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Baget Bozzo Gianni - 25 giugno 1980
L'errore dei radicali
di Gianni Baget Bozzo

SOMMARIO: "I referendum radicali, questa volta, non hanno ottenuto l'ampiezza di partecipazione" del passato. Forse, questa volta, è mancata "l'animazione globale": "non si propongono dieci referendum" senza dare un "senso all'insieme". L'animazione non sarebbe forse mancata se i radicali avessero deciso di "presentare le liste" alle amministrative. Senza la loro presentazione, ed anzi con l'astensione, i referendum sono stati lasciati "in balìa di sé stessi.

"Patrocinare l'astensione... è un'impresa politicamente poco redditizia". Forse più redditizia si è dimostrata l'altra, quella di "valorizzare il rapporto politico stabilito con il Psi". Ma le due pratiche erano tra loro contraddittorie. Adesso, dopo il voto, il Pr dovrà "accingersi a un attento esame di sé". Finora esso ha avanzato le sue richieste "caso per caso, problema per problema": ora è chiamato a dare "una figura all'insieme". Si tratta di "unire in una piattaforma unitaria i temi fondamentali dell'azione radicale", così da "ridare forma più unitaria" alla presenza del partito "nella sinistra". "E' questa un'utopia per i radicali?"

(»La Repubblica 25 giugno 1980 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

I referendum radicali, questa volta, non hanno ottenuto l'ampiezza di partecipazione che è stata sempre la loro. Ciò non significa che i referendum non corrispondano ad una esigenza della democrazia, e che non esprimano un bisogno politico reale. Ma forse, questa volta, è stata l'animazione globale che è mancata. Non si propongono dieci referendum, su dieci argomenti diversi, senza essere contestualmente obbligati a dare un senso all'insieme. I referendum sul divorzio, quello sulla legge Reale e sul finanziamento ai partiti, avevano, da soli, una »personalità politica che nessuno degli attuali dieci referendum ha. Che sia quello sulla caccia quello che si è maggiormente staccato nella raccolta delle firme mostra che questa volta il mordente politico della battaglia referendaria non era afferrato. La direzione radicale non ha saputo dare forma politica unitaria alle iniziative che aveva assunto.

Forse quest'animazione politica non sarebbe mancata, se i radicali avessero deciso di presentare le liste alle elezioni amministrative. In questo caso, la personalità politica radicale avrebbe preso spicco nella competizione amministrativa, avrebbe potuto dare forma a motivi locali, che sono sempre più vivi nel nostro paese, e ripercuotersi così, in forma unitaria, sui referendum.

Ma il Pr ha scelto di non presentare liste amministrative e ciò ha lasciato i referendum, di fatto, in balia di se stessi. Sinora, la combinazione felice era quella di dare una vigorosa forma politica, mediante il Pr, a richieste che non venivano strumentate da quel partito ma lasciate nella loro specificità di contenuti. Il Pr ha dato un senso politico al divorzio, alla proposta di rigetto della legge Reale, del finanziamento pubblico dei partiti, pur senza togliere nulla ai problemi in se stessi: non se li appropriava, ma li motivava. Sostituire questa feconda combinazione tra partito radicale e referendum con l'accoppiata astensione/referendum non pare sia stata un'operazione utile per gli stessi referendum.

Il PR ha una figura politica che impegna alla partecipazione: l'astensionismo alle elezioni è invece un fenomeno ambiguo, che ha fondamentalmente un segno depoliticizzante. I radicali avevano finora saputo convertire in politica il residuo antipolitico sempre presente nel paese: scegliere l'astensione ha invece significato adagiarsi su di esso, rifluire; con ciò, perdere il volto politico, proprio quello che era più che mai necessario per motivare l'affluenza dei cittadini ai tavoli del referendum.

Patrocinare l'astensione, che tutti sanno così anonima, è un'impresa politicamente poco redditizia. Forse più redditizia si è mostrata l'altra, quella di valorizzare il rapporto politico stabilito con il Psi. Ma questa linea era contraddittoria, di fatto, con l'invito all'astensione e contraddiceva per di più alla forte qualificazione politica in proprio che era sempre stata caratteristica del Pr. Ne è venuta così una prassi ricca di contraddizioni: una linea che avalla l'astensione e chiede la partecipazione referendaria: una richiesta di critica generale dei partiti spinta all'estremo e, al tempo stesso, l'avallo ad un partito.

La figura del Pr ha finito così per essere inafferrabile, priva di un messaggio univoco: e questo proprio nel momento in cui i dieci referendum, per il loro numero e per la natura di ciascuno di essi, non potevano supplire all'assenza del partito.

Il Pr dovrà ora accingersi ad un attento esame di sé dopo il voto. Sinora esso ha avanzato le sue richieste caso per caso, problema per problema. Ora, in qualche modo, è chiamato a dare, se vuole sopravvivere politicamente, una figura all'insieme.

La campagna per la fame nel mondo ha mostrato la capacità dei radicali di sprovincializzare il paese, di dargli il senso dei problemi che non sono i suoi, di allargare l'orizzonte della classe politica. Ma, a questo punto, bisogna togliere alla richiesta di Pannella il senso genericamente umanitario, ed indicare la forma politica che vi è implicita: la lotta per il disarmo. Che senso hanno le libertà dei cittadini, e l'esercizio pieno delle loro libertà in un paese che diviene sempre meno soggetto di politica internazionale, che diviene in modo crescente una base della presenza americana nel Mediterraneo?

Si tratta insomma di unire in una piattaforma unitaria i temi fondamentali dell'azione radicale: la partecipazione politica diretta dei cittadini in Italia, la pace ed il disarmo nel mondo. Con questo, il Pr può ridare forma più unitaria alla sua presenza nella sinistra. I nuovi rapporti acquistati con il Psi possono valere come aiuto al Psi per modificare le abitudini della politica estera e della politica militare italiana. I referendum allora potrebbero significare una riappropriazione politica della democrazia da parte dei cittadini. E' questa un'utopia per i radicali? Mi sembra invece che questa utopia sia la loro unica possibile realtà.

 
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