intervista a cura di Clemente Manenti e Enrico DeaglioSOMMARIO: Lunga e articolata intervista - rilasciata nella sua casa di Racalmuto - a "Lotta Continua". Racconta della decisione improvvisa di accettare l'offerta di candidatura nelle liste del Pr ("penso che la mia presenza nelle liste radicali potrà servire qualcosa"). Non è d'accordo su chi teme che il Parlamento potrebbe essere messo in condizioni di non funzionare a causa della presenza di venti radicali. Assicura che, se anche non farà campagna elettorale, cercherà di esercitare realmente il mandato. Esprime il suo giudizio sulla vicenda Moro e sul terrorismo ("un fenomeno di disperazione"..."c'è qualcuno che afferma che la mia presenza nelle liste radicali servirà a raccogliere i voti dei terroristi"). Pensa che l'indifferenza non inciderà sui risultati elettorali. Discute quindi amabilmente sul valore della "verità": "La verità esiste...c'è".
(LOTTA CONTINUA, 4 maggio 1979)
Siamo andati da Sciascia non appena abbiamo saputo della sua decisione di accettare la candidatura offerta dal Partito Radicale. Una notizia che ci ha rallegrato, come un segno inaspettato di buon tempo, al di là dell'occasione elettorale e anche della lista che ospitava il suo nome. Da Palermo, dove siamo stati accolti e rifocillati al nostro arrivo dai coniugi Sellerio, amici e intimi collaboratori dello scrittore, siamo ripartiti in auto con altri due amici per Racalmuto, nella campagna agrigentina, dove Sciascia ha una casa. Lì abbiamo trascorso una lunga serata, chiacchierando, mangiando fave fresche e salsicce arrostite e bevendo vino buono.
Due giorni dopo uno di noi è tornato a trovarlo per mostrargli gli appunti ricavati dal registratore e per fargli qualche nuova domanda. Quelli che pubblichiamo in forma di intervista sono alcuni brani scelti dalla conversazione, scelti tra quelli più direttamente legati alle circostanze e alla decisione di Sciascia di candidarsi. Le domande quindi, sono in parte posticce, montate e posteriori, per ordinare meglio gli argomenti.
Cl.Ma. - En.De.
Domanda: »La notizia della sua candidatura è giunta improvvisa e inattesa. Come ha preso questa decisione?
Risposta: »E vero, è stata una decisione che neanch'io avevo previsto... anzi l'avevo esclusa. Avevo molte ragioni per escluderla, molte buone ragioni. Il colloquio con Pannella è durato non più di mezz'ora. E successo che queste mie buone ragioni... a un certo punto mi sono sembrate un po' vergognose. Pannella mi ha fatto capire direi non nel senso della vanità, ma... direi del dolore persino, che significano qualcosa. E allora. mi è parsa una vergogna arroccarmi nel rifiuto, insistere a dire di no... Magari sarà un'illusione... però io penso che la mia presenza nelle liste radicali potrà servire qualcosa .
D.: »Ha influito anche il fatto che nelle liste radicali ci sono molti altri indipendenti? Che sono, in un certo senso, liste di "senza partito' ' ?
R.: »E quello che dicevo a non so che giornale: quando sei candidato in un grande partito come indipendente la parola "indipendente" è... un puro suono, insomma. E non tanto perché quel partito ti imponga di fare determinate cose o ti vieti di farne certe altre, quanto perché hai un senso di... sei come psicologicamente schiacciato dai tanti voti che hai avuto in quel partito e che hai avuto per quel partito. Qui invece si ha la buona impressione di un ''partito di indipendenti", in cui tutti siano realmente indipendenti: allora si è più liberi, tu sai che domani alla Camera o in un consiglio comunale o dovunque ti troverai eletto dentro quella lista. tu sarai indipendente e potrai prendere autonomamente le tue decisioni e le tue posizioni. (2uesto può dare un senso diverso alla elezione, alla politica, e allora si che il Parlamento diventa Parlamento... Oggi ho letto un articolo di un illustre giornalista che dice: "Se i radicali avranno venti deputati il Parlamento potrà più funzionare?"... Ma ha funzionat
o, finora, il Parlamento in quanto Parlamento? Non vedo che abbia funzionato quando Pinto dice determinate cose che magari si potevano discutere, controbattere, e viene lasciato solo a parlare in un'aula vuota, sul caso Moro... questo non è un Parlamento, non ha funzionato per niente come Parlamento... anzi è questo che bisognerebbe tornare a far funzionare. Io penso che ormai tutto il movimento dovrebbe essere per l'attuazione, per il ripristino, per il funzionamento della Costituzione: perché la cosa a cui soltanto possiamo aggrapparci è la Costituzione .
D.: »Quindi lei ha intenzione di esercitare realmente il mandato parlamentare, una volta eletto .
R.: »Si, certo, se la salute me lo permetterà... Dal momento che si accetta si deve pur fare... avrei preferito per la mia tranquillità personale, per il mio lavoro di scrivere, non trovarmici in mezzo: ma dal momento che ho fatto questo passo...
D.: »E farà anche una campagna elettorale? Andrà in giro a tener comizi, assemblee?
R.: »No, questo non mi sento di farlo... Non ce la faccio più a stare dove c'è tanta gente. ne ricevo una specie di smarrimento, di panico... prima no, prima tutto sommato mi piaceva. Andare ad un convegno, incontrare gente. Anche poi anni fa ho affrontato qualche comizio, per la campagna per il divorzio, per le amministrative... mi pesava anche allora, ma ora mi è diventato impossibile salire su un palco e parlare. A Racalmuto una volta tutto il paese andava a sentire i comizi, i balconi erano sempre pieni di gente come per la festa del santo patrono, circolavano poesie azzeccatissime di ognuno dei candidati... Ricordo un comizio che una volta abbiamo fatto con Guttuso in un paese di mafia dell'interno, a Corleone. C'erano una cinquantina di giovani vicini, sotto il palco, poi tutta la popolazione schierata in fondo, come a dire "siamo qui soltanto per ascoltare, nessuno di noi pensa di dare il voto a questo partito... " In più c'era la radio dei carabinieri che interferiva in continuazione l'altoparlante .
D.: »E però tipico della Sicilia, soprattutto dei paesi un modo di ascoltare i comizi molto distaccato, senza alcun segno di consenso o di disapprovazione...
R.: »Si, perché fanno anche una valutazione di pura retorica, ascoltando quello che tu dici dal punto di vista delle regole retoriche... i siciliani sono ascoltatori esperti. Ricordo un comizio a Sciacca di un liberale, mi pare Arpino. Giuseppe Arpino. che parlava abbastanza bene, e c'era un contadino che lo ascoltava ammirato, poi alla fine rivolto a quello che gli stava accanto commentò: "cumpà, sapiti che disse? cu ave mangia e cu unn'àve talia": che mangia, chi non ha sta a guardare l'altro che mangia, che era un giudizio perfetto .
D.: »C'è nella tua decisione di accettare la candidatura anche la volontà di non appartarsi, di tenersi attaccato alla gente e ai fatti del mondo?
R.: »Si, certo, anche a questo è legata la decisione di presentarmi... alla volontà di essere vivo, di sentirmi vivo, di... di non rassegnarmi, di muovermi, di fare qualche cosa insomma... Perché se no, mi trovo in un'età in cui... è facile darsi alla contemplazione della morte, specialmente stando male come sto. E allora a un certo momento mi è venuto questo impeto di rompere, di rompere la malattia, di rompere il desiderio di morire... di rompere proprio questo senso di sollievo che uno prova a un certo punto all'idea di non esserci più. E allora ho voluto impormi il contrario...
D.: »Come è stato, per lei, I'anno che è passato?
R.: »E stato terribile per molti aspetti... per me principalmente per il caso Moro, che mi ha ossessionato un bel po' e mi ossessiona ancora. Di solito, quando scrivo un libro poi me ne dimentico, non lo leggo più; come se l'avesse scritto un altro. Tanto che le realizzazioni cinematografiche per esempio mi lasciano freddissimo, come se non mi appartenesse per niente quella materia. Ma ci sono due libri in tutta questa mia carriera diciamo così, che invece mi hanno lasciato delle tracce. Uno sul piano puramente filologico, direi, nel senso di ricerca, ed è ''Morte di un inquisitore..." e l'altro è questo di Moro. Ma questo è diversamente, perché è una storia che non è finita, è una realtà che continua. Ieri mi hanno detto che Melega si presenta con i radicali proprio perché vuole entrare nella commissione sul caso Moro. Io lì per lì a questo non ci avevo pensato. Però capisco che chi ha avuto a che fare con questa storia e ha voluto vedere più a fondo nell'ingranaggio che ha portato alla morte di Moro, non r
iesca . d accettare che la verità resti nascosta. E il fatto che la gente abbia voluto dimenticare in fretta, che provi un certo fastidio quando se ne parla... Anche questo dimostra che una traccia è rimasta. Nessuno riesce a parlarne con leggerezza, come di solito anche nelle tragedie italiane... Non so, la storia del Vajont è stata una cosa terribile, però dopo un poco quei morti seppelliti dal fango era come se non contassero più tanto... contava di più la vicenda giudiziaria, i colpevoli... Ma qui il morto continua a pesare... e la gente non ne vuole sapere, vorrebbe cancellare ma non può .
D.: »Forse anche tra i responsabili della morte di Moro, in seno alle BR, è rimasta una traccia che non si cancella. Ma oggi si parla piuttosto del "terrorismo diffuso", del terrorismo come fenomeno sociale, come frutto spontaneo.....
R.: »Il terrorismo io lo vedo come un fenomeno di disperazione. Prendi un paese come Racalmuto, tutti i giovani studiano, e che fanno, passeggiano senza prospettive... In una grande città, la cosa diventa più disperata. Il terrorismo come fatto sociale ha senza dubbio radice nella disperazione giovanile, però c'è anche chi lo fomenta, chi lo organizza. Spesso in questi giorni mi sento dire che c'è qualcuno che afferma che la mia presenza nelle liste radicali servirà a raccogliere i voti dei terroristi... innanzi tutto vorrei sapere chi lo afferma, probabilmente saranno quelli stessi che hanno detto che io sono un terrorista reazionario... poi quello che io ho scritto dal '50 ad oggi sta lì... contro l'intolleranza, contro la violenza, contro la pena di morte. Se mi votano vuol dire che sono degli innominati che si sono convertiti. E allora il loro voto mi fa piacere .
D.: »L'anno scorso ricordo che lei aveva detto, in un momento in cui di segni positivi non ce n'erano molti, che un segno positivo era la preoccupazione. il fatto che ci fosse tanta gente preoccupata. E ora? che frutti ha dato questa preoccupazione?
R.: »La preoccupazione c'è ancora, si. Ha dato secondo me un moto di insofferenza ormai... La gente è insofferente di questi partiti sclerotici, che conducono il loro gioco come se niente fosse accaduto, e ne vede costantemente altre manifestazioni... La gente non è persuasa secondo me anche di questi arresti ultimi, e forse ha rinunciato a cercare la verità sui giornali. Perché anche questo è successo di nuovo in questo periodo, la fine della stampa. Chi prende il giornale ormai lo fa per abitudine... non spera più di apprendere anche una sola notizia, è diffidente . E così di fronte a queste cose non sa più se questi arrestati possono o no essere colpevoli... è un po' come la favola di Fedro del lupo e della volpe, dove se l'uno è capace della violenza, I'altro è capace della frode, e quindi tra l'amministrazione della giustizia e i presunti terroristi la gente si trova proprio in questa situazione, che non sa... Ora se questa insofferenza maturerà nel voto, o resterà una cosa così, questo potremo soltant
o dirlo dopo, perché credo che una delle cose più difficili sia la cosiddetta analisi del voto, in questo paese .
D.: »Secondo un sondaggio elettorale, ci sarebbe il 48% di indifferenti tra gli elettori, gente che non sa neanche se andrà a votare...
R.: »No, io non ci credo tanto all'indifferenza. L'indifferenza risulta soltanto dai sondaggi. La gente non è per niente indifferente. L'indifferenza anzi nasconde secondo una qualche decisione vergognosa... quelli che si mostrano indifferenti praticamente hanno già deciso, e non è vero che siano indifferenti .
D.: »E perché vergognosa?
R.: »Perché continueranno a votare come prima, e... in questo momento sentono che non è giusto votare come hanno sempre votato. Questo 48% secondo me è tutta la gente che ha votato per anni in un modo e continuerà a votare in quel modo... e non vuol dirlo. Io non credo all'indifferenza, nessuno è indifferente. Invece distinguerei tra gli accorati e gli indifferenti. Quelli che dichiarano indifferenza, che dicono "non me ne frega niente. non mi interessa. non vado a votare''. questi sono finti indifferenti. Invece c'è una parte che credo sia la maggioranza del popolo italiano che è sfiduciata, accorata, che vorrebbe intravvedere un barlume di verità...
D.: »Di nuovo allora una domanda scontata: che definizione si può dare della ''verità"?
R.: »Della verità? La verità è... Ia verità. Quando Pilato domanda a Cristo, Cristo non dà risposta su cos'è la verità... però la verità esiste, c'è. Ci sono i fatti. naturalmente anche nei fatti c'è l'ambiguità, c'è la possibilità di interpretarli. di sfaccettarli come si vuole, di dissolverli anche, pirandellianamente... Però un fatto è un fatto. E qui vengono proprio mistificati i fatti. Non si riesce più ad avere un'idea del fatto... Il pranzo in casa di quel giudice dove è stato Alessandrini, ecco, è un fatto. Però io non sono riuscito, pur seguendo attentamente tutti i giornali, pur arrovellandomici sopra, a farmi un'immagine precisa di quel fatto. Ma... un giornalismo dovrebbe essere questo, dare per lo meno l'immagine di un fatto, i "dati di fatto", come si suoi dire. Questo non c'è più. Per me l'esempio più straordinario di giornalismo, di onestà professionale del giornalismo, è quello che racconta quel vecchio inviato del ''New York Times", Mattews Lui racconta che una volta i corrispondenti che er
ano dalla parte di Franco durante la guerra di Spagna diedero come conquistato da Franco un paese che a lui risultava invece essere ancora in mano ai repubblicani. Mattews prese una macchina, andò in quel paese e fece da lì un telegramma al ''New York Times''. Mentre lui usciva dall'ufficio postale le avanguardie di Franco entravano dall'altro capo del paese. Però lui intanto aveva smentito la notizia falsa: il giorno prima Franco non c'era. Ecco la verità dei fatti. E un potere della verità c'è. Io si può esercitare anche così. Questo dovrebbe essere il giornalismo. dare il fatto del momento. Il giornalismo è come un tribunale di prima istanza, dove hanno valore i fatti. Invece oggi si pratica un giornalismo come cassazione, dove i fatti scompaiono, quello che gli avvocati chiamano ''il merito'' scompare, ed esiste soltanto la forma...