella mozione organizzativa, il bilancio preventivo di 600 milioni destinato a finanziare la campagna di raccolta firme per gli otto referendum, e quello di 150 milioni per l'attività ordinaria del partito. La campagna referendaria prenderà il via tra mille difficoltà. Il boicottaggio degli altri partiti, e soprattutto il silenzio assoluto degli organi d'informazione di massa (Rai-Tv in testa) e la necessità oggettiva di garantire ai cittadini l'informazione sull'iniziativa in corso, costringono il partito ad assumere impegni che vanno al di là delle possibilità finanziarie assicurate dai contributi degli iscritti e dei sostenitori.
Nel frattempo, a conferma dell'esatta analisi fatta dai congressi radicali sui meccanismi perversi messi in moto dal finanziamento pubblico, si delinea nel partito una tendenza estremamente pericolosa. Il miliardo, pur accantonato in banca, risulta esse infatti un deterrente pericoloso all'autofinanziamento. Non sono pochi i compagni che, partecipano con poco entusiasmo alla campagna di sottoscrizione, convinti che prima o poi si sarebbe fatto ricorso ai fondi statali per superare ostacoli ritenuti insormontabili. La somma accantonata, inoltre, sempre di proprietà del partito anche se inutilizzata, si trova ad essere esposta a possibili azioni giudiziarie da parte dei creditori, che se da una parte concedono al partito crediti inusitati, dall'altra non esiterebbero a rivalersi sui fondi statali, che il semplice accantonamento non basta a tutelare da questo pericolo.
"Aprile 1976:" a campagna di raccolta firme iniziata, il partito vive una situazione di impasse. Il deficit contratto ha raggiunto ormai i 170 milioni: altre centinaia ne occorreranno per portare a termine la campagna referendaria. Il partito, gli iscritti, vengono informati della grave situazione, il finanziamento pubblico corre il rischio di essere intaccato. Il Consiglio federativo, su proposta della Segreteria e del tesoriere, convoca il congresso straordinario.
"Maggio 1977:" Il congresso straordinario delibera ancora una volta che non una lira del finanziamento pubblico verrà utilizzata dal partito o dai comitati per il referendum. Viene lanciata una sottoscrizione nazionale che fissa a 300 milioni la quota da raggiungere entro giugno, stabilendo uno scadenzario per i reperimento dei fondi. Il minimo d'informazione fornita dalla stampa e dalla Rai-Tv, consentono di raggiungere il paese con questo messaggio: in meno di 48 ore vengono raccolti 50 milioni. Dopo un mese, la somma toccherà i 150 milioni.
"12 maggio 1977:" il ministro di polizia Cossiga sferra il suo attacco ai nonviolenti a p.za Navona, in occasione della manifestazione per gli otto referendum. I radicali, grazie a precisi e sistematici attacchi della stampa, appaiono i responsabili dell'assassinio di Giorgiana Masi. La disinformazione e la menzogna fanno sì che vasti strati di opinione pubblica reagiscano in un primo momento negativamente all'accaduto: l'attenzione e la tensione che si erano create attorno alla campagna di sottoscrizione vengono meno sino a determinare l'arresto. E' in pericolo, dunque, lo stesso esito della raccolta delle firme.
A questo punto il tesoriere e il consiglio federativo si trovano di fronte ad una scelta: tra la sospensione della raccolta delle firme per mancanza di fondi e il suo proseguimento grazie alla contrazione di nuovi debiti, viene scelta la seconda strada.
"30 giugno 1977:" con la raccolta delle 700.000 firme necessarie, si conclude la campagna referendaria. Il deficit del partito tocca ormai i 300 milioni. Ci si avvia dunque al congresso di novembre avendo acquisito dati importanti: da una parte la sottoscrizione di maggio ha ampiamente dimostrato la reale capacità di autofinanziamento del partito, purché ad essa corrisponda una corretta informazione da parte degli organi di comunicazione di massa. Dall'altra, diviene evidente che solo alienando concretamente il fondo statale dal partito affidandolo cioè ad entità esterne che al tempo stesso offrano sufficienti garanzie di controllo pubblico, è possibile garantire la non utilizzazione a fini di partito.
"Novembre 1977:" il dibattito sul finanziamento pubblico avviatosi nel partito giunge ad una svolta decisiva: il fondo verrà consegnato per intero al gruppo parlamentare radicale, senza porre condizioni o vincoli alla sua utilizzazione, purché questa non sia a fini di partito né per le sue lotte. Il deficit dovrà essere ripianato con l'autofinanziamento. La decisione presa dal congresso di Bologna dopo un dibattito che ha consentito la partecipazione di tutto il partito, si rivela di estrema importanza: per la prima volta nella storia dei partiti, infatti, il problema del finanziamento dell'attività politica ricopre uno spazio così ampio e approfondito. Inoltre, con la decisione di far fronte al deficit con l'autofinanziamento, il partito deve affrontare la ricerca di nuovi e più equi strumenti finanziari. Nasce così la decisione di stabilire i nuovi criteri d'iscrizione sulla base di autodichiarazioni del reddito.
Ma ancora più rilevanti sono le conseguenze che derivano dalla consegna al gruppo parlamentare dei fondi statali: a dispetto della prassi ormai consolidata che fa dei parlamentari dei meri esecutori delle segreterie dei partiti, viene ribadito con forza il principio costituzionale della distinzione e dell'indipendenza tra gruppi parlamentari e partito. Si dà vita così ad un vero e proprio scandalo contro il regime. Ad avvertirne la pericolosità sono per primi Preti e Natta: ed ha inizio, dalle colonne dei giornali e dalla televisione, la campagna di diffamazione antiradicale, che senza dubbio toccherà il culmine proprio in campagna elettorale.
"17 gennaio 1978:" Per far fronte al deficit il partito ha lanciato da dicembre, una sottoscrizione straordinaria che consente il reperimento di 150 milioni in quindici giorni, facendo così scendere il deficit a 200.
Ma lo scontro con il regime ha ormai raggiunto livelli inaccettabili: Adelaide Aglietta decide di sospendere le attività nazionali del partito, trasferendo ai partiti regionali e alle associazioni radicali il compito di radicare l'opposizione nel paese. La sottoscrizione nazionale viene pertanto sospesa.
Il fondo del finanziamento pubblico viene nel frattempo trasferito interamente al gruppo parlamentare radicale.
Attualmente, quindi, la somma di Lire 847.133.822 pari all'intera quota del finanziamento pubblico spettante al Partito Radicale, diminuita delle spese di pubblicazione dei bilanci del '77, è in possesso del gruppo radicale, mentre sul partito grava per intero il pesante deficit contratto, a fronte del quale il tesoriere, ed ora anche i segretari regionali, hanno sottoscritto a favore della Banca Popolare di Novara, una cambiale di 200 milioni la cui scadenza è stata spostata dal 15 maggio al 15 di luglio.