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Flores D'Arcais Paolo - 24 giugno 1980
La guerra dei due fiori
di Paolo Flores d'Arcais

SOMMARIO: "Dinamici, spregiudicati, aggressivi"... "capaci di restare per anni in minoranza"... "convinti di avere un destino nazionale"... "polemici fino all'arroganza"... "nella vittoria prontissimi a offrire l'olivo (o la carota")... ecc. Sono "i due vincitori dell'8 giugno", Bettino Craxi e Marco Pannella. Hanno condotto due campagne elettorali assai diverse, ma "è paradosso apparente e ingannatore". Sul versante socialista, è stata premiata la capacità di "rompere gli indugi" e "entrare in forze al governo", su quello radicale, Pannella può attribuirsi "le schede bianche" e porre un'ipoteca sul voto socialista.

Garofano e rosa sono ora collocati "su due sponde parlamentari opposte", "si disputano lo stesso spazio", ma condividono la strategia, di "far divenire la sinistra non comunista maggioritaria all'interno della sinistra", e la sinistra "maggioritaria" nel paese. Ma lo fanno con due strategie che sono opposte, che "difficilmente si possono sommare". Perciò "due vittorie daranno per risultato un conflitto". A meno che la sinistra non trovi il coraggio "di rifondarsi". "Di scegliere l'unità".

(»L'Europeo 24 giugno 1980 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

Dinamici, spregiudicati, aggressivi, tenaci. Capaci di restare per anni in minoranza, arroccati in un fortilizio di fedelissimi. Ma caparbi e coerenti soprattutto con la linea che si sono scelti. E, soprattutto, convinti di avere un destino nazionale. Di dover, prima o poi, governare. Di avere, dalla loro, il verdetto della storia. Perciò, anche, pazienti. Polemici fino all'arroganza ma anche tattici straordinari, maestri del »coup de théâtre , duttili nella manovra. Tempestivi nel cogliere l'errore dell'avversario e magari spietati nello sfruttarlo. Ma nella vittoria prontissimi, senza rinunciare al sarcasmo, a offrire l'ulivo (o la carota). Insofferenti, e malaccorti, nella gestione burocratica degli apparati, ma uomini di carisma e suscitatori di entusiasmi. Assai poco dorotei, dunque. Piuttosto, pastori di anime anche se, non di rado, di »anime morte . Autoritari, infine. Il che, in un paese di salde tradizioni cattoliche, è spesso preso per segno di energia.

Sono i due vincitori dell'8 giugno. Straordinariamente simili nel carattere e nella personalità. Bettino Craxi e Marco Pannella. Saranno i protagonisti dei quattro anni di vita politica che ci separano dalle prossime consultazioni nazionali. Collocarli l'uno accanto all'altro può sembrare concessione eccessiva al gusto per il paradosso. Craxi ha condotto la campagna elettorale all'insegna della governabilità, Pannella a quella del non-voto. L'agibilità del Palazzo, nel primo caso. Il suo »sfascio , nel secondo. Ma è paradosso apparente e ingannatore. Osserviamo i risultati più da vicino.

Due vittorie. Ma composite e perfino contraddittorie. Sul versante socialista. L'elettore premia il Psi per la sua capacità di rompere gli indugi e di entrare in forze al governo. Ma i risultati davvero esaltanti il partito li coglie nelle grandi città, dove ha scelto di governare con le sinistre e contro la Dc. Probabilmente l'afflusso di voti radicali al Psi è circoscritto a queste aree urbane. Ma non è da sottovalutare. E il 20% per il Psi del sindaco Tognoli costituisce il vero, e unico, risultato europeo dell'8 giugno.

Sul versante radicale. Pannella si può attribuire la diminuita affluenza alle urne, le schede bianche, il crescere dei voti annullati di proposito. E vantare una ipoteca sul successo socialista. Vanto contraddittorio. Di aver punito i partiti, ma anche di aver offerto, col successo del Psi, un salvagente al governo. Due vincitori, dunque. Ma due vittorie che aprono più problemi di quanti non ne risolvano.

E veniamo all'essenziale. Garofano e rosa sono collocati su sponde parlamentari opposte. Strategicamente, tuttavia, si disputano lo stesso spazio e mirano a obiettivi analoghi. Craxi e Pannella non hanno mai nascosto la comune ambizione di ripetere, adattandola alle circostanze italiane, l'operazione Mitterrand. Operazione che implica due obiettivi. Far diventare, in un unico processo, la sinistra non comunista maggioritaria all'interno della sinistra. E l'insieme della sinistra maggioritaria nel paese. Fu, questa, la direzione di marcia scelta da Craxi dopo il congresso di Torino. E naufragata con i deludenti risultati elettorali dello scorso anno. Ma è ambizione che resta.

Al di là delle apparenze, insomma, Craxi e Pannella inseguono lo stesso obiettivo. Non utopistico, visto il mediocre risultato democristiano. Ma lo inseguono per vie diverse. La via tradizionale del rafforzamento di un partito storico e della sapiente e spregiudicata manovra interpartitica, Bettino Craxi. La via inedita del movimento di opinione che si fa partito, che aggrega »diversi su »diversi , che usa gli spazi istituzionali contro i tradizionali padroni delle istituzioni, che ricicla l'aggressività extraparlamentare in rigore costituzionale, Marco Pannella.

Percorsi troppo diversi. Che difficilmente si possono sommare. Ma c'è di più. Craxi e Pannella hanno vinto entrambi. Dunque sono ambedue legittimati a candidarsi alla guida della sinistra non comunista. E due legittimazioni, di solito, preludono a un conflitto. Se la guerra dei due fiori ci sarà, due vittorie daranno per risultato una sconfitta. Due vittorie, invece, che potrebbero essere utilizzate altrimenti. Per recuperare gran parte del non-voto cresciuto del 6%, giunto a quota 7 milioni, come dire il terzo partito del paese. E per fare, di questo recupero, la chiave di volta di una sinistra che si candida al governo.

Ma allora il paradosso è un altro. Tradizionale, purtroppo. Quello di una sinistra che non trova l'unico coraggio vero, il coraggio di rifondarsi. Di scegliere l'unità. E, in questa scelta, di riattivare la polemica sulle questioni di fondo. Che si chiamano, poi, settarismo per l'estrema sinistra, centralismo democratico e compromesso storico (e residue nostalgie leniniane) per il Pci, cedimenti alle sirene democristiane e inclinazione alla lottizzazione per il Psi, troppe parole e poco estremismo riformatore per il Partito radicale.

Roba vecchia si dirà. Ma senza la distruzione di questo vecchio e ingombrante lascito ci aspetta un malinconico destino: invecchiare tutti con la Dc ancora saldamente installata al potere.

 
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