di Seymour MelmanInflazione e disoccupazione, prodotti dell'economia di guerra
(Seymour Melman, New York, 1917, professore di ingegneria industriale presso la Columbia University di New York fin dal 1948. Nell'ultimo decennio si è soprattutto occupato di problemi di conversione di strutture militari in civili. Le sue principali opere sull'argomento sono:
"Barriers to Economic Conversion - a Report to the United Nations" - 1980;
"The Permanent War Economy" - Simon and Shuster - 1974;
"Pentagon Capitalism" - McGraw-Hill - 1970 - edizione italiana "Capitalismo militare. Il ruolo del Pentagono nell'economia americana", Einaudi, 1972;
"The War Economy of the United States" - St.Martin Press - 1972.
Seymour Melman è anche presidente del SANE, una organizzazione che si occupa di spese militari e della conversione delle strutture)
INDICE:
Introduzione: Una storia di pentole (2820)
- Gli ostacoli alla conversione dell'industria militare in industria civile nei paesi ad economia di mercato, ad economia centralizzata ed in via di sviluppo (2821 - 2822)
- Inflazione e disoccupazione, prodotti dell'economia di guerra (2823)
- Bibliografia (2824)
- Programma per la conversione delle strutture industriali militari e delle basi militari (2825 - 2826 - 2827)
- Altre indicazioni bibliografiche (2828)
- Appendice (2829)
SOMMARIO: »In caso di decisione politica di congelamento o di inversione della corsa agli armamenti, che cosa è possibile fare delle vaste e specializzate economie militari, con le loro sofisticate attrezzature e il loro personale? In quale misura i principali Paesi sono in grado di convertire il proprio assetto industriale dal perseguimento di scopi militari al perseguimento di scopi civili? E' possibile effettuare il trapasso all'economia civile con breve preavviso e senza gravi danni, ovvero tale trapasso richiede una decisa programmazione preliminare? La conversione industriale è un problema puramente teorico, ovvero è condizionata dalle qualità di fondo di un dato sistema economico?
Queste alcune domande a cui risponde Seymour Melman
(Seymour Melman »FABBRICHE DI MORTE: E' POSSIBILE CONVERTIRLE? , Tullio Pironti Editore, Napoli febbraio 1982)
Inflazione e disoccupazione, prodotti dell'economia di guerra
1. Inflazione e disoccupazione
Come altri americani, molti sindacalisti considerano l'economia militare come fonte di reddito e di impiego. Ma gli effetti di una economia militare di lunga durata comportano inflazione e disoccupazione che annullano, o peggio, i redditi a danno di tutti i lavoratori e gli aumenti di occupazione di quanti ricevono un salario da parte delle autorità militari.
Per i sindacalisti e per quanti altri sono impegnati nel settore dell'attività produttiva, l'effetto-disoccupazione dell'economia l'impiego per fini di produzione termina. Nel frattempo le ditte appaltatrici possono andare avanti, come in effetti fanno, con la produzione in altri Paesi. Ciò può voler dire la continuità del posto di amministrativi e vendite, ma non vi è più lavoro per tecnici e operai dei settori della produzione residenti negli Stati Uniti.
Quindi, lo stato di buona salute finanziaria di una ditta non comporta necessariamente occupazione per gli addetti alla produzione americani.
Secondo la saggezza convenzionale, inflazione e disoccupazione non devono poter coesistere. Perché esse siano comparse insieme negli Stati Uniti, nel corso degli anni Settanta, è un mistero per la maggior parte delle persone, ivi compresa la maggioranza dei nostri economisti. Per esempio, secondo gli economisti conservatori, l'inflazione è intesa come alternativa alla disoccupazione: ma, nel corso degli anni Settanta, gli Stati Uniti sono stati colpiti da tutte e due. In realtà, l'incapacità dei conservatori di spiegare gli eventi fa parte di una crisi ideologica più generale. Così, fra gli economisti keynesiani del centro progressista, la principale alternativa economica si ritiene debba essere il ristagno o una spesa governativa elevata. Di recente, gli Stati Uniti hanno avuto l'una e l'altra. A sinistra, tra i teorici del capitalismo di monopolio, la principale alternativa viene identificata tra ristagno ed economia bellica: e noi abbiamo sperimentato l'uno e l'altra contemporaneamente.
In tutto il campo della dottrina economica, nelle sue correnti principali, è stato commesso un errore comune: l'omissione della natura e degli effetti dell'economia bellica dalla valutazione dello sviluppo economico.
2. Che cosa è una economia di guerra?
Una economia bellica consiste nella produzione, per fini militari, come attività continuativa e di rilevo, e i prodotti militari sono considerati come normali prodotti finiti. Quindi, viene assegnato loro un certo valore ed essi vengono aggiunti al listino di tutti gli altri prodotti ai fini del computo della produzione nazionale, malgrado la peculiarità dei prodotti militari dal punto di vista economico. Beni e servizi militari non sono economicamente produttivi: essi non contribuiscono alla formazione del tenore di vita, né possono essere impiegati in funzione della produzione di alcunché, e ciò, malgrado l'utilità di ordine politico o militare che può venire ad essi assegnata. Essi sono privi di normale utilità economica, intesa come utilità ai fini del consumo o dell'ulteriore produzione (1).
L'importanza dell'economia militare è desunta dalla parte del leone che essa fa nei confronti delle risorse della produzione primaria del Paese: tecnologia e capitale. Negli Stati Uniti, da oltre 25 anni, essa assorbe i tre quarti della spesa annuale del governo federale per la ricerca e lo sviluppo. Inoltre, ogni anno, a partire dal 1951, il Pentagono riceve una somma superiore a quella dell'utile netto, dopo il prelievo fiscale, di tutte le società americane (Melman 1974, capp. 4 e 5). In una società industrializzata, il controllo nei confronti della tecnologia e del capitale fortemente condiziona la scena economica. Quindi, la sostenuta prelazione della porzione più rilevante di tecnologia e di capitale a favore dello sviluppo economico improduttivo del settore militare fa sì che l'intero sistema venga definito come "economia bellica" (2).
Il settore dell'economia militare abbraccia 20.000 imprese industriali, le quali producono per la maggiore parte dietro ordinazioni del Pentagono. Vi sono, inoltre, 100.000 ditte sub-appaltatrici. Esse hanno caratteristiche speciali: a differenza delle tipiche aziende produttrici civili, esse elevano al massimo i costi e li bilanciano con i sussidi che ricevono dal governo federale (Melman 1974, cap. 2).
Come si comporta l'economia bellica per spingere i prezzi verso l'alto? Si possono identificare sette tipi di effetti indotti dall'economia bellica, che agiscono nei confronti della ripida ascesa dei prezzi denominata inflazione (3).
"Primo": Facendo la parte del leone nei confronti delle circoscritte risorse di tecnologia e di capitale, la normale gestione dell'economia militare provoca progressivamente sempre maggiori difficoltà all'economia civile (4). Così, nel corso di oltre un secolo, uno dei principali vantaggi delle aziende industriali americane è stata la loro capacità di bilanciare gli aumenti dei costi con innovazioni nel campo della progettazione dei prodotti e della tecnologia produttiva. Né è derivata una migliorata produttività media. Le aziende industriali americane un tempo concedevano una retribuzione oraria due o tre volte superiore a quella delle corrispondenti aziende dell'Europa occidentale, pur producendo merci di qualità e prezzi concorrenziali.
Ma la capacità di bilanciare gli aumenti dei costi mediante metodi di lavorazione migliori e mediante l'impiego di nuove attrezzature è diminuita a mano a mano che ingenti porzioni delle risorse del Paese, in fatto di tecnologia e di capitali, sono state assegnate al settore militare. Le ditte che non hanno più potuto fronteggiare l'aumento dei costi hanno fatto gravare tali aumenti sui prezzi. A mano a mano che questo trasferimento di oneri è divenuto la forma più comune di comportamento nella gestione aziendale al posto della riduzione dei costi, la portata dell'aumento dei prezzi, dal 1965 in poi, ha assunto carattere di inflazione (5).
"Secondo": Il prezzo è principalmente una funzione del costo. Una volta che siano stati verificati i costi di produzione e di distribuzione di un dato articolo, essi divengono la base del prezzo di mercato, nei cui confronti può esercitare un certo effetto l'interazione tra acquirenti e venditori. Ma i costi di produzione sono il punto di partenza. Pertanto, è di fondamentale importanza che le principali ditte produttrici di materiale bellico, tra cui figurano le principali aziende manifatturiere del sistema industriale statunitense, gestiscano i settori addetti a una tale produzione sulla base dei massimi costi. Ciò implica l'istituzione di prassi manageriali interne nonché di quelle tecniche ed accessorie, in seno alle aziende, dettate dal Pentagono, che spingono incessantemente verso la lievitazione dei costi (6). Nessuna componente del costo industriale si sottrae ad un simile processo (Fox, 1974). Ad esempio, nel 1972, in tutto il settore manifatturiero degli Stati Uniti, si contavano 42 impiegati ammin
istrativi e di tipo affine per ogni 100 addetti alla produzione. Nelle principali ditte al servizio del Pentagono, il rapporto era di 69 a 100.
"Terzo": A mano a mano che tale processo avanza nel campo dell'economia militare, esso contagia anche l'industria civile (7). La prassi amministrativa e le norme relative alla produzione prescritta per l'industria militare dal Pentagono vengono adottate dai settori civili delle medesime ditte (ad esempio, perché adottare due separati sistemi contabili?). Attrezzature e materie per le quali gli utenti militari pagano prezzi generosi sono spesso analoghe ai materiali e alle attrezzature usate presso le ditte civili. La tendenza all'aumento dei costi, propria dell'industria militare, diviene un modello per gli aumenti di costi e prezzi anche delle gestioni civili.
Quando gli addetti si trasferiscono da ditte che operano per i militari a ditte che operano per i civili (o da reparti militari a reparti civili della medesima azienda) essi portano con sé modi di comportamento che sono accettabili e considerati con favore nel servizio svolto per conto del Pentagono. In tal modo, la prassi operativa che è parte del processo di lievitazione dei costi di trasferisce alla gestione civile. Lo stesso avviene a livello manageriale.
Per le ditte che operano in parte al servizio degli enti militari è prevista l'ottemperanza alle norme fissate dal Pentagono. Nei settori della produzione civile della medesima ditta può determinarsi una spinta a comportarsi in maniera analoga in presenza di differenze tra la normativa tradizionale dell'azienda e le specifiche del Dipartimento della Difesa. Ovviamente, il Pentagono esercita un'influenza decisa, trattandosi di un cliente insolitamente grosso. Perciò i requisiti da esso imposti hanno un'influenza decisamente maggiore di quanto non comporterebbe la quota delle proprie commesse rispetto all'attività complessiva dell'azienda. In tal modo, la prassi di lievitazione massima dei costi, legittimata direttamente dalle norme del Pentagono nei confronti delle ditte che servono gli enti militari, si estende anche ai costi ed ai prezzi dell'economia civile.
"Quarto": Nella metà degli anni Settanta il tasso di sviluppo della produttività in seno alle industrie manifatturiere degli Stati Uniti aveva raggiunto il livello senza precedenti. Dal 1965 al 1970 il tasso medio annuo di aumento della produzione per uomo/ora nell'industria americana è stato del 2,1%. Dal 1970 al 1975 tale tasso è sceso all'1,8%. Questi tassi di aumento della produttività degli Stati Uniti sono stati notevolmente inferiori a quelli registrati in altri Paesi industrializzati, come risulta dalla Tabella 1. Essi sono anche i più bassi mai registrati negli Stati Uniti. Di conseguenza, è diminuita la capacità dell'industria statunitense di equilibrare i costi. E gli aumenti dei costi non neutralizzati vengono scaricati sui prezzi.
TABELLA 1
Variazioni della produttività nell'industria manifatturiera
Paese Percentuale annua media di variazione
produzione uomo/ora
1965-70 1970-75
Belgio 6.8 8.2
Canada 3.5 3.0
Francia 6.6 3.4
Germania 5.3 5.4
Italia 5.1 6.0
Giappone 14.2 5.4
Olanda 8.5 5.8
Svezia 7.9 4.4
Svizzera 6.2 3.5
Regno Unito 3.6 3.0
Stati Uniti 2.1 1.8
[Fonte: Dipartimento del lavoro USA, Ufficio Statistiche del Lavoro, Productivity and Economy, Bollettino 1710 (Washington, DC: U.S. Goverment Printing Office, 1971), p. 30; i dati relativi al 1970-75 provengono da una comunicazione particolare da parte dell'Ufficio Statistiche del Lavoro.]
"Quinto": A causa della spesa su vasta scala all'estero, per motivi militari relativi alla conduzione dei vari conflitti armati e per la tutela di oltre 300 basi in terra straniera, gli Stati Uniti hanno accumulato un immenso deficit della bilancia dei pagamenti (Melman 1974, pp. 110 e segg.). Ciò ha voluto semplicemente dire che gli americani e il governo americano hanno speso molto di più di quanto non abbiano ricevuto in complesso. Nel 1971, i dollari accumulati all'estero degli Stati Uniti erano pari a circa 4 volte l'ammontare delle riserve auree federali. Di conseguenza, le banche centrali dei vari Paesi e gli altri detentori di grandi quantitativi di dollari all'estero hanno perso la fiducia nella capacità degli Stati Uniti di assicurare la parità con l'oro. Il governo americano ha adottato misure di emergenza per la salvaguardia della propria riserva aurea ed ha interrotto la conversione dei dollari in oro. La conseguenza immediata è stata di lunga durata: il valore del dollaro è caduto drasticamente
rispetto alle altre valute, con il risultato che i prezzi di tutte le merci importate sono saltati bruscamente.
"Sesto": Il governo degli Stati uniti ha cercato di ripianare il deficit della bilancia dei pagamenti spingendo le vendite di materiale bellico all'estero nonché di merci di produzione americana su larga scala. Queste ultime hanno ulteriormente contribuito a far salire i prezzi negli Stati Uniti (Melman 1974, p. 113). Quindi, nel 1971, il governo americano negoziò la vendita di riserve di cereali ai sovietici. Questo fatto fece affluire oro, dollari o valuta pregiata, ma un'altra conseguenza fu il rapido aumento del prezzo dei cereali e la conseguente ascesa del prezzo di tutti i prodotti alimentari a base di cereali.
"Settimo": Coloro che producono beni e servizi di tipo militare sono pagati con dollari che vengono poi impiegati da loro per l'acquisto dei beni di consumo o di altro genere. Nel contempo, però, essi hanno contribuito alla produzione di tali beni e servizi. Teoricamente, non si sarebbe necessariamente verificata alcuna flessione dell'ascesa dei prezzi se il governo avesse ritirato dalla circolazione un quantitativo sufficiente di denaro, mediante l'applicazione di imposte, per pareggiare il valore della manodopera, dell'energia, dei materiali e delle attrezzature impiegate per le forniture militari.
Ma un tale comportamento è escluso dal modo convenzionale di considerare l'economia bellica, che comprende l'avviso secondo cui i beni e i servizi militari hanno un valore (leggi: prezzo) come tutti gli altri beni e servizi, e quindi devono essere convenientemente considerati quale parte della produzione economica di una data società. Tale modi di ragione convenzionale riposa sulla prassi che assegna un valore monetario ai prodotti militari. Esso ignora il fatto che questi prodotti, privi come sono di utilità per fini di consumo o di reimpiego per ulteriore produzione, sono per di più ritirati dal mercato non appena prodotti. In queste condizioni, i 1.800.000.000.000 dollari spesi per la produzione di beni e servizi militari, dal 1946 al 1978 hanno generato una spinta all'aumento dei prezzi. L'economia bellica è una macchina per l'inflazione.
Questi effetti dell'economia bellica riflettono tutti sia il funzionamento interno della micro-economia militare, sia l'effetto cumulativo dell'impiego concentrato di tecnologia e di capitali per una produzione economicamente improduttiva. Per di più, i meccanismi di crescita dei costi e dei prezzi sono avulsi dall'interazione di mercato tra domanda ed offerta. In realtà, gli effetti in termini di costi/prezzi qui identificati operano in condizioni tutt'altro che all'altezza del pieno sfruttamento delle risorse dell'economia, e ciò anche in presenza di notevole disoccupazione. Evidentemente, la disoccupazione non è un mezzo atto a riequilibrare la spirale costi/prezzi in un'economia bellica.
3. In qual modo un'economia genera disoccupazione?
In primo luogo, la distruzione di risorse, sotto forma di ricerca scientifica e di capitali, dall'economia civile fa sì che le industrie restino arretrate in materia di progettazione dei prodotti, di metodi produttivi e di produttività di lavoro e di capitale. Molte industrie importanti sono divenute esauste, incapaci di servire il loro mercato. Non vi è granché, negli Stati Uniti, che possa reggere il confronto con i sistemi di flusso di massa, ad alta velocità, del Giappone, della Germania, della Svezia, della Francia. Diventano così sempre più di moda le importazioni di prodotti di acciaio, di autoveicoli, di attrezzature ferroviarie, di articoli elettronici di consumo, di prodotti ottici di qualità, di calzature, di tessuti, tanto per citarne alcuni che sono in cima all'elenco. Quando le industrie statunitensi dei relativi settori diventano incompetenti a fronte delle ditte estere, ne consegue un massiccio aumento delle importazioni per soddisfare il mercato americano. Si riducono così le possibilità di
attività produttiva per gli americani, a prescindere dal fatto che le aziende operanti all'estero siano di proprietà americana o straniera.
La Tabella 2 mostra le stime di occupazione perduta negli Stati Uniti su un campione di 26 ditte manifatturiere, a seguito dell'aumentata mancanza di competitività. L'occupazione perduta è calcolata applicando al numero totale degli occupati in una data industria il rapporto tra importazioni e "valore delle partite di merci" spedite dagli stabilimenti di ciascuna industria. Il 1964 è l'ultimo anno precedente l'escalation militare in Vietman e il 1972 è l'ultimo anno in cui sono disponibili di dati sulle importazioni.
Nei settori dell'industria delle apparecchiature per radio e Tv, delle calzature, del vestiario e dell'automobile, gli effetti sono sufficientemente rilevanti sì da rendere conto della notevole concentrazione della disoccupazione verificatasi nelle città e negli Stati che da tempo ospitano stabilimenti dei suddetti settori industriali. L'industria Dell'acciaio è stata l'ultima a soffrire di un'acuta perdita di posti di lavoro. Dall'agosto al dicembre del 1977, 20.000 posti nel settore produttivo, tecnico e amministrativo sono stati soppressi nell'industria dell'acciaio.
TABELLA 2
Esempi di posti di lavoro perduti nelle industrie USA esauste a causa di mancanza di competitività
Industria Posti di lavoro perduti a causa delle
importazioni
1964 1972
Vestiti per uomo e ragazzo 800 7.100
Camicie e pigiama per uomo e rag. 4.000 18.200
Soprabiti per ragazzo 15.300 31.700
Prodotti in legno 4.800 9.800
Mobili e infissi 2.600 11.900
Calzature di gomma e plastica 4.100 13.300
Calzature per uomo e per donna 6.500 32.600
Stoviglie terracotta fine 2.000 5.600
Prodotti in ceramica 2.100 5.100
Prodotti di fabbricazione metallica 2.900 7.200
Macchinario tessile 3.500 16.400
Macchinario gen. per industria 3.400 6.700
Macchine per scrivere e per ufficio 3.400 17.400
Macchine calcolatrici e contabili 1.300 5.300
Macchine per cucire 3.600 5.200
Circuiti trasmissione corrente 900 6.100
Apparecchi riceventi radio e TV 7.600 37.700
App. per comunicazioni radio e TV 2.300 9.700
Semiconduttori, autoveicoli, carrozzerie
e parti di ricambio 13.700 95.900
Attrezzature per aeromobili 3.500 10.400
Motocicli, biciclette e parti 4.500 28.300
Congegni misurazioni e controllo 400 7.800
Orologi da polso, da parete e casse
per orologi 4.100 7.100
Giochi e giocattoli, veicoli per bambini,
articoli sportivi e atletici 2.500 8.100
[Metodo di stima: (Importazioni valore delle partite di merci uscite dagli stabilimenti americani) x totale addetti industria = stima posti lavoro perduti a causa delle importazioni.
Nella tabella sono elencate solo le industrie per le quali è stata calcolata una perdita superiore a 5.000 unità nel 1972. Tabella preparata in collaborazione con Earl Yang.]
La riduzione delle possibilità di impiego in molte industrie americane non è stata bloccata dalla riduzione del relativo costo della manodopera indigena a paragone di quella straniera. Essa è stata una delle conseguenze della caduta del valore del dollaro in rapporto alle altre valute, a partire dal 1972. Mentre talune industrie (come quelle delle attrezzature per le centrali elettriche), si sono giovate di rinnovati mercati di esportazione a seguito di ciò, la caduta dell'occupazione nel maggior numero delle industrie qui indicate è continuata. Una volta che - ad esempio - vengano effettuati investimenti industriali all'estero, lo stabilimento, le attrezzature, e i numerosi investimenti per il personale delle officine diventano voci attive per gli investitori e quindi sussiste la spinta nei confronti della dirigenza perché il loro impiego sia continuativo. Ciò provoca il consolidamento della perdita di occupazione negli Stati Uniti.
In secondo luogo, con l'avanzare dell'inflazione dei prezzi nel settore della produzione industriale di macchinari, si produce una serie di effetti, sia ai fini dell'occupazione nel settore stesso, sia in tutto l'arco delle industrie che impiegano un tale macchinario. Uno dei processi di base dell'economia industriale, ispirato alla riduzione dei costi, è l'effetto dell'aumento salariale in misura superiore a quella dei prezzi del macchinario. In tal caso, l'acquisto dei macchinari diviene una scelta più attraente per il datore di lavoro, che persegue una politica di riduzione dei costi (Melman 1956). Peraltro, quando i prezzi del macchinario aumentano con altrettanta rapidità, o più rapidamente, di quelli della manodopera, l'acquisto di nuove attrezzature produttive diviene una scelta poco attraente per l'imprenditore che sia orientato verso la compressione dei costi. Ciò comporta un abbassamento dei livelli dell'occupazione nel settore delle industrie che producono macchinario.
Male conseguenze del rendere economicamente poco attraenti le nuove attrezzature colpiscono anche il rimanente settore industriale. Poiché, con il mancato acquisto di nuovo macchinario, e con l'invecchiamento del materiale in deposito, il risultato è un tasso di crescita di produttività minore, una diminuita capacità di neutralizzare gli aumenti dei costi e il conseguente insorgere di una non-competitività dei prezzi. Gli effetti della disoccupazione si moltiplicano, perciò, in tutto il sistema industriale.
Prove incontrovertibili della portata di una tale situazione risultano dall'inventario delle macchine utensili dell'industria americana, nel 1973, redatto dalla McGrow-Hill Company. Esso riferisce, in data 29 ottobre 1973 (American Machinist, p. 143), che nel 1973 il 67% delle macchine utensili in uso nell'industria americana avevano 10 anni o più di vita. Si trattava cioè del più vecchio stock di macchinario per la lavorazione dei metalli di qualsiasi Paese industrializzato. Il tasso di aumento della produttività degli Stati Uniti risultava depresso, come sopra indicato, è portava al diffondersi della non-competitività e della disoccupazione nelle industrie manifatturiere.
In terzo luogo, i detentori che vanno in cerca di occasioni di investimento rilevano che lo sviluppo dell'economia per scopi civili procede assai rapidamente nei Paesi che non hanno un'economia bellica permanente. Nel corso degli anni Sessanta, gli investitori statunitensi hanno trovato migliori prospettive all'estero, particolarmente in Europa occidentale e in Canada. Di conseguenza, circa 47.000.000.000 di dollari di investimenti diretti sono stati effettuati all'estero dagli americani nel decennio suddetto. Ciò ha corrisposto all'equivalente trasferimento all'estero da 3 a 4 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero e in quelli collaterali (9).
In quarto luogo, in termini di tradizionale saggezza, uno dei modi per ridurre l'inflazione consiste nel ritardare gli investimenti e le altre spese elevando il tasso di interesse e rendendo quindi più elevato il costo del denaro. Ma quando ciò avviene, con conseguente diminuzione di investimenti e di altre attività economiche, ne consegue una riduzione dell'occupazione (per di più simili strategie non sono riuscite ad eliminare l'inflazione nel corso degli anni Settanta).
In quinto luogo, la spesa per i prodotti dell'industria militare provoca in maniera tipica una minore occupazione diretta rispetto a molti tipi di spesa civile. Il Dr. Roger Berdek, economista della Energy Resource and Development Administration, ha calcolato l'effetto diretto sui posti di lavoro derivante dalla spesa di 1.000.000.000 di dollari di ognuno dei settori oggetto di indagine. I risultati sono indicati nella seguente Tabella 3.
TABELLA 3
Stima dell'occupazione generata dalla spesa federale di un miliardo di dollari in varie attività
Programma Posti di lavoro
Bombardiere B-1 58.000
Genio Esercito 69.000
Giustizia 75.000
Sanità 78.000
Costruzioni trasporti massa non permanenti 83.000
Edilizia pubblica 84.000
Costruzioni autostrade 88.000
Previdenza sociale 99.000
Pensioni e disoccupazione 108.000
Istruzione 118.000
[G. Adams, "The B-1 Bomber an Analysis of its Strategic Utility Cost, Constituency and Economic Impact" (Il Bombardiere B-1: analisi della sua utilità, del suo costo della sua composizione e del suo impatto economico), Relazione del Consiglio sulle Priorità economiche, 1976, p. 21]
La produzione militare, specialmente quella di tipo più sofisticato, comporta grossi investimenti, ivi comprese le rilevanti spese per l'impiego di strumenti di ricerca, di attrezzature di collaudo e di produzione specializzate e costose. Inoltre, l'industria militare opera con strutture di spesa amministrativa generale e di salari particolarmente generose. Il risultato netto dei costi di elevati investimenti di capitale di manodopera è un'occupazione diretta inferiore per ogni dollaro investito rispetto all'economia civile.
In sesto luogo, l'attività militare assorbe risorse che potrebbero essere dedicate a fini di produttività economica. Bruce Russett, dell'università di Yale, ha calcolato la riduzione dei maggiori settori economici dipendente dalla spesa per l'economia militare (Russett 1970, pp. 140-141). Così, per il periodo 1939-'68 un aumento medio di un dollaro di spesa militare è stato riferito a una riduzione nei seguenti settori:
- consumi personali (beni e servizi durevoli e non durevoli): 42 centesimi di dollaro di meno;
- investimenti fissi (strutture residenziali e non residenziali e attrezzatura durevole per produttori): 29 centesimi in meno;
- esportazioni: 9 centesimi in meno;
- importazioni: 2 centesimi in meno;
- acquisti civili del governo federale: 4 centesimi in meno;
- consumi dei governi statali e degli enti locali: 12 centesimi in meno.
La spesa per fini militari sottrae qualcosa ad ognuna di queste aree economiche, con conseguenze che si rivelano principalmente in minori consumi personali e in minori investimenti fissi. Marion Andersen (1975) ha calcolato l'effetto netto, ai fini dell'occupazione, derivante dalle categorie di attività economica perduta a seguito di spese militari. Il calcolo dell'impatto negativo nei confronti dell'occupazione da parte della spesa militare mostra una media annua (1968-1972) di 844.000 posti di lavori perduti.
La crisi fiscale in aumento in molte città americane è un effetto derivato del trasferimento di capitale e di potere d'acquisto, per il tramite delle imposte e delle spese federali, ai centri delle basi e dell'industria militari. Così le città del Nordest e del Midwest sono state quelle più duramente colpite dai molteplici effetti della sottrazione di capitali al servizio dell'economia militare (10).
Gli effetti cumulativi diretti degli investimenti di capitale all'estero negli anni Sessanta, e i posti di lavoro pretermessi nell'economia civile a causa della spesa militare si sono aggirati su una cifra che va da non meno di 3.500.000 a 4.500.000 posti in anni recenti. Se si ipotizza un modesto effetto moltiplicatore, è ragionevole valutare una cifra stimata pari al doppio. Ciò porta l'effetto della disoccupazione civile, in uno con la sostenuta economia militare degli Stati Uniti, ad una cifra oscillante dai 7 ai 9 milioni di posti di lavoro.
In settimo luogo, è prevedibile un ulteriore aumento della disoccupazione industriale. E' possibile prevedere che il processo di impoverimento durerà e predire, almeno in parte, l'ubicazione e l'ampiezza dei suoi effetti. Un mezzo per far ciò consiste nell'analisi di un insolito corpus di dati, resi di pubblica ragione grazie all'iniziativa del Dr. Michael Boretsky, analista economico superiore del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti.
L'Ufficio Censimenti, che redige il censimento delle industrie manifatturiere, ha calcolato per ciascuno stabilimento industriale di alcune industrie selezionate, il "valore aggiunto per manifattura" per ciascun dipendente. Si tratta di una misura della produttività in cui la produzione è rappresentata dal valore monetario del partite vendute, previa detrazione dei materiali d'acquisto, dei containers e dell'energia. Gli stabilimenti di ciascuna industria sono stati poi classificati in base al loro livello di produttività. L'Ufficio ha quindi calcolato il rapporto tra la produttività media del quartile più elevato di stabilimenti in ciascuna industria e la produttività media dell'industria stessa. Le cifre sono indicate nella prima colonna della Tabella 4. Ad esempio, per il 1967, negli altiforni e nelle acciaierie (n. 3312) la cifra 1,5 sta a significare che il quartile superiore degli stabilimenti dell'industria dell'acciaio sono stati, in termini di produttività, 1,5 volte più efficienti della media dell'
industria relativa.
Analogamente, leggendo i dati successivi verso destra, la colonna seguente mostra il rapporto tra il quartile più alto e quello più basso nell'ambito dell'industria in questione. Nel 1967, le industrie comprese nel quartile più alto dell'industria dell'acciaio sono risultate 2,3 volte più produttive di quelle comprese nell'ultimo quartile.
Chiaramente, il quartile inferiore delle industrie del ferro, dell'acciaio e di altro tipo sono le componenti meno efficienti in termini di competitività quanto a costi inferiori, sono le prime a scomparire quando le società decidono di chiudere gli stabilimenti non concorrenziali. Così, le officine chiuse in 7 Stati dall'agosto al novembre del 1977 nel settore dell'industria siderurgica, appartenevano senz'altro a quest'ultima categoria.
Seguendo il filo di questo ragionamento, abbiamo calcolato che il quartile inferiore delle fabbriche di ciascuna delle industrie prescelte, costituisce il settore di maggior debolezza ed è il primo a dover soffrire per disoccupazione a causa dell'accertamento, da parte della dirigenza, che i reparti interessati della ditta non sono più competitivi in fatto di costi e prezzi. Di conseguenza, sul lato destro della Tabella 4 abbiamo indicato il numero complessivo dei dipendenti di ciascuna industria risultante nel 1974-'75. Nell'ultima colonna di destra abbiamo indicato i numeri comprendenti il 25% degli impiegati, dei dirigenti e dei tecnici di ciascuna industria. Questi gruppi, appartenenti all'ultimo quartile produttivo di ciascuna industria, sono quelli che hanno maggiore probabilità di rimanere disoccupati con il progredire dell'impoverimento industriale degli Stati Uniti.
Da un tale calcolo si desume che 656.000 occupati coinvolti nella prima ondata di perdita di posti di lavoro, nelle industrie anzidette, nel periodo successivo. Non si è ancora cercato di stimare la rapidità di un tale processo all'interno di ciascun settore industriale. Ma i dati relativi agli anni Sessanta e Settanta rivelano che il tipo di scomparsa di possibilità di occupazione qui illustrato può essere previsto nell'arco dei prossimi cinque/dieci anni.
Queste conseguenze di una prolungata economia bellica in termini d'inflazione e di disoccupazione distruggono il principio di base di ogni economia: quello cioè secondo cui occorre organizzare le persone a svolgere un lavoro che è indispensabile alla sopravvivenza. Una comunità deve produrre per vivere. Quando la produzione viene tralasciata in favore di guadagni altrimenti conseguibili, la possibilità di sopravvivenza è preclusa per coloro che si guadagnano da vivere in occupazioni produttive. Ecco perché i sindacati pongono particolare impegno ai fini di una competente programmazione per la conversione economica ad un'alternativa civile dell'economia militare.
TABELLA 4
Disparità nel livello di produttività nell'ambito di alcune industrie manifatturiere statunitensi selezionate.
Codice SIC Rapporto Rapporto Totale Stima No.
per tra valore tra valore addetti addetti nel
l'industria aggiunto- aggiunto- 1974 25% degli
addetto nel addetto (000) stabilimenti
25% degli nel 25% di più bassa
stabilimenti degli produttività
di più alta stabilimenti (25% del
e media del 1º e totale degli
produttività ultimo addetti)
della quartile
industria
1967 1967
2211. Fabbriche stoffa
cotone ad ordito largo 1,4 1,9 108,5(75) 27.100
2621. Cartiere, eccetto
prod. carta parati 1,4 2,2 130,4 32.600
2812. Alcali e cloro 2,3 3,2 13,7 3.400
2821. Materie plastiche
e resine 1,8 3,6 57,7 14.400
2911. Raffinerie petrolio 1,5 4,8 102,9 25.700
3211. Vetro in lastre 1,2 2,4 21,5 5.100
3312. Altiforni e acciaierie 1,5 2,3 518,0 129.500
3323. Fonderie acciaio 1,5 1,8 53,3(75) 13.300
3334. Prodotti primari
dell'alluminio 1,1 1,7 25,3(75) 6.300
3391. Fucinatura ferro
e acciaio 1,4 1,9 39,4 9.800
3461. Stampaggi metallici 1,3 1,7 101,1 25.200
3519. Motori a combustione
interna 1,6 2,3 80,8 20.200
3522. Macchinario e attrezzi
agricoli 1,4 2,1 130,8(75) 32.700
3541. Macchine utensili per
taglio metalli 1,3 1,9 62,8 15.700
3561. Pompe e compressori 1,6 2,1 63,9 13.500
3621. Motori e generatori 1,4 1,8 100,2 25.000
3632. Frigoriferi e congelatori
per uso domestico 1,4 1,6 32,7 8.200
3717. Autoveicoli e parti di
ricambio 1,4 2,5 889,0(73) 222.000
3722. Motori e parti per
aeromobili 1,4 1,8 108,0(75) 27.000
Media 1,5 2,4 Totale 656.000
[Fonte: Dati sulla produttività: M. Boretsky: "US Technology: Trends and Policy Issues" (Tecnologia USA: tendenze e istanze politiche), Dipartimento del Commercio USA, ottobre 1973. Elaborazione dati statistici raccolti negli anni dei censimenti dal Dipartimento del Commercio, Ufficio Statistica; U.S. Bureau od Census, Annual Survey of Manufacturers per 1974 e 1975, Autoveicoli, 1973, da: US Statistical Abstract for 1977, p. 773.]
4. Conversione dell'economia
Due tipi di problemi di conversione dell'economia sono qui trattati. Il primo è la conversione dall'economia militare all'economia civile. Il secondo concerne la ricostruzione delle industrie civili che sono state depauperate.
Esistono caratteristiche comuni per ambedue i tipi di conversione in quanto implicano la ricostruzione interna di imprese o settori di imprese non abilitate a servire un mercato civile. L'azienda militare di solito è priva delle capacità manageriali e tecniche per la progettazione, la produzione e la vendita fuori dell'ambiente militare. Nell'industria civile depauperata, peraltro, il requisito fondamentale è sostanzialmente la revisione e la ricostruzione dei sistemi di produzione della manodopera e in quella del capitale, onde poter produrre merce accettabile per qualità e prezzo.
Entrambi i tipi di conversione possono esser meglio attuati una volta che autorità e responsabilità siano state affidate alla dirigenza, ai dipendenti e alla collettività circostante. Tutte queste componenti hanno una particolare posta in gioco nei confronti del successo o del fallimento delle imprese interessate. Innanzitutto viene il processo di conversione dall'economia militare a quella civile: la programmazione preliminare su base decentrata è il requisito essenziale per creare la capacità di conversione dall'economia militare a quella civile. I requisiti fondamentali per una strategia di programma per la conversione sono i seguenti: in primo luogo i piani di finanziamento; in secondo luogo la programmazione del dettaglio della conversione nei singoli stabilimenti e basi; in terzo luogo le garanzie da offrire ai singoli addetto; in quarto luogo la formazione di una commissione nazionale per la conversione economica (Melman 1974, cap. 8). Ecco uno schema di legislazione federale.
4.1. Nuovi stanziamenti di fondi per nuovi mercati e nuovi posti di lavoro.
Nella relazione del Consiglio dei Consulenti economici del Presidente degli Stati Uniti per il 1969, una Appendice sulla economia del dopo-Vietnam specificava una serie programmata di attività dei pubblici poteri che richiedeva finanziamenti continui da parte del governo federale. L'elenco comprendeva le note "priorità trascurate" e prevedeva stanziamenti in ragione di 39,7 miliardi di dollari l'anno. In termini di valore al 1977, tale cifra salirebbe ad oltre 50 miliardi. L'elenco è riprodotto nella seguente Tabella 5.
TABELLA 5
Nuovi programmi illustrativi o ampliamenti di rilievo di programmi federali civili esistenti, esercizio finanziario 1972 (desunto da proposte di unità con compiti speciali o da gruppi di studio)
Programmi Ipotesi di spesa
(miliardi di dollari)
Spesa totale 39,7
Istruzione 7,0
- pre-scolastica 1,0
- elementare e secondaria 2,5
- superiore 3,0
- professionale 0,5
Sanità 3,8
- assistenza all'infanzia 0,5
- assistenza invalidi 1,8
- centri sanitari polivalenti 1,0
- costruzione e ammodernamento ospedali 0,5
Nutrizione 1,0
Programmi per servizi alle collettività 0,8
Occupazione e manodopera 2,5
- Pubblica amministrazione 1,8
- sviluppo occupazione (legge sulla formazione) 0,5
- servizio occupazione 0,2
Sicurezza sociale e sussidi 9,5
Assicurazione sulla disoccupazione 2,0
Assistenza pubblica 4,0
Miglioramenti previdenza sociale 3,5
Reduci 0,3
Programmazione aree economiche e altri programmi
speciali di sviluppo 2,2
- riqualificazione delle aree 0,5
- aiuti agli imprenditori 0,5
- sviluppo rurale 1,0
- assistenza agli indiani 0,2
Criminalità, delinquenza, disordini 1,0
- prevenzione della violenza e delle sommosse 0,1
- programmi di sicurezza delle strade 0,3
- riabilitazione dei condannati e dei delinquenti 0,3
- prevenzione dei crimini attraverso misure speciali
per i giovani con tendenza a delinquere 0,3
Qualità dell'ambiente 1,7
- prevenzione e controllo inquinamento atmosferico 0,1
- programmi di costruzione di acquedotti 0,3
- controllo dell'inquinamento delle acque e trattamento
dei liquami di fogna 1,0
- smaltimento dei rifiuti solidi 0,1
- abbellimento dell'ambiente, protezione ambientale
e sviluppo delle attrezzature ricreative 0,2
Sviluppo e impiego delle risorse naturali 1,4
- conservazione del suolo e del patrimonio forestale 0,2
- risorse idriche e programmi collegati 0,5
- sviluppo minerali ed energia (non idroelettrica) 0,2
- sviluppo dell'ambiente naturale 0,5
Sviluppo urbanistico 5,5
- nuovi centri abitati 0,5
- acquisizione territoriale e programmazione
finanziaria (suburbana) 0,5
- trasporti urbani di massa 0,5
- città-modello 2,0
- altre attrezzature urbane e rinnovamento urbanistico 2,0
Trasporti 1,0
- ammodernamento delle vie aeree e degli aeroporti 0,4
- transito rapido interurbano di superficie 0,1
- ammodernamento della marina mercantile 0,2
- ricerca sulla sicurezza degli autoveicoli e dei
trasporti e concessione di sussidi per la sicurezza 0,3
Scienza ed esplorazione spaziale 1,0
- programma spaziale successivo all'Apollo 0,5
- ricerca scientifica nel settore delle comunicazioni
oceanografiche, delle scienze sociali e del
comportamento, delle scienze naturali 0,5
Aiuti economici all'estero 1,0
[Fonte: "Relazione per il Presidente" del Comitato di Gabinetto per il Coordinamento della programmazione economica alla conclusione delle ostilità nel Vietnam, nel "Rapporto economico al Presidente USA" trasmesso al Congresso nel gennaio del 1969. La relazione comprende chiarimenti sul contenuto delle categorie incluse nel programma.]
I nuovi stanziamenti di una tale portata, approvati e programmati in anticipo, corrispondono ad una rilevante elencazione dei principali nuovi settori di mercato nei cui confronti le ditte possono programmare nuove possibilità di impiego. Il programma per il 1969 può venire aggiornato, e i piani di investimenti per fini civili possono essere ampliati sì da includere non soltanto le intraprese di livello federale ma anche quella a livello statale, di contea e municipali, nonché la programmazione regionale (ivi comprese le ex-basi militari).
Un'ulteriore illustrazione delle nuove possibilità di stanziamenti è indicata nello schema del fabbisogno di pubbliche strutture preparato nel 1976 per la Commissione economica mista (Tabella 6).
TABELLA 6
Fabbisogno di pubbliche strutture: progetti di stanziamenti da parte di enti pubblici e locali (milioni di dollari)
Totale parziale strutture comunitarie di base
Effettivo Stima
fabbisogno
1975
Strutture comunitarie di base
- Sistemi rifornimento idrico regionale e
bacini fluviali 2 30
- Sistema rifornimento acque pubbliche 1.040 2.250
- Sistemi rifornimento idrico rurale (*) 140
- Sistemi raccolta liquami 385 1.090
- Sistemi fognanti per deflusso acque da
eventi meteorologici 417 1.820
- Impianti per trattamento rifiuti liquidi 625 1.240
- Attrezzature per raccolta e smaltimento
rifiuti solidi 130 270
- Energia elettrica 766 1.350
- Sistema distribuzione gas 44 70
Totale parziale strutt. comunitarie di base 3.409 8.260
Settore trasporti
- Autostrade, strade e vie urbane 7.782 15.330
- Ponti, con pagamento di pedaggio, trafori,
strade con pagamento di pedaggio 388 500
- Zone di parcheggio 102 300
- Strutture per trasporti urbani di massa 242 960
- Strutture aeroportuali 261 530
- Strutture portuali 159 50
Totale parziale trasporti 8.934 17.670
Strutture educative
- Scuole pubbliche elementari e secondarie 3.650 4.480
- Strutture scolastiche di zona per istruzione
professionale (**) 790
- Strutture accademiche istruzione superiore 915 1.750
- Strutture convitti e relativi servizi 301 720
- Televisione educativa 5 30
Totale parziale strutture educative 4.871 7.770
Strutture sanitarie
- Ospedali 480
- Cliniche ed altre strutture ambulatoriali 100
- Strutture lunga degenza 494 130
- Centri igiene mentale comunitari 220
- Strutture per ritardati mentali 34 130
- Strutture ricerche sanitarie (*) 240
- Scuole mediche (*) 360
Totale parziale strutture sanitarie 528 1.660
Strutture ricreative e culturali
- Strutture ricreative all'aperto statali
e federali 313 530
- id.c.s. locali urbane 360 2.200
- Arene, auditorium, locali mostre 600 910
- Teatri e centri artistici comunitari (*) 460
- Musei 14 40
- Biblioteche pubbliche 103 240
Tot. parziale strutt. ricreative e culturali 1.390 4.380
Altri edifici pubblici
- Strutture residenziali per assistenza
ai bambini (*) 70
- Armerie 1 15
- Prigioni e luoghi di detenzione (*) 120
- Stazioni antincendi 191 170
- Edifici uffici pubblici e giudiziari 218 400
- Altri 214 (*)
Totale parziale altri edifici pubblici 410 775
Totale 19.542 40.515
[* Dati non disponibili
** Comprese nelle scuole pubbliche elementari e secondarie
Fonte: "State and Local Public Facility Needs and Financing" "Finanziamento fabbisogno strutture pubbliche statali e locali". Commissione economica mista del Congresso, DC. 1968, Vol. 1, pp. 24-25.]
Una volta redatti e resi di pubblica ragione, ad opera di tutte le parti interessate sopra citate, piani realistici dei principali investimenti di capitali atti a porre riparo al lungo deprezzamento dell'economia degli Stati Uniti, l'attività complessiva probabilmente andrà molto al di là della capacità dell'economia degli Stati Uniti. L'esistenza di tali piani di investimento darà fiducia nella possibilità di ottenere future occasioni di lavoro in sostituzione di quelle ottenibili dall'industria e dalla basi militari. Il trasferimento dei nuovi investimenti in posti di lavoro può essere ragionevolmente valutato: ipotizzando che il costo medio uomo/anno sia di 12.000 dollari, 50 milioni di dollari genererebbero 4 milioni e mezzo di impieghi diretti. Tenuto conto dell'effetto moltiplicatore, si può - con calcolo prudenziale - stimare un numero doppio di posti di lavoro.
4.2. Programmare la conversione
Per poter essere efficace, la programmazione per la conversione ad un'attività di lavoro civile che sia autosufficiente deve essere fatta con il dovuto anticipo da parte dei diretti interessati. Occorre non meno di un anno per programmare le modifiche di dettaglio per quanto concerne il macchinario, gli arnesi, le specializzazioni, l'organizzazione e la commercializzazione della produzione allo scopo di poter produrre e vendere un nuovo prodotto. La preparazione dei piani per la trasformazione della forza lavoro, l'attrezzature e le strutture in ciascuno stabilimento industriale e in ciascuna base militare con 25 o più addetti, deve divenire la norma per ogni industria interessata e per ogni amministrazione delle basi militari. Il costo della programmazione deve esser fatto gravare sul contratto militare, ovvero sul bilancio della base, ad un costo non inferiore a 50 dollari per addetto.
Le operazioni di programmazione della conversione devono essere affidate ad una commissione tripartita in ciascuno stabilimento e base: un terzo dei componenti nominati dalla direzione aziendale, un terzo dai dipendenti e un terzo dalla collettività locale. Le commissioni saranno dotate dei pieni poteri derivanti dal fatto di essere direttamente cointeressate. Autorità e responsabilità conferite localmente ai fini delle operazioni di programmazione, conferiranno ai gruppi interessati una reale capacità di intervento. La partecipazione delle persone direttamente interessate renderà superlfua l'istituzione di organi centrali con compiti di supervisione della programmazione. Un eventuale intervento dal centro, a tal fine, risulterebbe, in ogni caso, costoso e poco flessibile. I piani di conversione locali dovranno essere aggiornati ogni due anni.
4.3. Conversione degli impieghi
E' lecito attendersi che anche i piani di conversione più coscienziosi e immaginativi presso molti siti di industrie e di basi militari comporteranno sfasamenti di parti della forza lavoro. Alcune ditte al servizio delle forze militari impiegano tecnici in numero tre volte superiore a quello delle ditte civili. Molte basi sono talmente specializzate e la loro ubicazione è così decentrata che può rivelarsi difficile il convertirle ad una gestione civile vitale.
4.4. Garanzie per i singoli addetti
L'esperienza maturata a partire dal 1960 rivela una limitata capacità di conversione dimolte ditte al servizio delle forze militari e di molte amministrazioni di basi militari. Ciò è dovuto alla difficoltà, specie tra gli amministratori ed i tecnici, di rivedere le condizioni finora ispirate a costi e sussidi particolarmente elevati, divenuti per loro un normale costume di vita professionale.
La prudenza richiede pertanto che vangano date assicurazioni ai singoli dipendenti a tutti i livelli. Tre forme di sostegno sono importanti:
a) garanzia del reddito: garanzia valevole per due anni da parte del governo federale, di reddito basato sulle retribuzioni dell'ultimo anno: 90% sui primi 20.000 dollari annui; 50% dei successivi 5.000 dollari annui. Queste somme devono essere comprensive di altri pagamenti previsti da parte del datore di lavoro, del governo, dei sindacati, ecc. (assicurazione contro la disoccupazione, indennità di licenziamento, ecc.). La garanzia sul reddito richiede la concomitante registrazione presso il Servizio Occupazione statale;
b) riqualificazione: gli impiegati dei ruoli amministrativi e tecnici sono tra i primi candidati alla riqualificazione poiché le loro capacità sono state particolarmente "viziate" ai fini delle prestazioni per impieghi civili.
Le capacità degli operai, per contrasto, non sono state modellate in uno speciale stampo industriale di tipo militare. Pertanto essi non hanno bisogno di una profonda riqualificazione;
c) indennità di trasferimento: le nuove possibilità di impiego civile al di fuori dell'area dell'industria militare, impongono il trasferimento delle famiglie. La legge dovrà prevedere un prontuario di indennità al riguardo.
Le suddette garanzie per i singoli lavoratori possono essere agevolmente soddisfatte per il tramite della rete degli Uffici del lavoro statali esistenti. Non occorrerà, pertanto, istituire a tal fine nuovi organismi.
4.5. Commissione nazionale per la conversione economica
La Commissione è necessaria per incoraggiare la programmazione economica sopra accennata, e per verificare l'effettiva disponibilità degli stanziamenti predisposti dai vari dipartimenti governativi. La Commissione dovrà preparare e pubblicare concisi manuali di guida all'attività delle commissioni preposte alla conversione degli stabilimenti industriali e delle basi militari (ad esempio: i principali quesiti da porre; dove trovare gli specialisti in materia di programmazione tecnica ed economica per la consulenza verso le commissioni locali).
La Commissione dovrà anche convocare riunioni su base regionale e nazionale, e pubblicare bollettini per lo scambio di esperienze e per stabilire raccordi tra le iniziative locali. Nulla di tutto ciò comporta una funzione di controllo nei confronti delle commissioni locali preposte alla conversione. Ogni intervento in tal senso sarebbe in contrasto con il principio e con i vantaggi derivanti da una responsabilità ed un'autorità conferite localmente.
I membri della Commissione comprendono il Segretario per il Commercio in funzione di presidente, e i rappresentanti di altri dipartimenti competenti, più cinque membri scelti tra i dirigenti di aziende e cinque rappresentanti dei lavoratori.
Coloro la cui attività dipende dagli investimenti di carattere militare sono comprensibilmente attenti alle iniziative, per quanto meritorie sotto altri rispetti, volte a ridurre i bilanci del Pentagono.
I membri del Congresso, e quanti altri sono chiamati a stanziare i fondi a favore del Pentagono per le basi militari e per i contratti industriali nei vari distretti e Stati, sono comprensibilmente sensibili alle iniziative volte a ridurre i bilanci del Pentagono, anche quando quest'ultimi appaiono basati su forti considerazioni di sicurezza nazionale.
La paura della perdita del posto di lavoro è divenuta una massiccia barriera anche nei confronti della reciproca inversione della corsa agli armamenti quale scelta volta ad accrescere la sicurezza americana.
Nel contempo, la dirigenza alla Casa Bianca ed al Pentagono, che controlla l'economia militare, si è mostrata contraria alla conversione programmata dell'economia militare a quella civile (Melman 1974, cap. 10). Si teme che, se venissero offerte possibilità al di fuori dell'economia militare, la gente potrebbe decidere di sceglierle.
5. Ricostruzione delle industrie depauperate
Possono essere individuati due tipi di impoverimento industriale. Il primo è dato dalla totale scomparsa di un'industria. Ciò significa che un prodotto scompare del tutto; che non esistono le strutture per produrlo; che gli operai, i tecnici, e i dirigenti, pratici di quella industria, si sono sparsi qua e là o sono andati in pensione. Un esempio di tale scomparsa negli Stati Uniti è quello dell'industria dei filobus, l'ultimo dei quali è stato prodotto nel 1952. Da allora in poi le strutture industriali sono state smantellate e gli addetti dispersi.
In una situazione del genere, il ripristino dell'industria significa ricominciare daccapo senza disporre di specialisti e di attrezzature ad hoc. Potrebbe perciò essere di grandissima importanza rivolgersi alle capacità dirigenziali e tecniche di altri Paesi, ove tale settore industriale opera attivamente (ad esempio, in Germania o in Giappone).
Si potrebbe, così, accelerare e facilitare un nuovo avvio negli Stati Uniti, rendendolo più celere con la disponibilità di una équipe di istruttori fatta venire dall'estero e messa a disposizione, poniamo, per due anni, per collaborare alla formazione di nuovi quadri industriali statunitensi. Nel caso di un'industria scomparsa, sarà anche necessario reperire all'estero le attrezzature speciali la cui produzione e progettazione hanno da tempo cessato di esser reperibili all'interno del Paese.
Un secondo tipo di problema di ricostruzione si verifica nel caso in cui una parte dell'industria depauperata sopravvive ed è almeno vicino a realizzare un utile economico. Ad esempio, le fabbriche più attive nel campo delle calzature negli Stati Uniti appaiono capaci di servire soddisfacentemente il mercato a fronte della concorrenza straniera. Se si osserva la Tabella 4 circa le differenze in fatto di produttività, tra le industrie, appare chiaro che il quartile superiore o la metà superiore di ciascuna industria elencata (e affine) è probabilmente capace di cavarsela economicamente.
Per queste industrie il problema è: come attivare importanti miglioramenti in fatto di produttività, in modo tale da portare la metà o i tre quarti inferiori degli stabilimenti da un dato settore industriale al livello di produttività del lavoro e del capitale già raggiunto dai più produttivi stabilimenti del quartile superiore. Da un certo punto di vista, il problema appare semplificato. I livelli di produttività segnati come obiettivi sono già raggiunti da latri.
L'adeguarsi non richiede più innovazioni di quante non ne siano necessarie per lo sfruttamento della tecnologia e della tecnica organizzative già disponibile e il cui impiego è già dimostrato.
Scarse sono le nozioni nuove da applicare. Non occorre prevedere, nei tempi del calendario della ricostruzione, ritardi dovuti ad ulteriore ricerca e sviluppo.
Ciononostante, i decisi miglioramenti in fatto di produttività richiedono sostanziali modifiche, non solo di impianti e di attrezzature, ma anche di capacità, di abitudini lavorative, di prestazioni da parte di dirigenti, di tecnici e di operai.
Occorre un'universale elevazione delle capacità professionali. Inoltre, spesso bisogna aggiungere ulteriori posti di lavoro, specie quelli del settore dei tecnici dell'industria, cui spetta prevalentemente il compito di abbassare i costi e di guidare il processo produttivo sia al livello esecutivo unitario sia nel complesso dei sistemi produttivi.
I radicali cambiamenti nell'occupazione, che sono parte inevitabile di importanti progressi nel campo della produttività, possono esser meglio gestiti quando i principali gruppi interessati possono dire la loro nei processi decisionali relativi al miglioramento produttivo. E' questo il merito principale della strategia della Commissione tripartita auspicata nella presente trattazione, relativa alla conversione militare a quella civile, nonché la ricostruzione di industrie e imprese in tutto o in parte esaurite.
I vantaggi di una vasta partecipazione nella programmazione e nell'attuazione delle operazioni di conversione, non possono essere conseguiti semplicemente rafforzando i controlli sul piano manageriale. Si ha ragione di ritenere che esista una vasta corrente di opinione che conviene sul fatto che un più intenso controllo di tipo gerarchico è necessariamente "migliore" ai fini dell'efficienza. Senza addentrarsi nel dettaglio di questo problema di fondo, basti qui indicare che, in primo luogo, virtualmente ogni indagine in materia avvalora il convincimento che non esiste alcuna connessione intermedia tra un'accresciuta intensità o costo della direzione e l'aumento di produttività.
Lo schema di Commissione tripartita per la gestione delle operazioni di conversione industriale, ha il merito di unire insieme le parti principali che hanno un interesse in gioco nelle operazioni stesse. Vi è prova abbondante che rivela che il controllo unilaterale, anziché molteplice, del tipo qui sostenuto, conduce al normale genere di frizioni, di sospetti, di perdita di tempo e di risorse derivanti dalla principale preoccupazione di assicurarsi il potere anziché cooperare sul piano della produzione.
Non si ipotizza, qui, che le differenze di classe, ai fini dell'occupazione, vengano cancellate da meccanismi quali la Commissione tripartita. Si muove, peraltro, dal presupposto che il funzionamento regolare di una simile istituzione faciliti un veloce confronto di diversi punti di vista e offra il campo per la soluzione dei problemi su base reciprocamente accettabile.
La ricostruzione economica delle industrie decotte, probabilmente richiede un'innovazione istituzionale sul piano dei finanziamenti.
Occorre mettere a disposizione i capitali per tali operazioni in maniera coerente con il metodo del controllo locale su base tripartita. Occorre divisare un congegno finanziario per cui ciascuna delle tre parti principali interessate alla ricostruzione di un'impresa possa partecipare, poniamo, con un terzo del capitale di provenienza da ciascuna parte. La dirigenza potrebbe raccogliere la propria quota attingendo alle proprie risorse o al mercato finanziario normale. I dipendenti devono trovare il modo di impiegare le vastissime riserve del fondo pensioni per tali investimenti. La quota della collettività potrebbe venire dalle finanze locali, oppure da mezzi di finanziamento resi disponibili agli enti locali.
L'effetto di un tale finanziamento misto comporta necessariamente un impegno comune alla buona riuscita. Tra l'altro, si porrebbe attenzione all'efficienza per avere il massimo successo sul mercato. Tutto ciò appare ben distante dalle condizioni di sussidio permanente da parte del governo, con il conseguente effetto di spingere al massimo la portata di tale sussidio anziché indurre una prassi decisionale volta a comprimere i costi.
Le tradizionali pressioni di ordine economico e burocratico, volte a conservare e ampliare la spesa militare come strategia primaria di sviluppo economico, collidono ora con l'interesse economico di una popolazione assai più vasta, che subisce gli effetti della disoccupazione e quelli dell'inflazione, a causa del persistere dell'economia bellica. Quindi, i sindacati come istituzione, e il più gran numero dei loro aderenti, la cui sorte dipende dalla vitalità dell'industria civile degli Stati Uniti, hanno perciò una sempre maggiore posta economica in gioco nel trasferimento dall'economia militare all'economia civile. In assenza di una conversione economica o di una opzione di ricostruzione economica, i sindacati non vedono altra alternativa possibile al sostegno - o, quanto meno - alla partecipazione, alla economia militare. La prospettiva di una legislazione sulla conversione economica e sulla capacità di ricostruzione introduce nuove scelte. Essa offrirebbe, infatti, ai sindacalisti, ai tecnici ed a quanti
svolgono un lavoro produttivo, una base nuova per un futuro economico vitale.
Note
1. V. trattazione in Melman 1976, particolarmente alle pp. 235-237.
2. Si noti il contrasto con il modo più tradizionale di valutare l'importanza dell'economia militare e cioè quello del raffronto tra spesa militare e prodotto nazionale lordo. Poiché quest'ultimo comprende il valore aggiunto di tutte le operazioni economiche, la proporzione della voce militare di un tale totale può esser piccola o può risultare in diminuzione anche quando la produzione per fini militari continua ad impiegare le quote maggiori di capitale e di tecnologie nuove, svuotando così la capacità produttiva dell'industria civile.
3. Per taluni economisti ogni aumento di prezzo costituisce inflazione. Altre interpretazioni dell'inflazione comprendono: aumenti di prezzo che riducono il potere d'acquisto dei salari; aumenti di prezzi che provocano una ridistribuzione dei redditi a favore dei ceti abbienti; aumenti dei prezzi che superino il tasso di interesse bancario sul risparmio.
4. Melman 1974, capp. 4 e 5; v. anche Melman 1965; Holloman e A. Harger 1971.
5. A questo meccanismo dell'inflazione dei prezzi giorno per giorno negli Stati Uniti è stata data espressione statistica in uno studio di Byong Hong del Dipartimento di ingegneria industriale e direzione aziendale della Columbia University dal titolo: "Inflation under Cost Pass-Along Management" (Inflazione in ragione del trasferimento dei costi), 1978. Oltre il 90% delle variazioni dei costi dal 1965 è calcolato in tal guisa.
6. Per i particolari sul funzionamento delle aziende dell'industria militare v. Fox 1974.
7. V. Fitzgerald 1972, p. 18-19. Altre parti dell'opera contengono anche capitoli pertinenti al trasferimento alle ditte civili di metodi economici militari.
8. Dipartimento del lavoro USA, 1971, p. 30. I dati per il 1970-75 sono apparsi sulla Monthly Labor Review del febbraio del 1977.
9. Melman, 1974, pp. 97-104; P. G. Musgrave, "Direct Investment Abroad and the Multinationals: Effects on the United States Economy" (Investimenti diretti all'estero e multinazionali: effetti sull'economia USA), sottocommissione per le aziende multinazionali della Commissione per le relazioni con l'estero, Senato degli Stati Uniti, Tipografia del governo degli Stati Uniti, agosto 1975, p. 14.
10. "Spesa federale: le perdite del Nord sono i guadagni della fascia del sole", National Journal, 26/6/1976; J. R. Anderson, "La bilancia dei pagamenti militari tra Stati e regioni", in Melman (a cura di), 1971.