SOMMARIO: Scheda sul referendum abrogativo del porto d'armi, promosso dal Partito radicale. Ordinanza della Corte di cassazione e sentenza della Corte costituzionale.
(IL REFERENDUM ABROGATIVO IN ITALIA: LE NORME, LE SENTENZE, LE PROPOSTE DI MODIFICA - CAMERA DEI DEPUTATI - QUADERNI DI DOCUMENTAZIONE DEL SERVIZIO STUDI, Roma 1981)
"26 giugno 1980": presentazione della richiesta
"2 dicembre 1980": ordinanza Ufficio centrale Cassazione che dichiara legittima la richiesta
"9 febbraio 1981": sentenza n. 24 Corte costituzionale che dichiara ammissibile la richiesta
"24 marzo 1981": D.P.R. di indizione del "referendum"
"17-18 maggio 1981": svolgimento del "referendum"
voti attribuiti alla risposta affermativa (sì): 4.423.426
voti attribuiti alla risposta negativa (no): 26.995.173
Corte di cassazione - Ufficio centrale per il referendum
Ordinanza del 2 dicembre 1980
Ritenuto in fatto e in diritto
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"Si omette la prima parte di questa ordinanza e delle altre emanate nella stessa data che - con le ovvie modifiche derivanti dalla diversità dei dati di fatto citati - è del tutto simile alla prima parte dell'ordinanza sulla richiesta di" referendum "abrogativo del d.l. 15 dicembre 1979 n. 625 convertito nella legge 6 febbraio 1980 n. 15, pubblicata sopra per intero".
Considerato che il compito dell'Ufficio centrale consiste nella verifica della legittimità formale della proposta di "referendum", implicante il riscontro e rispetto dei limiti modali e temporali di questa;
- Che relativamente all'oggetto del "referendum", nel caso in cui non vi sia questione di concentrazione con altri "referendum", spetta a questo Ufficio Constatare esclusivamente se l'atto considerato è una legge o un atto normativo avente forza di legge e se al riguardo è intervenuta abrogazione legislativa o sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale;
- che nella specie è indubbio il carattere legislativo dell'atto normativo sottoposto a "referendum";
- che al riguardo non sono intervenuti atti di abrogazione, né pronunce di illegittimità costituzionale.
Per questi motivi, letti gli articoli 75 della Costituzione 8, 9, 27 e 32 della legge 25 maggio 1970 n. 352 e successive modificazioni, l'Ufficio Centrale per il "referendum" dichiara legittima la richiesta di "referendum" popolare sul seguente quesito:
»Volete voi l'abrogazione dell'articolo 42, comma terzo (il questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno licenza di portare rivoltelle di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e successive modificazioni? .
Dichiara cessate le operazioni di sua competenza relative a questa fase del "referendum".
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Corte costituzionale
Sentenza 9 febbraio 1981, n. 24
La Corte costituzionale ha pronunciato la seguente sentenza nel giudizio sull'ammissibilità ai sensi dell'articolo 2, comma primo, legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di "referendum" popolare per l'abrogazione dell'articolo 42 comma terzo (il questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e successive modificazioni (n. 17 reg. ref.).
Vista l'ordinanza 2 dicembre 1980 con la quale l'Ufficio centrale per il "referendum" presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la suddetta richiesta;
udito, nella camera di consiglio del 14 gennaio 1981, il Giudice relatore Antonino De Stefano;
uditi l'avv. Mauro Mellini, per il Comitato promotore del "referendum" e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
"Ritenuto in fatto":
L'Ufficio centrale per il "referendum", costituito presso la Corte di cassazione, ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, la richiesta di "referendum" popolare, presentata il 26 giugno 1980 da Rippa Giuseppe, Cherubini Laura, Passeri Maria Grazia, Pergameno Silvio e Mellini Mauro, sul seguente quesito: »Volete voi l'abrogazione dell'articolo 42, comma terzo (il questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e successive modificazioni? .
Con ordinanza del 2 dicembre 1980, depositata in pari data, l'Ufficio centrale ha dato atto che la richiesta è stata preceduta dall'attività di promozione conforme ai requisiti di legge, che è stata presentata da soggetti che vi erano legittimati, che il deposito è avvenuto nel termine di tre mesi dalla data di vidimazione dei fogli, che la richiesta di abrogazione della su indicata norma è stata regolarmente formulata e trascritta nella facciata contenente le firme di ciascun foglio, che il numero definitivo delle sottoscrizioni regolari supera quello di 500.000 voluto dalla Costituzione, e considerato che è indubbio il carattere legislativo dell'atto normativo sottoposto a "referendum", e che al riguardo non sono intervenuti atti di abrogazione, né pronunce di illegittimità costituzionale, ha dichiarato legittima la richiesta anzidetta.
Ricevuta comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte ha fissato per la conseguente deliberazione il giorno 14 gennaio 1981, dandone a sua volta comunicazione ai presentatori della richiesta ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 33, comma secondo, della legge n. 352 del 1970.
In una memoria presentata il 10 gennaio 1981, il Comitato promotore osserva che il "referendum" abrogativo dell'articolo 42, comma terzo, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza persegue il risultato di abolire la possibilità di rilasciare licenza di porto d'armi ai privati. Eliminata questa norma, il porto d'armi resterà vietato in forza di altre norme di legge. Nessun serio dubbio, a suo avviso, dovrebbe sussistere sull'ammissibilità.
Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, che ha anch'essa, in pari data, per il Presidente del Consiglio, presentato memoria, il "referendum" dovrebbe invece essere dichiarato inammissibile. Considerato che la concessione della licenza è dalla disposizione in questione condizionata alla esistenza di un dimostrato bisogno, e quindi all'accertata necessità di difendere, da violente aggressioni, la vita umana e la proprietà, la richiesta formulata - si osserva - viene a coinvolgere, oltre all'articolo 42, l'articolo 2 della Costituzione, il quale, col garantire i diritti inviolabili dell'uomo, non può, secondo l'Avvocatura, non comportare la esigenza di permettere all'individuo la difesa contro il rischio concreto di attacchi al bene supremo della vita. Abrogata la norma contestata, il divieto assoluto di concessione della licenza di porto d'armi, che ne conseguirebbe, darebbe infatti luogo a contrasto con i due precetti costituzionali. Di qui la inammissibilità del "referendum".
Ad integrazione del contraddittorio espressamente previsto dall'articolo 33,; comma terzo, della legge n. 352 del 1970, nella camera di consiglio del 14 gennaio 1981 sono stati uditi l'avvocato Mauro Mellini, per il Comitato promotore, e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri, i quali hanno rispettivamente insistito per l'ammissibilità e per la inammissibilità del "referendum".
"Considerato in diritto":
Oggetto della richiesta di "referendum" abrogativo, dichiarata legittima con ordinanza del 2 dicembre 1980, in applicazione dell'articolo 32 della legge 25 maggio 1970, n. 352, dall'Ufficio centrale per il "referendum", costituito presso la Corte di cassazione, è l'articolo 42, comma terzo (unico comma rimasto in vigore, dopo che il primo ed il secondo sono stati abrogati dall'articolo 4, comma nono, della legge 18 aprile 1975, n. 110) del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.
La norma della quale si propone l'abrogazione, stabilisce che »il questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati, la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65 . Con essa viene, cioè, prevista la possibilità di essere autorizzati al porto d'armi fuori della propria abitazione, in deroga al divieto sancito dall'articolo 699 del codice penale, e dall'articolo 4, comma primo, della legge n. 110 del 1975. Il quesito che si vuol sottoporre al corpo elettorale è perciò chiaro ed univoco: se debba permanere o meno siffatta possibilità di sottrarsi legittimamente al divieto, a nulla rilevando sotto tale profilo il motivo per cui può in atto esser concessa la licenza (per difesa personale o anche per uso di caccia). Può, dunque, considerarsi soddisfatta, quella imprescindibile esigenza di »omogeneità del quesito, che devesi in primo
luogo accertare, secondo quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 16 del 1978.
Né si riscontra alcuna delle altre ragioni di inammissibilità enunciate dalla Corte in quella occasione. L'Avvocatura dello Stato ha in proposito eccepito che, essendo la concessione della licenza di porto d'armi subordinata all'accertata necessità di difendere da violente aggressioni la vita umana e la proprietà, il divieto assoluto, conseguente ad un favorevole risultato del "referendum", si porrebbe in contrasto con due precetti costituzionali: con l'articolo 2, che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, e con l'articolo 42, che garantisce la proprietà privata. Ma la prospettata illegittimità costituzionale di tale divieto assoluto non può esser presa in considerazione e vagliata al fine di pervenire ad una pronuncia d'inammissibilità del quesito referendario. In questa sede ed a tal fine, secondo quanto si desume dai principi cui sono ispirate le sentenze di questa Corte n. 251 del 1975 e n. 16 del 1978, non viene di per sé in rilievo l'eventuale effetto abrogativo del "referendum": tanto più che la
conseguente situazione normativa potrebbe dar luogo, se e quando si realizzi, ad un giudizio di legittimità costituzionale, nelle forme, alle condizioni e nei limiti prescritti. Quando la Corte giudica, invece, dell'ammissibilità di una richiesta di "referendum" abrogativo, porta il suo esame su taluni profili (omogeneità ed univocità) inerenti alla struttura del quesito, e sulla natura delle disposizioni che del quesito medesimo formano oggetto. Per quanto concerne quest'ultimo aspetto, la Corte, secondo la puntuale precisazione fornita nella menzionata sentenza n. 16 del 1978, deve accertare innanzi tutto che non si tratti di norme costituzionali, o di altri atti normativi diversi da quegli »atti legislativi dello Stato aventi la forza delle leggi ordinarie , contro i quali soltanto può rivolgersi il "referendum" previsto dall'articolo 75 della Costituzione. Di questi ultimi, inoltre, sono preclusi alla consultazione referendaria: a) »gli atti legislativi dotati di una forza peculiare, e dunque insuscetti
bili di essere validamente abrogati da leggi ordinarie successive ; b) le leggi espressamente indicate dal secondo comma del citato articolo 75 della Costituzione e le altre disposizioni produttive di effetti collegati all'ambito di operatività delle leggi medesime in modo così stretto, che la preclusione debba ritenersi sottintesa; c) le disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato.
Ora l'articolo 42, comma terzo, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, la cui abrogazione viene proposta al corpo elettorale dalla richiesta referendaria in esame, non rientra certamente in veruna delle categorie sopra elencate. In particolare, non può essere compreso fra quelle norme »a contenuto costituzionalmente vincolato , il cui nucleo, non potendo »venir alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali) , è sottratto ad ogni intervento abrogativo, totale o parziale, espresso o tacito, del legislatore ordinario, e non può in conseguenza essere oggetto di consultazione referendaria a fini abrogativi. Va infatti escluso che dagli articoli 2 e 42 della Costituzione - invocati dall'Avvocatura dello Stato, pur se con riferimento, inaccettabile in questa sede, anziché alla norma oggetto del "referendum" richiesto, all'effetto della sua eventuale abrogazione - possa trarsi, come precetto imme
diatamente vincolante, la insostituibilità della licenza di porto d'armi prevista dall'articolo 42, comma terzo, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Ben vero che la legittima difesa è prevista dall'ordinamento giuridico, nei limiti sanciti dagli articoli 52 e 55 del codice penale, 42 del codice penale militare di pace e 2044 del codice civile, come possibile e lecito mezzo di tutela tanto dell'incolumità fisica quanto dei diritti patrimoniali. Ma la licenza di porto d'armi fuori della propria abitazione non è certo l'unico mezzo, attraverso il quale si realizza imprescindibilmente la difesa privata della persona e degli averi, propri od altrui; non è, dunque, in giuoco la permanenza dello stesso principio della legittima difesa, ma soltanto uno dei vari possibili mezzi apprestati per la sua attuazione. La norma in questione, in altri termini, pone in essere una fra le soluzioni astrattamente possibili per assicurare la privata tutela dei diritti alla vita ed alla proprietà garantiti dalla Cost
ituzione: il suo contenuto non può, pertanto, considerarsi soggetto ad un »vincolo , che direttamente derivi a un corrispondente specifico disposto costituzionale.
Per questi motivi la Corte costituzionale
dichiara ammissibile la richiesta di "referendum" popolare per l'abrogazione dell'articolo 42, comma terzo, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n 773, e successive modificazioni, dichiarata legittima con ordinanza del 2 dicembre 1980 dell'Ufficio centrale per il "referendum", costituito presso la Corte di cassazione.