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Panebianco Angelo - 8 gennaio 1979
Rotazione parlamentare e ruolo dei partiti
di Angelo Panebianco

SOMMARIO: La rotazione degli eletti radicali a metà legislatura si inserisce in un più generale disegno politico radicale: la laicizzazione della politica, la deprofessionalizzazione degli apparati decisionali.

Essa è soprattutto un gesto simbolico: non sarà ovviamente la sostituzione di quattro parlamentari a favorire una maggiore circolazione delle elites o un maggior avvicinamento alla politica dei cittadini; ma vuole additare alla pubblica opinione due mali del funzionamento delle nostre istituzioni: il modo di essere e funzionare del Parlamento da un lato e quello dei partiti politici dall'altro.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Ottobre-Dicembre 1978, N. 10)

Ciò che più colpisce del modo in cui i commentatori politici guardano alle iniziative radicali è l'incapacità, che sembra ammettere poche eccezioni, di cogliere nel singolo gesto o nella singola iniziativa le sue connessioni con un più generale disegno politico e con la cultura politica di cui quel disegno è espressione.

Che il commento sia favorevole oppure (più spesso) di condanna, ogni azione politica radicale viene invariabilmente valutata e trattata come un fatto isolato, prodotto dell'"estro" o dell'esibizionismo, della volontà di stupire a tutti i costi.

Mai o quasi mai il commentatore più attento (non importa se simpatetico o avversario) riesce a cogliere la trama più generale, a individuare il filo rosso che lega tra loro le diverse iniziative radicali.

A questa regola non sono sfuggite ancora una volta, con poche eccezioni le valutazioni e i commenti sulla rotazione dei parlamentari radicali, la sostituzione, che si sta ultimando mentre scriviamo, dei quattro entrati in parlamento il 20 giugno 1976 con altri quattro radicali. E la discussione, semmai, anche in sede parlamentare, si è focalizzata soprattutto sul problema della costituzionalità della sostituzione di un intero gruppo parlamentare, perdendo quasi sempre di vista gli aspetti più generali.

La rotazione a metà legislatura (annunciata peraltro subito dopo la vittoria del 20 giugno) si inserisce infatti, in modo del tutto omogeneo, in un più generale progetto di azione che è parte centrale del disegno politico radicale: la proposta di laicizzazione della politica, di de-professionalizzazione degli apparati decisionali. In questo senso, esiste un filo che lega anche quest'ultima a tante altre iniziative radicali. Per citarne solo due: lo statuto del partito in vigore dal '67 che rappresentava e rappresenta tutt'ora la proposta radicale alla sinistra italiana di un modello di organizzazione politica laica e non professionale e la battaglia contro questo finanziamento pubblico dei partiti che premia il professionismo politico a scapito della partecipazione del cittadino.

Certo, nel caso della rotazione si tratta soprattutto di un gesto simbolico: non sarà ovviamente la sostituzione di quattro parlamentari a favorire in questo sistema politico "bloccato" una maggiore circolazione delle élites né, solo per questo, si verificherà un maggiore avvicinamento alla politica dei cittadini.

Le azioni politiche radicali si possono, grosso modo, dividere in due categorie: da un lato le azioni che puntano a suscitare "qui e ora", conflitto politico, secondo le regole del gioco costituzionalmente definite, nel paese e nel sistema politico, le battaglie suscitatrici di scontri che costringono le forze politiche a schierarsi sulla base di una concezione che vede nel conflitto (le "lacerazioni"esorcizzate dal PCI) il sale della democrazia e negli umanimismi la sua negazione. Dall'altro lato, le azioni simboliche che cercano di incidere più alla distanza, sul costume politico complessivo, i gesti esemplari che costringono a riflettere e a scuotere, sia pure nel lungo periodo, abitudini inveterate e pratiche politiche che pesano come una cappa sulla vita pubblica italiana. A quest'ultima categoria appartiene questa iniziativa.

Più specificatamente, la rotazione dei parlamentari radicali, mi sembra, ha contemporaneamente due bersagli polemici, vuole additare alla pubblica opinione due mali (tra di loro strettamente connessi) del funzionamento delle nostre istituzioni: il modo d'essere e di funzionare del parlamento da un lato, il modo d'essere dei partiti politici dall'altro.

per il primo rispetto, si trattava e si tratta di riaffermare, contro l'uso che del Parlamento fanno le principali forze politiche, una proposta alternativa di un Parlamento che cominci (perché così non è mai stato) a funzionare realmente secondo il dettato costituzionale, come luogo di incontro/scontro fra rappresentanti dei cittadini e non degli apparati di partito. L'idea è quella di ricercare tutti quegli strumenti e quei meccanismi che possano dare più fluidità alla azione parlamentare, indebolendo i controlli delle oligarchie di partito.

La rotazione dei parlamentari fa così il paio con la polemica costante contro le discipline di partito, fa il paio ancora con una recente proposta che i radicali cercheranno, se le loro forze lo consentiranno, di trasformare in battaglia politica: la proposta della incompatibilità tra cariche parlamentari e cariche di partito. L'idea è ancora una volta quella secondo cui solo se non esiste coincidenza fra élites parlamentari e élites di partito si può suscitare la necessaria dialettica fra partiti e parlamento e ridare così a quest'ultimo il potere istituzionale che la Costituzione prescrive e che comunque, una corretta democrazia all'altezza dei tempi richiede. Su un versante strettamente collegato, si tratta ancora una volta della polemica contro la rigidità del sistema dei partiti che è certo elemento non marginale della crisi politica italiana. La lotta contro le caratteristiche oligarchiche e burocratiche dei partiti italiani richiede l'invenzione si strumenti nuovi, richiede una immaginazione politica

capace di indicare nuove soluzioni. Come è già accaduto in passato quando altri "gesti" radicali, sul momento irrisi o non capiti hanno poi aperto la strada a mutamenti nella prassi e nel costume politico c'è da augurarsi che anche questa occasione possa contribuire a una più generale riflessione (che i radicali non vogliono riservare esclusivamente a se stessi) sui modi e le forme per combattere le troppe rigidità del nostro sistema politico.

 
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