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Bolaffi Angelo - 20 luglio 1979
A vele spiegate verso Atene
di Angelo Bolaffi

SOMMARIO: Un elemento specifico della "crisi attuale" è l'"opzione per il 'part time'", in cui si realizza "la critica di quell'etica del lavoro che il movimento operaio ottocentesco aveva elaborato". E' una situazione a rischio, quella del "preteso realismo di chi rinuncia ad agire per trasformare le condizioni concrete e accetta il compromesso tra massimo di nonlibertà dove lavora e un regno della libertà 'part time'": è la "rinuncia a lottare". Ma anche Marx aveva avvertito che il lavoro "rimane sempre un segno della necessità" e che "lo sviluppo delle capacità umane" comincia con il tempo libero, il non-lavoro, "il vero regno della libertà". In questo, Marx incontra Weber e anche Simmel quando sostiene la "non-riducibilità assoluta dell''umano' al 'sociale'".

(»Rinascita del 20 luglio 1979 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

Un aspetto della cultura giovanile che confluisce nel fenomeno radicale è la critica di quell'»etica del lavoro che il movimento operaio ottocentesco aveva elaborato specularmente all'»etica dell'astinenza dell'economia volgare. L'"homo faber" non sembra incontrare i favori del pubblico giovanile. Né potrebbe essere diversamente in un'epoca nella quale è in crisi una visione »tolemaica della centralità operaia. E' ovvio che bisognerebbe vedere quanto di questa crisi della centralità operaia e del lavoro sia il risultato delle lotte operaie per ridurre il »tempo necessario , e quanto invece mero riflesso di quella speciale »liberazione del (e dal) lavoro che lo sviluppo-razionalizzazione del capitalismo produce espellendo forza-lavoro dal processo produttivo e restringendo le basi tecnico-materiali della scala produttiva sociale: il »comunismo del capitale è per definizione ambiguo almeno quanto il benessere del "Welfare State".

Ciò posto, mi pare che si possa dire che un elemento specifico della crisi attuale, in particolare tra i giovani (studenti e classe operaia), è l'opzione per il "part-time" o comunque per un'organizzazione della giornata caratterizzata dalla rigida contrapposizione tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro. Una sorta di ritorno alla "polis" greca nella società di massa: solo che anziché essere divisa la società in schiavi e liberi, tra chi lavora ed è macchina e chi è uomo (libero) appunto perché non lavora, è il singolo ad essere spaccato, dimidiato. Schiavo e libero, "part-time".

A ciò è sottesa la dubbia identificazione di »tempo libero e »tempo liberato e l'abbandono dell'idea per la qualità del tempo di non-lavoro dipende da quella del tempo di lavoro e che la lotta per trasformare (ridurre) il tempo necessario è pregiudiziale per allungare e qualificare quello di non-lavoro. Da un lato l'enorme sviluppo delle forze produttive e la consapevolezza (magari »inconsapevole ) che il lavoro »non è tutto consentono ad una generazione cresciuta libera dal ricatto (e dalla memoria) della disoccupazione di prendere sul serio le promesse dalla società affluente e di usare a proprio vantaggio le promesse sul tempo libero, il consumo e i week-end. Ma d'altro canto c'è anche una ideologia dietro questo »rifiuto del lavoro . E' il preteso realismo di chi rinuncia ad agire per trasformare le condizioni concrete e accetta il compromesso tra massimo di non libertà dove lavora e un regno della libertà "part-time". E' rinuncia a lottare per il potere di decidere: è delega assoluta ad altri del pro

prio destino, è libertà di non contar nulla.

Sembra entrare in crisi tutto un universo di valori. In realtà la tensione tra lavoro e non-lavoro non solo è presente nella stessa teoria marxiana, ma è al centro del moderno pensiero sociologico: è, infatti, solo il modo di proporre il tema filosofico di libertà e necessità, teleologia e causalità. Erede "anche" della tradizione schilleriana e goethiana, Marx pensò per un verso non solo che il »lavoro fosse l'essenza dell'uomo (donde una teoria dell'alienazione come teoria del lavoro sfruttato) ma che »lo sviluppo delle capacità della specie "uomo", benché si compia dapprima a spese del maggior numero di individui umani e di tutte le classi umane, spezza infine questo antagonismo e coincide con lo sviluppo del singolo individuo ("Teorie sul plusvalore", vol. II, pag. 119). Cioè che fosse possibile superare l'antinomia roussoviana (e poi kantiana) tra individuo e specie. Ovviamente nel lavoro non sfruttato, cioè là dove »i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la n

atura, lo portano sotto il loro comune controllo ("Il Capitale", III, pag. 933). Diremmo nel socialismo. Ma, attenzione! Il lavoro, aggiunge Marx: »rimane sempre un segno della necessità. Al di là di esso comincia lo sviluppo delle capacità umane, che è fine a se stesso, il vero regno della libertà, che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel segno della necessità. Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa (ivi). Cioè, in sostanza: non esiste un lavoro "libero" (è una ideologia), la »libertà è il non-lavoro anche se può svilupparsi solo dopo che la »necessità sia stata organizzata in modo razionale e ridotta al minimo necessario. Da questo punto di vista Marx non solo è assai poco utopista, ma anzi non è meno realista del Weber della "Scienza come professione" (1917), sostenitore del valore e della insopprimibilità della divisione del lavoro e dello specialismo dell'epoca del disincantamento del mondo razionalizzato. Di più. Marx, mi pare, implicitamente sosti

ene la non riducibilità assoluta dell'»umano al »sociale esattamente come poi farà Georg Simmel nelle sue "Grundfragen der Soziologie" (1918): la differenza (che »per primo Nietzsche ha percepito con chiarezza di principi ) tra interesse dell'umanità e interesse fa sì che »la società è "una" delle costruzioni nelle quali l'umanità presenta i contenuti della sua vita; ma essa non è né essenziale per "tutti" quanti né è la sola costruzione nell'ambito della quale si realizzi lo sviluppo dell'umanità .

 
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