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Granchi Danilo - 8 febbraio 1981
Spine per tutti nella rosa radicale
di Danilo Granchi

SOMMARIO: I radicali "tornano a identificarsi col gracile David" dinanzi al "rozzo Golia", che sarebbe il PCI, "in declino irreversibile". Secondo Gf. Spadaccia, il partito comunista, "in crisi", potrebbe imboccare qualche "pericolosa scorciatoia": e si segnala la proposta Visentini "per un governo che scavalchi i partiti", che ha trovato il consenso di personalità del PCI, appunto. "Inzuppando il pane nei guazzabugli dietrologici" i radicali mettono in connessione Visentini e i De Benedetti, i Leo Valiani e Rizzoli e Cuccia", ... logge e confraternite annidate in Quirinale... Si dà conto dei giudizi dei radicali sul Pci e si fa una analisi dettagliata delle strutture romane del partito radicale: iscritti, forza elettorale, associazioni federate, caratteristiche sociologiche degli iscritti, ecc. Si intervista Leonardo Sciascia, deputato ma non iscritto al partito. Si dà conto poi delle scelte fatte dal partito, di entrare in Parlamento e nel Parlamento europeo ma evitando le competizioni amministrative e le

regionali. Si intervistano esponenti radicali presenti in assemblee locali: Roma, ecc.

(»Giornale Nuovo 8 febbraio 1981 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

Ora che vivono una delle loro periodiche esplosioni di vitalità politica, i radicali tornano volentieri a identificarsi col gracile David che, avvantaggiato solo dall'inconsueta fionda, vince il duello mortale col torreggiante quanto rozzo Golia.

L'antagonista gigantesco è il Pci, che i radicali giudicano in declino irreversibile, colpito da crisi profonda di orientamento e da contemporanea estenuazione della spinta interiore. Proprio perché è in crisi, perché non riesce nemmeno a decidere il senso vero della svolta decretata da Berlinguer a Salerno, il Pci è tentato - dice Gianfranco Spadaccia - da qualche »soluzione rapida di tipo traumatico . Potrebbe imboccare qualche »pericolosa scorciatoia .

»Hai visto quello che ha detto, a caldo, Napoleone Colajanni sulla proposta di Visentini per un governo che scavalchi i partiti? . In effetti Colajanni, che è vicepresidente del gruppo senatoriale comunista, ebbe a dichiarare sotto Natale che non ha senso sparare a zero su una proposta »con la quale potremmo trovarci a fare i conti fra un mese . Ossessionati dal fantasma demoniaco del Potere, che vien tramando instancabilmente nei Palazzi, i radicali gridano al golpe con la stessa frequenza del giocoso pastorello che gridava al lupo. Accade però che, in questi frangenti, non si sbagliano poi tanto nell'annusare l'odore di zolfo di certi progetti di »seconda Repubblica , sui quali sembrano convergere forze e interessi diversi e magari contrastanti.

Tutto sta, naturalmente, nel non inzuppare troppo il pane nei guazzabugli dietrologici dentro i quali si muovono, i radicali, come rane nello stagno: i Visentini e i De Benedetti collegati ai Leo Valiani e ai Rizzoli, ai Ferrara e ai Cuccia, alta finanza ed editoria, logge e confraternite e talpe nel Quirinale. Che il Pci non sa dove sbattere la testa, ad ogni modo, resta evidente. Che il furore comunista contro i radicali tocchi oggi vertici storici è evidentissimo. Geppi Rippa, già segretario nazionale del Pr e ora subentrato a Pannella, che si è dimesso apposta, nel seggio di deputato, tira tutti i campanelli di allarme: »Ci vogliono criminalizzare, corriamo il rischio della eliminazione anche fisica . Le alte strida preventive sono, ai buoni conti, espediente collaudato. E nel Pr di lamentazioni vittimistiche preventive non si fa risparmio. Ma il confronto reale col Pci è su un altro terreno.

»Loro hanno il centralismo democratico, noi abbiamo il contatto vero con la gente, loro vanno a sentire la lezione che scende dall'alto nelle cellule e nelle sezioni, noi andiamo per le strade a raccogliere le domande che vengono dal basso e a dire la nostra intorno ai tavolini . Chi enuncia in questi termini il raffronto tra la falange macedone comunista e la cavalleria leggera dei radicali è il segretario del Pr del Lazio Angelo Tempestini, un giovane alto dalla faccia seria e pienotta che ha preso il posto di Francesco Rutelli quando quest'ultimo, lo scorso novembre, è stato eletto segretario nazionale del XXIV congresso.

Il Lazio è la regione dove alle elezioni politiche del '79 i radicali hanno avuto rispetto a quelle del '76, l'aumento percentuale maggiore: 3,34 punti alla Camera. E, a fronte, proprio lì si è registrato uno dei cali più vistosi dei comunisti su scala regionale: meno 5,75 per cento. Non è infondata la pretesa del Pr di aver fatto la parte del leone, come collettore dei voti fuggiti dalle liste del Pci, specie fra l'elettorato giovanile.

Quello del Lazio, è il partito radicale regionale più forte per numero di iscritti e per vivacità di iniziative. Si fa sentire la diretta influenza del gruppo dirigente »storico e del capo carismatico Pannella. Ma è in cammino il processo di affrancamento dall'iniziale carattere un po' subalterno, la »struttura di servizio , che caratterizzava i gruppi militanti di Roma. Lo scorso anno gli iscritti al partito laziale erano 856 sui circa 4000 in tutta Italia. Ora il traguardo fissato è quello dei 1500 tesserati.

Le associazioni federate sono 14; territoriali (principali fra esse quelle di Civitavecchia e di Viterbo) e settoriali, ad esempio quella dei consumatori, fieri di aver fatto cambiare il messaggio pubblicitario di uno degli ultimi modelli di automobile italiana che suonava leggermente truffaldino. Tempestini segnala con ideologico compiacimento l'attività di un'altra associazione federata, l'Arnanovi, che si adopera per diffondere la tecnica del parto senza traumi né per il bambino né per la madre. Bandire insomma la violenza almeno nell'atto che porta nuove esistenze al cimento della società violenta di questo mondo.

Il tipo medio dell'iscritto radicale a Roma? Sono due i raggruppamenti principali: i giovanissimi fin poco sopra i vent'anni e i »matusa sopra i quarant'anni. E' di questi ultimi che Tempestini parla con calore particolare, sicuro di dire cose meno sapute. E' infatti fra gli anziani - tiene a far presente - che si riscontra una maggiore identificazione dell'individualista incallito, del diverso, dell'emarginato, con il partito inteso come tramite di partecipazione politica e sociale, punto di riferimento sicuro e strumento di consolazione e di riscatto con le occasioni di fare che offre: raccolta di firme per i referendum, telefonate alle radio e ai giornali come metodo di pressione, manifestazioni di protesta, volantinaggio. E anche raccolte di fondi. »Ci sono anziane pensionate che versano senza pensarci un momento la »tredicesima alle casse del partito .

Alcuni caratteri dell'associazione religiosa, oltre che politica, sono evidenti all'osservatore esterno o anche all'intellettuale »di area che vive solo una parte dell'esperienza del militante pienamente immedesimato. Il legame della iscrizione e della tessera è tenue, a intenderlo in modo formalistico: non comporta speciali requisiti, né esami da parte di alcun consesso né adempimenti tassativi. Eppure presuppone un modo di vita e una disponibilità partecipativa - digiuni, giornate di servizio nelle strade ai tavoli per la raccolta di firme, manifestazioni di disobbedienza civile che possono portare davanti al giudice e in prigione, atteggiamenti di punta e »gridati in ogni circostanza - che non tutti fra coloro che operano a fianco del Pr si sentono di accollarsi.

Chiedo a Leonardo Sciascia, il più risolutamente schierato col Pr fra gli intellettuali italiani di spicco, deputato del gruppo radicale, perché non si sia iscritto al partito sebbene quella al Pr sia l'affiliazione partitica più facile e meno vincolante.

»Forse che il Pr le sta troppo largo? O troppo stretto? Risposta: »Sono allergico alle tessere. Di qualsiasi partito anche del radicale, con il quale non si pongono problemi di largo o di stretto. Mi va benissimo . Il Pr come setta religiosa, magari con i suoi profeti? »Sì, c'è qualcosa di religioso, di mistico, nei radicali »storici . E i profeti sono tanti, a volerli cercare nel passato. Oggi, basta Pannella . E l'»uomo radicale com'è, come dovrebbe essere, come appare? »Non credo , mormora Sciascia, che »esista una specie o categoria. Comunque, credo che il carattere più rilevante del radicale sia quello del gusto all'opposizione: e da ciò, anche, un certo masochismo. A Robespierre, che parlava contro i nemici della rivoluzione, fu gridato: »Ti dispiacerebbe se non ce ne fossero più . Così, forse, i radicali: sarebbero dispiaciuti a non avere più a chi opporsi. E' il loro difetto; ma oggi si può considerare un pregio .

Gente di minoranza, dunque. E da questo connotato non modificabile del carattere radicale, Pannella e i suoi hanno saputo trarre la conclusione giusta, quanto alla presenza da perseguire nelle istituzioni. Va bene il Parlamento nazionale, dove minimo è il pericolo per gli eletti del Pr di essere coinvolti nelle maggioranza governative; e va bene il Parlamento europeo, punto di collegamento con le culture politiche dell'Europa occidentale dove il radicale ha diritto antico di cittadinanza ma anche opportunità sicure di testimonianza fragorosa grazie ai nuovi metodi scandalizzanti di presenta all'italiana.

Rischiosa invece la partecipazione alle contese elettorali più circoscritte. Nei consigli regionali o in quelli delle grandi città, l'eletto del Pr corre grossi pericoli di assimilazione e di riduzione alla normalità: alle lacrimevoli ed esecrate regole dei coinvolgimenti, dei patteggiamenti, delle lottizzazioni. Sicché al congresso straordinario della scorsa primavera i radicali decisero di star fuori, di non partecipare col loro simbolo alle »amministrative e alle »regionali dell'8 giugno.

Anche dove erano già presenti da prima, come nel consiglio regionale della Sardegna, rinnovato nel '79, i rappresentanti del partito della rosa stanno sulle spine. E ai due consiglieri, Paolo Buzzanca e Maria Isabella Puggioni, non è parso vero, alla fine di gennaio, di prendere le distanze dalla maggioranza di sinistra formatasi all'assemblea di Cagliari sotto Natale. E' durata solo quattro settimane l'adesione concessa in omaggio alla retorica degli schieramenti. Ma a Roma, al Campidoglio, le cose si mettono in maniera tutta diversa. Dal '75 siede in consiglio comunale, unico rappresentante del Pr, uno dei radicali »storici , Angiolo Bandinelli, che all'ultimo congresso nazionale è stato eletto presidente del consiglio federativo. C'è a Roma una giunta di sinistra con sindaco comunista, Argan prima e ora Petroselli: ma Bandinelli è ed è sempre stato all'opposizione.

»Siamo di fronte - dice - a una sinistra al governo che non governa. In Campidoglio il Pci e anche il Psi non hanno innovato in nulla rispetto alla politica democristiana. Anche Nicolini, l'assessore comunista che radicaleggia con rappresentazione nel vivo della città durante l'estate, musici, mimi, saltimbanchi, ha voluto rivendicare di fresco i collegamenti con i cattolici. Dicono che i radicali destabilizzano. Ebbene, se le cose dovessero continuare così, mi riconosco pienamente in questo ruolo destabilizzatore. Ora la nostra forza elettorale, se ci presentiamo, è tutta da misurare. Ma non mi interessa davvero un discorso di »sommatoria . O si creano schieramenti alternativi nei metodi politici, o si destabilizza; o si creano aggregazioni diverse o non ci stiamo .

In sostanza, per Roma, i radicali - in cambio della rinuncia eventuale alla loro vocazione minoritaria - chiedono quasi la luna, cioè il riconoscimento del ruolo dominante. Magari con Pannella sindaco.

 
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