di Angiolo BandinelliSOMMARIO. Che vale, chiedersi se "una azione politica è 'morale' o 'amorale'?" Un teorico "liberale", di destra, potrà adottare l'assioma che "una classe politica è una classe politica". Ma si tratta di una "tautologia", che impedisce ogni discorso critico.
(QUADERNI RADICALI, ottobre-dicembre 1980 - Ripubblicato in "IL RADICALE IMPUNITO - Diritti civili, Nonviolenza, Europa", Stampa Alternativa, 1990)
Per il teorico della destra (liberale, sia ben chiaro!) il Politico, la forma del politico, è la struttura dove accade e si svolge il potere, il luogo dove si gioca - da sempre - un gioco regolato da norme "scientifiche", immutabili e persino prevedibili, ma anche sottratte a qualsiasi possibilità di confronto, di mediazione, di verifica; quindi palcoscenico (ancora) deputato all'Amorale per definizione. Questo teorico può assumere (come propriamente trascendente, date alcune condizioni antropologiche) l'assioma che una classe politica è una classe politica e che quindi, in qualunque situazione strutturata in società, c'è e non può non esserci una classe politica: un assioma che si indurisce in una disarmante e scoraggiante tautologia. Come in natura, nella società non si dà il vuoto. Appena se ne presenta un accenno, qualcuno o qualcosa lo riempie. Che vale, stando così le cose, chiedersi se una classe politica, una politica, è buona o cattiva, se un'azione politica è "morale" o "amorale"?