di Massimo TeodoriSOMMARIO: Teodori ricorda le figure di Aloisio e Giuliano Rendi, testimoniando i suoi ricordi personali di tanti anni di vicinanza.
Ne elogia la moralità, la rigorosa preparazione, la lucidità di visione, la profonda dedizione personale alla vicenda radicale e ricorda l'operosità diversa ed al tempo stesso simile dei due fratelli.
(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Aprile-Settembre 1979, N. 12-13)
Aloisio e Giuliano Rendi ci hanno voluto lasciare. Scegliendo, come avevano sempre fatto in vita, il loro modo di stare o non stare con gli amici, con i compagni, con coloro con cui avevano ragioni e passioni in comune. Posso solo testimoniare qui il mio ricordo ed il mio sentimento molto personali di tanti anni di vicinanza. Di Giuliano non potrò mai dimenticare, come non avevo dimenticato negli ultimi dieci anni di fatale lontananza, che nella seconda metà degli anni cinquanta si ricorreva sempre a lui per collocare le nostre scelte politiche, per sapere meglio di cose storiche e politiche quello che la maggior parte di noi solo intuiva, per avere sempre un quadro di riferimento alla navigazione quotidiana delle nostre passioni liberali e socialiste, federaliste e pacifiste. Avevo allora intorno ai vent'anni ed il sapere che c'era un Giuliano Rendi pronto a risponderti in maniera laica e chiara, con la lucidità di colui che ha nutrito la politica soprattutto di moralità e di studio rigoroso, era una sicure
zza.
Lo avevo incontrato, mi pare, nel 1953 a Sermoneta ad un seminario sull'Europa, poi, costantemente, nella milizia federalista, nella organizzazione della Giovane Sinistra Liberale, quindi tra i radicali: Giuliano che era e restava un intellettuale si avvicinava sempre al piccolo lavoro organizzativo con quell'umiltà e quella rigidezza che la sua educazione calvinista ed il suo patrimonio familiare gli avevano radicato così profondamente dentro. E come non ricordare che non avremmo certo fatto `Sinistra Radicale', tra il 1959 ed il 1963 senza Giuliano, e dico senza il contributo politico-intellettuale di Giuliano oltre alla sua costante e operosa presenza. Come non richiamare che probabilmente gran parte delle intuizioni e del relativo approfondimento politico che ha nutrito i vent'anni dei nuovi radicali ebbe proprio allora uno dei momenti più fervidi, certamente il più creativo. Sapevamo tutti, Angiolo, Gianfranco con Marco lontano, che da Giuliano ci veniva una ricchezza e lucidità di visione che noi allor
a non avevamo e di cui sentivamo profondamente la necessità.
Quella familiarità che avevo con Giuliano forse data da una affinità elettiva, mai realizzata per tanta diversità di gusti e di carattere l'ho ritrovata di recente, nell'ultimo anno, passando alcune ore nella sua biblioteca di cui voleva disfarsi quasi a volere segnalare, con la cruda nettezza di sempre, che ormai quelle cose vive lì, i libri, non avevano più ragion d'essere perché aveva deciso che vita non c'era più, e che presto se ne sarebbe cancellata anche l'ultima parvenza materiale. La biblioteca di Giuliano era una puntuale fotografia del patrimonio suo interiore che avevamo fatto nostro, e della ricchezza di radici che il nostro radicalismo aveva nella tradizione italiana e nelle diramazioni internazionali. Ma il patrimonio ancor più ricco era quello che Giuliano aveva accumulato dentro di sé in tanti decenni di quotidiano, costante e rigoroso esercizio di letture: un patrimonio di cui forse noi tutti non abbiamo saputo negli ultimi anni avvalerci così come Giuliano meritava e di cui, ancora dopo ve
nt'anni, avevamo ed abbiamo tanto bisogno.
Aloisio, mi pare, l'ho incontrato la prima volta a Via XXIV Maggio, dove facemmo sopravvivere il Partito Radicale dopo la crisi dei vecchi radicali nel 1962. L'operosità di Aloisio era così diversa e al tempo stesso così simile a quella di Giuliano. Tanto Giuliano era capace di leggere, quanto Aloisio di tradurre le sue conoscenze in materiale di rifornimento politico. Ogni giorno si prendeva il suo pacco di giornali in tutte le lingue, da quelli tedeschi che conosceva così bene a gli scandinavi, dai polacchi agli olandesi ed era capace di fare della sezione internazionale di "Agenzia Radicale" quotidiana probabilmente uno dei più informati strumenti di informazione e di azione nel campo internazionale e internazionalista che si potesse avere nel nostro paese. Il mio ed il nostro ricordo di Aloisio non può tuttavia essere disgiunto da certe sue caratteristiche che ne facevano un singolarissimo, ma al tempo stesso, il più tipico animale radicale. Aloisio aveva speso e spendeva molto del suo tempo, delle sue e
nergie e delle sue stesse risorse materiali in casa radicale: sia quando eravamo poche decine di amici sia quando siamo divenuti molti di più e così diversi gli uni dagli altri. Ebbene Aloisio ha saputo non essere mai un "professionista" della politica, a non farsi tentare dal tradurre la sua pur illimitata passione per i valori, le idee e le azioni in attività unica e magari di routine. Ha saputo conquistarsi la disciplina che lo ha fatto professore universitario e saggista di valore largamente riconosciuto nel campo degli studi germanistici. E tale aspetto di una piena crescita culturale che è venuta di pari passo con gli impegni talora snervanti della quotidiana attività politica non sembri cosa di poco conto. La vicenda radicale di questi decenni è stata sempre legata al filo soggettivo della dedizione personale, una dedizione molte volte a tal punto necessariamente assorbente da imporsi come esclusiva. Aloisio che più d'ogni altro, fin dalla dura e solitaria traversata degli anni sessanta, aveva voluto
e saputo dedicarsi senza riserve e senza risparmi alla comune impresa radicale, era riuscito contemporaneamente a esprimersi appieno là dove il suo patrimonio culturale lo chiamava e gli richiedeva altrettanta attenzione, dedizione e ricerca di quanto la causa politica - per lui innanzitutto imperativo morale - esigeva.
Nel lasciarci così come hanno deciso di dirci addio - un modo a cui si può a ragione applicare quel concetto a noi tanto caro: un modo laico - Giuliano e Aloisio ci hanno chiesto di ricordarli così come erano. Cercheremo di farlo pensando in noi, e forse se ne abbiamo la forza, anche tra noi, i non pochi e non irrilevanti messaggi che la loro lunga compagnia di amici e di solidali ha consegnato ad una vicenda che ha ormai segno collettivo.