di Stefano RodotàSOMMARIO: E' importante analizzare le caratteristiche del partito di Pannella come anche le sue "debolezze" e "scarti". Due sono i momenti in cui il partito radicale assume "più netta fisionomia", "la scoperta dei referendum e quella della RaiTV". Con i referendum esso ottiene "coinvolgimento a più stadi dei cittadini" nonché la "semplificazione del confronto politico", ecc.; con l'attenzione ai massmedia esprime invece la "rinuncia" all'organizzazione partitica e l'esaltazione di uno o più "leaders". Occorrerà vedere ora quale sarà, specie dopo il recente successo elettorale, la strategia parlamentare del partito radicale: e già sembrano visibili alcuni aggiustamenti, con la "significativa modificazione dell'ideologia del referendum".
(»Rinascita del 20 luglio 1979 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)
»Le nostre sezioni sono i tavoli per la raccolta delle firme . Questa frase di Marco Pannella riassume efficacemente alcuni caratteri del Partito radicale e la logica istituzionale a cui esso ha ispirato buona parte della sua azione: un partito che tende a creare occasioni di partecipazione continua per iscritti e non iscritti, che cerca di trasmettere senza mediazioni talune domande emergenti nella società. Qui non è il caso di analizzare nei dettagli le caratteristiche del Partito radicale (lo ha fatto assai bene Angelo Panebianco in un saggio pubblicato nel volume "I nuovi radicali"), né di segnalare debolezze o scarti da quel modello (denunciati anche all'interno del partito da chi, ancora in occasione delle ultime elezioni ha polemizzato con il modo verticistico e autoritario di formazione delle liste). E' utile, invece, segnalare come il modello si sia venuto precisando e rafforzando, analizzando rapidamente alcuni strumenti ai quali i radicali hanno fatto più costante riferimento.
Due possono essere considerati i momenti in cui il Partito radicale assume più netta fisionomia, agli occhi propri e a quelli degli elettori: la scoperta dei referendum e quella della Rai-tv.
La connessione tra queste due vie istituzionali e le indicazioni precedenti è chiara. Il referendum è uno strumento di coinvolgimento a più stadi dei cittadini: i promotori prima, poi i raccoglitori delle firme, poi i sottoscrittori delle richieste, infine l'intero elettorato. In più, il referendum si presenta (anche se non sempre è) come una occasione di semplificazione del confronto politico, deprime la funzione di mediazione, esaltando la categoria del conflitto (un'altra costante dell'azione radicale) approda ad un risultato che dà a tutti la sensazione incontrovertibile dei successo o dell'insuccesso. Nella versione radicale il referendum, più che come strumento di democrazia diretta, si delinea come la via per il totale coinvolgimento dei cittadini in vicende politicamente rilevanti.
A questa scelta si è accompagnata l'attenzione spasmodica per la presenza televisiva che, a ben guardare, non rappresenta soltanto il riconoscimento del ruolo fondamentale esercitato ormai dalla televisione nella lotta politica: esprime pure la rinuncia a raggiungere i cittadini attraverso l'organizzazione partitica di stampo più o meno tradizionale, favorendo piuttosto la loro identificazione con uno o più messaggi (temi) incarnati da uno o più "leaders".
La scelta referendaria e la presenza televisiva possono in qualche modo presentare elementi di contrasto con l'altra costante dell'azione radicale (almeno dal '76 in poi), l'insistito parlamentarismo. Il referendum infatti, è stato da più d'uno considerato proprio come uno strumento limitativo dell'influenza parlamentare, se non addirittura come un attentato alla prerogativa del Parlamento; e le Camere sono certo un'arena in qualche modo separata dalla collettività e certamente più ristretta della platea radiotelevisiva. Per sciogliere eventualmente questa contraddizione sarebbe necessario seguire nei dettagli l'evoluzione della strategia del Partito radicale, soprattutto nella componente della non violenza, che lo porta ad una ricerca di tutti i canali istituzionali praticabili per chi si identifica con tale logica. Più semplicemente, vorrei qui limitarmi a segnalare come l'insediamento parlamentare, esteso dal risultato elettorale del 3 giugno, abbia cominciato a reagire sulle vecchie linee dell'azione ist
ituzionale radicale. Basta ricordare qualche significativa modificazione dell'ideologia del referendum, fino a qualche tempo fa considerato come intangibile strumento di democrazia diretta (tanto che s'era teorizzata, senza gran fondamento, addirittura una paralisi del potere legislativo nelle materie interessate da una richiesta di numero prescritto di firme), mentre più recentemente se ne è riconosciuta pure la funzione di stimolo per il Parlamento, così accostandosi a visioni tipiche dei partiti tradizionali.
Inoltre, il modo in cui i radicali hanno scelto di stare in Parlamento da una parte conferma la propensione per il momento del conflitto inteso anche come un modo per rendere più percepibile l'esistenza di una forza »diversa ; dall'altra, esprime la volontà di affermare con ogni mezzo i diritti delle minoranze. In Parlamento viene così trasferita usando di un regolamento particolarmente propizio una delle tematiche su cui più erano stati costruiti il riferimento sociale e l'immagine del partito, in un fitto intreccio con l'altra tipica tematica radicale, quella dei diritti civili.