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Aglietta Adelaide, Pannella Marco, Rutelli Francesco - 16 settembre 1981
ATTO DI SIGNIFICAZIONE E DIFFIDA
di Adelaide Aglietta, Marco Pannella e Francesco Rutelli

SOMMARIO: Lungo e articolato esposto delle motivazioni (elencate in quattro paragrafi) per le quali si diffida il Presidente della RaiTV e i dirigenti dell'organo televisivo a "risarcire il danno già arrecato consentendo a Marco Pannella [che all'epoca ha posto in essere uno sciopero della fame, n.d.r.] di comunicare attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo...le ragioni e gli obiettivi del suo digiuno", oltre a fornire un'informazione adeguata all'iniziativa stessa.

Le motivazioni sono esposte in quattro punti:

1) La condizione di monopolio pubblico dell'informazione, obbligatoria in virtù della "attuale limitatezza di fatto dei canali utilizzabili", obbliga l'Ente di Stato entro precisi limiti, vale a dire "le garanzie idonee ad assicurare che il suo esercizio sia effettivamente diretto al conseguimento di quei fini di utilità generale che soli possono consentirlo", e cioè la "obiettività e completezza" dell'informazione, ecc.;

2) Esistono criteri e indirizzi, espressi dalla Corte Costituzionale e dalla dottrina, articolati in disposizioni e delibere promananti dalla Commissione di Vigilanza, in merito ai caratteri che dovrà avere l'informazione fornita dalla RaiTV. Stralci ne vengono di seguito ampiamente riportati e commentati;

3) La Commissione di Vigilanza ha approvato un "documento di indirizzi alla Rai" in ordine all'informazione sul tema della lotta alla fame nel mondo avviata con l'Appello-Manifesto dei Nobel e lo sciopero della fame avviato da Marco Pannella; del documento la Rai non ha tenuto il minimo conto.

4) Dio fronte ad avvenimenti di grande portata, come è la lotta contro la fame nel mondo, "il comportamento e l'attenzione della RaiTV sono pari o inferiori ai più modesti fatti di cronaca" [si citano casi ed evidenze].

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16 settembre 1981

ATTO DI SIGNIFICAZIONE E DIFFIDA

Adelaide Aglietta, nella sua qualità di Presidente del Gruppo parlamentare radicale;

Giacinto Marco Pannella, in proprio e nella sua qualità di parlamentare al Parlamento Europeo;

Francesco Rutelli, nella sua qualità di segretario nazionale del Partito Radicale, tutti domiciliati ai fini del presente atto in Roma, Corso del Rinascimento 65, presso il Centro di Iniziativa Giuridica Piero Calamandrei,

ESPONGONO

I

L'attività di diffusione radiotelevisiva è caratterizzata - secondo le affermazioni della Corte Costituzionale (tutte pienamente confermate dalla recente sentenza n.148 del 14 luglio 1981) - da una situazione oggettiva di "attuale limitatezza di fatto dei canali utilizzabili" sicchè "ove fosse in regime di libera iniziativa, sarebbe predestinata quanto meno all'oligopolio" (sentenza n.59 del 1960); "la disponibilità di bande di trasmissioni è tanto limitata da consentire solo a pochi l'utilizzazione del mezzo radiotelevisivo" (sentenza n.255 del 1974).

I servizi radiotelevisivi, infatti, a causa della limitatezza dei canali, cadrebbero naturalmente nella disponibilità di uno o di pochi soggetti, prevedibilmente mossi da interessi particolari; ed è allora preferibile prevederne la riserva allo Stato, il quale è "istituzionalmente in grado di esercitarli in più favorevoli condizioni di obiettività, di imparzialità, di completezza e di continuità su tutto il territorio nazionale" (sentenza n.59 del 1960).

La liberalizzazione si tradurrebbe inevitabilmente in una riserva a pochi, comportando una "grave violazione di quel principio di uguaglianza che è cardine del nostro ordinamento e la cui scrupolosa osservanza si impone specialmente là dove venga in gioco l'esercizio di un fondamentale diritto di libertà" quale quello alla manifestazione del proprio pensiero (sentenza n.255 del 1974).

Solo il pubblico monopolio "può e deve assicurare, sia pure nei limiti imposti da particolari mezzi tecnici, che questi siano utilizzati in modo da consentire il massimo accesso, se non ai singoli cittadini, almeno a quelle più rilevanti formazioni nelle quali il pluralismo sociale si esprime e si manifesta": solo il monopolio pubblico può costituire uno "strumento di allargamento dell'area di effettiva manifestazione della pluralità delle voci presenti nella nostra società" (sentenza n.225 del 1974).

Il riconoscimento della legittimità costituzionale del monopolio statale dei servizi radiotelevisivi incontra però precisi limiti: uno relativo alla sussistenza dei presupposti in fatto, gli altri relativi alle caratteristiche proprie che il regime di monopolio deve avere.

Sotto il primo profilo, la stessa Corte Costituzionale ha avuto modo di affermare che, laddove ed ogni volta che venga meno il presupposto oggettivo della limitatezza tecnica delle bande di trasmissione disponibili, deve automaticamente ritenersi che il monopolio pubblico divenga illegittimo, pur contrastando con gli articoli 3 e 21 della Costituzione: ed infatti, proprio su tali basi la Corte, con la sentenza n. 202 del 1976, ha affermato la illegittimità costituzionale delle norme che imponevano la riserva allo Stato delle diffusioni radiofoniche e televisive "non eccedenti l'ambito locale".

Per altro verso, la stessa Corte ha affermato (sentenza n. 255 del 1974) la necessità che il monopolio pubblico sia "accompagnato da garanzie idonee ad assicurare che il suo esercizio sia effettivamente diretto al conseguimento di quei fini di utilità generale che soli possono consentirlo"; ed ha anche dichiarato che "la sottrazione del mezzo radiotelevisivo (alla libera disponibilità dei singoli) è legittima solo se assicuri che il suo esercizio sia preordinato...a trasmissioni che rispondano alla esigenza di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzata da obiettività e completezza di informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella società", affermando che "in mancanza" di ciò "il mezzo radiotelevisivo, posto nella libera disponibilità di chi lo gestisce, rischia, non meno che se fosse nelle mani di pochi privati, di essere un poderoso strumento a servizio di parte, non certo a vantaggio della collettività".

Come è noto, con la stessa sentenza la Corte ha voluto dare al legislatore una serie di "indicazioni" con riguardo ai contenuti precettivi che una legge di riforma del servizio radiotelevisivo doveva obbligatoriamente avere per adempiere alle "condizioni minime necessarie perché il monopolio statale possa esser considerato conforme ai principi costituzionali".

Il legislatore ha ritenuto di adempiere ai "precetti" costituzionali con la legge 14/4/1975 n. 103. L'art. 1 di questa legge, al secondo comma, recita:

"L'indipendenza, l'obiettività, e l'apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione, sono principi fondamentali della disciplina del servizio pubblico radiotelevisivo".

La RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. è certamente tenuta al rispetto e alla ottemperanza di questo precetto legislativo (oltreché dei precetti costituzionali che, secondo le affermazioni della Corte, ne costituiscono il fondamento) non solo quale soggetto giuridico del nostro ordinamento, ma anche - e soprattutto - nella sua specifica qualità di concessionaria del pubblico servizio radiotelevisivo.

La stessa convenzione tra il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e la RAI Radiotelevisione Italiana impone infatti alla società concessionaria il rispetto delle prescrizioni e dei principi contenuti nella legge 14/4/1975 n. 103.

La RAI è dunque astretta all'obiettività, imparzialità e completezza dell'informazione da precisi obblighi non solo morali, ma propriamente giuridici che, nell'ambito della convenzione con il Ministero delle Poste, possono anche trovare una sanzione.

Non v'è dubbio infatti che il rispetto dei principi e dei contenuti precettivi puntuali della legge n. 103 del 1975 costituisce una delle, e forse la condizione essenziale per la concessione, sicché lo Stato concedente ben potrebbe denunciare la concessione proprio per la violazione di tali norme e principi da parte della concessionaria.

Ma, a parte ciò, è certo che l'obbligo di obiettività, imparzialità e completezza dell'informazione diffusa dal servizio pubblico radiotelevisivo trova il suo fondamento nell'art. 21 della Costituzione (cfr. Barile, Libertà di manifestazione del pensiero, Milano, 1975, p. 29 ss; Lojodice, Contributo allo studio sulla libertà di informazione; Napoli 1969, p. 22 ss; Crisafulli, Problematica della libertà di informazione in Il Politico, 1964, p. 296 ss.).

Il secondo comma dell'art. 21 della Costituzione, infatti, prescrive un divieto di autorizzazioni o di censure per la stampa periodica, il cui comune principio è riconducibile al canone dell'obiettività: in via analogica, il principio è estensibile alla informazione radiotelevisiva tanto più efficace e penetrante di quella stampata (Chiola, Il pluralismo nella gestione dei servizi radiotelevisivi in Il dir. radiodiff. 1975, 24).

Nella stessa ottica, la Corte Costituzionale ha affermato (sentenza n. 225 del 1974) che "la radiotelevisione adempie a fondamentali compiti di informazione, concorre alla formazione culturale del paese, diffonde programmi che in vario modo incidono sulla pubblica opinione".

Tutto ciò è stato reso ancor più esplicito in una precedente sentenza della Corte Costituzionale (15/6/1972 n. 105; e anche la sent. n. 2 del 1971), nella quale si è riconosciuta espressamente l'esistenza di "un interesse generale, anch'esso protetto dall'art. 21, all'informazione" per la formazione di "una pubblica opinione avvertita e consapevole"; e da ultimo - come già detto - dalla sentenza n. 148 del luglio 1981.

II

Da un altro punto di vista, l'esame della legge 14/4/1975 n. 103 porta alla conferma di quanto sopra detto.

I criteri e gli indirizzi espressi dalla Corte Costituzionale e dalla dottrina si traducono, nella legge, in principi e disposizioni concrete e in una delega alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei mezzi radiotelevisivi per la formulazione degli indirizzi generali e il loro controllo.

Recita testualmente l'art. 1, I e II comma, della legge di riforma:

"La diffusione circolare di programmi radiofonici via etere o, su scala nazionale, via filo e di programmi televisivi via etere o, su scala nazionale, via cavo e con qualsiasi altro mezzo costituisce, ai sensi dell'art. 43 della Costituzione, un servizio pubblico essenziale e a carattere di preminente interesse generale, in quanto volta ad ampliare la partecipazione dei cittadini a concorrere allo sviluppo sociale e culturale del paese in conformità ai principi sanciti dalla Costituzione. Il servizio è pertanto riservato allo Stato.

L'indipendenza, l'obiettività e l'apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione, sono principi fondamentali della disciplina del servizio pubblico radiotelevisivo".

Il carattere pubblico del servizio e le conseguenti caratteristiche di indipendenza e obiettività sono dunque solennemente affermate e trovano riscontro, ad esempio, nell'art. 13 della legge stessa, che prevede l'impegno della società concessionaria a "garantire che i giornalisti preposti ai servizi di informazione siano tenuti all'imparzialità e che i giornalisti, gli autori e i realizzatori dei programmi radiotelevisivi siano posti in grado di adempiere ai loro doveri nel rispetto dei principi della professionalità".

L'attuazione concreta di tali principi è delegata alla Commissione di Vigilanza.

Dice l'art. 4 della legge citata:

"La Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi: formula gli indirizzi generali per l'attuazione dei principi di cui all'art. 1, per la predisposizione dei programmi e per la loro equilibrata distribuzione nei tempi disponibili; controlla il rispetto degli indirizzi e adotta tempestivamente le deliberazioni necessarie per la loro osservanza".

Nella delibera del 14/12/1977, la Commissione aveva dato questa direttiva generale:

"La Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi: formula gli indirizzi generali per l'attuazione dei principi di cui all'art. 1, per la predisposizione dei programmi e per la loro equilibrata distribuzione nei tempi disponibili; controlla il rispetto degli indirizzi e adotta tempestivamente le deliberazioni necessarie per la loro osservanza".

Nella delibera del 14/12/1977, la Commissione aveva dato questa direttiva generale:

"La Commissione nel richiamare e confermare tutti gli indirizzi precedentemente emanati, tiene a sottolineare particolarmente quanto affermato il 9/10/1975 in materia di pluralismo, e cioè che al pluralismo devono soprattutto attenersi la programmazione radiotelevisiva nel suo complesso e le singole strutture operative cui è affidata la sua realizzazione, improntate in particolare ai criteri dell'indipendenza, dell'obiettività, dell'imparzialità, della completezza e della molteplicità delle fonti di informazione, che devono essere tutte tenute presenti nel rispetto delle varie componenti politiche, culturali e sociali della comunità nazionale, accentuandone anzi la compresenza senza discriminazioni.

I criteri dell'obiettività e della completezza dell'informazione sono al centro della delibera del 5/4/1978, dove le direttive generali si articolano in indicazioni precise:

"L'informazione diffusa dal servizio pubblico deve essere completa, imparziale e oggettiva. La completezza impone agli operatori di fare conto di tutti i fatti rilevanti e dei diversi punti di vista.

L'imparzialità esige di attribuire a ciascun fatto e a ciascun punto di vista il giusto rilievo. L'oggettività richiede agli operatori la consapevolezza delle reazioni e delle tensioni che una informazione non corretta, veicolata da un mezzo tanto influente, suscita nel paese. I doveri della completezza, della imparzialità e della oggettività non costituiscono un limite alla autonomia professionale degli operatori pubblici dell'informazione ma, al contrario, rappresentano la più concreta garanzia che il loro lavoro non può essere piegato a fini di parte, né che ad essi possono essere richieste prestazioni che di fatto privatizzerebbero il servizio stesso ponendo in dubbio la sua funzione pubblica. L'informazione radiotelevisiva pubblica non può pertanto privilegiare alcuna opinione ed interpretazione unilaterale dei fatti e tanto più se tale opinione si contrappone a quella della minoranza. A questo fine il mezzo deve aprirsi alle più diverse testimonianze, stimolando quel permanente confronto di opinioni ch

e sostanzia la vita democratica. Gli operatori pubblici dell'informazione, consapevoli che anche la scelta e la sequenza delle notizie non sono neutrali, dovranno ridurre al minino gli elementi di discrezionalità, compiendo la necessaria opera di approfondimento critico, avvalendosi di una pluralità di commenti, contributi e testimonianze.

Pur rivelandosi inopportuna la codificazione di una deontologia professionale, appare peraltro innegabile la necessità di tener presenti quei doveri verso la collettività che derivano dalla specificità del messaggio radiotelevisivo ed in particolare di quello del servizio pubblico. Di questa specificità ogni operatore è tenuto a darsi autonomamente carico.

La Commissione nel ribadire che completezza e pluralismo sono i due obiettivi costanti affidati dalla riforma ad una informazione rispettosa del carattere di servizio pubblico che deve contraddistinguere ogni iniziativa dell'azienda nei vari settori in cui opera, ritiene essenziali le seguenti indicazioni: a) la completezza, l'imparzialità e l'obiettività non possono essere il risultato di un dosaggio dei tempi riservati a ciascuna delle forze politiche e sociali in campo.

Si raccomanda piuttosto un impegno volto a cogliere meglio la ricchezza e la varietà della società italiana e della sua complessiva articolazione istituzionale e civile, evitando rappresentazioni riduttive e verticistiche. A tal fine si avverte la necessità di potenziare e riqualificare i servizi informativi che si occupano dell'attività delle assemblee elettive ricercando nuove formule atte a suscitare il maggiore interesse del pubblico, anche mediante un più largo uso delle trasmissioni in diretta. Si raccomanda altresì di dare spazio adeguato ai problemi relativi al processo di integrazione dell'Europa, specie in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo...".

Se dunque la completezza e l'obiettività dell'informazione sono lo scopo primario del servizio pubblico radiotelevisivo, poiché nessuno crede, o pretende, che esista o possa esistere una "verità" ufficiale dei fatti e delle opinioni, completezza ed obiettività saranno il prodotto della contrapposizione di tesi e di avvenimenti, della narrazione compiuta di fatti e dell'ampia possibilità di commento lasciata agli stessi protagonisti. Senza ripetere le parole della Commissione, i criteri dell'informazione obiettiva, che non privilegia alcuna interpretazione unilaterale dei fatti, che tutela le minoranze, che si apre alle più diverse testimonianze ed alla pluralità dei commenti e dei contributi come unico rimedio alla non neutralità della scelta e della sequenza delle notizie sono espressi con assoluta chiarezza.

III

Ebbene, questa lunga premessa che può apparire dottrinaria o superflua, è invece necessaria per inquadrare una buona volta un problema difficile, che comporta doveri ed obblighi per degli incaricati di servizio pubblico quali sono gli operatori della RAI TV. Un problema che è quantitativo e qualitativo al tempo stesso, ma che proprio per questo non si risolve né con il calcolo dei secondi di trasmissione, né con la priorità nelle scelte delle sequenze, bensì con una valutazione complessiva e una visione di insieme del modo con cui i fatti di cronaca vengono trattati dall'ente radiotelevisivo.

Il 2 settembre 1981 Marco Pannella ha iniziato uno sciopero della fame ponendo al centro della sua azione non violenta il dramma di milioni di essere umani che, secondo i dati UNICEF, muoiono ogni anno di fame.

Lo sciopero della fame di Marco Pannella si è posto un obiettivo preciso e concreto: indurre i governi di ogni paese a stanziare denari sufficienti a salvare immediatamente almeno un decimo (tre milioni) degli esseri umani condannati a morte per fame nel 1982. Tale iniziativa fa seguito all'appello lanciato da 54 Premi Nobel (e fatto proprio dallo stesso Presidente della Repubblica, Sandro Pertini) perchè gli Stati pongano al centro delle loro politiche il problema, appunto, dello sterminio per fame di milioni di esseri umani ogni anno e si adoperino da subito per la sua soluzione.

La Commissione Parlamentare di Vigilanza, recependo la gravità e la centralità di questo drammatico problema, e ritenendo conseguentemente essenziale informare l'opinione pubblica nel modo più ampio e dettagliato possibile, in data 30 luglio 1981 approvava un "documento di indirizzi alla RAI in ordine allo spazio radiotelevisivo sul problema della fame nel mondo". Attraverso tale indirizzo la Commissione Parlamentare, rilevando che "l'appello dei 54 premi Nobel per la lotta contro lo sterminio per fame nel mondo, a cui è seguito il messaggio del Presidente della Repubblica italiana, individua in una vasta opera di informazione sulla sorte di milioni di affamati, e sulle iniziative per salvarli dalla morte, una delle condizioni essenziali perchè il futuro possa essere diverso da quello che incombe e sembra segnato per tutti e nel mondo intero"; ritenuto che "l'informazione della Concessionaria appare insufficiente per quanto riguarda l'analisi dell'entità e delle cause della tremenda mortalità per fame n

el mondo e assolutamente carente nella dovuta informazione sulle iniziative assunte nel mondo e in Italia per porre fine allo sterminio"; sottolineato ancora "l'alto interesse degli utenti radiotelevisivi per un'adeguata informazione sui problemi centrali della difesa della vita"; tutto ciò premesso, e richiamando "gli indirizzi generali alla Concessionaria, emanati dalla Commissione il 6 maggio 1980", impegnava "la RAI a diffondere con la massima evidenza una adeguata informazione sulla condizione di decine di milioni di agonizzanti per fame e sottosviluppo, e sulle iniziative intraprese nel mondo per impedire questo immane sterminio, sia attraverso l'informazione resa dalle testate, sia attraverso trasmissioni speciali da diffondere nelle ore di maggiore ascolto".

IV

Di fronte a tutto ciò, il comportamento e l'attenzione della RAI TV sono pari o inferiori a quelli dedicati ai più modesti fatti di cronaca.

In quindici giorni, dal 1· settembre ad oggi, da quando cioè ha iniziato lo sciopero della fame, nonostante che ciò venga fatto in risposta ad un appello drammatico proveniente da ben 54 premi Nobel, nonostante le occasioni offerte dalla conferenza di Parigi sui paesi poveri organizzata dalle Nazioni Unite, nonostante la conferenza stampa tenuta Pannella in quella stessa sede e alla presenta di altissime autorità, nonostante si tratti di un parlamentare europeo, leader riconosciuto del 4· partito italiano, le quattro maggiori testate radiotelevisive, nelle ben 14 principali edizioni quotidiane, hanno dedicato in tutto sei minuti e quarantotto secondi all'iniziativa di Marco Pannella, spesso parlandone in coda ad altre notizie, cosicchè il tempo reale è ancora inferiore. Il TG1 ha dedicato in tutto 50 secondi in due edizioni, dei quali 29 secondi in un'edizione della notte; il TG2 3 minuti e 41 secondi in cinque edizioni; il GR1 63 secondi in due edizioni; il GR2 64 secondi in tre edizioni. Per dare un'idea d

i cosa ciò significhi, si tenga presente che in occasione della conferenza di Parigi, il TG2 ha speso ben 3 minuti e 3 secondi (cioè poco meno di tutto il tempo dedicato all'iniziativa di Pannella in 15 giorni) per una intervista agli onorevoli Palleschi e Fracanzani sullo stesso tema. Ancora, i dati che il Gruppo parlamentare radicale ha reso noti nella conferenza stampa dell'11 settembre scorso dicono esplicitamente che del servizio pubblico viene fatto un uso di parte, discriminatorio, settario, del tutto contrario alle delibere di indirizzo della Commissione di vigilanza.

L'analisi dei tempi è sconfortante e persino ridicola; la lettura delle parole dette, nella loro piatta burocraticità, sconfortante quanto alle capacità professionali dei giornalisti. Ma certo il problema non si risolve solo con i tempi: è l'ampiezza complessiva del tema che deve determinare il servizio pubblico radiotelevisivo a una trattazione altrettanto ampia, rispettando verità e opinioni contrappose, pareri e testimonianze, cifre e fatti. Milioni di morti per fame non si liquidano con manciate di secondi, ogni tanto di notizie. Non è lecito, per chi è tenuto a rispettare la legge, trattare l'impegno dedicato a questo dramma da Marco Pannella sulla spinta dei dati, delle richieste e dei comportamenti del massimo organismo internazionale, dei governi di ogni paese, e di 54 premi Nobel, alla stregua dell'ultimo dei fatti di cronaca nera - non si dice di un qualche assassinio delle Brigate rosse che avrebbe diritto, nella logica televisiva, ai titoli di testa - o di una qualunque ermetica dichiarazione di

un leader politico.

Il silenzio uccide come la fame. Se la gente è informata, se sa, se conosce, può muoversi, chiedere, pretendere, decidere. Allora, anche gli obiettivi più "impossibili" possono diventare concreti o realizzabili. Se la gente non sa, allora non può capire, non può pensare, non può chiedere e chiedersi se è giusto un digiuno e perchè; se è giusto non far nulla per evitare tre milioni di morti e perchè.

Ma il silenzio sulla sua iniziativa può uccidere, per le stesse ragioni, anche Marco Pannella.

E' per tutte queste ragioni che, in forza della legge di riforma della RAI, delle sentenze della Corte Costituzionale, delle delibere della Commissione Parlamentare di Vigilanza, dei pareri della dottrina, degli articoli dei codici civile e penale, facciamo presente al Presidente della RAI TV, al suo Direttore generale, ai direttori di tutte le testate e di tutte le reti che riteniamo il loro comportamento illegittimo e che quindi li riteniamo responsabili di tutti i danni già subiti o futuri, che il loro comportamento ha determinato o determinerà riservandoci sin d'ora di rivolgerci all'autorità giudiziaria sia in sede civile che in sede penale e pertanto li

D I F F I D I A M O

ad adempiere immediatamente e puntualmente ai dettati della legge di riforma e della Commissione Parlamentare di Vigilanza fornendo, sul digiuno di Marco Pannella, un'informazione completa imparziale e obiettiva come sopra descritta e pertanto:

1) a risarcire il danno già arrecato consentendo a Marco Pannella di comunicare attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo e nelle ore di massimo ascolto, compiutamente, le ragioni e gli obiettivi del suo digiuno;

2) ad effettuare o far effettuare servizi sull'iniziativa di Marco Pannella, su quelle di supporto di altri partiti, enti, organismi, sulle proposte concrete avanzate e sul loro significato;

3) a chiedere contributi, pareri, opinioni e testimonianze sull'iniziativa di Marco Pannella a uomini politici, parlamentari, esponenti della cultura italiani e non, cittadini che si siano o non si siano sin ora espressi sui giornali o in altro modo;

4) a informare sulle iniziative prese in proposito alla Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Consigli regionali, comunali e provinciali, Enti Pubblici, Associazioni private;

5) a por fine, insomma, al silenzio, alla incompletezza, alla distorsione, alla non obiettività come sopra descritte.

Roma, li 16 settembre 1981

f.to

Adelaide Aglietta

Giacinto Marco Pannella

Francesco Rutelli

 
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