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Radio Radicale - 1 marzo 1981
LA PELLE DEL D'URSO: (32) Il documento del ``Comitato unitario di campo'' del carcere di Palmi con un preambolo del Partito e Gruppo parlamentare radicale trasmesso da Radio radicale il 12 gennaio

SOMMARIO: L'azione del Partito radicale per ottenere la liberazione del giudice Giovanni D'Urso rapito dalle "Brigate rosse" il 12 dicembre 1980 e per contrastare quel gruppo di potere politico e giornalistico che vuole la sua morte per giustificare l'imposizione in Italia di un governo "d'emergenza" costituito da "tecnici". Il 15 gennaio 1981 il giudice D'Urso viene liberato: "Il partito della fermezza stava organizzando e sta tentando un vero golpe, per questo come il fascismo del 1921 ha bisogno di cadaveri, ma questa volta al contrario di quanto è accaduto con Moro è stato provvisoriamente battuto, per una volta le BR non sono servite. La campagna di "Radio Radicale che riesce a rompere il black out informativo della stampa.

("LA PELLE DEL D'URSO", A chi serviva, chi se l'è venduta, come è stata salvata - a cura di Lino Jannuzzi, Ennio Capelcelatro, Franco Roccella, Valter Vecellio - Supplemento a Notizie Radicali n. 3 - marzo 1981)

Il documento del ``Comitato unitario di campo'' del carcere di Palmi con un preambolo del Partito e del Gruppo parlamentare radicale trasmesso da Radio radicale il 12 gennaio

"Pubblicando il comunicato che segue, e diffondendolo in questo momento, in gran parte d'Italia, a centinaia di migliaia di ascoltatori della rete delle Radio Radicali e delle tante altre radio private collegate, compiamo anche l'ultimo atto da noi dovuto per l'unilaterale impegno preso con l'opinione pubblica. Se le BR intendono ora anch'esse mantenere gli annunzi fatti, la liberazione di Giovanni D'Urso dovrebbe essere questione di ore, e certa.

Con il comunicato che ora diffondiamo, emanato dal ``Comitato Unitario di campo'' di Palmi, sono adempiute le condizioni alle quali le BR dichiaravano di far dipendere ``la sospensione della condanna a morte'' del giudice D'Urso.

Noi dichiarammo subito che la ``sospensione'' della condanna, così come preannunciata, poteva non significare nulla. ``Sospensione per quanto? E sospensione con liberazione o con commutazione ``della pena''? Sospensione di che tipo, per quanto?'' Rispondemmo subito, duramente, pubblicamente; procedendo nel tentativo di dialogo che contrapponemmo e contrapponiamo alla trattativa e alla fermezza nell'inerzia e nell'irresponsabilità.

Dal comunicato di Palmi ci giunge una risposta: ``sospensione della pena'' equivale a ``decisione presa dalle Brigate Rosse di rilasciare il boia D'Urso''.

Ne diamo atto. Questa risposta è di enorme importanza.

Il documento precisa poi, in modo inequivocabile, che i detenuti BR di Palmi ``acconsentono'' a questa decisione, ma a condizione che il loro documento venga reso pubblico ``sui canali della comunicazione sociale''.

Se - dunque - non avessimo verificato la grave inesattezza della notizia esplosa su tutta la stampa nazionale, secondo la quale ``Curcio ordina la liberazione di D'Urso'', se non fossimo intervenuti per correggerla, se ci fossimo ritenuti paghi dell'annuncio della sicura liberazione se avessimo desistito dalla nostra rigorosa e puntuale e responsabile iniziativa, è matematico che sarebbe venuta a mancare la condizione, che ora si verifica posta - dapprima dalle stesse BR e poi dal Comitato Unitario di Campo - con una iterazione significativa - per la sospensione della pena di morte e - ora, per il rilascio di Giovanni D'Urso.

Ognuno può ora giudicare della correttezza assoluta, o meno, di ogni atto, di ogni dichiarazione del Gruppo Radicale.

Aggiungiamo oggi che, a Palmi, il Comitato dichiarava che il loro comunicato era stato ``travisato''.

Aggiungiamo che Marco Pannella ha informato direttamente e personalmente Curcio che nel pomeriggio era stato diffuso il comunicato di Trani; che Curcio, per suo conto, e a due riprese, gli ha comunicato di non avere ``nulla da dire''; che analogo atteggiamento è stato assunto, in un'altra cella, da Delli Veneri. Conferma ulteriore che solo la testualità del documento poteva e doveva essere presa in considerazione.

Si è così giunti, secondo logica e secondo quanto le stesse BR hanno comunicato senza più possibilità di margini di dubbio, al penultimo atto di questa dolorosa e infame vicenda. L'ultimo non ci è dato di profetizzarlo; ma abbiamo il diritto e il dovere di proclamare alto che solo giungendo a smentire se stesse, le proprie parole, i propri impegni unilateralmente presi, le BR non possono ora fare altro che rilasciare Giovanni D'Urso, salvo e in condizioni che torni salvo alla sua famiglia ed al suo lavoro.

Ripetiamo che tutto quel che abbiamo fatto, e anche tutto quello che abbiamo pensato, lo abbiamo fatto pubblicamente. Le migliaia di ore di trasmissione di Radio Radicale nazionale e di Teleroma 56, le dichiarazioni, le iniziative politiche, quelle parlamentari, senza clamore ma senza riserve, si sono venute svolgendo ogni giorno alla luce del dialogo con tutti, dell'iniziativa pubblica.

Opponiamo questo nostro modo di governare le evenienze più tragiche e aberranti, al modo di governare nella ``fermezza'' dell'inerzia e del cinismo che in primo luogo il PCI mostra di ritenere necessario.

Se D'Urso è salvo, se D'Urso sarà ora libero, da una vicenda di allucinante violenza e aberrazione, la democrazia italiana avrà tratto la forza di conquistare adempimenti costituzionali e amministrativi, atti dovuti di giustizia, la dimostrazione che il dialogo rigoroso e serrato, il coinvolgimento in esso delle istituzioni e della pubblica opinione; e la prova che i metodi che furono propri, nella vicenda Moro, dei due ``partiti'' che allora si costituirono, quelli delle trattative occulte e della pietrificazione dell'iniziativa dello Stato, portano alla morte ed alla sconfitta; mentre il nostro può, ripetiamo, può portare alla speranza ed alla vita.

Ripetiamo alle BR, anche oggi, come dal momento del sequestro: ``Liberato D'Urso!''. Senza trattative, senza condizioni."

Il documento di Palmi

1. Come le ammissioni rese dal boia D'Urso alle Brigate rosse dimostrano eccellentemente, egli si è reso responsabile direttamente delle truci politiche controrivoluzionarie che l'esecutivo ha voluto mettere in atto contro tutti i proletari prigionieri.

Ne prendiamo atto e senza esitazioni dichiariamo che a causa dei suoi crimini e delle politiche di cui essi sono espressione, il boia D'Urso è stato giustamente condannato.

La decisione presa dalle Brigate rosse è certamente un grande atto di umanità, il più alto possibile in quest'epoca e in questo paese dove scorazza la suburra criminale democristiana, i suoi sudditi variopinti e le stupide iene revisioniste.

Atti umanitari sono per i proletari tutte quelle pratiche di guerra rivoluzionaria che direttamente o indirettamente affrettano la rovina della borghesia imperialista e del suo stato.

Perché, conquistare rapidamente, con ogni mezzo, la liberazione dal lavoro salariato e dalla barbarie imperialista è il più importante tra tutti i loro interessi.

Tuttavia, poiché la forza del movimento rivoluzionario è tale da consentire atti di magnanimità, noi acconsentiamo alla decisione presa dalle Brigate rosse di rilasciare il boia D'Urso alla condizione che questo comunicato, come quello dei compagni di Trani espressione del più generale movimento dei proletari prigionieri organizzati nei vari Organismi di Massa Rivoluzionari, vengano resi pubblici sui canali della comunicazione sociale. Rileviamo che tali canali non saranno comunque monopolizzati più a lungo dalle consorterie della borghesia imperialista poiché essi rivestono una importanza sostanziale per tutte le forze proletarie e rivoluzionarie che rappresentano oggi la forza decisiva di questa società.

E' a questa forza vitale, non a caso, e cioè agli operati, ai lavoratori dei servizi e del terziario, a tutte le figure dell'emarginazione, ai proletari prigionieri e ai giovani delle grandi metropoli, che essi sono stati preclusi in tutti questi anni di scontro sociale dal regime democristiano. Conquistare spazi nei canali della comunicazione sociale è un obiettivo del Programma rivoluzionario del proletariato metropolitano in questa fase e qualunque siano le scelte contingenti di chi monopolizza oggi questi apparati, esso saprà conquistarseli!

La sorte di D'Urso: spazio sui canali della comunicazione sociale

L'ultima decisione sulle sorti di D'Urso, dunque, spetta agli ``amici'' del boia: o ciò che ci è storicamente dovuto, e che comunque ci prenderemo, vale a dire spazio sui canali della comunicazione sociale; oppure un funerale di Stato che meglio sarebbe, a questo punto, definire un ``funerale dello Stato''!

2. In dieci anni di dure battaglie il proletari prigionieri, conquistandosi una precisa collocazione nello scontro di classe, ha teso a costruire, nel percorso storico della sua emancipazione la coscienza che lo unisce nella guerra di classe per il comunismo a tutte le figure del proletariato metropolitano: dalla classe operaia, al proletariato emarginato ed extralegale.

Così, come distruzione del modo di produzione capitalistico vuol dire anzitutto nuova qualità del lavoro e produzione di tempo libero per tutti, distruzione delle carceri e liberazione del proletari prigionieri significano distruggere le condizioni del dominio capitalistico sulla riproduzione della forza lavoro all'interno del proletariato metropolitano. Sono tali condizioni, infatti, che nel divenire della crisi trasformano parte degli operai occupati prima in licenziati, emarginati, extralegali e poi in proletari prigionieri.

Distruzione delle carceri e liberazione del proletariato prigioniero significa, dunque, costruzione di una società che renda superflua non la capacità lavorativa ma tutte le istituzioni totali e repressive in generale.

Smantellare il circuito della differenziazione vuol dire chiudere il progetto controrivoluzionario di divisione politica all'interno del proletariato prigioniero e tra questo e il proletariato metropolitano. E' attraverso questo circuito, infatti, che lo Stato imperialista vorrebbe distruggere il percorso di lotta, coscienza ed organizzazione che questo strato di classe è andato maturando e consolidando.

La separazione fisica tra le masse del proletariato prigioniero e le sue avanguardie, attuata attraverso la differenziazione in ``normali'' e ``speciali'', come pure l'isolamento in cui si cerca di obbligare tutto il carcerario, è, nelle intenzioni della borghesia, il presupposto per ricercare una divisione politica che apra la strada all'annientamento di ogni espressione antagonista nel settore.

Quanto sia illusoria questa pretesa lo dimostrano le lotte che, a partire dalla battaglia del 2 ottobre all'Asinara hanno investito tutte le carceri speciali fino alla recente battaglia di Trani, passando per le aule dei tribunali e gli strumenti dell'agitazione e propaganda rivoluzionaria.

Tali lotte fondendosi con l'iniziativa politico-militare delle Brigate rosse hanno, infatti, consentito ai proletari prigionieri di conquistare un punto irrinunciabile del loro Programma immediato: la chiusura dell'Asinara.

L'unità politica, di percorso militare e di finalità progettuali, che la Campagna D'Urso salda con uno strato di classe, con il movimento di massa del proletariato prigioniero, è l'indicazione più chiara della dialettica necessaria che deve intercorrere tra l'azione di avanguardia, il programma di transizione al comunismo e la sua concretizzazione possibile, oggi, dentro i bisogni politici e materiali immediati della classe.

La divisione sociale capitalistica del lavoro scompone il corpo del proletariato metropolitano in mille figure diverse e conflittuali sul piano dell'interesse particolare e immediato. Il percorso di superamento di questa contraddizione è un processo le cui possibilità materiali risiedono negli interessi, nelle aspirazioni e nelle motivazioni coscienti dei movimenti di massa proletari: nella capacità e nella sensibilità dei comunisti a raccogliere, elaborarle, e farle vivere nel quadro di un Programma unitario. La Campagna D'Urso segna un passo decisivo in questa direzione.

Con questa Campagna, infatti, è stato posto con decisione, incisività e chiarezza politica il problema essenziale di questa fase del processo rivoluzionario: la questione dei contenuti del Programma di transizione al comunismo.

E' stato posto, a partire dal movimento dei proletari prigionieri e dalle sue lotte, ma ciò non toglie che, dopo questa vittoria, con pari forza, esso dovrà ora investire tutti gli altri movimenti particolari di cui si compone il proletariato metropolitano. Fino alla Vittoria!

Organizzare la liberazione del proletariato prigioniero!

Smantellare il circuito della differenziazione!

Costruire e rafforzare i comitati di lotta!

"Comitato Unitario di Campo Palmi"

6 Gennaio 1981

 
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