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Baget Bozzo Gianni - 22 marzo 1979
Contro la fame e la morte: "SE NON NUTRE, UCCIDE"
di Gianni Baget Bozzo

SOMMARIO: Baget Bozzo, citando il principio enunciato da S. Basilio ("se non nutri - colui che è in stato di necessità - lo uccidi") ricorda come nella sua storia la Chiesa ha compensato il silenzio sulle istituzioni con la pratica dell'assistenza: ha preso cioè su di sé il carico di praticare ciò che non poteva più praticare nella società civile.

Bozzo considera significativo che proprio un laico, abbia sollevato la questione dei bambini condannati alla morte, infatti alla base della proposta di Pannella vi è il problema delle due opposte tensioni che dividono il mondo: quella tra Est ed Ovest, e quella tra Nord e Sud. La prima è una tensione per l'egemonia, la seconda è una tensione per la vita.

Il gesto di Pannella va contro la logica del dominio, perché tratta come amici, quegli uomini che la logica del dominio dovrebbe considerare obiettivamente nemici.

Per questo iniziative come quella di Pannella, così ricche di intelligenza politica, sono intrinsecamente non politiche.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Gennaio-Marzo 1979, N. 11)

La fantasia ed il coraggio di Marco Pannella gli hanno fatto incontrare un problema nascosto dalla sua stessa ovvietà, riscoperto dalla abitudine, e glielo hanno fatto affrontare alla luce di un principio spirituale, anch'esso ovvio, ma praticamente andato in disuso.

Cominceremo dal principio spirituale, nella formula enunciata da S. Tommaso nella "Summa Thoelogiae": "le cose della natura sono destinate dalla provvidenza divina al fine di sovvenire alla necessità dell'uomo. La divisione della proprietà dipende invece dal diritto umano, e non impedisce che delle cose di proprietà si debba usare per venire incontro al bisogno di coloro che si trovano in stato di necessità". E Tommaso afferma sinteticamente la tesi: "lo stato di necessità rende tutte le cose comuni. E non c'è dunque peccato se qualcuno si appropria della cosa di un altro, perché il suo stato di necessità ha reso le cose comuni".

Questa solenne enunciazione della "Summa" è rimasta lettera morta nel diritto civile, come in quello canonico e persino nella predicazione e nella pastorale. Nei tempi dell'egemonia borghese, se un predicatore avesse enunciato dal pulpito che rubare non è peccato per chi è nel bisogno, sarebbe stato arrestato per sedizione: oggi, i fedeli non danno più peso a quel che dicono i preti, lo ricevono come parte di un gergo singolare ma forse quel predicatore non farebbe carriera ecclesiastica. Il testo di S. Tommaso, che esprimeva una dottrina comune sino ad allora, cade lentamente nel silenzio.

La subalternità della Chiesa al pensiero borghese nasce dalla dimenticanza del principio che un Padre della Chiesa, S. Basilio, aveva enunciato in forma lapidaria: "se non nutri (colui che è in stato di necessità), lo uccidi".

Nella sua storia, la Chiesa ha compensato il silenzio sulle istituzioni con la pratica della assistenza: ha preso, cioè, su di sé il carico di praticare ciò che non poteva più praticare nella società civile. Lo sviluppo delle iniziative cristiane di assistenza è andato in parallelo allo sviluppo delle istituzioni economiche, sociali e politiche del regime borghese.

Ne è venuta una deformazione della morale cristiana, che ha condotto al primato dei precetti negativi su quelli positivi: il "non fare il male" è stato sentito più urgente del principio "Fa il bene". Il Decalogo è stato avvertito con più urgenza del Vangelo.

Questo spiega perché l'idea di parlare dei bambini destinati alla morte è venuta a Pannella invece che ai vescovi, i quali sono tutti impegnati nella questione dell'aborto. In una disposizione culturale che avverte il primato del precetto negativo su quello positivo (come in una disposizione culturale legislativa), il divieto assoluto dell'aborto si iscrive come la figura stessa di quel tipo di morale. L'aborto è infatti un atto diretto che impedisce la continuazione della vita, è una soppressione di innocente. La mentalità legalista è astratta, e l'aborto diviene una esemplare fattispecie puntuale. Il precetto negativo e l'atto frammentario di chi abortisce e fa abortire, si saldano interamente. Non sentire tale urgenza significherebbe, per una cultura legalista, negare se stessa. Per quanto il legalismo sia stato attenuato nella prassi della interpretazione prudente delle circostanze (i famosi sistemi della teologia morale, in cui spiccò la calda umanità meridionale di S. Alfonso de' Liguori) esso si manif

esta in qualche momento nella sua integrità: e questo è ancora il caso dell'aborto (anche se non fu così in passato). Pannella, ponendo anche il problema dei bambini condannati alla morte, indica che, se la legge è puntuale ed astratta, la vita è continua e concreta. Difendere la vita, vuol dire accompagnarla nella sua continuità e concretezza.

Sarebbe interessante, al riguardo, un convegno comune del PR e del Movimento per la vita, concepito non nella polemica, ma nell'ascolto reciproco. Esso, credo, risponderebbe ad una necessità obiettiva, che certo il cardinale Benelli, che è un uomo di coraggio e di fermezza, sente come lo sente Pannella: che il problema della difesa della vita sia, in linea di principio e per quanto possibile in via di fatto, sottratto alle speculazioni di parte.

"Se non nutri, uccidi"; questo principio cristiano non può diventare l'epitaffio di un sentimento morale comune? Non è significativo che sia un "laico", dico significativo per un cattolico praticante, ad averlo messo in risalto, innanzi all'opinione pubblica del nostro paese?

Ma veniamo ora al problema ovvio, nella sua imponente dimensione materiale, che è alla base della proposta di Pannella. Il mondo è diviso da due opposte tensioni: quella tra Est e Ovest, e quella tra Nord e Sud. La prima è una tensione per l'egemonia, la seconda è una tensione per la vita.

Est/Ovest: Tensione per l'egemonia

Nord/Sud: Tensione per la vita

Lo sviluppo industriale e tecnologico sembra legato obiettivamente a un tipo di cultura consumistica, che il mondo comunista evita solo mediante una politicizzazione ideologica radicale, continua e costante. Questa cultura immediatamente tende a proporzionare la possibilità della vita alla possibilità del consumo, pratica il controllo delle nascite, innalza il livello del benessere, riducendo il numero degli uomini che possono goderne. Spaccata in gruppi contrari, la società industriale cerca di evitare di essere distrutta dalla propria contraddizione interna, quella della lotta per l'egemonia, ed utilizzarla, anzi per vincere la contraddizione esterna, cioè la crescita, nell'emisfero Sud, di una popolazione di giovani senza risorse. Perciò l'emisfero Nord esporta nell'emisfero Sud le sue contraddizioni sotto forma di guerra.

La società mondiale ci appare dunque come una società divisa in dominanti/dominati, percorsa da una obiettiva necessità di conservare e di riprodurre questo rapporto. Ma esso diviene sempre più oggettivamente instabile, sia per la dipendenza del mondo dominante da quello dominato per le materie prime, sia per la difficoltà del mondo dominante, specie di quello tecnologico logicamente più avanzato e quindi dominante la contraddizione, di ricorrere alla coercizione diretta. Né gli Stati Uniti né il Giappone né l'Europa occidentale sono in grado di costituire delle effettive forze militari di intervento.

E' possibile continuare nella logica del dominio senza esserne travolti? Ed è possibile effettivamente, uscirne? L'umanità sembra drammaticamente divisa tra la necessità di fare il bene che vede e l'impossibilità di non praticare il male che opera. Il dramma dell'"uomo naturale" descritto da Paolo sembra oggi figurativamente espresso dalla società mondiale come uomo collettivo. Dal punto di vista della logica del dominio, quei quindici milioni di bambini debbono morire: non è il contenimento demografico l'unico modo per non rendere esplosiva la contrarietà in cui l'umanità è costituita? Se il Terzo Mondo non controlla le nascite, non vi è altra via che quella di scontare l'imprevidenza con un alto tasso di mortalità infantile. Non era, del resto, questa la condizione di tutto il mondo, prima della civiltà industriale? Non era la congiunzione tra culla e bara, persino accelerata dall'infanticidio, uno dei modi in cui era mantenuto, per tanto tempo, l'equilibrio tra popolazione e risorse?

Il gesto di Pannella va contro la logica del dominio

Il gesto di Pannella va contro la logica del dominio, perché tratta come amici, cioè come uomini, quei nuovi uomini che la logica del dominio dovrebbe considerare obiettivamente "nemici".

E, bisogna dire, che le radici cristiane dell'Occidente gli impediscono di formalizzare la logica del dominio. Quando questa via è stata proposta dal nazismo, l'Europa, la Russia, l'America, l'hanno rifiutata, a prezzo del loro sangue.

I gesti di fede hanno il loro senso, ed anzi, nella impotenza della ragione, sono gli unici ad avere senso. La fede muove le montagne; e oggi la struttura dei rapporti sociali internazionali è la più colossale montagna che l'umanità abbia trovato nella sua storia (anche se certamente non la peggiore, perché l'umanità oggi è più libera, più capace di affrontare con ampiezza di orizzonte i problemi con cui la vita l'affronta).

E' possibile dare qualche esito all'iniziativa di Pannella ma è importante, credo, capire, che qualunque esito ha un carattere di simbolo, sia pure di simbolo efficace. I simboli sono il gesto di potenza della fede, sono l'impotenza potente. Il cristianesimo ha, in Gesù Cristo, mostrato la forza del simbolo impotente, ed ha aperto la via a comprendere che di simboli importanti ed efficaci è costituita tutta la storia dell'umanità. Il credente sa che proprio ciò togliere rivela che la storia dell'uomo è la storia di Dio. Dio porta la croce dell'uomo e per questo la croce dell'uomo è la potenza di Dio.

Per questo iniziative come quelle di Pannella, così ricche di intelligenza politica, sono intrinsecamente non-politiche. Razionalizzare politicamente è in questo caso un non-senso. Mentre la distensione cede alla guerra "locale", chi può proporre che le strutture del dominio risolvano i problemi dei bambini abbandonati alla morte mediante il disarmo collettivo? Bisogna rassegnarsi a mezzi di efficacia modesta, ma che incorporano la fede dell'uomo.

Spero che queste iniziative non siano sentite come iniziative di parte, anche se ciò non significa che debbano essere sentite come anodine. Si tratta invece di trovare uno spazio di realtà efficace, anche se modesta, ma obiettiva e tale che la sua limitata operatività pratica sia sentita come simbolo della potenza della fede.

Questa è anche un'occasione per i credenti, perché cessino di dividersi in integristi e progressisti. In "identificati" nella gerarchia o in "identificati" nella storia e nel "progresso". Il convegno dei vescovi dell'America latina è un fatto della Chiesa universale: se un messaggio ne viene, è che i problemi della tensione Nord/Sud sono al cuore della esistenza storica della Chiesa e della umanità, e che, per questo, vanno pensati nell'intelletto della fede, affrontati nel coraggio della speranza e nell'umiltà della carità.

 
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