di Luigi RodelliSOMMARIO: Il 1979 ha visto venire alla luce la quarta bozza di revisione del Concordato ed il testo dell'intesa tra la Repubblica italiana e la chiesa valdo-metodista. Quest'ultimo è l'accordo raggiunto, siglato il 4 febbraio 1978, dai rappresentanti della chiesa valdo-metodista e dai membri della delegazione governativa, presieduta dal senatore Gonnella. Il testo dell'intesa con i valdo-metodisti sta a dimostrare che attraverso un accordo bilaterale è stato possibile definire un rapporto di tipo separatistico nella sostanza, se non nella forma.
(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Febbraio-Maggio 1980, N. 15)
Nel campo dei rapporti tra Stato e Chiese in Italia, il 1979 ha visto venire alla luce due documenti assai significativi: la quarta bozza di revisione del Concordato e il testo dell'Intesa tra la repubblica italiana e la chiesa valdo-metodista. Le reazioni e i commenti alla quarta bozza, con la sua inattesa accentuazione integralistica (marzo 1979), hanno avuto l'effetto, forse calcolato, di far apparire meno ostiche la terza ed anche la seconda bozza, quasi che possa considerarsi accettabile l'impostazione generale della cosiddetta revisione del Concordato e quell'approccio ai singoli problemi.
Non ha ancora avuto invece l'attenzione che merita il testo dell'Intesa. Si tratta dell'accordo, raggiunto, parafato e siglato il 4 febbraio 1978, dai rappresentanti della chiesa valdo-metodista e dai membri della delegazione governativa, presieduta dal sen. Gonella, la medesima che conduce le trattative per la revisione del Concordato con la S. Sede. La pubblicazione, avvenuta per iniziativa dei valdo-metodisti (Torino, Claudiana, luglio 1979), ha il significato di una protesta contro il governo italiano che non si decide a firmare ufficialmente l'Intesa, il cui testo dovrebbe accompagnare un disegno di legge da sottoporre all'approvazione del parlamento, in attuazione dell'art. 8 della Costituzione che prevede la stipulazione di intese con le rappresentanze delle confessioni religiose »diverse dalla cattolica .
Si ha la sensazione che il governo miri a coinvolgere in un unico evento la firma dell'Intesa e quella del Concordato, in modo che l'opinione pubblica sia messa di fronte a due fatti compiuti e i principi ispiratori dell'Intesa non possano essere invocati per la revisione del Concordato. Se approvata prima della conclusione della revisione di quest'ultimo, l'Intesa non solo farebbe conoscere al paese una nuova concezione nei rapporti tra Stato e Chiese veramente rispettosa della libertà di coscienza e unicamente ispirata ai principi della Costituzione, ma metterebbe anche in evidenza - com'è stato osservato - una mentalità e un comportamento assai diversi da quelli della chiesa cattolica. Ed è questo il motivo per cui, nonostante le sollecitazioni e le proteste dei valdo-metodisti, il governo tiene l'Intesa nel cassetto. Bisogna fargliela tirar fuori.
Nel Concordato si riflette la concezione gerarchica, dogmatica ed egemonica che il cattolicesimo ha della chiesa e la struttura piramidale della sua organizzazione interna, per cui è difficile mettere d'accordo le richieste della S. Sede con i diritti di libertà e di uguaglianza che la Costituzione della Repubblica riconosce a tutti i cittadini, credenti e non credenti.
Nella Intesa si riflette invece il principio del sacerdozio universale e del libero esame, l'uguaglianza di tutti i fedeli e l'autogoverno che contraddistinguono l'ecclesiologia protestante, per cui è facile trovare piena concordanza sull'attuazione dei principi di libertà e di uguaglianza che sono sanciti dalla Costituzione.
La carta dei privilegi e la carta dell'autonomia
La revisione del Concordato è funzionale a un tipo di chiesa come la cattolica, nella quale l'uguaglianza dei credenti (clero e laici) non è ammessa e la libertà individuale (di coscienza e di comportamento) è data in gestione al clero e alla gerarchia ecclesiastica. L'accordo con lo Stato mira a confermare, assicurare e accrescere finanziamenti ed esenzioni fiscali a vantaggio della chiesa cattolica e ad attribuire ad essa un dominio, diretto e indiretto, sulle coscienze dei cittadini attraverso l'esercizio - che lo Stato s'impegna a pagare - di determinate attività educative, scolastiche, assistenziali e culturali, del clero o di suoi delegati all'interno delle pubbliche istituzioni (scuole, ospedali, enti di assistenza, forze armate, carceri ecc.).
Il risveglio della coscienza, la responsabilità personale, l'autonomia individuale, l'autogoverno - che sono invece i principi ispiratori dell'ordinamento delle chiese evangeliche - vengono a costituire il messaggio che esse trasmettono all'esterno attraverso il testo dell'Intesa con la Repubblica italiana. Significativa è la cancellazione dal bilancio dello Stato - cancellazione richiesta dalla Tavola valdese - della spesa, sia pure simbolica, relativa all'assegno annuale perpetuo per il mantenimento del culto valdese, »previsto dal regio biglietto 29 aprile 1843, a titolo di risarcimento di danni anteriormente subiti (leggi: persecuzioni). Sono escluse reciproche concessioni tra Stato e Chiesa. Nella convinzione che »l'educazione e la formazione religiosa dei fanciulli e della gioventù sono di specifica competenza delle famiglie e delle chiese , non si richiede »alcun insegnamento di catechesi o di dottrina religiosa ed alcuna pratica di culto nelle scuole pubbliche di qualsiasi ordine e grado. Da parte
sua, la Repubblica italiana, allo scopo di garantire che la scuola pubblica sia »centro di promozione culturale sociale civile aperto all'apporto di tutte le componenti della società , assicura alle chiese evangeliche »il diritto di rispondere, nel quadro dell'agibilità scolastica, a eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni . I relativi oneri finanziari, così come quelli per l'assistenza spirituale negli ospedali, nelle carceri, nelle caserme, »sono a carico degli organi ecclesiastici competenti . Gli enti ecclesiastici sono soggetti al regime tributario previsti dalle leggi dello Stato.
Pur essendo, da un punto di vista formale, l'Intesa un atto di diritto interno e il Concordato un atto di diritto esterno (anche se non propriamente di diritto internazionale), la prima attua un rapporto sostanzialmente separatista, il secondo un rapporto di reciproche concessioni con ingerenze dirette e indirette della chiesa cattolica nelle pubbliche istituzioni della Repubblica italiana. Questa constatazione è di grande importanza perché introduce un elemento di novità nella concezione generale dei rapporti dello Stato con le chiese e induce a riconsiderare, alla luce del nuovo dato (per la prima volta la Repubblica italiana si trova a trattare con un soggetto ecclesiastico autonomo, diverso da quello cattolico), l'intero sistema configurato dagli articoli 7 e 8 della Costituzione.
Il testo dell'Intesa con i valdo-metodisti sta a dimostrare che attraverso un accordo bilaterale è stato possibile definire un rapporto di tipo separatistico nella sostanza, se non nella forma. Ed è quanto di più rispondente ai principi costituzionali e alle esigenze della vita democratica si possa avere in materia di rapporti tra Stato e chiese nell'Italia di oggi. Con l'Intesa la chiesa valdo-metodista ha dato infatti un contributo concreto per l'individuazione di un modo di regolamentazione significativo nei riguardi dello Stato laico informato a criteri di libertà e insieme rispettoso della presenza del fattore religioso non solo sul piano individuale ma anche su quello sociale. Se un accordo analogo, privo di ogni tipo di discriminazione, non è raggiungibile con la chiesa cattolica, bisogna trarne le necessarie conseguenze anche sul piano costituzionale. Bisogna cioè che sia data al parlamento la possibilità di esaminare contestualmente e di discutere, sulla base dei principi costituzionali di libertà e
di uguaglianza, le proposte, vagliate a livello governativo, delle rappresentanze delle diverse chiese. Occorre »un adeguamento funzionale del principio separatistico (P. Bellini).
Il parlamento avrebbe così la possibilità di stabilire, in piena autonomia e indipendenza, norme che siano parimenti adeguate alla diversità delle esigenze reali, personali e di gruppo, indipendentemente dal peso rispettivo che ciascuna chiesa possa avere nella comunità nazionale. Il separatismo, se non è coniugato con l'indifferenza verso le scelte esistenziali dell'individuo, siano esse religiose, areligiose o irreligiose, e con l'astratto ugualitarismo - come avveniva nel separatismo liberale ottocentesco - è la miglior garanzia dei diritti di libertà dei credenti e dei non credenti e della formazione autonoma delle coscienze dei cittadini, dentro e fuori delle cosiddette società intermedie, come la famiglia, le associazioni e le chiese.
L'Intesa tra la Repubblica italiana e la chiesa valdo-metodista costituisce una pietra di paragone: si fonda unicamente sui principi della Costituzione, senza pretendere né garanzie supplementari di libertà, né privilegi a vantaggi di una determinata confessione religiosa. Spetta ai partiti politici che fanno leva sulla Costituzione di chiedere al governo di presentare al parlamento l'Intesa, indipendentemente dalle vicende presenti e future della revisione del Concordato.
Un confronto scomodo
D'altra parte, anche sul fronte della revisione del Concordato si delineano orientamenti nuovi. Le ottimistiche dichiarazioni del sen. Gonella sullo stato delle trattative hanno contribuito a mettere in evidenza ciò che la classe politica ha sempre finto di non vedere, che cioè la delegazione italiana non è una reale controparte di quella vaticana: sente e segue gli umori del palazzo apostolico e dimentica o ignora di essere il portavoce del parlamento italiano e delle sue - finora, a dir vero, non molto pressanti - richieste.
La proposta più interessante è venuta dal sen. La Valle, in occasione del convegno su »Laicità, ideologie, partiti , svoltosi i primi di novembre a Verona per iniziativa della rivista »Bozze '79 . La proposta è che nella revisione del Concordato si abbandoni la procedura internazionalistica e che »il governo presenti al parlamento uno o più progetti di legge che recepiscano i contenuti delle intese già raggiunte con la S. Sede . Una simile procedura (già adottata per la legge sulle festività) permetterebbe alle Camere »un più ampio dibattito e consentirebbe alle »varie istanze della Chiesa italiana di esprimersi su una questione che la riguarda direttamente. Ovviamente la questione riguarda direttamente anche le istanze degli altri, credenti e non credenti, quindi - e soprattutto - della società civile: tocca a tutti i partiti - DC compresa - affermare i diritti della società civile, sanciti dalla Costituzione. Se su tali progetti non ci sarà l'assenso della S. Sede, »il parlamento potrebbe - scrive l'on.
Rodotà - lasciar cadere la revisione o approvare i testi con la maggioranza prevista per le modifiche costituzionali (»La Repubblica , 7 nov. 1979).
Ma perché il parlamento proceda in questo campo con piena autonomia e indipendenza, non basta abbandonare la procedura internazionalistica: bisogna fare un passo avanti e dare fin d'ora al problema dei rapporti tra Stato e chiese quella impostazione nuova che la stessa novità della situazione, dopo più di trent'anni di stasi, suggerisce. L'unico tratto comune del Concordato è la prospettazione di interessi settoriali ad opera di confessioni religiose di diversa consistenza numerica. Tale prospettazione dev'essere accolta al fine di giungere alla definizione di una legge comune ai rapporti con le istituzioni ecclesiastiche delle diverse confessioni - la cattolica e le diverse dalla cattolica - e alla regolamentazione dei fatti gravitanti nell'ambito della vita spirituale (religiosa, areligiosa, irreligiosa). Solo una legge comune potrà evitare che lo Stato continui ad essere - com'è tuttora - debole con i forti, anche se rinuncerà ad essere forte con i deboli.
Un'anticipazione del modello separatista potrà aversi nell'ambito dell'autonomia regionale, per effetto della competenza delle Regioni in materia di trasferimento ai comuni delle »opere pie (IPAB). Spetta ai partiti operanti a livello regionale accingersi a »una sostanziale riconsiderazione delle relazioni istituzionalizzate fra strutture assistenziali e organizzazioni delle chiese locali (Margiotta Broglio). Le Regioni possono influire sul procedimento stesso di revisione del Concordato, o in senso conservatore (e peggio) o in senso progressista e liberante.