di Danilo GranchiSOMMARIO: Colorito, lungo réportage sul partito radicale durante il "caso D'Urso". Si riferisce delle difficoltà in cui il partito si troverebbe per aver incautamente chiamato i terroristi delle BR "compagni assassini". Vengono intervistati Gf. Spadaccia, S. Stanzani, F. Rutelli, segretario del partito. Spadaccia ribadisce i caratteri nonviolenti dei radicali, ricorda il ruolo svolto da A. Aglietta nel processo Curcio del '78, ecc., Stanzani nega che i radicali abbiano "trattato" con i carcerati di Trani e rigetta sulla stampa le responsabilità dell'accaduto. Rutelli, a sua volta, indica i rischi della "spiralizzazione autoritaria delle istituzioni", fornendo successivamente dettagli sulle strutture radicali di lavoro, basate sul volontariato. Infine, si ricorda una iniziativa del tesoriere Silvio Pergameno, il quale ha proposto di "reclutare tesserati anche nelle carceri". Ma cos'è insomma il partito radicale?: "Legalitarismo e anarchia convivono in loro... cementati da qualche versione ereticale dell'umani
tarismo cristiano"...
(»Giornale Nuovo 3 febbraio 1981 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)
Questa storia di chiamare i terroristi delle Br »compagni assassini ha messo i radicali in una posizione difficile. Li ha esposti a un tiro al bersaglio, da ogni parte, sotto il quale si proclamano vittime di un tenebroso piano voluto alla loro »criminalizzazione . Il fatto è che larghi settori d'opinione sono portati a diffidare di chi maneggia con troppa familiarità i serpenti. Ma Pannella e i suoi non rinunciano a quella che ritengono la loro missione di proselitismo redentore, che si rivolge sia ai »compagni che militano in campo aperto, i comunisti del Pci, sia ai traviati che hanno scelto il buio della clandestinità armata.
»Durante il caso D'Urso ci siamo sempre mossi nei limiti della legalità. Tutte le iniziative che abbiamo preso erano per guadagnare tempo e per dare fiato ai sostenitori, fra coloro che avevano in mano D'Urso, del suo rilascio . E' Gianfranco Spadaccia, uno dei due senatori del Pr, che mi ripete in questi termini la tesi dei radicali su come sono andate le cose negli ultimi giorni dell'80 e nei primi dell'81. »Abbiamo sempre avuto a che fare con la violenza nella precisa veste di non violenti, antagonisti per eccellenza di qualunque soluzione armata .
Spadaccia rievoca il processo a Curcio nell'inverno del '78 a Torino, quando nessuno voleva fare il giudice popolare. »Adelaide Aglietta entrò nella giuria, e Curcio l'additò all'organizzazione armata e al terrorismo diffuso come bersaglio. Se non successe nulla fu perché le Br stavano preparando il rapimento di Moro . Secondo Spadaccia va tenuto presente che i radicali, in ogni e qualsiasi circostanza, non cercano e non coltivano contatti misteriosi, fanno »tutto pubblicamente e alla luce del sole . E poi »non è vero che siamo in assoluto contro il black out, contro un ragionevole autocontrollo da parte della stampa; sappiamo bene che il terrorismo spesso serve a scacciare dalle prime pagine argomenti sgraditi al Palazzo .
»Noi il partito della trattativa? - protesta Sergio Stanzani, l'altro senatore radicale. Senta, vengo da una esperienza di trattative sindacali e me lo lasci dire: che trattativa ci poteva essere a Trani? D'Urso non lo avevano in mano loro, i carcerati, e noi non avevamo in mano nessun potere. Noi i nostri appelli li abbiamo sempre rivolti in pubblico, per radio. Si fanno trattative per radio? Del resto nel caso D'Urso nemmeno il governo era l'interlocutore scelto per una trattativa. Chiudere l'Asinara, cosa che si stava già facendo, non era una condizione. L'interlocutore era la stampa, che è caduta in un vero e proprio trabocchetto proclamando il black out in corso d'opera . La violenza? »Ma la nostra scelta non violenza crede lei che sia un discorso da tavolino? Qualcuno di noi aveva raggiunto una posizione sociale non disprezzabile, con qualche annessa comodità. La non violenza, la disobbedienza civile è scomoda, ha costi pesanti. Cose non previste, magari la prigione. Quando si è scelta una strada come
questa, coi prepotenti e con gli assassini, non ci sono confusioni possibili .
Il guaio è che i ricatti dei violenti possono a volte camminare sulle gambe della remissività non violenta. Ma i radicali sono terrorizzati dalla »spiralizzazione autoritaria delle istituzioni . L'espressione gergale è di Francesco Rutelli, segretario nazionale del Pr dello scorso novembre. Vuol dire che le Br, mediante la lotta armata, progettano di spingere i pubblici poteri ad adottare la logica della guerra, con sospensione delle garanzie di una società civile aperta e avanzata. Alla violenza terroristica invece va tolta l'aria che respira, »portando in fondo tutte le riforme . Quanto ai collegamenti internazionali del terrorismo italiano il punto è scongiurare l'eventualità »che l'Italia diventi come la Turchia (cioè una dittatura militare per prevenire una dittatura militare rossa).
Rutelli viene dalla milizia antimilitarista dell'»Asino , il mensile di Carlo Cassola. Ha più poco tempo per i suoi studi alla facoltà di architettura. Quando l'ho incontrato tornava dalla pittoresca manifestazione per le vie di Roma dietro un »traghetto d'oro di cartapesta battezzato »Gioia mia .
Il segretario democristiano Piccoli ha sbagliato paragone quando ha richiamato, a proposito dei radicali, il precedente di Roberto Farinacci, truculento ras dei fasci cremonesi negli Anni Venti. Calza di più la somiglianza con Filippo Tommaso Marinetti e i suoi sodali futuristi, antesignani della politica come teatro. Ma c'è anche dello spartano, nella militanza delle giovani leve del partito della rosa.
»Le strutture centrali del Pr? Non ho funzionari. Ho una giunta di segreteria: 9 giovani dirigenti, che fanno senza tante storie quello che c'è da fare. Ricevono un rimborso spese di 350 mila lire mensili . Ma Pannella non fa tutto lui, non vi leva tutto lo spazio? »C'è da fare per tutti. Ora stiamo mettendo in piedi una Consulta per la giustizia e l'ordine democratico costituzionale. Ci darà idee contro la strategia del terrore .
Anche Rutelli, come già Teodori e Spadaccia, insiste sulla riforma delle carceri, da attuare alla svelta, per evitare quel processo perverso che trasforma rapidamente le prigioni in polveriere e le polveriere in lager. Perché al di là dei cancelli di ferro è come al di qua dei cancelli, mi diceva Spadaccia, »ci sono salti da un mondo all'altro, c'è la Svezia e c'è la Cajenna . Ma quale sarebbe il posto giusto per l'Italia?
Una iniziativa del tesoriere del Pr, Silvio Pergameno, sembra fatta apposta per legittimare più ampie riserve sul modello carcerario ipotizzato dai radicali per il nostro Paese in contrapposizione a quello caotico e contraddittorio esistente. In una serie di riunioni di militanti nelle città dove la presenza radicale è più vivace - Roma, Milano, Napoli, Bari per cominciare - Pergameno l'ha buttata là: perché non provare a reclutare tesserati anche nelle carceri? Dare la tessera radicale ai carcerati. A pensarci, potremmo etichettarla come una delle opere di misericordia libertaria.
Silvio Pergameno, tesoriere a pieno titolo eletto dal 24· congresso lo scorso novembre dopo un periodo di gestione straordinaria al posto del precedente tesoriere dimissionario, fa valere con proposte come questa le prerogative statutarie della carica, che gli conferiscono autonomia e diritto di iniziativa politica. Tesseramento e autofinanziamento da una parte, decisioni di spesa dall'altra, sono sempre operazioni politiche nel partito della rosa, dove si è discusso a lungo perfino se un tesseramento ci dovesse essere o se non fosse meglio il libero associarsi, senza formalità e senza oneri.
Negli ultimi congressi nazionali, però, non solo è prevalsa l'idea che il tesseramento vada mantenuto, ma è stato individuato l'obiettivo delle diecimila iscrizioni. L'anno scorso i tesserati hanno raggiunto quota quattromila. Hanno versato ciascuno da ventimila a duecentoquarantamila lire a seconda del reddito. Di fatto l'incasso è stato di poco superiore agli ottanta milioni, perché la grande maggioranza dei giovanissimi iscritti fa fatica anche a pagare la quota minima. Bene, ora i nuovi tesserati saranno cercati non solo nelle scuole ma anche nelle prigioni.
Pergameno - magistrato della Corte dei Conti, 54 anni, abbigliamento alla country gentleman, liberale di sinistra nel Pli fino al '55, quando uscì insieme ai Nicolò Carandini, ai Mario Pannunzio e ai Marco Pannella - ascolta con sorridente pazienza le obiezioni, riconosce che la cosa è discutibile. Ma è chiaro che sono obiezioni per lui già superate.
Il PR è ben deciso a far camminare la sua politica non violenta, di disobbedienza civile e di protesta contro le prevaricazioni del Potere, sulle gambe dei diversi e degli emarginati. A volte si imbatte però in grovigli di vipere. La stessa sopravvivenza dei non violenti comporta riconoscimento della validità della legge, che reprime la violenza dei violenti. Il carcerato non è un emarginato qualunque: o è stato riconosciuto colpevole di violazione della legge o è fortemente indiziato di ciò in attesa di giudizio. La privazione di libertà cui è sottoposto, a titolo di sanzione o di precauzione, non può ragionevolmente essere esclusa mediante il ricorso all'attività politica ordinaria. A meno di non negare in partenza che la legge è indispensabile ai fini della civile convivenza.
Ma i radicali non amano quelli che, secondo loro, sono ragionamenti astratti. Legalitarismo e anarchia in loro convivono magari cementati da qualche versione ereticale dell'umanitarismo cristiano. »Sì, anche il liberalsocialismo lo teniamo presente. Ma diciamo: un po' meno Rosselli e un po' più Silone . La messa a punto è di Maurizio Griffo, napoletano, anni ventisei, laureato in lettere e filosofia, disoccupato. Si capisce che la militanza radicale lo fa sentire angelico protagonista di una commedia dell'anima: e i demoni ai quali vanno strappate le anime da salvare sono, all'aria aperta, i comunisti e i missini, e nel mondo dietro le sbarre i terroristi.