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Granchi Danilo - 14 novembre 1979
Disunitevi e disorganizzatevi
di Danilo Granchi

SOMMARIO: Accanto a Pannella, c'è ora, eletto al Congresso di Genova, il nuovo segretario Geppi Rippa. Nelle prime interviste, però, essi hanno detto cose diverse. "La parola d'ordine pannelliana resta... condensata nell'imperativo paradossale: Disorganizzatevi". Ma tra i radicali, ora, la vera distinzione non è tra "pannelliani" e "antipannelliani", quanto tra "pannelliani" e "pannellati". Al partito, su questo tema, se ne sentono di tutti i colori, "pasquinate cinquecentesche", "allusioni... maramaldesche", ecc. Ma "a quattr'occhi" anche i "maggiorenti" riconoscono che se non veniva fuori Rippa "chissà in che mani sarebbe andata la gestione del partito". Con 9700 preferenze a Napoli-Caserta, Rippa sarebbe entrato in parlamento "se Pannella avesse optato per Milano-Pavia". Molti dei radicali di spicco "si sono posti... il problema del momento: come fare del Pr un partito adatto a sostenere le responsabilità piombategli addosso", e si rammaricano perché di questo non si è parlato nel Congresso, dove invece c

i sono state troppe iniziative folkloristiche. "Può andare avanti così un partito che non è soltanto una confraternita di bizzarri aspiranti alla santità politica?"

(»Giornale 14 novembre 1979 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

I radicali che contano sono diventati due, e accanto a Marco Pannella, primo e insostituibile come sempre, c'è il nuovo segretario Geppi Rippa eletto, la notte su 5 novembre a conclusione del XXII congresso nazionale di Genova. E, tanto per cominciare, nelle prime battute a congresso chiuso i due hanno detto cose differenti. Pannella, intervistato da Elio Domeniconi del settimanale »Contro , ha tenuto a ricordare (nostalgia?) che ai tempi della Lega del divorzio i radicali erano in duecento, e si sono tirati dietro la maggioranza degli italiani, mentre »ci si chiede se in tremila siamo pochi . Il discorso poi è diventato tagliente: »Sarebbe assurdo pretendere che tutti questi tremila siano perfetti . Il risvolto risulta semplice e preciso: i duecento, perfetti lo erano. La parola d'ordine pannelliana rimane dunque condensata nell'imperativo paradossale: »Disorganizzatevi . Rippa su questo punto la vede in modo diverso. Ha detto a un altro giornalista, Mimmo Liguoro: »Ora che abbiamo quasi un milione e mezzo

di voti dobbiamo organizzarci meglio .

Chi dice però che i radicali sono ormai divisi in pannelliani e antipannelliani o dice quello che pensa, e allora non li conosce, o dice malignamente quello che non pensa perché li detesta. Se c'è una distinzione che, latente da anni, ha preso corpo in questi ultimi tempi, è invece quella fra »pannelliani e »pannellati . Quest'ultima qualifica, sprizzata come una scintilla dal vivo degli scontri verbali in congresso, si chiarisce da sé per via di assonanze: toccati, miracolati, tarantolati, plagiati da Pannella. Il ventinovenne napoletano longilineo e zazzeruto Geppi Rippa non è più, se lo fu mai, un pannellato, è semplicemente un pannelliano. Gestirà il partito con la sopraggiunta benedizione del gran leader, non per sua delega. Il candidato dei pannellati non era lui, era un giovanissimo piemontese tutto scatti, Giovanni Negri.

A proposito del tentativo messo in atto da Pannella di convogliare su Negri la benevolenza del congresso e i voti di convalida dell'evidente investitura se ne sono dette, al Palasport genovese, di feroci. Ai congressi radicali non vanno, caso unico, delegati eletti dalla base, va la base stessa, tutti gli iscritti o anche solo simpatizzanti, senza vaglio preliminare alcuno. Sicché i lavori procedono immersi in un plancton di tipi originali e incontrollabili, pronti a aprire bocca e buttar fuori quello che viene senza pensarci un secondo. Una autoprovocazione continuata, resa meno esplosiva da una tolleranza che pare, e non è, indifferenza. Spesso dalle parole in crocchio si passa ai volantini, ai disegnini, alle circolari a ciclostile. Manifesti da levare il pelo sono rimasti lì, non rimossi per giorni, affissi sotto il palco della presidenza.

Più che »tazebao , pasquinate cinquecentesche. Così ad esempio un dialogo telefonico a fumetti che cominciava »Ciao Marco, agli ordini, lo sai che non mi hanno ancora eletto? . Risposta: »Habbi fede con annesso disegnino di triangolo con l'occhio in mezzo, simbolo del Padreterno. E dopo una serie di allusioni iniziatiche quando maramaldesche: »Marco, siamo da tre ore al telefono, spenderemo un capitale, e non di Carlo Marx . Replica »Non preoccuparti, caro, c'è il finanziamento pubblico . Abbiamo tralasciato, con concisione, le interiezioni care a Cambronne e a Zavattini. La sostanza, al di là delle botte e risposte fescennine, è che la vecchia guardia pannelliana si è vista bocciare, con suo pupillo, il tentativo di far andare avanti le cose come prima mentre le circostanze sono cambiate. Se non veniva fuori Rippa - lo dicono tutti i maggiorenti, a quattr'occhi - chissà in che mani sarebbe andata la gestione del partito.

Ma Rippa c'era e c'è. Se si chiedono note di colore su di lui, personaggio che ha titolo all'attenzione come il più giovane fra i segretari di partito con un gruppo parlamentare che è il doppio di quello liberale, i suoi collaboratori sgusciano via: non si cava niente più della scarna biografia ufficiale stilata su due piedi la notte dell'elezione. Ha meno di trent'anni, è di buona famiglia, vive da anni fuori casa, non è sposato e in definitiva, per tutto questo, affari suoi. Ma Valter Vecellio per esempio, direttore di »Notizie radicali , diventa agiografico se si tratta di descrivere la gran capacità di lavoro del neo-segretario, la sua efficienza »aggregante . Non solo a tavolino ma anche ai tavolini, quelli adibiti, per intenderci, alla raccolta di firme sotto le richieste di referendum. Come nella Roma prima di Augusto, non si fa carriera politica nel Pr se prima non si è servito spada in mano sul campo, meglio se lasciandoci qualche penna: un paio di mesi in prigione per renitenza alla leva, dieci o q

uindici chili perduti digiunando, notti all'addiaccio per i sit-in, pernottamenti sul pavimento nel sacco a pelo per assemblee, congressi, marce della pace.

Pannelliano ineccepibile sotto questi profili, arrestato di fresco a Napoli durante la visita di Giovanni Paolo II mentre inalberava uno scanzonato manifesto: »Napoli milionaria saluta il Papa povero , obiettore di coscienza totale, cioè passibile di prigione. Tutto in regola. Ma credenziali valide il Geppi le aveva anche agli occhi dei contestatori implacabili, Giulio Ercolessi, Giuseppe Ramadori, Graziano Laurini, vezzeggiati dai rotocalchi e dalla televisione di Stato, tutti col pugnale di Bruto in mano perché, parole di Laurini contro il dittatore Marco, »non esistono dittature buone . Giusto un mese prima del congresso Rippa si era dimesso da tesoriere. La ragione? Risposta dell'interessato: »Un gesto politico, giudicate voi . C'era dietro - perché no? - tutta la vicenda delle scelte fatte dai capilista dopo le elezioni di giugno, i grossi nomi della »consorteria pannelliana in testa dovunque per numero di preferenze e quindi eletti più volte: nel decidere circa il seggio da tenere e quelli da cedere,

inevitabile il risentimento fra i primi non eletti rimasti sacrificati. Rippa, con 9700 preferenze nella circoscrizione Napoli-Caserta, sarebbe andato alla Camera se Pannella avesse optato per Milano-Pavia.

Piccole cose, ombre, intorno alle quali hanno però preso corpo questioni non futili, di sostanza. Con tanto di lettera a un quotidiano milanese, Franco Roccella, neodeputato in Sicilia proveniente dalla preistoria radicale degli anni Sessanta e passato per una lunga stagione socialista, ha tenuto a professarsi estraneo a manovre e interventi »dietro le quinte da più parti attribuiti a lui e al collega Aldo Ajello. Manovre a parte, i parlamentari citati e forse altri (lo stesso Gianfranco Spadaccia, dicono, che non sarebbe entusiasta dell'»esilio al Senato e, fra i non parlamentari, il direttore di »Teleroma 56 Lino Jannuzzi) si sono subito posti, dopo il successo vistoso alle elezioni del 3 e del 10 giugno, il problema del momento: come fare del Pr un partito adatto a sostenere le responsabilità piombategli addosso insieme alla valanga di voti.

Non sono in pochi fra gli esponenti radicali di spicco coloro che si rammaricano perché i termini del problema non sono stati posti davanti al congresso con tutta chiarezza. Il livello del dibattito ne avrebbe di sicuro guadagnato. E non ci sarebbe stata quella commistione continua fra bizantinismo manovriero ed esplosioni folcloristiche che ha fatto la felicità dei nemici viscerali del radicalismo italiano e delle sue fortune.

Del tutto omogenea con gl'intenti e le modalità delle manifestazioni antimilitariste pannelliane - e in nome delle quali Pannella avrebbe voluto la sospensione e il rinvio del congresso perché tutti i convenuti a Genova potessero marciare su Tolone o su Parigi al soccorso dell'imprigionato segretario Fabre - l'impresa di Maria Isabella Puggioni che, noleggiata una barca a motore e issata la bandiera bianca, si è avventurata con quattro fidi per la rada incappando in una sosta forzata alla diga foranea, per recapitare al comandante della portaerei americana »Independence ancorata al largo l'invito a trasferire »lontano dai nostri sguardi quel »costosissimo giocattolo di morte . Chiaramente ispirata invece a un beffardo contrappasso l'iniziativa di quei congressisti contestatori che, arrivato il loro turno fra gl'iscritti a parlare, dichiaravano che se ne sarebbero stati in silenzio in segno di protesta per tutti i dieci minuti concessi loro dal regolamento congressuale. Battibecco di uno di questi puntiglio

si con la presidenza. Presidente: »Vorrei fare una comunicazione . Oratore, sospendendo lo sciopero del silenzio: »La presidenza è pregata di non interrompere l'intervento, faccia le sue comunicazioni fra un intervento e l'altro . E zitto di nuovo.

Può andare avanti così un partito che non è più soltanto una confraternita di bizzarri aspiranti alla santità politica? Questo è il nido di vipere. E per contro: fino a che punto un partito vivo perché »diverso può mettersi in riga senza contrarre le paralizzanti malattie degli altri partiti: i »grandi animali di legno commiserati da Jean-Paul Sartre? Politologi ingegnosi di area radicale buttano là diversivi eruditi. Citano Cavour, che aveva una politica e non un partito. Ma intanto la leadership di Pannella è in licenza di convalescenza, e il provvidenziale Rippa è lì a sbrigare le faccende di casa, in attesa che i non violenti della rosa in pugno si risolvano a prendere il toro per le corna.

 
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