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Galli della Loggia Ernesto - 30 gennaio 1980
CARISMA E COSTITUZIONE (risposta a Panebianco)
di Ernesto Galli della Loggia

SOMMARIO: In questo scritto l'autore esprime le sue perplessità riguardo alle osservazioni di Panebianco ed evidenzia quella che per lui è la contraddizione del suo ragionamento: le regole formali richiamandosi alle quali il carisma di Pannella ha modo di esercitarsi sono esattamente le stesse cui debbono essere ragionevolmente imputate le generazioni contro le quali quel carisma deligittimante intende combattere. Ritiene che l'ipotesi presidenzialista alla lunga finirà per offrirsi come lo scioglimento più congruo dei nodi che affliggono anche il Partito Radicale.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Novembre 1979 - Gennaio 1980, N. 14)

"Le osservazioni di Angelo Panebianco nel complesso mi lasciano perplesso. Mi lasciano perplesso soprattutto per la prospettiva in cui egli le svolge: una prospettiva, se così posso dire, troppo "parrocchiale", vale a dire troppo interessata alle sorti del Partito Radicale e al sempre migliore funzionamento dei meccanismi che gli hanno garantito le fortune che fin qui gli si conoscono. Naturalmente ciò è perfettamente legittimo; solo che a me interessa di più considerare tali fortune in un quadro più ampio che ne misuri i possibili esiti sulle sorti della Repubblica.

Mi spiego venendo al merito. L'intervento di Panebianco mira in sostanza: 1) a mettere in guardia la base radicale contro il pericolo di una "routinizzazione" della" leadership "carismatica pannelliana che fatalmente conseguirebbe al soddisfacimento delle sue pretese di "contare di più", 2) a spiegare, sulla scia di Weber, i meccanismi animatori di quella" leadership "medesima; 3) a giustificare le ragioni per cui Pannella e i radicali non hanno prestato alcun ascolto alle proposte presidenzialiste avanzate in questi mesi: ad essi, dice Panebianco, interessa, deve interessare, di più delegittimare le burocrazie pratiche e le loro regole del gioco di fatto incostituzionali, in nome della lettera e dello spirito della Costituzione scritta - e per questa via cercare di rifondare la sinistra - anziché mettere pannicelli caldi presidenzialistici sui malanni prodotti dalle sullodate burocrazie.

Questi ragionamenti non fanno una grinza a patto che non ci si interroghi sugli sbocchi possibili, sugli esiti dell'azione delegittimante svolta dal carisma ai danni delle burocrazie. In altre e più brutali parole: dove va a parare, dove" può "andare a parare, l'azione di Pannella e dei radicali?

La delegittimazione carismatica tende per sua natura a produrre e a sfociare in una" crisi "del sistema ai cui danni viene esercitata. Anche soggettivamente è proprio a ciò che essa mira: a paralizzare, a sottrarre consenso, a ostacolare il funzionamento del sistema avversato. Ora, nel caso in cui l'obiettivo di questa delegittimazione sia la modifica istituzionale o il rovesciamento puro e semplice del sistema medesimo - nel caso cioè in cui ci si proponga un fine eversivo in senso tecnico - si ha, evidentemente, una perfetta corrispondenza dei mezzi allo scopo. Il problema nasce quando - com'è il caso di Pannella, il cui carisma è "di sinistro", "democratico" - l'azione delegittimante si propone sì la messa in crisi del sistema, ma" non "il suo rovesciamento, la sua eversione, bensì al contrario l'applicazione rigorosa e formale della Costituzione scritta che teoricamente ne è alla base e che, nella fattispecie italiana, è una Costituzione di tipo parlamentare. Di un tipo cioè che istituzionalmente è antic

arismatico. Il problema, insomma, nasce quando si ha una delegittimazione carismatica, se così posso dire, sovrastrutturale. Una delegittimazione siffatta pone, a scadenza più o meno ravvicinata, chi la impugna di fronte alla necessità di rispondere alla domanda circa le ragioni per cui la struttura "buona" ha prodotto la sovrastruttura "cattiva". Nel nostro caso Pannella e i radicali devono dire se accedono alla tesi, futile e teoricamente inconsistente, secondo la quale la degenerazione partitico-burocratico-incostituzionale è il frutto della soggettiva perversità di una schiera di burocrati ribaldi e di avidi capifazione, ovvero se essi ritengono che tale degenerazione è un prodotto oggettivo, e dunque inevitabile, proprio del tipo di costituzione scritta nel nome della quale essi svolgono la loro azione delegittimante.

Se si accetta - come dovrebbe essere pacifico - questa seconda ipotesi, è giocoforza allora concludere che le regole formali richiamandosi alle quali il carisma di Pannella ha modo di esercitarsi sono esattamente le stesse cui debbono essere ragionevolmente imputate le degenerazioni contro le quali quel carisma delegittimante intende combattere.

Ripeto: se il carisma antiburocratico di Pannella si proponesse esiti diversi dalla fedeltà al testo costituzionale - se per dirla paradossalmente Pannella fosse un Mussolini - non vi sarebbero problemi; ma poiché così non è, non solo vi è un problema, ma vi è una grossa contraddizione. Il problema consiste nel dare una verosimiglianza non puramente agitatoria bensì di indicazioni politico-pratiche all'azione delegittimante, sacrosanta fin che si vuole; e la contraddizione sta nel fatto che le regole della Costituzione scritta, come dimostrano 35 anni di storia italiana, non" possono "funzionare in un modo diverso da come hanno funzionato.

Capisco benissimo che Pannella, preso nel gioco della politica quotidiana, di tutto ciò poco si curi; ma che Angelo Panebianco, il quale conosce bene come stanno le cose, non veda il problema, ironizzi sui "dotti esercizi di ingegneria costituzionale" e si limiti a raccomandare di non routinizzare il carisma mi appare già più difficilmente comprensibile.

Su questa linea si corrono due pericoli entrambi assai gravi. Il primo è che alla lunga il carisma delegittimante, specie se gli arride un crescente successo, perda l'ancoraggio al pur proclamato esito di fedeltà costituzionale: vuoi perché quell'ancoraggio si mantiene puramente estrinseco, agitatorio, ma in realtà privo di ogni contenuto di cultura politica; vuoi perché sull'onda del consenso di massa è facile che la delegittimazione" strutturale "faccia premio su quella sovrastrutturale e il carisma riveli tutte le potenzialità cesaristiche che gli sono connaturate. Il secondo pericolo è che nella prassi del carisma delegittimante di Pannella e ei radicali si produca surrettiziamente quello stesso doppio binario con cui funziona la Costituzione: da un lato, cioè all'esterno, il richiamo ai valori e alle verità delegittimanti, dall'altro, all'interno, i personalismi, i verticismi, i colpi di mano. Come non vedere che nella" leadership "di Pannella c'è anche un che di demagogico, di iterativo, di accortament

e manovriero, che lungi dallo spiegarsi con i meccanismi del carisma può essere interpretato assai meglio come una versione" - mutatis mutandis - "dei meccanismi perversi che dominano la vita interna dei partiti?

Nel quadro che ho tratteggiato a me sembra che l'ipotesi presidenzialista alla lunga finirà per offrirsi come lo scioglimento più congruo dei nodi che affliggono anche il Partito Radicale.

Innanzi tutto, infatti, essa risolve l'antagonismo interno al partito tra carisma e burocrazia proiettando stabilmente all'esterno l'azione del carisma, dandole modo di svolgersi fino in fondo. Un partito che si muova in un sistema presidenzialistico, d'altra parte, è per forza di cose un partito meno incline alla burocratizzazione: ci saranno altri pericoli, altre degenerazioni possibili, ma evidentemente qualsiasi cosa comporta vantaggi e svantaggi.

In secondo luogo - ed è sicuramente l'aspetto più importante - l'assetto presidenzialista permetterebbe di risolvere la contraddizione di cui ho parlato a proposito della delegittimazione "sovrastrutturale" che è propria dell'azione radicale. Allo stato delle cose una riforma costituzionale è l'unico esito possibile di una prospettiva delegittimante che altrimenti rischia di rimanere prigioniera della sua inconsistenza teorica o di sfociare in esiti puramente eversivi.

Esiste infine un terzo aspetto. Il sistema presidenzialistico è in quanto tale il modo classico dell'istituzionalizzazione del carisma, della sua "routinizzazione" che anche Panebianco giudica inevitabile. Il sistema presidenzialistico non solo è istituzionalmente fonte ed esito di carisma e dunque serve a introdurre stabilmente "l'etica della convinzione" nella macchina della decisione politica, ma esso, in quanto facilita l'organizzazione del consenso per fini generali e non più particolari-corporativi, realizza un aspetto essenziale della Costituzione scritta.

Ovviamente il presidenzialismo non è una panacea, e dei suoi difetti e dei suoi svantaggi si può e si deve discutere. Viene invece il sospetto, quando Panebianco lo liquida sprezzantemente in due righe o il PR fa ad esso orecchi da mercante, che si preferisca lasciare il sistema attuale inalterato perché in questo modo l'azione delegittimante - con o senza carisma - ha gioco facile nel rafforzarsi e nell'acquistare consensi. Ma alla lunga non finirà questo per rivelarsi un gioco al massacro? Alla lunga, ciò che serve oggi alle fortune del Partito Radicale servirà anche al paese?

 
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