di Flavio MicheliniSOMMARIO: "La mina dovrebbe essere innescata...grazie a un grappolo di referendum abrogativi": Il "più tumultuoso, nevrotico e imprevedibile" Congresso radicale si è trovato unito solo sulla strategia referendaria. Per il gruppo pannelliano gli obiettivi da raggiungere con i referendum sono però altri: entro il 1981 si sarà "di nuovo costretti a sciogliere le Camere". Intanto "la bufera della crisi" fa esplodere le contraddizioni del partito. Innanzitutto, c'è "la dura contestazione di Pannella e del gruppo parlamentare": dopo le relazioni, ci sarebbe dovuta essere "la chiusura definitiva" del congresso, e la cosa non è piaciuta ai congressisti. La "seconda rivolta" è giunta dopo "il misterioso messaggio di Fabre", scritto il 26 ottobre ma arrivato al congresso solo il 3 novembre. Ci sono poi le questioni del "partiti regionali", del "gruppo parlamentare", il ricorso alla sola politica di "abrogazione" referendaria, che fa allentare il rapporto con "il radicalismo storico": Inoltre, la tragedia dei paesi sot
tosviluppati è affrontata solo nell'ottica di un "approccio a termine", mentre sul tema dell'aborto sembra ci sia una "identificazione" con gli obiettivi della destra democristiana. Ma, "partito Pannella" per Parigi, il congresso è stato preso dalle "dispute interne" sui "tre documenti" presentati. E problemi come "i prezzi, la casa, le pensioni", ecc., restano accantonati, a favore della "strategia destabilizzante dei referendum".
(»Rinascita 9 novembre 1979 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)
La mina dovrebbe essere innescata nel giro di pochi mesi grazie a un grappolo di referendum abrogativi destinati »a far saltare gli equilibri del regime : Concordato, codice Rocco, codice di procedura penale, ergastolo, decreto antiterrorismo, codici e tribunali militari, smilitarizzazione della Ps e della guardia di Finanza, ordine dei giornalisti, legislazione sulla stampa, spese militari, centrali nucleari, caccia, aborto, liberalizzazione della canapa indiana e dei suoi derivati.
Il congresso più tumultuoso, nevrotico e imprevedibile mai vissuto dal Partito radicale si è trovato relativamente concorde soltanto sulla strategia referendaria. Ma se agli occhi di buona parte dei congressisti i referendum restano grandi battaglie di libertà, per il gruppo pannelliano gli obiettivi sono altri. »Vedrete che grazie ai referendum - ha detto Giovanni Negri, il più accreditato portavoce di Pannella - entro il 1981 saranno di nuovo costretti a sciogliere le Camere. Del resto la strategia referendaria non ha alternative, e se non l'adotteremo rapidamente il partito sarà disarmato e travolto . La bufera della crisi investe infatti il Partito radicale facendone esplodere le contraddizioni. Sarebbe poco prudente trarne conclusioni affrettate, pronunciare diagnosi, prevedere itinerari ed esiti finali. Ma qualche segmento di realtà è già disponibile.
Anzitutto la dura contestazione di Pannella e del gruppo parlamentare. Il "leader" è personaggio di grandi risorse, sa tenere la scena e conosce l'arte del prodigio illusionistico. Ma il suo carisma ha perduto l'antica lucentezza, soprattutto da quando i congressisti hanno scoperto di essere venuti a Genova soltanto per ascoltare le relazioni. Dopo di che avrebbero potuto benissimo mettersi il bavaglio. Non doveva essere una semplice sospensione dei lavori, con una parentesi dedicata a manifestazioni in Francia per la liberazione di Fabre, ma una chiusura definitiva. Il 30 novembre (la circostanza è sfuggita a qualche osservatore) il congresso sarebbe infatti ripreso »solo sul tema urgentissimo del militarismo europeo . La prima rivolta è scoppiata a questo punto e ha visto la sconfitta di Pannella che ha abbandonato il congresso insieme a tutti i parlamentari per trasferirsi a Parigi. Al Palazzo dello Sport non sarebbe più tornato anche se nei corridoi veniva annunciata quasi ogni ora una sua riapparizione
accompagnata da clamorosi gesti a sorpresa.
La seconda rivolta ha fatto seguito al misterioso messaggio di Fabre, ma si è rapidamente dissolta in uno stato d'animo di frustrazione e disagio. Scritta il 26 ottobre, forse lo stesso giorno in cui il Consiglio federativo decideva in segreto di mettere bruscamente fine al congresso, la »lettera dal carcere è stata resa nota soltanto il 3 novembre come un »messaggio pervenuto alla sorella Hughette . Era, in sostanza, una comunicazione che dettava l'organigramma dei dirigenti.
A molti congressisti è apparsa come un altro segnale di degenerazione autoritaria dello staff pannelliano che si proclama libertario e pratica, »la criminalizzazione del dissenso (sono parole di un congressista), attacca ossessivamente »il regime Dc-Pci e spegne ogni critica definendola un trucco del nemico (»qui sono entrate le voci del regime , ha detto Marco Pannella rivolgendosi ai suoi oppositori prima di fare le valigie), »dispone a piacimento del potere e del denaro e lascia ai militanti solo un compito di manovalanza . Dice Ercolessi, ex-segretario nazionale del Pr e "leader" del dissenso radicale triestino, »uno dei più gravi problemi del Pr è costituito dalla contraddizione fra battaglie libertarie nella società e comportamenti interni spiccatamente autoritari, ispirati a intolleranza, settarismo, violazione delle regole del gioco da parte dei capi carismatici e dei loro acritici seguaci. Il fatto è che nel nostro partito c'è spazio e tolleranza per tutte le diversità, salvo per i radicali divers
i . Il finanziamento pubblico, aggiungono altri, »è gestito nel modo più centralizzato e incontrollato che si possa immaginare, e solo per giochi di corrente .
Ma la contestazione finisce qui, lasciando a mezz'aria questioni tutt'altro che prive di valenza politica come l'autonomia dei »partiti regionali , che oggi contano in media non più di cento iscritti, il rapporto con la sinistra e la partecipazione alle elezioni amministrative del 1980 demandata a un congresso straordinario. Al di là delle coloriture lessicali (mai assemblea aveva ascoltato tante volte la parola di Cambronne), degli show, del folklore, degli alterchi, della stessa caotica conclusione che ha visto, all'alba di lunedì, l'elezione del »centrista Rippa alla segreteria e di Fabre alla presidenza onoraria. Il dato politico più rilevante della »crisi radicale sembra essere di duplice segno: innanzitutto la contraddizione prodottasi dopo l'espansione elettorale del 3 giugno. Un movimento-partito, che dispone del 3,5 per cento dei voti e di appena 3.800 iscritti, si vede improvvisamente costretto a ridefinire la propria identità. Abituato ad accomunare indistintamente i moderni partiti costituziona
li nella cosiddetta »ammucchiata , vive nell'incubo di »diventare come gli altri .
Il fatto è che il Pr era giunto a cercare la sua caratterizzazione in una immagine di partito contro i partiti, nella stagione più adatta a raccogliere i frutti della rottura prodottasi tra una vasta area sociale di »marginali e le tradizioni politiche e culturali del paese, delle quali, del resto, i cosiddetti »nuovi soggetti sociali non serbano alcuna memoria. I comportamenti trasgressivi, antistituzionali e forse anche taluni di quelli potenzialmente eversivi si sono riconosciuti nel Pr proprio per questa caratterizzazione come »antipartito . Ma quando si dispone di diciotto parlamentari, di un finanziamento pubblico disprezzato solo a parole, di »partiti regionali che chiedono di »calarsi nelle realtà locali e di darsi una organizzazione e un'autonomia, all'identità politica originaria finisce per sovrapporsi una immagine speculare, uguale e contraria, creando una contraddizione che può aprire la strada tanto a una crisi di crescenza quanto al declino.
Il secondo segno politico emerso dal congresso di Genova è che nel modo di porsi di fronte ai problemi del paese, unicamente e ossessivamente appoggiato sul ricorso all'»abrogazione , sembra allentarsi e venir meno anche il legame con la tradizione del radicalismo storico, forte di quegli autentici fermenti di rinnovamento culturale e civile cui proprio su queste colonne si è cercato, dopo il 3 giugno, di richiamare l'attenzione.
La »più favolosa macchina politica inventata negli ultimi settant'anni (così Pannella ha definito il suo movimento-partito conversando con i »giornalisti di regime ) deve navigare alle alte quote e affrontare solo i grandi temi, dall'ecologia alla fame nel mondo. Ma la tragedia dei paesi sottosviluppati viene considerata nell'ottica di un approccio a termine, circoscritto essenzialmente agli »aiuti , perché »bisogna contrapporre l'urgenza del »qui ed ora alle ipotetiche trasformazioni strutturali (relazione di Fabre). E quando la strategia referendaria affronta altri argomenti sacrosanti, che denunciano i vuoti e i ritardi del movimento operaio organizzato, riesce a dire soltanto dei »no senza indicare alcuna prospettiva, oppure rischia (è il caso dell'aborto) di mettere capo a una identificazione con gli obiettivi della destra democristiana. Ma del resto, esaurite le relazioni e partito Pannella, il congresso si è occupato ben poco della tragedia del terzo mondo o della morte ecologica, tutto preso com'
era dalle dispute interne e dalle ripetute votazioni sui tre documenti principali, investiti da una valanga di emendamenti e mozioni d'ordine. Sembra che la »favolosa macchina politica non possa scendere verso terra senza disintegrarsi o distruggersi nell'impatto. In periferia crescono le tentazioni di riempire gli spazi aperti dal successo elettorale nei consigli regionali e comunali, ma avverte il deputato radicale Massimo Teodori: »l'attenzione della politica di ogni giorno rischia di distrarre dai contenuti e dalle priorità radicali . E Fabre ammonisce: »stiamo molto attenti! Lo scontro elettorale delle amministrative dell'80 è di poco rilievo, la grande riforma è quella dei referendum .
Temi come i prezzi, la casa, le pensioni, la scala mobile, la crisi economica ecc. vengono così accantonati ancora una volta. Non per disattenzione, ma perché fuorvianti (l'ha ripetuto Adelaide Aglietta) rispetto alla strategia destabilizzante dei referendum, intesi come grimaldello per provocare la paralisi politica del paese. Fra l'altro, sembra molto probabile che se Pannella affrontasse i temi socio-economici perderebbe l'appoggio di gruppi conservatori e anche reazionari che hanno tutto l'interesse, per salvare l'esistente, a tenere ben chiuso ogni canale di comunicazione tra la cosiddetta »società radicale e il movimento operaio organizzato. E' anche questa una contraddizione emersa al congresso. Resta il fatto che una questione radicale esiste al di là di Pannella, delle sue escogitazioni, della effettiva consistenza e durata della sconfitta subita a Genova. Il movimento operaio non può disinteressarsi dei »soggetti sociali emarginati che popolano i continenti alla deriva sui quali possono sbarcare
sia Pannella che la destra reazionaria. Sono dunque in gioco le sorti della democrazia, la stessa possibilità di trasformare il paese nella libertà. E come è già stato osservato, la ricerca di confini nuovi della libertà è una ricerca necessaria ma difficile, che rischia permanentemente di trasformarsi nel suo contrario.