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Cicciomessere Roberto, Aglietta Adelaide, Ajello Aldo, Boato Marco, Bonino Emma, Baldelli Pio, Crivellini Marcello, De Cataldo Franco, Faccio Adele, Galli Maria Luisa, Melega Gianluigi, Mellini Mauro, Pannella Marco, Pinto Domenico, Roccella Franco, Sciascia Leonardo, Teodori Massimo, Tessari Alessandro - 12 febbraio 1980
Norme di attuazione delle libertà e garanzie costituzionali previste per i militari, modificazioni del codice penale militare di pace e nuovo ordinamento giudiziario militare

PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEI DEPUTATI:

CICCIOMESSERE, AGLIETTA MARIA ADELAIDE, AJELLO, BOATO, BONINO EMMA, BALDELLI, CRIVELLINI, DE CATALDO, FACCIO ADELE, GALLI MARIA LUISA, MELEGA, MELLINI, PANNELLA, PINTO, ROCCELLA, SCIASCIA, TEODORI, TESSARI ALESSANDRO

Presentata il 12 febbraio 1980

SOMMARIO: Si propone di restituire ai cittadini in divisi tutte le libertà politiche e sindacali, rimuovendo ogni ostacolo che impedisce loro di partecipare alla vita sociale. L'abolizione di tutte le misure disciplinari che prevedono la privazione della libertà personale con la restrizione in luoghi di punizione.

(CAMERA DEI DEPUTATI - VIII LEGISLATURA - DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - N. 1393)

COLLEGHE DEPUTATE, COLLEGHI DEPUTATI ! -- E' ormai diventato luogo comune denunciare la scandalosa sopravvivenza in questo trentennio repubblicano dei codici militari fascisti e la completa inattuazione dei più elementari princìpi costituzionali nell'ordinamento delle forze armate, che sono l'istituzione più separata, tra i tanti corpi separati allevati in piena coscienza dal regime democristiano.

Le stesse »sinistre storiche hanno per lungo tempo ignorato le condizioni di vita dei »cittadini in armi e i fatti di repressione e, nei migliori dei casi, di autoritarismo all'ordine del giorno nella struttura militare: accettata quasi fatalisticamente come la più impenetrabile e indiscutibile espressione del potere democristiano.

Ci sono voluti vari tentativi di »colpo di Stato , le vicende delittuose dei vecchi servizi segreti (SIFAR e SID) e infine la esplosione delle contraddizioni a tutti i livelli tra gli stessi appartenenti alle forze armate (non più compatte e omogenee al sistema democristiano) a far prendere coscienza alla sinistra storica della »questione militare . Ciò nonostante le sinistre parlamentari si son fin qui mosse con estrema prudenza, soprattutto nel formulare le proposte di legge di riforma dell'intero settore militare. In sostanza si e preferito impegnare le proprie forze nel tentativo di correggere le più macroscopiche disfunzioni e le più evidenti violazioni dei diritti fondamentali (soprattutto politici), mantenendo nel complesso ancora saldi i pilastri portanti del sistema.

Da qui i timidi, parziali ed inevitabilmente sfortunati, progetti di legge n. 42 e n. 852, firmati dagli onorevoli D'Alessio, Malagugini, Barca, Boldrini, Lombardi e altri, in tema di »esercizio dei diritti civili e politici dei cittadini appartenenti alle forze armate della Repubblica . E da qui, ancora, la proposta (n. 473) di istituire una a Commissione di indagine e di studio sui problemi dei codici militari, del regolamento di disciplina e sull'organizzazione della giustizia militare presentata dagli onorevoli Anderlini, Columbu ed altri. Tutte iniziative promosse nella VI legislatura. La risposta del Parlamento a maggioranza clerico fascista è stata ovviamente l'insabbiamento generale.

Nella settima legislatura, grazie anche alla spinta delle iniziative referendarie del partito radicale e dei movimenti democratici dei militari si è giunti ad alcune iniziative legislative, come la legge contenente »Norme di principio sulla disciplina militare che però si muovono proprio nella direzione opposta a quella indicata da questi movimenti di base e cioè nella correzione di alcuni marginali aspetti della regolamentazione anticostituzionale delle Forze armate confermandone d'altro canto l'impostazione autoritaria e verticistica. La maggioranza parlamentare ha inoltre disatteso gli impegni assunti con il Paese, in seguito alla decisione della Corte costituzionale di dichiarare inammissibili le richieste di referendum, sottoscritte da più di 700 mila cittadini, del codice penale militare e dell'ordinamento giudiziario militare, di avviare a tempi stretti la revisione della legislazione penale militare.

Per queste ragioni al fine di restituire dignità ai cittadini in divisa e con essa garantire ulteriori possibilità di controllo democratico su una così delicata istituzione da parte dei suoi stessi componenti eliminando tutti quegli ostacoli che attualmente impediscono loro il libero esercizio dei diritti costituzionali e, in definitiva, per portare finalmente la Costituzione nelle caserme dalle quali è tutt'oggi espulsa, proponiamo di sradicare i »pilastri portanti di origine fascista su cui si regge tutta l'impalcatura delle forze armate.

E la proposta radicale intende muoversi in questa direzione, consapevoli come si è della priorità del momento abrogativo del vecchio diritto rispetto a quello instaurato del »nuovo diritto .

Si vuole prima di ogni cosa dare finalmente attuazione al principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione e »rimuovere quindi, ai sensi del secondo comma della stessa disposizione, gli »ostacoli di ordine sociale che impediscono ai militari il pieno svolgimento della loro personalità e, in quanto militari il pieno svolgimento della loro personalità e, in quanto militari, la loro »partecipazione all'organizzazione economica e sociale del paese. Non c'è dubbio, che tra i »lavoratori , gli appartenenti alle forze armate soprattutto nei gradi inferiori - siano sul piano dei diritti civili più discriminati.

Fonte ideologica di questa intollerabile situazione è la teoria della »diversità naturale dei militari. Teoria che, ahimè è presente anche nella recente legge sulle »Norme di principio sulla disciplina militare . In questo testo, infatti, ricorrono significative e illuminanti espressioni sia nella relazione introduttiva che nella parte normativa quali »esigenze naturali, degli ordinamenti militari , »particolare missione degli appartenenti alle forze armate. Da simili, non casuali, affermazioni si trae ancora una volta la deduzione, appunto, della diversità dei militari in tutti rapporti sociali e quindi la negazione di quegli elementari diritti civili e politici riconosciuti agli altri pubblici dipendenti.

Ebbene è ora di denunciare una volta per sempre questa teoria della diversità e di impostare una radicale laicizzazione dell'ordinamento militare. Che si parli, dunque, di funzione dei militari e non più di missione; che si distinguano nell'ambito della funzione quelle attività che obiettivamente determinano la necessità di particolari regole di condotta che possono in talune circostanze limitare (mai escludere !) i diritti del cittadino in divisa.

L'articolo 1 della presente proposta si apre proprio a questa nuova logica, quando definisce rigorosamente le »situazioni operative che rendono necessaria, appunto, la limitazione per i militari delle libertà sancite dalla Costituzione. Ma si tratta di una limitazione provvisoria.

In questa prospettiva non ha proprio alcun senso impedire ai militari l'iscrizione ai partiti politici, richiamando erroneamente l'articolo 98 della Costituzione il quale prevede solo la possibilità e non la necessità di una limitazione (e in ogni caso mai di una esclusione !) al diritto di aderire a tali formazioni per i militari di carriera in servizio attivo. Più grave, poi, è la pretesa di estendere l'errata interpretazione del secondo comma dell'articolo 98 anche ai diritti sindacali, ignorando addirittura una convenzione internazionale (la n. 87 dell'ILO sottoscritta dall'Italia nel 1958) oltre la Costituzione.

Per questo gli articoli 1 e 2 della proposta radicale sono inequivocabili: intendono capovolgere l'attuale situazione.

Per quanto concerne in particolare i diritti sindacali e trattandosi di affermare i diritti di una categoria tradizionalmente sottoprotetta si è ritenuto opportuno estendere immediatamente ad essa le garanzie previste dallo statuto dei lavoratori e prevedere una contrattualità triennale, in attesa di una organica riforma globale di tutto il pubblico impiego che si informi agli stessi princìpi.

D'altro canto le norme del codice penale militare di pace vigenti, emanate in epoca fascista e nel pieno della guerra, appaiono chiaramente incompatibili con i princìpi cui si ispira la Costituzione repubblicana.

Del resto si nota l'esigenza di ridurre al minimo l'essenziale e indispensabile per la specificità della posizione del militare nell'adempimento di determinati servizi la sfera del diritto militare e ciò sull'esempio dell'evolversi della legislazione di altri paesi nei quali oramai . è stato completamente abbandonato l'antico concetto della legge penale militare tesa ad estendersi alla repressione di ogni illecito commesso dai militari.

L'abolizione di una larga parte delle norme del codice penale militare di pace che con il presente progetto si propone, non determina, del resto, la depenalizzazione automatica dei comportamenti previsti e puniti dalle norme soppresse, rimanendo taluni dei comportamenti suddetti soggetti alle previsioni della legge penale ordinaria.

Inoltre appare ogni giorno più evidente l'urgenza di provvedere alla riforma degli organi della giustizia militare, per eliminare gravissimi inconvenienti e violazione di fondamentali precetti costituzionali e porre fine all'esistenza di questa »giustizia separata assolutamente impenetrabile ai precetti ed ai princìpi della Costituzione.

L'urgenza si palesa ancora maggiore in considerazione della prevista entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale che attribuisce al pubblico ministero una funzione rigorosamente delimitata quale parte del processo.

Ove si consideri che invece nell'attuale ordinamento giudiziario militare è il giudice relatore ed il giudice istruttore a dipendere gerarchicamente dalla procura generale militare, si comprende che l'assurda situazione attuale verrebbe ad essere, se possibile, ulteriormente aggravata proprio per l'applicazione del nuovo codice che dovrebbe essere affidata a strutture totalmente incompatibili con i nuovi meccanismi processuali.

La soluzione proposta, con la creazione di sezioni specializzate per la giustizia militare istituite presso i tribunali delle sedi degli attuali tribunali militari territoriali appare la più rispondente all'esigenza di eliminare il carattere di »corpo separato che fino ad oggi ha distinto la giustizia militare.

Colleghe, colleghi, con questa proposta di legge, per il ripristino nelle forze armate della legalità costituzionale e repubblicana, il gruppo parlamentare radicale non rinuncia certo alle proprie pregiudiziali antimilitariste e rigorosamente pacifiste. Siamo perfettamente consapevoli che una riforma, quale quella che sottoponiamo alla vostra attenzione, nella misura in cui contribuirà ad elevare la dignità umana di un settore della nostra collettività che oggi si trova vittima di una brutale condizione di sfruttamento ed emarginazione, potrà anche creare il terreno più fertile per l'affermarsi anche in quella sede dei nostri ideali e della nostra prassi non violenta.

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

I militari in servizio permanente e in servizio di leva godono in tempo di pace di tutti i diritti civili, sindacali e politici sanciti dalla Costituzione e dalle leggi, salve le limitazioni che si rendano necessarie nelle situazioni operative.

Si considera situazione operativa l'esecuzione di esercitazioni o di servizi che comportino l'uso delle armi o l'impiego di mezzi anche indiretti di difesa.

ART. 2.

A tutti i militari è garantito il pieno esercizio dei diritti sindacali. E' ammesso di conseguenza il reclamo o l'esposto collettivo, così come è ammessa la costituzione di associazioni di carattere sindacale all'interno e all'esterno degli istituti militari.

Ai militari, per quanto concerne le attività lavorative che non abbiano un carattere strettamente operativo, di cui all'articolo 1 si applicano, in quanto non incompatibili, le norme dello statuto dei lavoratori. Le attività lavorative dei militari devono essere retribuite in base ai contratti nazionali rinnovabili ogni triennio.

ART. 3.

I provvedimenti disciplinari a carico dei militari non possono consistere nella privazione della libertà personale con la restrizione in celle, camere e luoghi di punizione. L'obbligo fatto al militare di limitare la propria libertà di movimento, imposto con i provvedimenti suddetti non può riguardare che l'esclusione di determinate attività ricreative e di movimento al di fuori delle caserme.

 
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