Intervista del settimanale L'Espresso a Leonardo SciasciaSOMMARIO: Leonardo Sciascia, già eletto nelle liste del Partito comunista italiano al consiglio comunale di Palermo, decide di candidarsi nelle liste del Partito Radicale. E' scandalo nel mondo degli intellettuali comunisti per i quali i radicali sono, secondo i casi, qualunquisti o fiancheggiatori dei terroristi e degli "autonomi". A tutti questi replica Sciascia nella breve intervista.
(L'Espresso, 4 maggio 1979)
Domanda - Come e quando è maturata la sua decisione di candidarsi nelle liste del partito radicale?
Risposta - Non è propriamente maturata: è nata nel giro di un'ora e non saprei dire esattamente come. E' stata una decisione più passionale, se non addirittura emotiva che ragionata. Ciò non toglie che sia razionale. Forse quello che l'ha fatta scattare in me è stato il fatto che tutte le ragioni che mi sconsigliavano il rifiuto erano così giuste, così perfette, così sicure che improvvisamente me ne sono vergognato.
Ad un certo punto ho detto a Pannella: E' come dice il dio di Pascal: "Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato". Io non sarei così indeciso se non avessi già deciso.
D. Gli avvenimenti di queste ultime settimane - BR, caso Negri - hanno influito in qualche modo sulla sua decisione?
R. Non saprei, forse si.
D. Dal consiglio comunale di Palermo, molto probabilmente, a quello europeo di Strasburgo. Come vede questo passaggio?
R. Non ci sarà nessun passaggio. Voglio di re nel senso del mutamento. Non potrà essere che una continuazione.
D. Non teme un'accusa di qualunquismo?
R. Non l'ho mai temuta.
D. Cosa pensa dell'editoriale di Montanelli su Pannella?
R. Non ho letto l'articolo di Montanelli. La domenica di solito sto in campagna e non vedo i giornali. Mi si dice, praticamente, che invitava a votare radicale. Personalmente, io ho avuto prova dell'onestà di Montanelli riguardo al mio libro sull'affaire Moro: aveva, prima di leggerlo, manifestato una certa avversione; poi l'ha letto, e ha avuto il coraggio, di fronte ai suoi lettori, di ricredersi. Il suo consenso ai radicali, dunque, non mi da alcun disagio.
D. Cosa le piace di più o di meno di Pannella?
R. Tante cose non mi piacciono di Pannella. Per esempio, l'ho scritto anche sull'Espresso, il suo digiunare. Ma mi piace il suo modo di fare politica non da politico: che è il modo migliore di rendere politica la politica.
D. C'è chi sostiene che la sua candidatura porterà ai radicali i voti degli autonomi. Che cosa ne pensa?
R. Mi piacerebbe sapere chi lo sostiene. Forse quegli stessi che l'estate scorsa hanno raccontato a Evtuscenko che io sono uno scrittore terribilmente reazionario. Comunque: pubblico libri dal 1950, e il primo è stato un libretto di favole sulla dittatura. Sono tutti lì, per chi sa leggere: tutto un discorso contro l'intolleranza, la violenza, la pena di morte. Se i voti degli autonomi venissero ai radicali per la mia presenza, si tratterebbe di una specie di conversione di innominati, manzonianamente parlando. E non potrei che rallegrarmi.