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Sciascia Leonardo, Signorelli Salvatore - 5 giugno 1979
Ora importiamo anche la violenza
Intervista a Leonardo Sciascia a cura di Salvatore Signorelli

SOMMARIO: La sua candidatura nelle liste radicali significa un impegno anche per "rifondare la politica", non lasciandola in mano ai soli politici. Ritiene che le imminenti elezioni provocheranno qualche spostamento verso "l'area radicale". Afferma che in Italia c'è - ancora amorfo senza dubbio, ma c'è - un "pensare al presente" "secondo la realtà" che è "la sinistra". Sostiene che dietro la violenza e il terrorismo vi sono "attivisti stranieri".

(ECO DI PADOVA, 5 giugno 1979)

Domanda: »La sua candidatura nelle liste radicali significa una adesione alla battaglia per i diritti civili, oppure, come ha dichiarato di recente, anche un impegno per ''rifondare la politica''?

Risposta: »La mia candidatura nelle liste radicali significa soltanto questo: che al punto in cui siamo la politica è una cosa troppo seria e addirittura tragica per lasciare che la facciano soltanto i politici. Ho rotto la mia decisione di non fare politica - decisione conveniente alla mia età, al mio stato di salute, alla mia attività di scrittore - soltanto per dare un segno della preoccupazione e dell'angoscia in cui la parte migliore di questo paese si dibatte. Sono candidato di un partito, ma non mi sento candidato di parte. La mia parte è la sinistra in quel che ha di vita, di fantasia, di verità .

D.: »Poco meno di un mese fa, lei si era dichiarato contrario alle elezioni anticipate e ad ogni sua diretta partecipazione alla vita politica dopo l'esperienza di indipendente nel gruppo del PCI al comune di Palermo. Adesso alcuni la accusano di aver fatto una scelta contraddittoria .

R.: »Le elezioni ancora una volta anticipate sono un sintomo oltre che d'impotenza, di pura imbecillità: da parte, si capisce, di chi le ha volute. Non sposteranno di molto i rapporti di forza, e specialmente tra i due più grandi partiti. Il solo spostamento si avrà, con tutta probabilità, verso l'area radicale: e da lì sarà possibile, forse dirottare un certo movimento della sinistra. Non è dunque, la mia una scelta contraddittoria .

D.: »Oltre che al Parlamento europeo lei è candidato anche a quello nazionale. Come uno scrittore impegnato sul piano civile e politico pensa di operare in un paese ed in uno Stato che lei stesso ha paragonato ad una ''piovra corporativa"?

R.: »Non lo so. So soltanto che bisogna fare qualcosa .

D.: Nel " caso Moro' ', lei parla di ' ' lucciole che ritornano con gioia dopo essere scomparse dall'Italia''. Un segno di speranza che qualcosa possa cambiare? E questo che l'ha spinta a tornare in politica?

R.: »Certo, di speranza. I contadini dicono: senza speranza non si possono piantare gli olivi. Io dico: senza speranza né si scrivono libri né si fa quel che ora sto facendo .

D.: »Di recente lei si è definito "uomo di sinistra" specificando che la "sinistra è quella fatta soltanto dagli uomini che ancora pensano". Che significa questa posizione alla luce della situazione politica interna ed internazionale?

R.: »La distinzione tra destra e sinistra, nella vita politica italiana, è diventata quasi invisibile: è per il fatto che la sinistra, nella sua ufficialità come nelle sue frange eversive, pensa al passato: al passato prossimo, al passato remoto, ma comunque al passato. Il pensare al passato era peculiarità della destra, inavvertitamente è diventato remora della sinistra. Ma c'è anche, in questo nostro paese, anche se disperso, un pensare al presente, cioè un pensare secondo la verità effettuale delle cose, secondo la realtà, secondo i reali problemi e pericoli. Questa è la sinistra. Ancora amorfa, senza dubbio, ma c'è .

D.: »Oggi si parla molto del cosiddetto "riflusso" e del ritorno al privato. Lei di recente ha detto che il popolo italiano è stato rovinato dal consumismo dal quale ha preso gli aspetti peggiori. Come giudica questo stato di sfiducia e delusione della gente?

R.: »Il ritorno al privato è un'invenzione sociologica. Non c'è, in Italia, più ritorno al privato di quanto ce ne fosse al tempo di Guicciardini. Certo la gente è sfiduciata, è delusa, ma anche continuamente si sente dire che non può non essere sfiduciata, non può non essere delusa .

D.: »Di recente lei ha detto che violenza e terrorismo sono difficili da combattere per "la presenza di attivisti stranieri". Da cosa nasce questa sua sfiducia?

R.: »E una constatazione: esse si mettono insieme tutti i frammenti, tutte le informazioni che abbiano sul terrorismo non è difficile arrivarci. Basterebbe, peraltro, rileggersi con attenzione le due ultime interviste del giudice Alessandrini. Ma attentamente, ripeto: e con una matita rossa in mano, sottolineare i punti importanti .

D.: »Come giudica le recenti iniziative della magistratura che accusano i maggiori esponenti di "autonomia" padovana di essere alcuni dei cervelli delle BR e del "partito armato"?

R.: »Non le giudico, aspetto .

D.: »Queste elezioni che cosa possono significare per l'Italia e per l'Europa? Cambierà qualcosa o prevarrà, anche a livello europeo, la logica del "Gattopardo": cambiare quel poco che basta per lasciare le cose immutate?

R.: »In Italia sta per cambiare qualcosa, qualcosa per forza deve cambiare: si tratta, ecco, di non farla cambiare in peggio. La costante storica, della storia italiana, posta dal principe di Lampedusa è suscettibile di una qualche modificazione in peggio. Non bisogna dimenticare che il fascismo c'è stato .

(" Eco di Padova", 5 giugno 1979 intervista a cura di Salvatore Signorelli)

 
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