di Paolo FranchiSOMMARIO: E' possibile ancora "discutere, a sinistra"? Fortunatamente, a volte si sentono voci con le quali si è in dissenso, ma comunque "ricche di domande e di preoccupazioni... comuni". Su "Lotta Continua", Marco Boato esibisce "sconforto" e "preoccupazione" per l'area che "provenendo da itinerari diversi ha guardato in questi anni al 'fenomeno radicale'", e che ora teme che quest'area resti "articolata" nel quadro desolante di una sinistra in preda ad una "specie di cultura da 'reprint'". Secondo Boato sarebbe infatti in corso "l'agonia lenta, lunga, dolorosa" di "un intero secolo di storia del movimento operaio italiano". L'a. si sente in disaccordo con Boato, non sul "giudizio d'insieme", ma perché non lo convince l'idea che, ad ogni crisi, saremmo "all'anno zero". Crisi non vuol sempre dire "disfatta", può essere occasione di rinnovamento. E' vero o no che c'è in corso un disegno di "riconquista di vertice del controllo delle tensioni", che potrebbe mettere in discussione l'autonomia del movimento ope
raio? In questo quadro, come arrivare a costruire un "terzaforzismo", alternativo alla DC ma non "settario" né "massimalista"? Qui si fa importante il "fenomeno radicale". Esso però dovrà fare i conti con gli esiti non esaltanti del "pannellismo".
(»Paese Sera 11 ottobre 1980 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)
Si può ancora discutere, a sinistra, cercando almeno di rendere chiari i punti reali di polemica e di dissenso? A tratti, verrebbe da pensare che no, non si può. Che al massimo si può scegliere tra le ragioni della diplomazia e quelle della faccia feroce. Capita, però, di sentire anche voci diverse. Con le quali magari si è in disaccordo profondo. Ma che tuttavia si avvertono ricche di domande e di preoccupazioni che sentiamo in qualche misura comuni.
E' il caso di Marco Boato che, su »Lotta Continua di giovedì, esibisce tutto lo sconforto, più ancora che la preoccupazione, di un'area certo non enorme quantitativamente, ma neppure secondaria nella sinistra italiana. L'area, per intenderci, che provenendo da itinerari diversi ha guardato in questi anni al »fenomeno radicale , che è cosa un po' più complessa del partito radicale, come ad una »salutare provocazione teorica e pratica per l'insieme della sinistra come testualmente scrive Boato. L'area, ancora, che oggi teme, non solo che questa novità definitivamente si perda, ma anche e soprattutto che finisca articolata in un quadro desolante. Nel quadro cioè di una sinistra che pretenderebbe di rispondere a una crisi politica fitta di risvolti istituzionali, se capisco bene il ragionamento di Boato, con una specie di cultura da »reprint : il Pci riedita una opposizione da anni cinquanta, il Psi una pratica di centrosinistra da anni sessanta, rintracciando quest'ultimo persino, tra vari reperti, l'unificaz
ione socialdemocratica, ma mettendovi la copertina il titolo non meno vecchio, ma sempre appetitoso di »terza forza . E ponendo la appendice al volume niente meno che l'opera omnia di Marco Pannella.
Tutto questo, sempre secondo Boato, non avviene per improvviso gusto bibliografico della sinistra, ma perché sotto i nostri occhi sarebbe in corso »l'agonia lenta, lunga, dolorosa di »un intero secolo di storia del movimento operaio italiano . Boato riconosce che le »tinte fosche di questo quadro sono state caricate ad arte ; ma, aggiunge, la forzatura, è a fin di bene, perché quanti rifiutano di guardar l'albero ignorando la foresta si sbrighino a venire allo scoperto, per »imboccare un binario diverso, prima che si verifichi un disastro di proporzioni incalcolabili .
Il disaccordo con Boato non verte affatto sulla cupezza del giudizio d'insieme. E neppure, a guardar bene, sulla gravità della crisi che investe la sinistra. Anche se non convince davvero questa idea ricorrente per cui, ad ogni stretta, saremmo all'anno zero. Si comincia a sentire sempre più pressante il bisogno di mettere a punto, oltre ai limiti, agli errori, e magari alle catastrofi, anche gli approdi politici e culturali cui si è giunti faticosamente (dalla terza via all'eurocomunismo allo sforzo di costruire una sinistra di governo) e dai quali non si intende recedere. In ogni caso, su un punto l'accordo è, o dovrebbe essere, chiaro. Crisi non vuol certo dire disfatta, per una forza ancora così grande e ancora sostanzialmente imbattuta come il movimento operaio, ma occasione di trasformazione e di rinnovamento profondo. A condizione che ci siano il coraggio e la decisione politica di avanzare in questa direzione, ma anche, e prima di tutto, che sia chiara la portata e la natura dello scontro che è apert
o oggi. E qui il ragionamento di Boato si fa un po' più vago.
C'è o non c'è un disegno neo-conservatore che punta a ridurre la questione chiave della governabilità - dalla fabbrica alle istituzioni - al problema della riconquista di vertice del controllo delle tensioni, dei movimenti, delle contraddizioni sociali, in ultima analisi della democrazia? E il modo in cui anche da parte socialista si pone il problema della »sfida alla centralità democristiana e dell'efficienza del sistema politico, rischia o no di diventare una variabile (se subordinata o meno, lo vedremo) di questo disegno, che potrebbe mettere in discussione il fondo dell'autonomia politica e di classe del movimento operaio italiano? E che ne sarebbe, se questo disegno passasse, delle stesse tematiche libertarie e garantistiche? Dalla risposta a queste domande discendono parecchie considerazioni. Una, su tutte: perché il concetto stesso di »sinistra , rinnovato e ridefinito quanto si vuole, sopravviva alla prova, pregiudiziale è intanto che questo tentativo venga sconfitto.
Questo è il motivo per cui convincono davvero poco i richiami al centro-sinistra, che fu davvero, nel bene e nel male, un'altra cosa, e ancora meno quelli agli anni cinquanta per quanto riguarda la natura e i caratteri dell'opposizione comunista. Ma il discorso non può finire qui. Anzi: il problema sollevato da Boato si ripropone proprio quando vuole affrontare, nel vivo dello scontro, la ricerca di una risposta vincente, né settaria o massimalistica, né subalterna, a questo disegno. E proprio torna a farsi interessante quella questione radicale che a Boato sta a cuore, anche al di là dei seguiti dell'incontro Craxi-Pannella, e della prevedibile lotta tra i due per la leadership della erigenda »terza forza .
Il nuovo terzaforzismo può avere udienza anche tra alcuni dei protagonisti sociali e culturali del »fenomeno radicale . Perché esiste ed è vasta - non nascondiamocelo - una area che è e resta fortemente alternativa, e persino antagonista, alla Dc, al sistema di potere democristiano all'idea di Stato e di società che la Dc, più che »proporre , »emana . E che tuttavia vive in modo vistoso e profondo la crisi dell'idea stessa di trasformazione. Non solo della possibilità, ma persino della appetibilità di una fuoriuscita da questa crisi capitalistica in direzione del socialismo. Questa area non può, ovviamente, essere identificata nel solo elettorato radicale. Atteggiamenti di questo tipo »traversano tutta la sinistra e chiedono anche essi al movimento operaio di ripensare in profondità la propria cultura politica.
Ma è sul radicalismo come tentativo di dare espressione ai »nuovi soggetti politici e sociali che qui interessa porre l'accento. Il movimento operaio, certo, ha da farsi parecchie autocritiche sulla superficialità con cui ha trattato la questione, illudendosi magari che si trattasse addirittura di un passeggero ritorno del vecchio qualunquismo. Ma ha anche, mi sembra, qualcosa da chiedere oggi a chi ha vissuto e vive da protagonista questa esperienza. Due cose su tutte. La prima: un riesame critico dell'esperienza sin qui condotta, del modo in cui si è accettato di farsi ricondurre (di fatto, non solo nelle polemiche dei critici) nell'ambito del »pannellismo , via via fino agli odierni, davvero non esaltanti sbocchi di questo. La seconda: un impegno più netto, più esplicito, meno cauteloso nella battaglia che si è aperta oggi. Il che significa anche un contributo originale ad arricchirne i contenuti e a modernizzare i termini.