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Sciascia Leonardo - 22 ottobre 1980
INTERVISTE: LEONARDO SCIASCIA E' DI SINISTRA, MA COME POCHI ITALIANI E' UN "MIGLIORISTA", SCRIVE LO SCRITTORE AMERICANO GORE VIDAL SUL "NEW YORK REVIEW OF BOOKS".
"HA COLTO MOLTO BENE IL MIO PENSIERO NELLE INTENZIONI E NEI RISULTATI", DICE SCIASCIA.

UN'INTERVISTA A LEONARDO SCIASCIA: "ECCO, IO LA PENSO COSI'...'

SOMMARIO: Intervista interessante per la sorta di autobiografia intellettuale che Sciascia tratteggia a partire dagli entusiastici giudizi su di lui di Gore Vidal: giudizi sugli scrittori italiani contemporanei, sull'opinione di Amendola circa lo "scarso corasggio civile degli intellettuali", sui suoi rapporti con la letteratura francese dell'illuminismo, su alcuni contemporanei (Scalfari, Pajetta, Andreotti), e - infine - sul PCI e le prospettive politiche in Italia.

(NOTIZIE RADICALI, 22 ottobre 1980)

Roma 22 ottobre '80 - N.R. - Leonardo Sciascia è lo scrittore italiano di cui si parla oggi all'estero. Gore Vidal è lo scrittore americano contemporaneo più conosciuto nel mondo. Sulla "New York Review of Books", Vidal ha raccontato Sciascia agli americani; il ritratto che ne esce è anche un grande affresco dell'Italia; "Sciascia è di sinistra, ma come pochi italiani è un "migliorista". E la sua vena empirica è destinata a sbalordire molti italiani politicizzati. Ha idee, ma non ideologia, in un paese dove l'ideologia politica è tutto e le idee politiche sono poco conosciute" scrive Vidal.

"A chi parla di "marxismo dal volto umano", Sciascia risponde che rispetta la sua posizione, ma ritiene che un "marxista dal volto autentico" costituisca un'utopia nell'utopia, un sogno, un illusione. E' un dilemma che tocca ogni italiano, aggiunge Vidal.

"Ha colto molto bene il mio pensiero nelle intenzioni e nei risultati", dice Sciascia riferendosi al lavoro di Vidal.

E' da qui che parte l'intervista con Sciascia che pubblichiamo di seguito. Si parla anche, oltre che di letteratura, di politica, dei rapporti con il PCI e la sinistra, l'esperienza a Montecitorio. (Va. Ve.)

Domanda: "Questo Gore Vidal non è superficiale nei giudizi su Leonardo Sciascia?"

Sciascia: "No, non direi. Vidal deve dare informazioni ai lettori stranieri. E' uno scrittore vivace e intelligente. Un autore serio e interessante, che ha colto molto bene il mio pensiero nelle intenzioni e nei risultati. In fondo Vidal risente molto delle sue origini friulane".

Domanda: "Dunque dal saggio di Vidal esce l'immagine di un grande scrittore".

Sciascia: "Non mi ritengo un grande scrittore, ma semplicemente uno scrittore. Su ciò che si scrive su di me sono cauto e indifferente. Non discuto i giudizi altrui su di me se non quando si polemizza su di me come persona".

Domanda: "Come Sciascia giudica la sua opera?"

Sciascia: "Alcuni miei libri li ritengo validi, molti non li rileggo più, come "A ciascuno il suo". Non amo "Il giorno della civetta". Mi infastidisce il successo che ha avuto. I due libri migliori sono "Il consiglio d'Egitto" e "Todo modo", ma più di tutti amo "Morte di un inquisitore". E' la storia di un frate eretico del mio paese. C'è una ricerca di identità e di radici. Assume un significato simbolico di tutto quello che ho scritto contro le inquisizioni".

Domanda: "Cosa resterà degli ultimi trent'anni della letteratura italiana, oltre a Sciascia?"

Sciascia: "Un paio di libri di Calvino, soprattutto i racconti e le tre favole. Poi le "lettere luterane" di Pasolini, gli "Occhiali d'oro" di Bassani, molto Moravia o Brancati, il "Diario" di Corrado Alvaro, autore ingiustamente dimenticato. Tra i giovani, Giuseppe Mazzaglia e Vincenzo Consolo, "Il sorriso dell'ignoto marinaio". Non è una letteratura scadente. E' provinciale in quelli che non si ritengono provinciali".

Domanda: "Che ne pensi del giudizio di Amendola sullo scarso coraggio civile degli intellettuali italiani?"

Sciascia: "Va benissimo se viene rovesciato su chi era d'accordo con lui".

Domanda: "La tua cultura risente molto dell'influenza francese, come dice Vidal?"

Sciascia: "Ho letto molto i francesi, ma considero ancora notevoli Hemingway, Faulkner e Dos Passos, nel quale c'è più avanguardia di tanti avanguardisti d'oggi".

Domanda: "Vidal ha compreso bene il rapporto Sciascia-Voltaire?"

Sciascia: "Voltaire è una delle mie bibbie, ma non la sola. Mi importa poco di Rousseau, più di Diderot. Vidal lo ha colto. Rousseau non è un illuminista. E' l'uomo che ha rovesciato la praxis illuminista e l'ha consegnata al romanticismo. E' il creatore di tutti gli "ismi" più micidiali".

Domanda: "E i rapporti con Pirandello?"

Sciascia: "Sono come i rapporti con il padre. Nell'adolescenza mi stava facendo impazzire. Poi l'ho detestato. Adesso lo amo serenamente, come succede con i padri. Dove sono nato io, il pirandellismo è in natura. Tutti hanno collegato Pirandello all'irrazionalismo tedesco, ma Pirandello è uno scrittore realista".

Domanda: "Ti fanno paura Andreotti, Pajetta e Scalfari, con il quale hai avuto una recente polemica?"

Sciascia: "Mi preoccupano perché si collegano in triade. Scalfari ha oggi una grossa influenza come l'aveva il suo "Espresso" degli anni cinquanta. Non so di chi è l'uomo. Certamente è un uomo di potere che punta al potere. E' tra i vizi degli italiani colti leggere "La Repubblica" come negli anni cinquanta era un vizio leggere "l'Espresso". Su Andreotti la penso come Craxi. E' tanto furbo da essersi costruito una fama di furbo. Non crede in nulla, ma sa restare a galla bene. Ha sempre rappresentato la destra giusta, esatta, precisa. Nel braccio di ferro, vincerà Craxi perché è più giovane e perché c'è una massima, credo di La Rochefoucauld, che dice "si può ingannare tutti qualche volta ma non tutti tutte le volte". Pajetta è un uomo di spirito e d'ironia che riesce a far dimenticare la sua durezza".

Domanda: "Che vuol dire "il PCI è l'immagine speculare della DC"?"

Sciascia: "Sono necessitati ad incontrarsi in Parlamento, nelle commissioni, cioè a vivere il compromesso. Che c'era già all'art. 7 della Costituzione. Hanno bisogno d'incontrarsi durante la legislatura, di scontrarsi durante le elezioni. La forza dell'uno dipende da quella dell'altro".

Domanda: "Come vanno i rapporti con il PCI?"

Sciascia: "In passato ero in posizione ambivalente verso il PCI, lo giudicavo lucidamente, ma ne ero affascinato. Ora, dopo l'esperienza del consiglio comunale di Palermo, lo giudico soltanto. C'è dentro ancora una grossa dose non smaltita di stalinismo".

Domanda: "Come giudichi Berlinguer?"

Sciascia: "Non passerà alla storia tra i grandi dirigenti del PCI. E' un uomo più di volontà che di talento. L'unica linea che ha creato è quella del compromesso storico e non riuscirà a liberarsene".

Domanda: "Quale formula per superare il compromesso storico? Alternativa laica? Alternativa di sinistra?"

Sciascia: "Il PSI e i partiti laici rappresentano l'unica speranza di fare argine alla DC. Non credo molto all'alternativa di sinistra, per incapacità di tutta la sinistra, con motivazioni diverse, di costituirsi in alternativa".

Domanda: "E' andata avanti per settimane alla Camera, con sedute anche notturne, la discussione sul caso Moro. Cosa ha rappresentato?"

Sciascia: "E' stata una grande tragedia italiana. E' stata una grande perdita per la DC che è rimasta acefala. Degli altri cavalli di razza, Andreotti è legato alla formula compromissoria, Donat Cattin è stato ammazzato dalla vicenda del figlio, Fanfani è in pensione".

 
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