di Marco PannellaSOMMARIO: I radicali hanno il merito - riconosciuto dall'ex Presidente della Consulta Bonifacio - di aver imposto il superamento del monopolio pubblico dell'informazione, per realizzare il servizio pubblico Rai-Tv. In realtà in Rai vige un altro regime, sopraffattore e violento. In due anni e mezzo, Pannella è comparso in video per non più di 30 minuti, altri radicali per non più di 15. Trombadori propone che le Tribune Politiche vadano nelle ore di massimo ascolto. Ci si oppone per tema che queste, che sono le uniche finestre di verità politica, siano seguite dai cittadini?
(CORRIERE DELLA SERA, 30 novembre 1978)
Fu proprio da queste colonne che ex presidente della Corte Costituzionale Bonifacio riconobbe ai radicali il merito di aver imposto alle istituzioni il superamento del "monopolio pubblico" dell'informazione audio-visiva per realizzare il "servizio pubblico" della RAI-TV, la prima, rivoluzionaria sentenza della Corte giunse sull'onda delle 300.000 firme da noi raccolte contro la politica del "monopolio" in difesa delle TV via cavo e dei primi ripetitori televisivi attaccati dal ministro Togni e dalla Commissione di allora. Avevamo effettuato centinaia di manifestazioni, decine di digiuni e di altre iniziative non violente, di denunce anche giudiziarie. E' così che si giunge alla riforma (in parte mancata, in parte tradita) ed alla attuale situazione di fatto, caratterizzata dalla "pluralità" (e non dal »pluralismo , che è altra cosa) di emittenti televisive. Lo ricordo a scanso di equivoci in buona fede.
"Servizio pubblico", dunque, e non "monopolio". Economia a due settori, come per la scuola: il pubblico e il privato, convergenti - almeno in teoria - per una formazione e informazione democratica, laica, contraddittoria. "Servizio" pubblico: cioè civile e civilistiche "servitù, atti dovuti, funzione pubblicistica", sottratti all'unica finalità del profitto commerciale, o dell'influenza sul potere di questo o quella lobby o gruppo editoriale. Non portavoci del governo e del potere, e non l'anarchia privatistica.
In realtà, nella RAI-TV attuale, vige ben altro regime. I radio-telegiornali, i servizi giornalistici, le rubriche le più »neutrali sono condotte con criteri sopraffattori, violenti, parziali. Ne sono testimone. "In due anni e mezzo sarei in totale comparso in TV per non più di 30 minuti, tutti gli altri radicali insieme per non più di 15". E solo in occasione di gravissimi digiuni o processi. Questo vale anche per Democrazia Proletaria e Lotta Continua, il Movimento Sociale Italiano e, in genere, per Democrazia Nazionale. Cioè per tutta la opposizione vera o presunta. Le »tribune politiche sono l'unica finestra di verità politica nella RAI-TV. Per questo danno fastidio?
Un tale, oggi, su "Repubblica" chiede che vengano abolite e afferma che preferirei la tranquillità dei monologhi delle »Tribune ai rischi delle interviste giornalistiche aperte. Egli mi scambia con chi egli è uso intervistare a comando, quando altri giornalisti gli fanno interviste non servili, e egli ne impone la distruzione. A parte il fatto che non credo di essere io in rischio, in genere, in ipotetiche interviste, piuttosto che gli intervistatori.
La verità è invece che il polverone alzato contro la proposta di Trombadori di dare »Tribuna politica in contemporanea sulle due reti di Stato ha unito qualunquisticamente e demagogicamente le forze congiunte del "partito del monopolio pubblico " e quello del "monopolio dei privati"; cui si sono accodati subito i massimi partiti radiotelevisivi (DC, PCI, e PSI: che ne sarebbe senza "questa" RAI-TV!). Si sono mobilitati, dicono, a favore dei diritti degli utenti.
Ma questa difesa è davvero sospetta. Forse che c'è ancora il "monopolio?" O forse la RAI-TV deve muoversi come se fosse tenuta a garantirsi una situazione di monopolio? Forse che deve necessariamente e in ogni momento presentare al pubblico tutta la gamma di confezioni televisive, in concorrenza (con il danaro pubblico!) con il settore privato? E' per questo che si devono allora fare terze e quarte e quinte reti? O - invece - la RAI-TV non deve farsi carico di presentare ai cittadini una completa, pluralistica e leale informazione sulla vita delle istituzioni, al massimo consentire il servizio pubblico del »conoscere per deliberare ai cittadini? Non scherziamo. Essi sono liberissimi, per ora, di schiacciare il pulsante e, al posto di »Tribuna politica , scegliere telefilm, giochi e servizi delle varie TV private, locali e estere.
Antonello Trombadori ha preso atto di un pericolo, e di una realtà non solamente potenziale: quello della sofisticazione disonesta, dei sabotaggi appena percettibili ma effettivi, dei programmi. La RAI-TV si oppone a che le Tribune Politiche vadano nelle fasce di massimo ascolto. Dopo di che realizza a Ping-Pong le sue Tribune politiche di regime, al di fuori del controllo della commissione e del rispetto della legge, proprio in quelle ore. Jacobelli è più ottimista. Noi meno. Siamo nel nostro buon diritto gli uni e l'altro. A noi non va un regime di libero inganno in libero (ma, poi, davvero?) stato.