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Rippa Giuseppe - 29 giugno 1980
Dopo Bologna, dopo Danzica
di Giuseppe Rippa

SOMMARIO: La cronaca politica di queste settimane, dopo la strage di Bologna, dopo i fatti di Danzica, segnala come l'attuale rischio per il partito radicale sia non solo quello di essere ridotto a minoranza protestataria, ma soprattutto quello di non riuscire a saldare domande di partecipazione e speranze di mutamento, con tutto quello che di stabilizzante in chiave restaurativa questo comporta. Con le firme sui referendum, il Partito radicale è riuscito a capitalizzare quanto di antiregime rimane vitale in questo paese; con la proposta di astensione e di voto bianco o nullo alle elezioni amministrative, si è superato il rischio di voler monetizzare subito, in termini di rappresentanze locali e di parassitismo, il successo elettorale del 1979; e si è fornita una chiave istituzionale e politica al dissenso. Si tratta in primo luogo di difendere il senso politico e giuridico, il valore morale del voto nullo, contro la criminalizzazione che da parte della maggioranza è stata fatta contro gli astenuti: un'opera

zione che ha una grossa portata politica in prospettiva, perché può avvicinare una parte di opinione pubblica conservatrice o moderata che vota tradizionalmente per la Dc per paura del comunismo, e offrire un diverso modo di esprimersi della protesta anche nei confronti dello stesso Pci. La situazione è difficile comunque per lo stesso Partito radicale, che sconta in primo luogo la presenza di un gruppo parlamentare più eterogeneo del precedente, e comunque il macato rafforzamento della propria organizzazione federativa. La mozione del 23· Congresso (che pone per la prima volta al partito radicale la necessità di lottare per l'affermarsi di un nuovo ordine politico ed economico internazionale, contro la politica di sterminio per fame e per guerra trionfante) è una base utile per il rilancio dell'iniziativa politica radicale, allargando d'un tratto gli orizzonti e segnando con coraggio e rigore i compiti e le strade da seguire. Ma il rischio è duplice: non avere l'esatta percezione delle urgenze obiettive che

la mozione evidenzia, contro le logiche di relaismo; e d'altra parte, che la mozione diventi una "carta ideologica" che allontani il Pr dalla sua linea di azione pragmatica. La sfida è tutta qui: se è vero che non può essere compatibile con la coscienza civile e la comune umanità il massacro di vite umane, lo sterminio in nome di un'economia fondata sullo spreco; e come una forza politica che mette al primo posto questa questione riesce ad operare nel quotidiano, riuscendo a stringere le altre forze forze politiche, e in primis i partiti della sinistra, sulle loro responsabilità culturali prima ancora che politiche.

(NOTIZIE RADICALI N. 33, 29 giungo 1980)

La tremenda strage di Bologna, la recrudescenza del terrorismo nero, i fatti di Polonia, i diritti civili e sindacali per cui gli operai dei cantieri di Danzica e del golfo Baltico hanno lottato, i riflessi della crisi polacca in Italia e il tentativi del P.C.I. di utilizzare questi avvenimenti in chiave di recupero della sua strategia compromissoria, il "laburismo craxiano" e i riflessi del "nuovo corso" sull'intera area socialista, la governabilità. Queste le attualità che la situazione politica segnala. Leggendo questa cronaca, attraverso questa cronaca, la lotta politica radicale deve ritrovare a sua iniziativa e la sua capacità di essere centrale nella prospettiva del cambiamento. Sarebbe estremamente grave sottovalutare la pericolosità della situazione che ci sta davanti e non comprendere come in un contesto politico come l'attuale i rischi per il partito radicale non sono solo quelli di essere ridotti al ruolo di minoranza protestataria, inefficace, ma di non riuscire a saldare domande di partecipazio

ne e speranze di mutamento con tutto quello che di destabilizzante in chiave restaurativa questo comporta.

Innanzitutto alcune considerazioni preliminari. Con il successo della raccolta delle firme la scorsa primavera abbiamo, con fatica, patrimonializzato quanto di antiregime rimane vitale in questo nostro travagliato paese. Le premesse, lo abbiamo a più riprese affermato, non erano delle più ottimistiche. Indubbiamente avevamo sottovalutato fino a qual punto il terrorismo aveva fiaccato la spinta al rinnovamento, il suo utilizzo in chiave di allarme sociale come strumento per sopprimere ogni altra manifestazione di dissenso, il grado di effettualità del regime stesso.

Ormai si era molto al di là delle condizioni politiche del referendum sul divorzio e della raccolta firme per gli otto referendum del 1977: condizionare la sinistra a posizioni di rottura nei confronti del regime costringendola, come era stato nel 1974, a combattere le battaglie di libertà. Il referendum sulla legge Reale aveva dimostrato che se il PSI aveva tenuto un atteggiamento da Ponzio Pilato, il PCI aveva addirittura sostenuto la non abrogazione della legge; il referendum era ormai la battaglia contro il regime DC-PCI.

Con la vittoria nella raccolta delle firme siamo riusciti a rompere l'isolamento che intorno a noi si era determinato dopo le elezioni del giugno '79. Silenzio o diffamazione e linciaggio. Silenzio della RAI-TV, silenzio delle forze politiche. E la necessità da parte nostra di far passare un messaggio totalmente contrario alle chiavi politiche correnti, ed anzi in grado di sconfiggere queste chiavi politiche. E occorre pur rilevare che ci siamo riusciti attraverso un passaggio fondamentale: l'astensione dalle elezioni. Essa non solo ha salvato il partito dall'impegolarsi nella diaspora, nella formazione di cento e cento situazioni rispetto alle quali difficilmente poteva reggere. Le conseguenze dello stesso successo elettorale del '79 hanno rafforzato le spinte a monetizzare subito in termini di rappresentanza locali, e quindi in questo contesto in termini parassitari, l'mapliamento dell'area di ascolto e di consenso elettorale del partito. Il problema era di fornire, in un disegno politico in sintonia con q

uello referendario, una chiave politica e istituzionale al dissenso. E quindi in primo luogo far capire, difendere il senso politico e giuridico, il valore morale del voto nullo, proprio contro la criminalizzazione degli astenuti che i partiti hanno sempre sostenuto ad oltranza. L'operazione aveva una grossa portata anche in prospettiva, come ipotesi di passaggio intermedio per un apare di opinione pubblica conservatrice, moderata, che votava tradizionalmente democrazia cristiana solo per paura del comunismo, come diverso modo di esprimersi della protesta, anche nei confronti dello stesso PCI. Un'ipotesi quindi assai significativa, capace di introdurre dati di movimento nel quadro di regime, proprio perché destinata a colpire l'aspetto inflazionistico del voto strappato dai due grandi partiti di massa, del voto generico, del voto di chi va a votare perché lo si è convinto che se non vota non tiene un comportamento degno di u vero cittadino. A queste considerazioni ne vanno aggiunte altre per dare i termini d

ella particolare situazione che ci troviamo a vivere. Una serie di fattori rischiano di determinare quasi un offuscamento in molti dell'analisi politica e delle difficoltà e delicatezza del momento che il partito e l'intera "cosa" radicale attraversa. Tra questi: un gruppo parlamentare necessariamente più eterogeneo del precedente e che si ispira anch'esso a principi libertari ha dato in alcuni momenti la sensazione dell'incertezza e della divisione; alla lunga questo è certamente un patrimonio, ma nell'immediato era ed è necessario scontarne conseguenze negative sull'immagine del partito. A ciò si deve aggiungere che la base dell'organizzazione politica libertaria e federativa del partito radicale non ha registrato negli ultimi tre anni alcun rinnovamento, ampliamento e rafforzamento in qualche modo corrispondente ai successi politici, referendari ed elettorali conseguiti.

Come rispondere a questa inadeguatezza strutturale e fronteggiare i fatti politici incalzanti e in ogni caso rischiosi. Nello scorso marzo, in occasione del 23· congresso straordinario, con la mozione approvata, il partito ha gettato le basi di quella che è stata definita una svolta di importanza cruciale per le sorti del PR.

"Pervasa com'è di elementi di ripensamento e bilancio dell'esperienza radicale, la mozione guarda avanti e lontano, alla qualità nuova e ai pericoli immani della situazione in cui ci troviamo; e allargando d'un tratto gli orizzonti segna con coraggio e rigore i compiti e le vie nuove della fase che si apre" - scrive Lorenzo Strik-Livers.

Se questa è la prospettiva che ci siamo dati come partito, appare allora evidente che il rischio che corriamo è duplice: di non avere la percezione precisa delle urgenze "obiettive" che la mozione evidenzia contro le logiche del "realismo" che sono le logiche dell'inevitabile suicidio; che la mozione stessa divenga una carta ideologica per la prima volta allontanando il PR dalla sua linea di azione pragmatica. La sfida credo sia tutta qui: se è vero che oggi non può essere compatibile con la coscienza civile e con la comune umanità il massacro di vite umane che incalza le nostre stesse parole, lo sterminio di oggi in nome di un'economia fondata sullo spreco, sul consumismo, sulla rapina delle risorse dei paesi sottosviluppati, più deboli e incapaci di difendersi, allora i termini del problema sono come una forza politica che mette al primo posto questa questione riesce ad operare nel quotidiano su questo fronte riuscendo su questo a stringere le altre forze politiche, in primis i partiti della sinistra di fr

onte alle proprie responsabilità culturali oltre e prima che politiche. L'assemblea che è stata convocata per i giorni 13 e 14 settembre a Roma si prefigge un momento attraverso il quale il corpo collettivo del partito approfondisca e faccia propri i contenuti della mozione e da essi dai suoi molteplici contenuti tragga lo stimolo e le indicazioni per la sua iniziativa politica immediata, concreta, operante.

Difendere i referendum attraverso la formazione di diffusa rete di comitati cittadini e regionali, di quartiere; aprire sui singoli temi, attraverso assemblee, il confronto con le altre forze politiche, con il PCI e il PSI in primo luogo, fare dei singoli punti della mozione la base di discussione.

 
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