Giglia TedescoSOMMARIO: Secondo la responsabile del settore femminile del Pci alle "donne" non serve Pannella. "Pannella, nel 1957, digiunava per il diritto di famiglia, ma si guardava dal dire per quali contenuti di esso". "Una testimonianza clamorosa di ciò, la si è avuta nella decisa avversione delle forze femminili e femministe alla nuova iniziativa referendaria di Pannella in materia di aborto: con essa si mira ad abbattere pressoché tutte le norme della legge facendo salva, guarda caso, quella obiezione di coscienza in altri tempi drasticamente avversata dai radicali, e oggi da essi acriticamente esaltata in termini libertari."
(L'UNITA', 4 maggio 1979)
Alle donne serve Pannella? O meglio, la carta delle donne può essere giocata dai radicali in queste elezioni? Parlo di carta, perché si tratta di una possibile scommessa e nulla più. Sarebbe difficile infatti, su questa come su tutte le questioni nazionali, trovare nelle posizioni radicali alcunché che abbia la dignità di un progetto politico.
Pannella, nel 1957, digiunava per il diritto di famiglia, ma si guardava dal dire per quali contenuti di esso: gli bastava reclamare una data, una scadenza di approvazione; con ciò non recando disturbo a quanti, nelle file conservatrici, resistevano sui punti più avanzati della riforma. Nel 1978 i radicali univano i loro voti a quelli democristiani e missini contro la legge dell'aborto, perché dichiaratamente interessava loro soltanto il referendum. A legge approvata, radicali e clericali confluivano, al processo di Firenze, nel chiedere il rinvio alla Corte costituzionale delle norme fondamentali per l'interruzione della gravidanza. Che non si sia trattato di una convergenza casuale, è confermato dal recente dialogo fra Pannella e una delle voci più retrive dell'Osservatore romano; parlando in difesa dei bimbi del mondo, il mentore radicale asseriva: »Noi, al pari di voi, siamo contro l'aborto clandestino e contro l'aborto di classe . La lista potrebbe continuare.
Non è dunque forzato affermare che, nella congerie di iniziative radicali, le donne appaiono non come soggetto politico quanto piuttosto come oggetto, tra l'altro accidentale e »a scoppio , di un'agitazione costantemente tesa a negare e non a costruire. Una testimonianza clamorosa di ciò, la si è avuta nella decisa avversione delle forze femminili e femministe alla nuova iniziativa referendaria di Pannella in materia di aborto: con essa si mira ad abbattere pressoché tutte le norme della legge facendo salva, guarda caso, quella obiezione di coscienza in altri tempi drasticamente avversata dai radicali, e oggi da essi acriticamente esaltata in termini libertari.
Ma al di là delle contraddittorietà e delle incongruenze dei loro furori abrogatori, è l'ipotesi complessiva dei radicali che si contrappone alle istanze di fondo delle donne, alle esigenze maturate ed espresse dai loro movimenti. Se c'è una situazione in cui appare con tutta evidenza la necessità di dare soluzione positiva, e quindi sbocco politico adeguato, agli obiettivi trasformatori concretamente configurati dalle lotte femminili, questo è proprio il momento attuale. Dalle battaglie e dalle stesse conquiste delle donne scaturisce, oggi più
che mai, la indispensabilità di portare avanti quei processi politici positivi che soli possono garantire le condizioni generali, sociali é istituzionali, perché alle donne sia resa giustizia in ogni campo, come la loro coscienza reclama, e come ormai la stessa legge ampiamente prescrive. All'opposto, l'agitazione radicale si limita a negare, si rifiuta di proporre, e con ciò tende oggettivamente a ricacciare alle soglie di un malcontento qualunquistico e viscerale quelle rivendicazioni femminili che negli ultimi anni si sono andate disegnando con nettezza senza precedenti come richieste delle donne che sono, a suo tempo, esigenze di generale trasformazione.
L'ipotesi radicale non è, per sua natura, proposta di governo, cioè indicazione di soluzioni adeguate alla realtà e ai problemi del paese, e con essi dal mondo femminile: essa è solo carica di richiami negativi, perché si ferma ai confini di generico rifiuto di un altrettanto generico, e non meglio identificato, potere; e ciò proprio quando sono all'ordine del giorno della lotta politica ed elettorale gli indirizzi politici e sociali che condizionano la capacità delle istituzioni, per come sono costituite e orientate, di dare risposta ai problemi delle donne, alle grandi questioni nazionali. Non può dunque stupire che Pannella piaccia a Indro Montanelli, e non dispiaccia a certi clericali divenuti, per l'occasione, tolleranti verso i libertari: le sue rumorose attività appaiono loro, e rischiano di essere nei fatti, un nuovo modo per dare sfogo ai malcontenti consentendo che tutto resti come prima, tutt'al più con l'aggiunta di qualche richiesta di referendum.
Ma, esattamente per lo stesso motivo, Pannella non serve alle donne. Nulla delle sue impostazioni irrazionalistiche, qualunquistiche, nulliste, giova a dare forza alla richiesta di mutamento di cui esse donne sono portatrici.