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Corleone Franco - 8 gennaio 1979
Dopo il Congresso di Bari, di nuovo iniziativa del Partito Radicale
di Franco Corleone

SOMMARIO: Il 1979 si apre con una serie di scadenze estremamente impegnative, dalla raccolta di firme per un nuovo pacchetto di referendum nazionali alle elezioni europee, ed è quindi necessario trarre il bilancio del Congresso di Bari.

Il problema capitale era quello della sproporzione tra gli impegni futuri e l'inadeguatezza del partito in quanto tale a farvi fronte.

La soluzione straordinaria adottata mira proprio a dare impulso alla crescita del Partito Radicale come partito "diverso", con l'elezione di un segretario "diverso", come Jean Fabre.

Da una parte gli iscritti e i partiti regionali si sono dati il proprio organo deliberante, il Consiglio Federativo; dall'altra si è costituita, per quest'anno una Giunta consultiva, organo di dibattito non deliberante, in cui sono presenti tutte le voci significative del partito, indipendentemente dal loro ruolo nelle sedi istituzionali del partito stesso.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Ottobre-Dicembre 1978, N. 10)

Crediamo sia legittimo parlare del 1978 come di un anno radicale. Basta ripercorrere le vicende politiche più significative per constatarvi un segno radicale determinante e incisivo: lo scontro giuridico con la Corte Costituzionale per l'ammissibilità dei referendum, l'attività del Parlamento per eliminare con l'approvazione di leggi più o meno innovative altre richieste di consultazione popolare, l'assunzione del ruolo di unica reale opposizione alla grossa coalizione, la difesa attraverso l'ostruzionismo dei diritti democratici, il risultato dei due referendum dell'11 giugno che hanno rivelato un volto della società civile inaspettato per il club dei partiti e infine il risultato delle elezioni a Trieste e in Trentino.

Anche il 1979 si apre con una serie di scadenze estremamente impegnative, dalla raccolta delle firme per un nuovo pacchetto di referendum nazionali alle elezioni europee che fanno presumere che anche questo anno sarà segnato dall'iniziativa radicale.

A questi appuntamenti come si presenta il Partito Radicale dopo il Congresso? In questa chiave è particolarmente utile trarre il bilancio del Congresso stesso.

Senza dubbio il problema capitale che il Congresso doveva affrontare era rappresentato dalla sproporzione da un lato tra i successi riportati e gli impegni futuri e dall'altro l'inadeguatezza del partito in quanto tale a farvi fronte; problema non nuovo, ma che in particolare si è avvertito nel corso dell'ultimo anno tanto che si è ritenuto opportuno sospendere le attività politiche degli organi nazionali e contemporaneamente porsi con urgenza il problema della costruzione dei partiti regionali come ipotesi di rafforzamento del Partito.

E' essenziale avere ben presente il motivo sostanziale del successo radicale che risiede nell'essere stato il P.R. suscitatore e in sintonia con le aspirazioni libertarie è di autentica legalità e laicità sorgenti dalla società civile, esigenze non omogenee ai modi di funzionamento del sistema politico e degli altri partiti, non solo quelli "ufficiali" ma anche quelli della ex sinistra extraparlamentare, tendenti tutti in vario modo ad ingabbiare la vita sociale nella logica della supremazia del partito in quanto tale.

Essere rimasto estraneo e contrapposto a questo schema consueto ha permesso a una forza come il Partito Radicale, composto di poche migliaia di militanti, di coinvolgere sulle sue scelte milioni di cittadini.

Perché allora la sensazione di inadeguatezza che si era diffusa nel Partito? Il dato più macroscopico era offerto dal livello dello scontro che le dimensioni stesse del successo ormai determinavano; il regime avrebbe ormai risposto alle iniziative radicali con altrettanta forza e il P.R. avrebbe dovuto far fronte solo con le sue forze a nuove maggiori responsabilità, rispetto alle quali stava la esiguità complessiva del Partito.

La via per superare questi dati di debolezza non poteva essere - e come tale tutto il partito l'avvertiva - che quella del radicamento del partito nella società secondo i modi prefigurati nel suo statuto. Ossia secondo un modello, a differenza di quelli centralistici cui si è abituati, fondato sulle autonomie, sulla molteplicità dei centri di iniziativa politica, su una formula federativa con una determinazione di pochi punti di iniziativa comune. Al di là di ogni altra considerazione è questa per il P.R. la via obbligata di crescita perché solo questo modello appare omogeneo e adeguato al tipo di spinte e sollecitazioni di una società civile che non si vuole comprimere ma esaltare; cioè di quelle spinte di cui il P.R. è, come abbiamo detto, suscitatore e espressione.

In realtà la crescita che il P.R. ha conosciuto in questi anni solo in parte per forza di cose ha risposto a questo modello giacché è stata fondata principalmente su una adesione di militanti ad una proposta politica "centrale". La consapevolezza che proseguire solo su una crescita di questo genere avrebbe provocato fenomeni pericolosi ha reso maturi i tempi per un'inversione di tendenza.

Infatti il rischio evidente era quello, seguendo strade tradizionali, di fare il partitino che crede di poter controllare tutto e quindi di fallire. Fallimento tanto più sicuro per il P.R. dato il tipo di consensi da esso suscitati. Infatti l'illusione di essere quello che non si è negherebbe alle radici l'ipotesi alternativa di un rapporto diverso tra il cittadino e la politica.

Queste difficoltà, anche teoricamente ardue da risolvere perché tutta la cultura politica italiana abitua a pensare a un tipo di partito opposto a quello indicato dallo Statuto radicale, concretamente s'erano rivelate e fatte sentire in vari modi. In realtà l'accresciuta forza e dimensione del partito aveva pur condotto a un suo iniziale articolarsi che però rimanendo ancora lontano il modello statutario rischiava di tradursi in una frammentazione tra gruppi che poi non sapessero trovare tra loro un autentico rapporto politico.

Poteva verificarsi quindi una cristallizzazione che avrebbe espresso non una crescita fisiologica ma continue conflittualità e tensioni. In questo quadro anche l'autonomia reciproca tra partito e parlamentari rischiava di diventare qualcosa di diverso dall'indicazione dello Statuto: un momento di mancato confronto e di sostanziale incomunicabilità.

Se questa era la vera sostanza di questo Congresso, il giudizio sulle sue conclusioni non può che essere positivo. Se il momento fondamentale era cambiare di segno a queste realtà, invertire un processo embrionale di chiusure, il Congresso ha spazzato via discriminazioni, legittimazioni e incrostazioni lasciando pari possibilità ad ogni radicale di essere centro di iniziativa politica.

Ecco il senso della soluzione straordinaria adottata: da una parte gli iscritti e i partiti regionali si sono dati il proprio organo deliberante, il Consiglio Federativo; dall'altra si è costituita, per questo anno, una Giunta consultiva, organo di dibattito e non deliberativo, in cui sono presenti tutte le voci significative del partito, indipendentemente dal loro ruolo nelle sedi istituzionali del Partito stesso, capace anche di ristabilire una sede di confronto non vincolante tra i due momenti diversi e autonomi rappresentati da partito e gruppo parlamentare. In questo modo si è voluto dare un impulso alla crescita del Partito Radicale come partito "diverso", con la stessa logica che ha portato all'elezione di un segretario "diverso", come Jean Fabre.

Nei fatti si prefigura il P.R. come parte politica in cui si riconosce la positività di poli autonomi di iniziativa politica. E' così vero questo che il riscontro si è avuto immediatamente in questi mesi in cui gruppi di radicali si sono assunti responsabilità di iniziative coinvolgendo il partito ma sulle quali il Partito, come tale, può convergere o no.

Per questa strada si crea il clima propizio e la possibilità per far nascere, crescere e rafforzare i partiti regionali in quanto autonomi soggetti politici ed anche per fare esistere la struttura federativa prevista dallo Statuto, costituita di associazioni, leghe, gruppi d'opinione o d'interessi, che differentemente dalle articolazioni degli altri partiti, non devono essere cinghie di trasmissione, ma autonome espressioni dei bisogni e delle volontà della gente.

Alla crisi di partecipazione che registrano sia i partiti tradizionali sia gli organi predisposti dal potere per non fare in realtà decidere nulla, i radicali ci sembra di poterlo sostenere fondatamente, rispondono oggi con la possibilità di creare il Partito dei cittadini.

Le battaglie sull'atomo, sull'Europa, sull'aborto, sulla caccia e quelle regionali e locali che impegneranno i radicali nel 1979 consentiranno un ulteriore salto di qualità della politica radicale nel paese avviando la ricomposizione della contraddizione tra le grandi mobilitazioni e il successo nel paese, e la carenza dell'organizzazione politica.

 
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