SOMMARIO: Una marcia popolare contro la revisione del Concordato (Roma, sabato 10 febbraio, da Porta Pia a Piazza navona)
(NOTIZIE RADICALI n. 2, 1 febbraio 1979)
La bozza del nuovo concordato è ormai pronta. L'intenzione di Andreotti è quella di firmare il nuovo trattato con il Vaticano allo scadere del cinquantesimo anniversario dei Patti Lateranensi firmati dal cardinal Gasparri. Pur di mettere la sua firma sotto il nuovo concordato, il presidente del Consiglio è disposto a passare sopra ad ogni ostacolo costituzionale e formale: a firmarlo nonostante la crisi di governo, nonostante la mancanza di un preventivo dibattito parlamentare che lo stesso presidente del Consiglio si era impegnato a consentire dopo la fase conclusiva delle trattative con il Vaticano.
Queste notizie, diffuse prima dal "Messaggero" e poi dal Partito Radicale il 17 gennaio con un comunicato a "Tribuna politica flash", non sono state smentite da Palazzo Chigi. Nella conferenze dei capigruppo della Camera - lo ha reso noto Pannella il 18 gennaio alla conferenza-stampa di "Tribuna politica" - il governo si è dichiarato indisponibile per un dibattito parlamentare, con un brusco voltafaccia rispetto agli impegni assunti, giustificato con una precedente "avvertenza" del sottosegretario Evangelisti. Nessun organo dello Stato, nessun leader di partito ha ritenuto di intervenire, protestare, diffidare il governo dal procedere alla firma del Concordato, pretendere lo svolgimento del dibattito parlamentare prima della firma. Divisi su tutto - sul piano triennale come sulla riforma di P.S. sulla destituzione di Parlato dopo la fuga di Ventura come sull'ingresso dei comunisti nel governo - la maggioranza concordataria del regime, comprensiva anche dei liberali, su questo resta solidamente unita.
Tutto lascia pensare quindi che ci troviamo alla vigilia di un vero e proprio "colpo di mano" del governo Andreotti e che il Concordato sia ancora una volta utilizzato, sottobanco e sulla testa del paese, dei cittadini e dei credenti, come uno strumento di pressione e di baratto per gli equilibri e i compromessi politici con il Partito comunista. Una conferma indiretta è venuta dallo stesso papa Wojtyla che, dopo essere stato a lungo silenzioso su questo argomento, ha parlato del Concordato come di uno strumento essenziale alla libertà della Chiesa: evidentemente Wojtyla scambia l'Italia con la Polonia, dimenticando che nei regimi di Gomoulka e di Gierek non sarebbe mai stato possibile scatenare la campagna contro una legge dello Stato, come i vescovi italiani, appoggiati dal papa polacco, hanno potuto fare in questi ultimi due mesi in Italia contro la legge sull'aborto.
La risposta non può che venire dal paese: dai cittadini che non intendono consentire che un patto storico, destinato a condizionare per generazioni la vita della Repubblica e le vicende della politica e della religione, sia concluso come una truffa e come un inganno nel silenzio, nell'assenza di dibattito, nella disinformazione; ma anche e soprattutto dai veri credenti, che non si rassegnano a ritenere che il rinnovamento della religione e della Chiesa consista nei "revival" anni cinquanta, nel ritorno ai metodi di Pio XII attuati da un papa che conosce i mezzi di comunicazione di massa, da un aggiornamento e da un ammodernamento della complessa macchina di potere clericale che in questo mezzo secolo ha corrotto la vita delle Repubblica e quella della Chiesa.
L'11 febbraio l'altra Italia, l'Italia anticoncordataria, scenda dunque in piazza per manifestare in difesa e in nome della libertà di religione e di coscienza, per il rinnovamento civile del paese e il rinnovamento religioso della Chiesa, contro le ragioni di potere e di potenza, mondana e clericale, ancora una volta unite come nel 1929, come nel 1947.
Una grande marcia popolare sia la risposta pacifica, nonviolenta, di massa: il segno tangibile del NO che la grande maggioranza del paese oppone al concordato, a quello nuovo di Andreotti non meno che la vecchio Mussolini.