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Signorino Mario - 20 settembre 1978
L'alternativa è ecologista?
La riunione interregionale su ``Ecologia politica e lotte regionali''

di Mario Signorino

SOMMARIO: Presente da due anni negli interessi e nelle lotte del Partito e tuttavia ufficialmente ignorata, l'ecologia politica è oggi all'ordine del giorno nel dibattito precongressuale. Ecologia politica significa far passare bisogni definiti e limitati, che pure hanno valenza generale perché implicano problemi reali e grandi scelte economiche e politiche, dai tavolini degli esperti alla discussione della gente e dei paesi. Un rovesciamento radicale di vecchi schemi che costituiscono, a destra e a sinistra, il riflesso ideologico dei modi in cui si attua lo sfruttamento capitalistico. L'abbandono dell'agricoltura, lo spostamento spontaneo della popolazione dal Sud al Nord, gli squilibri di una struttura industriale che privilegia la chimica, la siderurgia, i materiali da costruzione, tutte produzioni ad alto contenuto energetico e di capitale e a basso tasso di occupazione - tutto questo fino ad oggi veniva considerato il frutto di una scelta economica sostanzialmente neutra e immodificabile. L'obiettivo p

er i radicali è di superare la fase delle iniziative slegate per tentare la costruzione di una proposta politica complessiva. Il rischio, anche nel Partito radicale, è che, anche per assenza di riflessione sui meccanismi economici, permangano posizioni subalterne all'ideologia dell'industrialismo selvaggio. Su questo è necessario aprire fin da subito un vero dibattito, perché non basterà allungare un po' di più la solita appendice naturista alla mozione politica.

(NOTIZIE RADICALI N. 121, 20 settembre 1978)

Presente da due anni negli interessi e nelle lotte del Partito, fino a segnarne l'immagine esterna, e tuttavia ufficialmente ignorata, l'ecologia politica è stata al centro della discussione nella riunione interregionale organizzata a Roma, il 9 e 10 settembre, dagli "Amici della Terra" e dal Partito radicale del Lazio. La riunione è stata resa possibile dalla confluenza di esperienze parallele maturate, da una parte, nelle associazioni locali e in alcuni partiti regionali, e dall'altra nelle Lega antinucleare, oggi trasformata in "Amici della Terra" essendo stata cooptata nell'omonima organizzazione ecologista internazionale (forse sarebbe utile esaminare, sotto il profilo sperimentale, la possibile evoluzione di questa sigla formata da radicali, che tenta di affermarsi come "agenzia" specializzata nell'attività di documentazione, informazione e proposta politica, evitando di travestirsi, al contrario di quasi tutti i movimenti" federati, da movimento politico autonomo). La confluenza di questi due filoni h

a consentito di non partire da zero, quando si è riusciti a imporre l'ecologia politica all'ordine del giorno nella discussione precongressuale del Partito.

Ancora un anno fa, l'ecologista era considerato in questo Partito sinonimo di maniaco o di perditempo politico. Ricordate il congresso di Bologna? All'inizio non era stata neanche prevista una commissione sull'ecologia, preferendo inglobarla nella solita infornata di temi "diversi", cioè emarginati: droga, liberazione sessuale, ecc. Poi, inopinatamente, alla mozione politica conclusiva venne aggiunto un elenco di interessi genericamente ecologici che servì solo ad "annegare" la istanza politicamente più definita, quella antinucleare. E' passato un anno, le prevenzioni sono cadute; la riunione di Roma ha segnato l'inizio della riflessione politica dei radicali sull'ecologismo e sui nuovi strumenti di analisi (e d'intervento) che esso offre, della crisi dei partiti tradizionali.

E' forse la prima volta che s'inseriscono nella lotta politica, in termini politicamente agibili, bisogni definiti e delimitati ma che hanno, nello stesso tempo, valenze generali perché implicano la riappropriazione dei problemi reali, delle grandi scelte economiche e civili abbandonate finora agli addetti ai lavori, cioè ai meccanismi dello sfruttamento. Dai problemi dell'energia a quelli dell'inquinamento, dalle scelte produttive alla gestione del territorio, ai modelli di vita e di consumo, fino alla scala dei valori che ci è stata imposta, per la prima volta il progetto di una nuova società passa dai tavolini degli "esperti" alla discussione della gente e dei paesi. La rivitalizzazione delle autonomie locali, come ambito naturale dell'iniziativa politica popolare, e la messa in crisi del sistema dei grandi partiti burocratizzati e centralizzati, ne sono i sintomi più immediatamente avvertibili. E' anche un rovesciamento radicale degli schemi con cui finora si sono considerati i problemi dell'economia e d

ella società: schemi simili sia a destra che a sinistra, che costituiscono il riflesso ideologico dei modi in cui storicamente si attua lo sfruttamento capitalistico. Prendiamo l'Italia: l'abbandono dell'agricoltura e del Mezzogiorno, lo spostamento "spontaneo" di intere popolazioni dal Sud al Nord, gli squilibri di una struttura industriale che privilegia in modo anomalo produzioni - la chimica, la siderurgia, i materiali di costruzione, ecc. - energivore, ad altra intensità di capitale e basso tasso di occupazione, nonché altamente inquinanti: tutto questo viene tuttora considerato, anche a sinistra, anche in campo sindacale, frutto di scelte economiche neutrali e sostanzialmente immodificabili.

Ma non solo di "teoria" si è parlato alla riunione di Roma: sono stati prospettati alcuni campi privilegiati d'intervento su scala locale e nazionale, nonché l'opportunità di un impegno prioritario nelle lotte antinucleari; è stato discusso inoltre come raccordare questi nuovi interessi con la storia e la metodologia del Partito radicale. Sono stati presentati infine - ed è questo l'altro aspetto rilevante della riunione - i primi risultati di uno studio sulla nuova configurazione delle competenze e dei poteri regionali, e sulla possibilità di aprire un nuovo fronte di lotta, attivando i referendum regionali e le leggi d'iniziativa popolare regionale. Su queste relazioni e sul dibattito che si è sviluppato informeremo i compagni con un numero unico di "Notizie radicali" già in preparazione. Si porranno così le basi per un confronto politico chiaro.

Intanto, un primo risultato positivo è dato dalla verifica della disponibilità di diversi partiti regionali a un programma di lotte ecologiste. L'obiettivo è di superare la fase delle iniziative slegate, prive di prospettiva e quindi perdenti, per tentare collettivamente la costruzione di una proposta politica complessiva, valida per un Partito radicale alla ricerca di nuovi obiettivi e di nuove strutture. L'insediamento del Partito nelle realtà locali, l'uscita dalle grandi città che finora hanno costituito la sede prevalente delle nostre attività, la realizzazione del progetto di partito federativo indicato nello Statuto, la ricerca infine di un nuovo fronte di lotta contro il regime: a tutto questo, la proposta ecologista può dare il supporto di un quadro di riferimento unitario, di un'istanza non riassorbibile dai partiti di regime, di una capacità di mobilitazione popolare forse senza precedenti, e anche - oso dire - di una nuova cultura che presenta aspetti singolarissimi di contatto con l'elaborazione

teorica radicale.

E' probabile che anche nel Partito radicale, magari per effetto dell'assenza di riflessione sui meccanismi economici, permangano posizioni subalterne all'ideologia dell'industrialismo selvaggio: se esistono, sono posizioni da battere perché ostacolano la crescita del Partito su problemi che non sono più oggetto di disquisizioni astratte tra economisti, ma terreno di nuove lotte popolari; e perché, più in generale, danno una mano alle forze dichiaratamente antiecologiste e filonucleari.

Tutto ciò non potrà non avere un riflesso anche in sede congressuale, quando si discuterà dei nuovi obiettivi che il Partito dovrà darsi nei prossimi anni. Chiaro come il sole, però, che non basterà allungare un po' di più la solita appendice naturista alla mozione politica.

 
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