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Vecellio Valter - 30 maggio 1980
Mamma li turchi, anzi i radicali
Esemplare malafede dei giornali (finanziati) di regime. ``Pannella militarista e amico dei generali golpisti''

di Valter Vecellio

SOMMARIO: Ai primi di settembre del 1980, i militari con un colpo di stato prendono il potere in Turchia. Sul primo, ironico comunicato di Marco Pannella si precipitano come falchi i giornalisti de "L'Unità" e de "La Repubblica", con un florilegio d'invettive: "il violento non-violento Pannella", "la giornata nera del Pr". Ma con quel comunicato Pannella aveva invece voluto irridere allo scandaloso comportamento dei politici italiani, tutti, che risolvevano le loro condanne in sfiatate, stitiche, inutili enunciazioni verbali: volutamente ignorando, ad esempio, che mentre il golpe si consumava ad Ankara e Istanbul, non molto lontano si svolgevano esercitazioni Nato, cui partecipavano anche truppe italiane. I genrali turchi prendevano così il potere sotto lo sgurado comprensivo e protettivo dei paesi occidentali. Nessuno "sgomento" dunque tra i leaders radicali, nessuna "rottura" tra Pannella e il Partito radicale; ma l'unica manifestazione concreta contro il golpe e per la democrazia in Turchia organizzata so

tto Palazzo Chigi da parlamentari e militanti del Pr. Il Pci, nel frattempo, chiede con grande enfasi che le truppe italiane siano ritirate dalla Turchia: poiché nessuno gli da retta, alla fine tace.

(NOTIZIE RADICALI N. 35, 30 maggio 1980)

Ci sono cascati un po' tutti. Pannella approva il golpe in Turchia, dice che i generali, in quel caso, sono buoni, quasi "compagni"; che quel "colpo di stato" in fondo non gli calza male. "L'Unità" ha scritto anche che Pannella, finalmente, aveva estratto la rivoltella dalla fondina. Loro, gli intelligenti, sapevano che Pannella andava in giro armato, e sempre avevano diffidato e messo in guardia dal violento, non-violento Pannella; ma ora c'era un "segno", tangibile: il testo di una dichiarazione diffusa alle 12.30 di sabato 13 settembre, con il golpe in corso e in via di consolidamento. "Solamente moralisti demagogici, impenitenti, possono scandalizzarsi delle reazioni al mutamento istituzionale assicurato, contro il caos imperante in Turchia, dai militari moderati, seri e responsabili", aveva dettato alle agenzie di stampa Pannella.

"La Repubblica" ha parlato di giornata nera per il PR; il leader storico da una parte, riferiva, e il gruppo parlamentare, con un grossa fetta della base, dall'altra. Addirittura, ha pronosticato il giornale di Scalfari, si profila l'eventualità di un divorzio tra Pannella e i radicali.

Il giornalista di quell'afoso sabato di settembre, chiuso nelle stanze del palazzo di piazza Indipendenza, aveva evidentemente lasciato briglia sciolta alla sua galoppante fantasia. E ne ha ricavato una "bufala" che più non si poteva, macroscopica, tanto più che era evitabilissima, bastava darsi la pena di leggere attentamente il comunicato di Pannella, e quelli che immediatamente l'hanno seguito, e la figuraccia sarebbe stata evitata. Come, per esempio, ha fatto "Il Messaggero", che invece fin dall'inizio, ha capito lo "scherzo" e correttamente ne ha riferito.

Nel corso delle sue visioni (che se si fosse affacciato anche solo per un attimo al convegno al teatro Centrale si sarebbe ben guardato dal pubblicare), il giornalista de "La Repubblica" ha "visto" i dirigenti radicali sgomenti, di fronte alle dichiarazioni di Pannella, e ha "saputo" di convulse telefonate tra i "leaders" radicali; al termine di un lungo pomeriggio di silenzio ufficiale, un secco comunicato che pur non nominando Pannella in alcun modo, sancisce il dissenso. Il Partito Radicale interromperà l'assemblea in corso, per recarsi a palazzo Chigi, per una manifestazione contro il golpe".

Ed era infatti accaduto che Pannella aveva sì diffuso un comunicato di plauso con i golpisti turchi. Ma ad un esame appena attento del comunicato (e di quelli che, sempre a firma di Pannella poco dopo erano stati diffusi), ci si poteva benissimo render conto che Pannella altro non aveva se non voluto irridere allo scandaloso comportamento dei politici italiani. Tutti, infatti, alle prime notizie del golpe, avevano condannato il colpo di stato: ma la condanna si era risolta in una sorta di stitica e sfiatata enunciazione di inutili dichiarazioni verbali. Gesti concreti, però, nessuno.

L'unica manifestazione contro il golpe, per esempio, è stata quella organizzata dai radicali, davanti a Palazzo Chigi, la domenica alle 13, rinunciando al pranzo, durante la pausa dei lavori dell'assemblea delle associazioni radicali. Per il resto, latitanza assoluta.

Mentre i generali turchi tramavano il loro golpe, gli eserciti della NATO, anche con truppe italiane, erano impegnate in manovre militari non molto lontano da Ankara e Istambul. Il golpe, insomma, si è svolto sotto l'ala e lo sguardo comprensivo e protettivo della NATO; e quelle truppe, lì, presenti ed operanti in Turchia, di fatto, hanno costituito opera di "appoggio" e "sostegno" con i generali golpisti.

I radicali hanno subito chiesto, come gesto di concreta dissociazione dai golpisti, che il governo disponesse l'immediato reimpatrio delle truppe italiane impegnate in Turchia. Ci aveva, in questo, già preceduto il Belgio. Ma al ministro della difesa, il "compagno" Lagorio, dev'esser parso gesto troppo estremista, "rivoluzionario". E le truppe italiane sono restate là. Certo va ben detto che la solidarietà e sensibilità dei socialisti, che sappiamo esser grande, per le vittime del comunismo realizzato, conforta, e parecchio. E' importante la voce socialista per quanto accade a Mosca e a Varsavia; a Praga e a Budapest. Ma se le parole hanno un significato, lo hanno anche i silenzi.

Se le truppe italiane sono restate in Turchia, bisogna dire che, del resto, truppe turche, in seno alla NATO, si sono "addestrate" in questi giorni, in Friuli. E nessuno che abbia fiatato: scusate signori turchi, nulla di personale, ma i golpisti non ci piacciono, per cui favorite tornare a casa vostra.

Anche il PCI, che fa l'opposizione, per un paio di giorni ha fatto sua la proposta radicale: via le truppe italiane dalla Turchia, ha strillato sull'"Unità". Poi ha visto che nessuno gli dava retta, mica ha intensificato le iniziative in questo senso: più semplicemente ha taciuto.

Se questi sono i fatti, allora, chi legge giudichi se non è davvero il caso di mandare un telegramma di solidarietà con i generali turchi...

 
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