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Spini Valdo - 30 gennaio 1980
Un non-concordato
di Valdo Spini

SOMMARIO: Valdo Spini ricorda le tappe di questo primo tentativo di applicazione dell'articolo 8 della Costituzione, quello che stabilisce che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla Cattolica sono regolate per legge, sulla base di intese delle relative rappresentanze.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Novembre 1979 - Gennaio 1980, N. 14)

Senza grande clamore nell'opinione pubblica, né sulla stampa, si sta svolgendo una vicenda, che può forse riguardare un numero limitato di persone, ma che è di grande significato per quanto attiene ai rapporti tra Stato e Chiese nel nostro paese.

Si tratta del primo tentativo di applicazione dell'articolo 8 della Costituzione, quello che stabilisce che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla Cattolica sono regolati per legge, sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Naturalmente, l'articolo 8 è diretta conseguenza dell'articolo 7, che ha inserito nella nostra Costituzione un regime concordatario.

Diversa, nel 1946, era l'idea di fondo delle Chiese Evangeliche Italiane che sostanzialmente poteva essere classificata come separatista.

Ma, conclusa la Costituente, la stessa applicazione dell'articolo 8 rimase lettera morta, mentre nel periodo centrista, prima dell'istituzione della Corte Costituzionale, avvalendosi della legislazione fascista dei culti ammessi del 1929-1930, verso i protestanti italiani furono perpetrate angherie e forme di intolleranza che fecero parlare, specie in talune situazioni, di vera e propria persecuzione religiosa.

La possibilità di arrivare all'attuazione dell'art. 8 si manifestò assai più tardi, parallelamente all'inizio della lunga vicenda della revisione del concordato. Le chiese Evangeliche Valdesi e Metodista, che si stavano avviando verso l'unificazione, furono le prime a tentare di percorrere questa strada. Fu costituita una commissione, mentre il governo italiano affidò le trattative alla stessa commissione Gonella incaricata di trattare con la Chiesa Cattolica la revisione del Concordato.

Le trattative iniziarono nel giugno 1977 e nel febbraio 1978 erano sostanzialmente concluse con la firma da parte dei rappresentanti delle due parti del testo dell'lntesa, da sottoporre alla successiva ratifica degli organi istituzionali delle due parti.

Le caratteristiche salienti del testo dell'intesa (che inizia con la completa abolizione della legge fascista dei "culti ammessi") costituiscono qualcosa di molto significativo e innovativo nella tradizionale impostazione del rapporto Stato-Chiesa nel nostro paese.

Utilizzando le parole di Luigi Peyrot: "Sul piano della non ingerenza è stata chiaramente precisata l'indipendenza e l'autonomia dell'ordinamento di cui la Chiesa è portatrice; sul piano del rifiuto di una politica privilegiata non sono stati ricercati privilegi di carattere economico, né sotto l'aspetto di finanziamenti o retribuzioni del personale ecclesiastico, né sotto quello delle esenzioni fiscali; né ipotizzando interessi mondani da tutelare a favore delle istituzioni ecclesiastiche. Inoltre, è stato scartato ogni eventuale dominio ecclesiastico sia sulle strutture statali, sia in modo diretto o indiretto sulle coscienze dei cittadini. In nessun caso infatti si è cercato di ottenere poteri di qualsiasi natura a favore degli organi ecclesiastici, né si è ricercato dal braccio secolare dello Stato un qualsiasi sostegno dell'azione ecclesiastica". (Dal "Dossier" pubblicato dalla Claudiana, nel 1979, pagine 17-18).

Sul piano dei principi, la posta era (ed è) grossa: la piccola Chiesa Valdese e Metodista poteva essere beneficiata dall'estensione al suo corpo pastorale e alle sue opere di una serie di privilegi che lo Stato concede alla Chiesa Cattolica, stabilendo una simmetria che avrebbe estremamente facilitato una revisione del Concordato in senso restrittivo. La risposta negativa della stessa Chiesa Valdese e Metodista e la formulazione di un'intesa perfettamente coerente con i principi costituzionali (a differenza del Concordato stipulato con la Chiesa Cattolica da Benito Mussolini, e inserito di forza nella nostra Costituzione con un'operazione di vera e propria violenza costituzionale) costituiva e costituisce un fatto politico importante nel nostro paese ed un fatto di reale pluralismo in campo religioso: in un paese che con questa parola pluralismo si sciacqua la bocca continuamente, ma che lo pratica con grande difficoltà.

In questo senso, a mio giudizio, le diffidenze "separatiste" presenti nella stessa Chiesa Evangelica Valdese e Metodista sono state positivamente superate. L'avere portato al confronto una concezione del coordinamento del rapporto tra lo Stato e queste Chiese, rigorosamente coerente al rispetto dei principi costituzionali, ha permesso a questa piccola minoranza religiosa di rendere una nuova precisa testimonianza nel nostro paese.

Ma, a questo punto, sono cominciate le dolenti note. In sintesi, firmato il testo, la Chiesa Evangelica Valdese e Metodista l'ha approvato, chiedendo alcune modifiche di marginale portata, dirette in particolare a tenere "aperta" l'Intesa ed un possibile sviluppo di quel processo di unificazione nel mondo evangelico italiano che ha visto già l'unione della Chiesa Evangelica Valdese con quella Metodista e che potrebbe vedere domani l'ingresso di altre chiese. Per tutto il 1978 e il 1979, la Chiesa Valdese ha invano richiesto una riunione delle due delegazioni per la revisione definitiva del testo e per procedere di conseguenza da parte del Presidente del Consiglio alla firma ufficiale del protocollo, e all'inoltro al Parlamento del disegno di legge per l'esecuzione dell'Intesa.

Il 4 febbraio prossimo saranno due anni precisi che il testo è stato firmato dalle due commissioni, ma la vicenda non si è ancora conclusa. Il motivo della sua mancata conclusione è agevolmente deducibile. Nel frattempo la revisione del concordato si arenava in una serie successiva di bozze e non si voleva nella mancata volontà di adeguarne il testo alle risultanze del dibattito parlamentare, far risaltare di fronte all'opinione pubblica il fatto che viceversa le trattative con la chiesa Evangelica erano state così brevi e fruttuose, con un testo di tale rilevanza in materia di politica ecclesiastica.

Nelle sue dichiarazioni programmatiche al Parlamento, Cossiga, presentando il suo governo, fece un esplicito accenno alla sua intenzione di concludere la vicenda, ma, nonostante varie sollecitazioni in sede parlamentare, il governo ha mantenuto finora silenzio su tutta la questione. Vi sono state nei giorni scorsi voci recentissime che qualcosa cominciava a muoversi, ma di ufficiale ancora non c'è nulla. Nel frattempo, le norme rimaste ancora operanti della legge fascista dei culti ammessi, continuano a provocare episodi di intolleranza; per citarne solo uno: il mancato recepimento nel novembre scorso, a Torino, di domande per la dispensa dall'insegnamento religioso cattolico obbligatorio nelle scuole. Il problema, naturalmente, è più generale, non riguarda solo gli evangelici, ma la sorte di questo aspetto del rapporto Stato-Chiesa nella revisione del Concordato. Ma la vicenda dell'intesa merita di essere seguita e sostenuta.

Una piccola chiesa (circa 35 mila aderenti, 120 pastori e 130 chiese) ha saputo sviluppare una iniziativa politico-culturale di grande respiro nel nostro paese. A più di 32 anni di distanza dall'entrata in vigore dell'art. 8, a due anni dalla sostanziale definizione del testo dell'intesa, occorre, oggi più che mai, sviluppare un'azione decisa perché la vicenda venga sollecitamente conclusa, o, in caso negativo, che tutte le responsabilità che ne hanno impedito la conclusione vengano alla luce. La vicenda ha diritto di attirare l'attenzione di tutte quelle coscienze che hanno a cuore la piena attuazione nel nostro paese dei principi di libertà e di uguaglianza.

 
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