di Franco RoccellaSOMMARIO: Agli inizi del 1982 si apre all'interno del partito radicale un complesso confronto, che vede alcuni degli eletti in Parlamento assumere posizioni decisamente filosocialiste e aspramente critiche verso la dirigenza del partito. Il confronto darà anche luogo, il 2 marzo, ad un acceso dibattito tra esponenti radicali e socialisti nella sede di "Mondoperaio" . Stimolato da un intervento di Gianfranco Spadaccia, Franco Roccella, dell'ala filosocialista, gli risponde su "Il Manifesto" con un articolo in cui chiarisce il senso dello sforzo che il partito dovrebbe fare per confrontarsi più positivamente con Craxi e i socialisti. Perché se è vero che i socialisti sono stati avversari dei radicali in molte occasioni ("a tutti gli appuntamenti il PSI ce lo siamo trovato contro", aveva osservato Spadaccia) in molte altre - che Roccella puntigliosamente elenca - essi sono stati "accanto" al partito di Pannella. Occorre comunque tener conto del fatto che il PSI soffre di una accellerata "spinta verso un primat
o di potere", ed è esposto "in modo contraddittorio" a una "felice ambiguità" se non ad "un equivoco". Ma proprio per questo è doveroso e urgente "sollecitare la verifica di un PSI stretto nella morsa di una contraddizione" pericolosa perchè forse, in termini storici, inevitabile. Occorre chiamare, sollecitare i socialisti a incontri "a breve, su temi specifici", finalizzati ad impegni comuni "sul terreno dell'azione politica".
(IL MANIFESTO, 13 marzo 1982)
Teodori non fa testo. Non lo ha mai fatto. Ma Spadaccia sì. Con lui il colloquio, o il confronto, è un atto dovuto e produttivo. Sul "manifesto" del 4 marzo Spadaccia ha scritto: »A tutti gli appuntamenti il Psi ce lo siamo trovato contro . Non è esatto. Ce lo siamo trovato certamente contro quando ci siamo scoperti solo nell'aspra postazione referendaria sull'aborto, ma qui c'era il concorso di un nostro errore che Spadaccia si ostina a non intendere. Al di là del merito specifico della legge, lo scontro con il fronte clericale era il »nostro scontro, sulla strada aperta della battaglia divorzista. Era nell'ambito dello schieramento »anticlericale , era su questo itinerario che i radicali dovevano notificare la volontà di migliorare, o, se si vuole, di riscattare la qualità della legge, offrendo tutte le opportunità ad un »sì dei socialisti in qual caso tutt'altro che impossibile.
E' innegabile comunque che i socialisti ci sono stati estranei e ostili in alcuni momenti di grande significato e su alcuni temi di grosso spessore enumerati da Spadaccia. E aggiungo non solo in quelli. Ma ce li siamo trovati accanto in altre e altrettanto significative occasioni: l'affare Moro e l'affare D'Urso innanzi tutto, e più di recente le vicende del Salvador, lo scorporo della Disp dal Cnen, l'iscrizione nel programma dei lavori della Camera della riforma del codice di procedura penale.
Si tratta di contraddizioni incalzanti, nelle cose e negli eventi, tanto più urgenti quanto più si accentua e si accelera nel Psi la spinta verso un primato di potere. Quel primato veleggia col vento in poppa perché reca contraddittoriamente in sé l'»equivoco di un segno »liberatorio .
La contraddizione, del resto, investe tutta l'esperienza del socialismo europeo. E' un fatto che dai processi culturali e istituzionali delle libertà, dei quali è da tempo protagonista, il socialismo è investito dal più arduo problema politico che ne segna il travaglio e la tensione di fondo: un trasferimento di poteri dallo stato alla società civile con tutte le implicazioni di coerenza che ne derivano, dalla definizione della forma partito sino alla posizione della sinistra nello spazio aperto al rischio delle nuove libertà.
E' questo in Italia il terreno specifico dei radicali: le grandi lotte per il divorzio, l'aborto, l'obiezione di coscienza, la richiesta di autenticità della politica, la predilezione dei valori come suo fondamento, l'elezione della non violenza e del diritto, e nel contempo della disubbidienza civile, la stessa rivendicazione di puntualità nel rispetto delle »regole del gioco , la difesa del garantismo come principio fondamentale della nostra civiltà giuridica, lo sforzo di intendere le emarginazioni della nostra società contemporanea che incidono sulla stessa nozione di classe sono lì, in tutta la loro evidenza, a testimoniarlo. Ma è anche vero che rientra nello stesso ambito il tentativo del Psi, in uno dei suoi alterni periodi felici, di recuperare alla democrazia un settore fra i più delicati dei poteri discrezionali dello Stato, i cosiddetti corpi separati, con tutti i convincimenti che questo comporta in termini di definizione di valori istituzionali, di gestione del potere, di costume.
Su questo versante il Psi è esposto in modo contraddittorio, con l'aggravante che in Italia alla drammatica dialettica della società civile si contrappongono una società politica vincolata dagli schemi di una partitocrazia pancontrattualistica e un conseguente processo di regime giocato sul filo della subordinazione della Costituzione alle vistose carenze delle forze e della lotta politica. Ho parlato di »equivoco e potrei dire »felice ambiguità, felice sino a quando la contraddizione non brucia gli spazi di disponibilità che in essa sopravvivono.
Siamo a quel punto? Ritengo di no. C'è solo malafede e perversità in questo equivoco? E' soltanto la protezione di una mistificazione che mimetizza una scelta ormai scontata? Non mi sento di rispondere alla prima domanda in termini moralistici e alla seconda con rassegnazione deterministica. Sono un laico. E perciò, quando la crisi che investe il paese minaccia di risolversi nel processo di regime strozzando la stessa garanzia radicale (altro che insufficienza filologica e di strumentazione di cui ha parlato Teodori su "Repubblica!"), quando il »nuovo corso del Pci rischia di trovarsi senza interlocutori se non i disarmati e i complici, quando la Dc matura un suo profondo mutamento »cattolico sommerso, io mi muovo all'interno della contraddizione, ne cerco gli spazi di disponibilità per aspri che siano e vado alla verifica assumendone l'onere.
Certo, il pericolo che la contraddizione in cui versa il Psi consumi le proprie risorse risolutive c'è ed è in taluni comportamenti del Psi di oggi. Mi riferisco innanzi tutto al senso ultimativo che minaccia di assumere l'attuale esperienza di governo, al pericolo cioè che il Psi si contrapponga alla logica della unità nazionale limitandosi a rovesciare la medaglia; mi riferisco al governo delle istituzioni, alle lottizzazioni, al controllo dell'informazione, alle connivenze sindoniane, all'inquirente, alla »riforma del regolamento della Camera, alla decretazione d'urgenza, alla politica degli armamenti, al finanziamento pubblico dei partiti e via di questo passo. Ma mi riferisco soprattutto alla risposta sin qui data alla nostra proposta sullo sterminio per fame nel mondo, alla manomissione, nei fatti, della Costituzione, alle determinazioni che investono il nostro ordinamento giuridico, alla gestione dell'informazione radiotelevisiva, alla P2 come punto di messa a fuoco di una inquadratura più vasta i cu
i contorni non sono soltanto nazionali, al favoreggiamento del nucleare.
Sono politiche, queste ultime, che nella situazione data, possono meno, molto meno delle altre, invocare l'attenuante della »governabilità .
Ma proprio nel momento in cui il compromesso governabile minaccia di tradursi in compromissione irreversibile, ritengo doveroso, urgente e proficuo sollecitare la verifica di un Psi stretto nella morsa di una contraddizione nella quale operano sullo stesso versante, non solo richiami »obbligati di tensione culturale, ma anche l'esigenza di neutralizzare le prospettive condizionanti e altrettanto »obbligate delle cose.
La richiesta è semplice e ragionevole: che sia chiara e leggibile al di là dei compromessi, pur sempre bocciati dagli oppositori radicali, la grande direttrice di marcia indicata dallo Stesso Psi con l'ipotesi di un'area socialista, rispetto alla quale sia fatta consapevolmente salva la garanzia radicale e la tendenza socialista.
Dunque verificheranno. I compagni socialisti che hanno partecipato all'incontro del 2 marzo hanno pronunciato parole estremamente impegnative. Io non faccio processi né palingenetiche concessioni alle intenzioni. Mi limito a prendere atto e a passare alla verifica alla quale, da radicale, sono interessato. Perciò ho chiesto, assieme agli altri partecipanti radicali, incontri a breve su temi specifici, finalizzati alla assunzione di impegni comuni sul terreno della azione politica. Si vedrà.