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Bortolini Francesco - 18 marzo 1982
L'informazione radiotelevisiva: la menzogna elettronica
di Francesco Bortolini

SOMMARIO: La relazione di Francesco Bortolini al Convegno "Il governo dal monopolio pubblico radiotelevisivi" organizzato dal Centro Calamandrei a Roma il 18/21 marzo 1982. La nostra democrazia è "zoppa" perché la"lingua" dell'informazione è stata sequestrata dai Rai: "non ha come punto di riferimento la realtà, perché non ha come scopo quello di comunicare eventi o sequenze di eventi secondo criteri di verità, ma si pone come quotidiano supporto al servizio della DC e dei suoi alleati di governo e di maggioranza".

(CENTRO DI INIZIATIVA GIURIDICA PIERO CALAMANDREI, 18 marzo 1982)

"NdA: Questa relazione non ignora affatto, anzi ha come presupposto, i rilevamenti analitico-quantitativi compiuti dal Centro d'Ascolto sulla Rai (e riportati recentemente nel libro bianco e nel dossier del Partito Radicale sull'informazione radiotelevisiva). Se i dati sono stati omessi è perché è sembrato più opportuno in questa sede soffermarsi su alcuni aspetti ed episodi particolarmente significativi dell'uso della lingua e delle immagini da parte della Rai-Tv."

"La lingua sequestrata"

Conviene rendere subito nota la tesi di questa breve relazione: la nostra democrazia è zoppa perché, a partire dal 1945, una lingua è stata sequestrata, rinchiusa dentro poche stanze, a via del Babuino 9 e a via Teulada 66 con l'avvento della TV all'inizio degli anni cinquanta. Si tratta di una lingua parlata da alcune centinaia di persone, i giornalisti della radio e della TV pubbliche, che ne conservano gelosamente, nel tempo, gli infami segreti. Una strana lingua ascoltata fra le 19,45 e le 20,40 di tutti i giorni da circa 25 milioni di cittadini che, a seconda del loro grado di cultura, o sono in grado di decodificarla criticamente o la subiscono con lo stesso atteggiamento passivo-fiducioso-rassegnato che caratterizza la partecipazione alle cerimonie religiose. Una lingua sequestrata e solo ascoltata, capita o non capita, mai parlata, priva di influenze dirette e definitive sull'italiano medio che si è invece modellato sul messaggio televisivo al di fuori della informazione: quello dei quiz, della pubbl

icità, del varietà e delle traduzioni approssimative dei telefilm americani.

Questa lingua non ha come punto di riferimento la realtà, perché non ha come scopo quello di comunicare eventi o sequenze di eventi secondo criteri di verità, ma si pone come quotidiano supporto al servizio della DC e dei suoi alleati di governo e di maggioranza. Diciamo quindi che la lingua sequestrata è pagata, attraverso il meccanismo del canone, da tutti i cittadini, ma serve realmente alla promozione e alla conservazione di minuscoli gruppi di potere all'interno dei partiti che contano. Nel caso della informazione converrà dunque parlare di oligopolio e di disservizio pubblico, piuttosto che di monopolio (di quale Stato?) o di servizio pubblico.

Il meccanismo che procura le vestali preposte alla lingua-fuoco della informazione è quello, tollerato e teorizzato, della lottizzazione nelle sue infinite versioni: spartizione selvaggia, zebrata (con la DC e il PSI in veste di bianco e di nero); condita con qualche comunista la lottizzazione viene comunemente chiamata professionalità.

La lottizzazione è un cancro ricco di metastasi - le successive spartizioni - che rende sempre più precarie le condizioni di salute della informazione, fino alla morte. La morte della informazione radiotelevisiva è avvenuta già da tempo, nonostante la legge 103 e, forse, con la complicità della Commissione parlamentare di vigilanza. Quelli che vedete la sera sugli schermi televisivi sono quindi fantasmi "zombi" che hanno giurato fedeltà a un padrino-padrone oltre la loro morte naturale.

"La lingua paterna"

La sera di giovedì 14 gennaio 1982 TG1 e TG2 trasmettono le immagini del disastro aereo di Washington: sono alcune sequenze bellissime, drammatiche in sé, e molto efficaci. Ecco un caso in cui l'immagine, da sola, dice già tutto. Nella edizione che vedono i telespettatori italiani un commento ossessivo, che descrive quello che si sta vedendo, invece che arricchire l'informazione, la impoverisce e la rende in qualche modo falsa. Alla fine una intervista con un superstite che racconta seccamente quel che ha visto e vissuto viene corredata con un "over-sound" retorico, piagnucoloso e ridicolo. Ecco una epifania della lingua sequestrata che è la spia di uno dei capisaldi ideologici che presiedono alla informazione elettronica: il telespettatore è, mediamente, un cretino e quindi va guidato, indirizzato, assistito.

Dunque con l'esempio riportato sopra abbiamo messo in evidenza un aspetto: il paternalismo. Vediamo ora altre manifestazioni della lingua sequestrata.

"La lingua si fa carne"

Protagonista dei TG è senza dubbio il conduttore, un giornalista simbolo che ha il compito di cucire i vari servizi, le inchieste e le interviste. Il suo ruolo è inutile: normalmente riassume in testa ai filmati e ai collegamenti le notizie che sentiremo di lì a qualche secondo. Inoltre legge notizie redazionali di un certo rilievo, lasciando il campo allo speaker quando gli avvenimenti sono di minor importanza.

Il conduttore ha, di norma, una sua neutralità rispetto al flusso delle notizie. I conduttori del TG1 sono più compassati e seri rispetto a quelli del TG2; l'annaspante e balbettante Piera Rolandi deve essere la risposta laica al sinistro Massimo Valentini. Eppure identica resta la funzione del conduttore, che è insieme veicolo di lingua parlata e, come immagine, lingua fatta carne. E se il sorriso, appena accennato e agghiacciante, di Mario Pastore alla fine del TG2 fosse una chiave di lettura totale e definitiva? Una maniera per suggerire ``anche questa sera abbiamo scherzato''.

"Dire messa"

Se i giornalisti in generale sono i sacerdoti della lingua elettronica, si può dire per analogia che i conduttori sono vescovi o cardinali. E la loro conduzione è proprio un dir Messa grande in cui l'"introibo" è la dichiarazione di Piccoli, il Vangelo lo scolorito collegamento con Montecitorio, ottima occasione non per sintetizzare la giornata parlamentare ma per raccontare le piccole beghe fra partiti, con le loro divergenze e le loro convergenze, o con il triste tirar di scherma fra Claudio Martelli e lo sfidante di turno.

E poi il comitato centrale, l'assemblea di rifondazione, il pic-nic di riflessione, la "tournée" in provincia di Spadolini e le sue visite a Pietro Longo che ha l'influenza, convegni sullo stato spettacolo, tavole rotonde su quale socialismo o su quale terza via.

La politica estera è solo parmigiano per insaporire la misera battaglia politica di casa nostra. Tutti momenti omologabili a elevazioni o comunioni, sino all'"ite missa est" del sommario di coda.

E ogni volta che la camera apre in studio un silenzio che sa di vuoto. Si accende il telefono: con imbarazzo, tremante, il conduttore alza la cornetta. Chi chiama? Che cosa succede? Non è niente, è solo l'"ampex" che non è pronto. Lo vedremo insieme più avanti. La messa può e deve continuare.

"I costi della lingua"

Per capire fino in fondo di chi sono i TG, più che le pur importanti rilevazioni sui tempi, varrebbe meglio un'analisi dei costi.

Sappiamo che, scelto un periodo campione di una certa rilevanza, l'85% delle informazioni politiche dei TG è dedicato al governo e alla maggioranza; il restante 15% è per le opposizioni. Sul piano della spesa questo rapporto percentuale andrebbe ancora allargato a favore della maggioranza. Per una festa dell'Amicizia o per un viaggio in paesi lontani di Craxi la Rai mette in campi una quantità di mezzi di produzione enorme, sostanzialmente senza limiti. Più contenute invece le spese quando si tratta di filmare avvenimenti politici di opposizione, a volte fino al risparmio totale nel caso, per esempio, del MSI o dei radicali. Numerose "troupes" cinematografiche, pullman tricamere o quadricamere sono quotidianamente inchiodati davanti alle sedi dei partiti che contano in attesa di registrare la dichiarazione di Flaminio Piccoli e la quotidiana propaganda pensionistica di Pietro Longo.

E mentre questi mezzi, e quindi questo pubblico danaro, sono paralizzati a ridosso dei palazzi dei potenti, fuori la realtà corre, drammatica e contraddittoria, senza che nessuno si sogni di darne conto. Non è un caso che una squadra leggera di GBR, una TV privata fra le peggio, abbia filmato le prime immagini del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Sarebbe interessante vedere dove erano impegnati i mezzi cinematografici o elettronici della Rai la mattina del 9 maggio 1978.

La disparità dei mezzi messi in campo ha delle conseguenze dirette sulla qualità del prodotto. Belle luci, buon sonoro, macchina sul cavalletto per l'intervista serale a Piccoli; macchina a mano un poco traballante, sonoro improbabile (quando c'è) se sul video compaiono parti politiche o sociali tagliato fuori dal gioco della lottizzazione.

Dunque: 85% della informazione dedicata al governo e ai partiti di maggioranza; 15% alle opposizioni. Di conseguenza alla realtà del paese spetta lo zero per cento dell'attenzione dei TG. Pochino.

"La lingua della morte"

Altra caratteristica della informazione elettronica è la forte presenza della morte in tutte le varianti possibili: la morte violenta del terrorista o del poliziotto, il funerale dell'uomo politico, i morti per droga e quelli per camorra (con un gusto da ragioniere per le statistiche: "Dal primo gennaio sono 112 i morti a Napoli, undici di più rispetto all'anno scorso nello stesso periodo"). E poi ci sono i bambini seviziati e gli ammazzati nelle carceri, le vittime della strada e i padri uccisi dai figli giovinetti. Quasi mai si parla invece delle morti sul lavoro: ma questo è un altro discorso.

Una informazione così attenta al lutto potrebbe sembrare a prima vista contraddittoria in una società che rimuove il fenomeno morte. Si può tentare una spiegazione. I TG come certe favole piene di terrori, di streghe cattive, di boschi insidiosi, ma con il lieto fine dietro l'angolo. E' come se Craxi e Piccoli, Longo e Zanone prendessero per mano e baciassero tutte le sere i telespettatori uno ad uno, restituendo loro la vita e la fiducia nel domani. E questo secondo lo schema: ``il mondo è pieno di orrori e di guerre, l'uomo è cattivo, la vita difficile ed oscura. Nonostante tutto questo una classe politica di governo, casinara ma fondamentalmente sana, lavora per voi. E' per te caro telespettatore (i politici hanno imparato tutti a guardare in macchina) che Craxi telefona ogni giorno a Piccoli. E' per te sfrattato che stai mangiando la minestra, che lavora indefessamente (o fessamente?) Nicolazzi. E' proprio per te terremotato che Zamberletti vola in elicottero sopra le rovine''. E via rappresentando, in u

na sorta di teatrino di regime che la Rai, per poche lire l'anno, offre agli affezionati abbonati.

"Rispettività della lingua"

La struttura dei TG è compatta, la successione delle notizie segue canoni rigidi: nella zona alta le cose più importanti, mentre, mano a mano che si va verso la fine, fra le pieghe trovano spazio fatti e personaggi considerati di serie B. Con il risultato che la dose di menzogna e di conformismo è più forte nei primi venti minuti che nei successivi venti (continuiamo a parlare dei TG serali di maggior ascolto, e qui converrà notare che sono di inusitata lunghezza rispetto ai notiziari di Paesi simili al nostro). Le notizie hanno un carattere di acronicamente ripetitivo, un tono costante che non prevede rotture o lacerazioni. Anche lì dove vi è qualche concessione all'originalità, l'iterazione è la regola: pensiamo ai collegamenti del TG2 con Emmanuele Rocco a Montecitorio che hanno sì fisionomia di burletta e di farsaccia, ma mantengono questa fisionomia come costante priva di sorpresa. Il meccanismo della iterazione sembra mediato in materia diretta dal mondo della pubblicità. Nessuno infatti crede che al r

agazzo seborroico basterà una passata di quel tal "shampoo" per allontanare la forfora e avvicinare le donne più belle; eppure quando si va a comperare lo "shampoo" ci verrà in mente solo quel nome. La stessa cosa pare valga per l'informazione televisiva. Pochi credono alle dichiarazioni serali di Craxi o di Piccoli, ma poi, quando vanno a votare i nomi e i simboli che conoscono sono quelli: DC, PSI, PSDI ecc.

"La lingua minerale"

La TV di stato dunque racconta e celebra il potere, portando ogni sera nelle case degli italiani i volti e le storie di Craxi e di Piccoli ma anche di Lama o di Merloni.

La rappresentazione televisiva della classe politica rifugge dal "plein air" e si affida invece a una sequenza di interni, con la sfilata dei politici normalmente seduti a un tavolo, più raramente in piedi e solo quando affrontano la fase di trasferimento di un tavolo a un altro, dove troveranno ad attenderli le solite cineprese e le solite telecamere.

Grande e sbalorditivo il consumo di acqua minerale che, più che dissetare bocche arse, serve a suggerire al cittadino l'idea della sobrietà e della povertà. Queste immagini in interni prive di carica visuale sono supportate dalla parola, o dal commento del giornalista (affettuoso e benevolo) o dalla ``scopertura'' della voce di uno o più protagonisti. Anche qui l'iterazione la fa da padrona: le riprese delle riunioni della direzione socialdemocratica - per esempio - pur essendo effettuate in giorni, settimane e mesi differenti sono speculamente identiche, tanto che si può sapere in precedenza quale posto nella successione della panoramica occuperà Giampiero Orsello; alla fine della panoramica zoom in avanti a stringere sul volto del segretario Pietro Longo. Oppure altro stilema: direzione del PSI, zoom indietro a partire dal garofano fino a scoprire la sala rinnovata di fresco, al centro dell'inquadratura Bettino Craxi in giacca a vento bianca, ai lati del segretario i due vice sportivamente arroganti. Piace

ranno alle signore.

Quando i politici parlano al chiuso, appena si accenderanno i "flash", il pubblico sfoggerà la sua aria più assorta; è finito il tempo del cittadino che guarda in macchina e saluta festosamente. Se poi qualcuno durante la ripresa sbadiglia o si mette le dita nel naso sarà un abile montaggio a decapitare lo sventurato. E qui voglio dire cosa già nota: è proprio in sede di montaggio che si effettua ogni sorta di manipolazione. Continua, invece la ripresa ossessiva dell'unica (o delle poche) donna in sala, con la cinepresa usata come protesi elettronica del pappagallismo nazionale.

"Un dilemma"

L'informazione televisiva e radiofonica è cattiva perché è in mano a dilettanti incompetenti o perché è gestita da professionisti in malafede?

Uova o gallina?

Forse è più giusto partire dalla constatazione della violenza in sé del mezzo, soprattutto di quello televisivo.

Ma se il mezzo è così potente, a maggior ragione bisognerà sottrarlo al più presto al controllo dei dilettanti incompetenti o, se preferite, dei professionisti in malafede. Prima che sia troppo tardi.

"La lingua tiene"

Dalle poche cose che abbiamo detto fin qui, parrebbe conseguenza ovvia che questi TG e questi GR non li veda e non li ascolti nessuno. Invece l'ascolto tiene.

Tiene perché corrisponde a un bisogno del pubblico: la gente ha voglia di sapere e di capire.

E questo bisogno, questa voglia oltreppassano e superano il dato della falsità, della non obiettività e della non completezza della informazione elettronica. Ecco quindi nella sua crudità la contraddizione: più aumenta la domanda di conoscere, più scade sul piano della qualità l'offerta di informazione. Ma il non poter attingere ad altre fonti di approvvigionamento lega in abbraccio mortale il pubblico e i tenutari delle notizie radiotelevisive.

Questa dipendenza fra telespettatore e notiziario TV è particolarmente evidente nei casi di sciopero: una televisione senza l'appuntamento serale delle 20 semina nel pubblico una sorta di disagio, di scoramento e di paura.

"La lingua contro Rosario"

Roma. La mattina del 2 marzo agenti della Digos compiono una perquisizione al piano terra di Viale Mazzini 14. Negli armadietti degli operai telefonici cercano armi o documenti e trovano invece dentifrici e spazzolini da denti. La perquisizione segue di qualche ora il fermo o l'arresto (ancora non si sa) di Rosario Rizzuti, un giovane operaio telefonico che da cinque anni presta servizio in Direzione Generale.

A viale Mazzini tutti conoscono Rosario: è quel ragazzo bruno che interviene nel corso di tutte le assemblee, che partecipa attivamente a tutti gli scioperi e che è stato particolarmente attivo nella lotta dei lavoratori della Rai contro l'ultima grande ondata lottizzatrice, quella del settembre del 1980.

Il TG2 delle 19,45 della stessa sera nel corso di una notizia redazionale (n. progressivo 32, durata 26'') dice testualmente: "Inoltre è stata confermata la notizia dell'arresto di una talpa delle BR all'interno della Rai, si tratta di un operaio telefonico che aveva accesso ai centralini di via Teulada, non si conosce ancora il suo nome".

Più sfumato e più prudente il TG1 delle 20 (notizia redazionale n. 6, durata 18''): "...per altre 15 persone è stato preso il provvedimento del fermo, e fra queste figura un operaio telefonico della Rai".

La notizia di testa del GR1 delle 8 del giorno successivo (conduce in studio Aldo Bello) riguarda le talpe in generale e Rosario Rizzuti in particolare: "...l'altra talpa era tra di noi, addetta alla manutenzione dei telefoni della Rai in via Teulada, sede dei telegiornali, forse con il compito di schedare giornalisti, dirigenti o personale. L'arrestato si chiama Roberto Ricciuti". Sempre il 3 marzo, nel corso del TG2 serale, Enrico Messina (notizia n. 31, durata 2' 53'') rinterviene sulle talpe. A un certo punto traccia la fisionomia della talpa tipo: c'è quella tranquilla e "c'è invece chi, e questo avviene soprattutto nei servizi, ha il compito di disturbare per ogni motivo il lavoro quotidiano, fomentando discordie (le assemblee?), scissioni in campo sindacale formazione di collettivi e di comitati di lotta (la battaglia contro le nomine del 1980). In questi casi l'impegno è soprattutto quello di sabotare le posizioni assunte dai sindacati unitari, CGIL CISL e UIL. Una tela di ragno dunque... ...il centr

alinista della Rai poteva sapere di dirigenti e di giornalisti, di impiegati del CNR e del Cnen, di documenti scientifici di particolare interesse".

Fin dalla mattina del 2 marzo il direttore generale, attraverso il capo ufficio stampa, era in grado di dare alcune informazioni, prima di tutto ai TG e ai GR. Poteva fornire il nome e il cognome esatti del fermato; poteva dichiarare che faceva l'operaio telefonico, che operava esclusivamente a viale Mazzini e che lavorava sempre in squadra. Queste poche notizie avrebbero in un sol colpo evitato al servizio pubblico di dire in radio e in Tv una serie di gravissime sciocchezze: Rosario Rizzuti e non Roberto Ricciuti, operaio telefonico e non centralinista, viale Mazzini e non via Teulada ecc. Invece l'Azienda ha scelto ancora una volta il silenzio e non ha voluto nemmeno smentire a posteriori gli svarioni che accumulavano nei giorni successivi i suoi giornalisti.

Come vedete l'esempio è minuscolo. Eppure la conclusione non può essere catastrofica: come può una Azienda che non sa e non vuole informare correttamente su quello che avviene nel suo cuore pretendere di informare in regime di monopolio (di fatto) su quello che avviene nel paese e nel mondo?

 
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