SOMMARIO: Marco Pannella interviene nel corso di un dibattito sull'occupazione in Europa dai toni piuttosto seriosi e tecnicistici, utilizzando le migliori arti della sua oratoria: il collegamento tra temi indirettamente associati e l'uso di un humor pungente ed esilarante. La discussione sulla situazione del lavoro in Europa diviene quindi spunto per criticare la pessima organizzazione dei lavori nel Parlamento Europeo, paragonato poi ad una fabbrica di salami che distribuisce fette d'interventi. Inoltre i modelli di sviluppo industrialisti sono anti-economici e non tengono alcun conto dei danni causati al territorio, all'ambiente, alla popolazione. Conclusione: il PE deve combattere la cattiva organizzazione del lavoro, iniziando "a pensare ad organizzare sé stesso prima di pensare ad organizzare gli altri" (15-01-80).
Pannella. - Signor Presidente, io penso che molte cose importanti siano state, ovviamente, non soltanto dette, ma consumate non solo in questo dibattito, ma nella letteratura sempre più imponente che ai vari livelli - scientifico, politico e sindacale - su questo tema si va accumulando. Certo, parlare dell'incidenza dei fenomeni di mercato, dei fenomeni produttivi rispetto alla realtà del nostro lavoro mi pare necessario, ma ben sanno i colleghi che in questo nostro Parlamento in realtà ci troviamo ad essere dei giocatori che dispongono di qualche fiche, di qualche gettone e dobbiamo comprendere qual'è il momento in cui ci è consentito di giocare una certa partita: accade di rado, lo si può' fare con poste sempre minori e quindi dovrò' essere, per forza di cose, sommario.
E' interessante analizzare quello che si pretende di ottenere, con il tipo di organizzazione dei nostri lavori, quello che si pretende fare, ignorando le caratteristiche, del nostro lavoro parlamentare; parlate del lavoro, ma è interessante capire come avete organizzato voi stessi, come avete organizzato il lavoro dando per scontano un certo assenteismo - come fisiologicamente necessario, o comunque inevitabile - e avete stabilito che noi ci riuniamo in seduta plenaria solo quattro o cinque giorni al mese. Questo è un problema di organizzazione del lavoro e anche di fisionomia del lavoro del parlamentare, sul quale forse qualche studio in più si potrebbe fare per vedere anche, quindi, come i criteri produttivistici con i quali vi regolate, fanno di questo Parlamento piuttosto un salumificio, dove si distribuiscono, al posto delle fette di salame, delle fette di intervento e di discorso. Ho fatto questo esempio per dire che i problemi di organizzazione del lavoro e della produzione sono difficili.
Ma, signor Presidente, il problema è semplicemente - mi pare - quello di ricordare anche alcune osservazioni classiche: lavoro, perché? Quando sentiamo il collega Nyborg fare l'apologia del lavoro e l'apologia di chi vuol lavorare, dobbiamo anche renderci conto che molto spesso il lavoro per la gente è più che altro una sorta di elemento di rispettabilità sociale. Non v'è connessione nella nostra società e nei vostri valori fra il lavoro che si fa e gli interessi della persona. Molto spesso si è costretti a lavorare perché una persona che non ha una metaforica carta da visita da presentare viene considerata di per sé - anche se fa magari un lavoro intellettuale o un lavoro artigianale non riconosciuto dalle corporazioni e dai sindacati - come un essere socialmente pericoloso.
Per fare ancora un'altra osservazione, marginale probabilmente, tutti i vostri processi produttivistici - questo parlamentare ma anche quello industriale, che si basa su alcune analisi dei costi - fanno pensare un pochino a come voi, rappresentanti di una certa classe, di un certo tipo di capitalismo di stato o privato, avete sempre fatto i vostri grandi conti sull'energia: avete chiuso le miniere di carbone perché dicevate che la produzione di carbone non era economica nella misura in cui ritenevate che il barile di petrolio doveva continuare a costare non quanto il paese produttore stabiliva, ma quanto vi faceva comodo per i vostri conti economici. E abbiamo delle industrie, signor Presidente, che sono divoratrici di lavoro e anche queste, mi pare, dobbiamo pur metterle nel conto. I modelli di sviluppo, quali la petrolchimica, che ci proponete anche qui in questo nostro Parlamento, sono tipicamente antieconomici se valutiamo quanto costano al territorio, quanto costano all'ambiente, quanto costano in energ
ia, quanto costano in aggregazioni antiproduttive del lavoro. Voi ci proponete questi modelli, e dall'altra parte, invece, ritenete utopistici i verdi i quali ritengono che è proprio attraverso la soluzione antindustrialista che si potrebbero reperire delle possibilità di lavoro e non di disoccupazione. Se noi sfruttassimo l'energia dolce, se adottassimo un'autogestione democratica dell'economia, una organizzazione produttiva, industriale e economica che partisse dal territorio e facesse di tutti i cittadini i gestori del processo produttivo, in questo caso forse noi potremmo tornare a considerare il full employment come un patrimonio di base da guadagnare per poi rendere produttiva l'economia senza invece continuare sempre nella illusione, di cui ormai anche i keynesiani dovrebbero essersi accorti, di potere manovrare l'occupazione e la produttività soprattutto attraverso le manovre sulla massa monetaria e sui momenti più sovrastrutturali del lavoro economico.
Comunque, signor Presidente, questo è un esempio di cattiva organizzazione del lavoro, esempio della necessità che il Parlamento pensi ad organizzare se stesso prima di pensare ad organizzare altri.