di Alberto AbruzzeseSOMMARIO: "I radicali giocano alla 'rivendicazione facile'", vale a dire sottolineano "un testo già esistente" e spesso "creano difficoltà di lettura, provocano ulteriori errori". Ma allora, perché "un così esteso consenso giovanile?"; perché "un così vasto credito nelle aree professionali?" Esistono nella società "atteggiamenti, comportamenti, interpretazioni, simulazioni radicali", di cui solo "una minima parte" è riconducibile al Partito Radicale". Pur non potendosi parlare di una vera e propria "cultura radicale", vi sono settori dove la "presenza radicale è notevole": cioè nei "luoghi pubblici di aggregazione" e nei "nodi nevralgici dell'informazione". Dentro questo "calderone" si agitano comportamenti "fortemente individuali", ma con caratteri "persino di socializzazione". In definitiva, "il carattere eccezionale del successo elettorale dei radicali non è nel loro partito politico" e nella sua "disponibilità avventuristica", ma nel carattere straordinario della più generale "rivolta individuale". Occor
re insomma ormai evitare che "i giovani" si pongano "come soggetti senza partito, senza organizzazione", ecc...
(»Rinascita del 20 luglio 1979 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)
E' facile capirlo: i radicali giocano alla »rivendicazione facile , cioè funzionano come un matitone rosso che sottolinea un testo già esistente e di per se stesso significante; lo sottolineano in alcuni dei suoi passaggi più contraddittori e spesso, sottolineando, confrontando il testo, creano difficoltà di lettura, provocano errori ulteriori.
Lavorano, quelli del Partito radicale sulle aspettative altrui e tentano di provocarle a proprio vantaggio, contando su una sorta di "senso comune della rivolta nei confronti del potere istituito", che è sempre più diffusa nel comportamento dell'individuo della civiltà contemporanea (forse è un dispositivo necessario per rendere reattiva la massa sociale, per salvaguardare le sue capacità di apprendimento).
Dunque sembrerebbe che la immaginazione radicale funzioni come opposizione all'immaginazione al potere. A livello delle comunicazioni di massa sembrerebbe che la fortuna massmediologica degli appelli radicali si fondi sulla voce di pochi »buoni che si erge contro il dominio dei media »cattivi . E' proprio così? O piuttosto accade che un partito (che non è di massa) tenti forme parassitarie su comportamenti di massa? Tenti una propaganda agitatoria tutta conformata alle tecniche stesse dell'informazione?
In ogni caso perché, allora, un così esteso consenso giovanile? Perché un così vasto credito nelle aree professionali? Vediamo di trovare qualche risposta.
Si può parlare in Italia di una »immaginazione radicale ? Vale a dire: si possono isolare nei flussi attuali dell'informazione e dello spettacolo forme e contenuti di natura o provenienza radicale? E già dicendo natura o provenienza, non diciamo la stessa cosa; infatti è facile verificare ad un primo sguardo che esiste un volume considerevole di atteggiamenti, comportamenti, interpretazioni, simulazioni radicali ma che solo una minima parte di tutto ciò è riconducibile direttamente all'organizzazione politica del Partito radicale o ad effettive sue aggregazioni di potere economico o politico negli apparati dell'informazione.
Sta di fatto che, pur non potendo parlare di una cultura radicale, socialmente articolata in precisi meccanismi di produzione, tuttavia se assistiamo ad un raduno pubblico (tempo libero, musica di massa ecc.), se osserviamo l'area competitiva del mercato delle notizie (rotocalchi ecc.), la presenza radicale è notevole anche quando appare indefinibile nei suoi larghi margini di ambiguità. Persino nella Rai-Tv, dove Pannella lamenta sempre sua assenza e il suo scarso potere, il discorso radicaleggiante riesce a funzionare indipendentemente dalla quantità di spazi e mezzi a disposizione.
Torniamo quindi all'interrogativo di partenza dell'immaginario radicale. Una risposta possibile sta nel fatto che i luoghi pubblici di aggregazione e i nodi nevralgici dell'informazione rivelano una forte presenza di strati giovanili e di forme di lavoro intellettuale o tecnico. Il giovane e l'intellettuale (nella sua eccezione più estesa) sono o possono essere espressione di un atteggiamento radicale. Questo genere di cultura, pur non essendo in posizione egemone, tuttavia si trova ad essere centrale nei processi di produzione dei "mass media".
Dentro a questo calderone s'agitano prevalentemente reazioni di tipo individuale ma fortemente caratterizzate intorno a »luoghi sociali di grande importanza nelle strategie del potere: l'attacco da parte delle forme più avanzate dell'organizzazione del lavoro allo "status" di alcune professioni, alle modalità di trapasso da una generazione all'altra, alla dinamica della divisione di classe. Ecco perché comportamenti fortemente individuali (e fondati sulla »parzialità violenta dell'individuo) possono funzionare da immagini con alto potenziale di diffusione e per certi aspetti persino di socializzazione. Ed ecco perché tali immagini, trovando rispondenza interna e immediata in ceti, in istituzioni, in strati sociali e nelle meccaniche stesse dell'organizzazione della vita civile, sono immagini che si producono e si consumano ben oltre il loro riferimento ad una ideologia segnatamente radicale.
Se si imposta così la questione, il carattere eccezionale del successo elettorale dei radicali non è nel loro partito politico (che non è assolutamente rappresentativo del fenomeno sopra descritto), ma nel carattere di straordinaria espansione della rivolta individuale, sia nella sua componente positiva, trasgressiva, dissacratoria, motivata, sia però anche nella sua componente negativa, regressiva, impolitica e apolitica allo stesso tempo. Espansione che ha trovato un "pertugio" nella disponibilità avventuristica del Partito radicale, mentre, incontrava sempre più alte barriere, per quanto più o meno motivate, negli altri partiti, anzi proprio nei partiti di massa.
Intorno abbiamo un universo culturale e sociale incomprensibile, restando sul filo della tradizione: immagini scomposte, abnormi, paradossali, "eccessive". L'area dei bisogni radicali è molto più estesa delle punte che emergono e che si esplicitano tali; ha profonde radici nel nostro immaginario collettivo, nella qualità trasgressiva delle "fantasie" di noi tutti.
Vale la pena di evitare che i giovani e altre forme di lavoro indirettamente o direttamente produttivo, oggi in crisi, si pongano o come soggetti senza partito, senza organizzazione, nell'area della fuga (oppure in quella del terrorismo), o come soggetti di un partito sbagliato e incapace, solo perché il linguaggio dei loro bisogni, produttivo sul piano della comunicazione individuale e collettiva, resta condannato a puro sfruttamento e a costante subordinazione; solo perché la loro immaginazione sta al potere ma separata, divisa, dissociata da quanti la producono.