SOMMARIO: il Parlamento Europeo discute per l'ennesima volta, su proposta dei principali gruppi politici europei, la proposta di elevare il numero di parlamentari necessario per potere formare un Gruppo Parlamentare. L'intento è quello di ottenere lo scioglimento del Gruppo di Coordinazione tecnica e di Difesa dei deputati Indipendenti, di cui fanno parte i deputati radicali, i regionalisti belgi, il movimento danese anti-CEE, ed un indipendente irlandese. Tali deputati avevano preferito superare le distanze politiche ed associarsi in gruppo parlamentare per potere sfruttare al meglio gli strumenti che il regolamento concede ai gruppi e che invece nega ai non-iscritti, quali ad esempio il diritto di presentare emendamenti all'ordine del giorno, domande d'urgenza o di voto per appello nominale. Pannella contesta tali tentativi di imbavagliamento delle minoranze, il cui diritto è quello di poter presentare proposte anche per essere poi battuti su queste dalle maggioranze, ed argomenta contro la retroattività d
i una tale decisione, essendo il gruppo CDI già costituito. E' inoltre diritto della minoranza usare il regolamento per difendere le proprie prerogative e la propria capacità di incidere sui lavori parlamentari.
Grazie alle tecniche di ostruzionismo parlamentare i deputati radicali riusciranno a scongiurare ogni modifica al regolamento, continuando ad portare al centro del dibattito parlamentare europeo le loro battaglie (13-11-79).
Pannella. - (F) Signor Presidente, è l'ora del dibattito, ma per l'85% dei membri del nostro Parlamento è soprattutto l'ora della colazione. L'appello della nostra onorevole collega non hapercio' molte possibilità d'essere sentito. Dovrebbe forse rivolgersi alla pancia o allo stomaco dei nostri colleghi piuttosto che all'intelligenza o al cuore.
Penso comunque che, in questo deserto o quasi in cui stiamo consumando il rito dei nostri dibattiti, siamo vincenti. Lo siamo con le poche voci che vengono da altri gruppi. Siamo vincenti, signor Presidente, contro l'arroganza molto poco cristiana, molto poco liberale, molto poco democratica, molto poco parlamentare dei Klepsch e dei Bangemann, che tentano di fare di questo Parlamento un parlamento a gestione burocratica. Non si tratta più, signor Presidente, dei diritti delle minoranze. I funzionari del gabineto devono spiegarlo alla signora presidente, senza diplomazia, anche se, a quanto pare, hanno tradizioni diplomatiche piuttosto che parlamentari.
Non si tratta delle minoranze, onorevole Ewing! Purtroppo si tratta puramente e semplicemente di diritto, del diritto di tutti i parlamentari. L'onorevole de la Malène l'ha detto oggi, io l'avevo detto ieri sera. Siamo qui per difendere il diritto di tutti e dei singoli, perché vi sia una legge, la peggiore delle leggi, ma una legge! Che le manca, onorevole Pflimlin? C'è stato il 1958, Lei ne è stato il tragico testimone, come presidente del Consiglio in Francia; Lei ha tentato, in un modo o nell'altro, di conciliare la costituzione della Quarta repubblica con le esigenze di altri. Lei ha tentato fino all'ultimo minuto, me ne ricordo! Non so se vi sia o no riuscito. Ma il problema del diritto, onorevole Pflimlin, è il problema che poniamo qui. Perché discutere di una riforma, quando la maggioranza arrogante di questo Parlamento è pronta a violare la sua stessa legalità? Che importa che Luster o Nord siano o non siano ascoltati, signor Presidente, se questa legge è poi violata, come è avvenuto ieri e come è à
vvenuto sette volte in un solo giorno nella tornata precedente? La si è interpretata in modo abusivo, eccessivo.
Il solo rimprovero che ci si puo' fare, è quello di essere, in qualche modo, un po' dei rabelesiani, dei pantagruelici dei regolamenti. E' una questione di stile, o di fame e di sete. Ma nessuno nega che agiamo nel rispetto più stretto, addirittura troppo stretto, della vostra legge, della legge che voi, maggioranza, ci avete imposto. Orbene, ogni volta che difendete altri interessi politici, quelli dei gruppi burocratici, questa legge non vale nulla! Allora dico all'onorevole Luster e agli altri, che fanno della poesia sulle contraddizioni della libertà e della giustizia, dell'efficacia e dell'ordine, dico loro, signor Presidente, che siamo qui per ricordare che non esiste libertà senza diritto. Il principio stesso del diritto, di qualsiasi diritto, è migliore della legge della giungla, la legge del più forte contro quello che si crede essere il più debole, che è la legge dei liberali tipo Bangemann, che vengono nel nostro Parlamento ispirandosi non alla democrazia tedesca, ma ad altre tradizioni tedesche.
E non è un caso che il gruppo detto liberale sia occupato da qualcuno che non era liberale un anno fa, ma che era forse membro del partito liberale. Altri, i Thorn ed i Faure, non ci sono più, tacciono, non sono presenti; i liberali italiani, nella circostanza, sono evidentemente in flagrante disaccordo con certe procedure.
Allora, signor Presidente, il nostro imperativo politico è anzitutto il rispetto del diritto. Se permette, onorevole Pflimlin, dei democratici cristiani, è qui che ne riparliamo. E i Bersani e gli altri tacciono, perché questo regolamento el'articolo 28 impongono ai socialisti, ai democristiani che, stanno qui a tacere davanti al loro sovrano burocratico; gratuitamente, con le loro mani di burocrati senza sensibilità né parlamentare né democratica, fanno dono all'opposizione del tempo di parola che l'articolo 28 toglie ai loro parlamentari.
Abbiamo già vinto, signor Presidente, perché è chiaro che il contrasto qui è politico e che questa piccola minoranza dei non iscritti e del gruppo degli indipendenti rappresenta, da sola, la speranza del diritto in questo Parlamento. Basta che uno solo di noi resti come fummo, nel momento in cui parlammo di democrazia, per salvare tutta la speranza della nostra democrazia e del nostro Parlamento. Non abbiamo alcuna intenzione di cambiare, signor Presidente, e devo dirle che, personalmente, come non iscritto, posso rispondere in modo più preciso ai Bangemann e ai Klepsch. Posso avere la disciplina di un gruppo; ne farei volentieri a meno, se non fosse per una preoccupazione di organizzazione dei nostri lavori, di organizzazione democratica dei nostri lavori, signor Presidente. Abbiamo vinto, dtunque. Dove stanno i 207 deputati che, rispondendo al liberalismo di un Galland, sono disposti a votare? 207 voti per sciogliere questo gruppo! Non esistono, o, se esistessero, dovrebbero tornarsene a casa loro, con l'o
nta di un voto cieco, di un voto senza alcun rispetto, quanto meno dello stile democratico. Anche quelli dai quali, qui, apprendiamo talvolta, grazie alla loro storia, se non grazie alla loro coscienza - i conservatori inglesi - non sono praticamente mai presenti nel momento dei dibattiti. Sono altrove. Eppure bisognerebbe rilevare, signor Presidente, che sono per l'appunto questi gruppi di miserabili, questi gruppi senza storia che, nella tradizione del Parlamento inglese, ricordano che una legge non puo' mai essere retroattiva.
Noi ci siamo presentati alle elezioni europee dicendo ai nostri elettori: "abbiamo studiato il regolamento del Parlamento e possiamo essere deputati in un certo modo. E' per questo che presentiamo la nostra candidatura". Voi volete una legge retroattiva. Noi siamo un gruppo; essi sono un gruppo; ma la retroattività della legge, bel principio giuridico e bel principio parlamentare, dovrebb per l'appunto scioglierli in modo da farci tornare davanti ai nostri elettori dicencio loro: "ci eravamo sbagliati, pensavamo che la legge fosse in un certo modo; l'hanno cambiata.
Ci hanno imbavagliato e siamo conniventi con quelli che ci imbavagliano, perché, se gridiamo, manchiamo di stile".
Signor Presidente, l'onorevole Luster m'ha criticato, forse perché mi ha attribuito una mancanza di stile e di sensibilità quanto all'importante funzione di un presidente e quanto all'immagine che un Presidente deve avere in un parlamento.
Non accetto la critica, signor Presidente. Non l'accetto, perché qualcuno qui ha opposto, ieri sera, la nozione di ordine pubbllico alla legge. E'come quei magistrati che, sotto il fascismo, decidevano contro la legge scritta in nome dell'ordine e del disordine stabiliti. Quando ci si dice che noi sappiamo trovare nel regolamento armi per difenderci, si rendono conto queste persone che, in un processo penale, non si puo' contestare all'accusato il diritto di cercare mezzi di difesa nella procedura? E' un omaggio alla procedura e alla giustizia penali. Sembra che qui ci presiedano alcuni magistrati d'ispirazione e d'origine. Ma che magistratura è questa, a quali nozioni deldiritto obbedisce? Abbiamo dunque vinto sui principi perché quelli che andranno via di qui dopo aver aventualmente - ma non ci credono più - sciolto il nostro gruppo, andranno via di certo senza nessuna fierezza, ma probabilmente andranno via anche battuti quanto alla loro intenzione. Adesso si cerca subdolamente di raggiungere questo risul
tato: negazione del diritto di presentare modifiche all'ordine del giorno, del diritto di presentare richieste d'urgenza, di chiedere l'appello nominale su questioni molto importanti. Signor Presidente, il diritto della minoranza consiste non nel vedere approvate le sue posizioni, ma nel poter fare le sue proposte ed essere battuta. Qui ci si vuol togliere perfino il diritto di essere battuti. Mai, in questi cinque anni - in materia ecologica, su problemi nucleari o su questioni militari -, avremo la forza d'avere una risoluzione che venga respinta. Sapendo che i vostri elettori sono d'accordo con noi su questi temi, impedirete che il dibattito in questa Assemblea sia chiaro. Per terminare, signor Presidente, diro' al compagno D'Angelosante che, per rispondergli, non ho bisogno di riferirmi ai massimalisti, - com'egli ha detto - è Jean Jaurès, e non Jules Guesde, che aveva obiettato ai Millerand e ai Viviani che non c'è niente di peggio di certi iloti delusi che continuano abusivamente a parlare dei loro ide
ali e del loro passato per tentare di far passare il loro tradimento o la lore incapacità. E' dunque Jaurès, ancora una volta, che ci interessa, e non sono i massimalisti. Abbiamo difeso il nostro diritto. Se qualcuno ha rivoluzionato gli ordini del giorno, non è mai stato né un non iscritto, né un membro del gruppo degli indipendenti, bensi' sono stati gli onorevoli Scott-Hopkins, Bangemann e Klepsch, che, senza rispettare gli ordini del giorno che avevano proposto nell'ufficio di presidenza ampliato, ci hanno regolarmente scaricato qui le le richieste d'urgenza su Malta o che so io, cosicché gli ordini del giorno del Parlamento sono stati continuamente perturbati. Abbiamo parlato per sei ore del burro, dopo aver parlato per due ore di quelli che crepano perché non hanno grano; si diceva che noi stavamo imponendo a questo Parlamento, con la violenza, un dibattito che non era suo.
Signor Presidente, non ho nulla da aggiungere, perché penso che, non lei, ma questa presidenza, questa Assemblea nel suo complesso, conoscono forse meglio il latino che non il linguaggio democratico di oggi. Ho dato prova di ottimismo parlando in francese. Penso di doverlo alla speranza che continuo a nutrire, che, grazie alla nostra battagla, molti di noi - socialisti, comunisti, liberali, cristiano-democratici - potranno esprimere qui i loro ideali, invece di tacere, che riguadagneremo tutti il diritto alla parola, all'espressione dei nostri ideali, invece di essere la palude di un'assemblea in cui la sola voce che parli è quella di una rana.
Auspico, signor Presidente, che si venga fuori da questa palude e si torni ancora una volta alla lotta tra le differenze che rappresentiamo. Questa è l'azione che proponiamo con umiltà, presentando le nostre proposte sul regolamento e sulla procedura.