Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
dom 28 apr. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Teodori Massimo - 1 maggio 1982
La Banda Sindona (6) Epilogo. L'intervento dei poteri occulti: mafia, massoneria e servizi segreti
Storia di un ricatto: Democrazia Cristiana, Vaticano, Bankitalia, P2, Mafia, Servizi Segreti

di Massimo Teodori

SOMMARIO: Questo libro sulla vicenda Sindona - il cui autore è stato membro della Commissione d'inchiesta parlamentare - offre una interpretazione complessiva - "tecnica" e politica - dell'intera vicenda basata sugli elementi raccolti dalla Commissione stessa.

1. Come, quando e perché si disvela la trama del sistema di potere sindoniano.

2. Perché Sindona ebbe una grande ascesa e quali furono i padrini e gli alleati; quale sistema di potere si è costituito intorno a Sindona.

8. Perché avviene il crack, e come il sistema di potere mostra le sue contraddizioni.

4. Quale azione il sistema Sindona mette in atto per contrastare la caduta, e quali ne sono i protagonisti.

5. Le connessioni del sistema Sindona con la Loggia massonica P2.

6. Il significato della "fuga" di Sindona in Sicilia, quali i ricatti posti in essere, e il ruolo della mafia, della massoneria e dei Servizi segreti.

Massimo Teodori (1938), militante del Partito radicale fin dalla fondazione, nel 1955, è attualmente deputato al Parlamento. Professore di Storia americana, è autore di numerosi libri tra cui "La nuova sinistra americana" (1969) e "Storia delle Nuove sinistre in Europa 1956-1976" (1977), e coautore di "I nuovi radicali" (1977) e "Radicali o qualunquisti?" (1979).

("La Banda Sindona", GAMMALIBRI, maggio 1982)

6.1. La fuga da New York e la permanenza in Sicilia: agosto ottobre 1979.

Il 12 luglio 1979 veniva assassinato a Milano l'avvocato Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore delle banche sindoniane, dopo che per sei mesi era stato fatto oggetto di minacce e di intimidazioni. In Italia tutti i progetti di sistemazione patrocinati dai sindoniani, uomini politici e di governo, banchieri e piduisti, non avevano avuto successo. Negli Stati Uniti le vicende giudiziarie per il bancarottiere si mettevano male, con il processo per il fallimento della Franklin Bank e con una libertà provvisoria ottenuta da Sindona dietro il pagamento di una cauzione molto alta.

La strategia tesa alla revoca della liquidazione coatta delle banche in Italia, a partire dalla quale sarebbe stato possibile invertire il corso della giustizia civile e penale, mostrava la corda dopo cinque anni di insuccessi. I.'estradizione dagli USA in Italia, cui Sindona e il suo gruppo si erano così pervicacemente opposti, era stata sì ritardata e non ottenuta dai magistrati italiani, ma erano venuti al pettine i nodi giudiziari americani, con un corso meno intralciabile di quello italiano.

In questo quadro si colloca la sparizione di Sindona da New York il 2 agosto 1979, che apre una ulteriore fase della vicenda, tutta imperniata sulla strategia del ricatto e sui relativi protagonisti.

La cronaca di quello che voleva apparire in un primo tempo come un "rapimento", e che poi è risultato un viaggio volontario di Sindona in Sicilia, è ormai nota in ogni aspetto.

Attraverso un tortuoso giro, Sindona, sotto il falso nome di Joseph Bonamico, transita per Vienna e Atene, e di qui si dirige in Sicilia, dove rimane a Palermo fino al 9 ottobre successivo. Ancora con la falsa identità, Sindona, via Francoforte, torna negli Stati Uniti, dove riappare il 16 ottobre 1979, a New York, facendo ancora finta di essere stato tenuto prigioniero da un non meglio identificato "gruppo per una migliore giustizia proletaria".

Con la scomparsa dagli Stati Uniti, Sindona era riuscito a evitare alcune udienze di processi che lo riguardavano, anche se il rinvio per assenza durante quei 75 giorni sarebbe stato presto colmato con la ripresa del regolare corso della giustizia americana, che avrebbe aggiunto al processo per la Franklin anche il processo per la fuga, con le relative dure condanne emesse dai magistrati americani in entrambi i procedimenti.

6.2. I protagonisti mafiosi e i termini del ricatto.

Chi sono i protagonisti della fuga e che cosa fa Sindona durante la permanenza in Sicilia? Partecipa attivamente alla organizzazione del viaggio nelle diverse fasi Joseph Miceli Crimi, che si avvale in un primo momento dei siciliani o siculo americani Joseph Macaluso, Antonio Caruso, Giacomo Vitale, Francesco Fodera, Ignazio Puccio, Giuseppe Sano e Paola Longo, mentre in un secondo momento subentrano nella gestione del soggiorno siciliano John Gambino, i fratelli Rosario e Vincenzo Spatola, nella cui casa il 6 settembre si trasferisce Sindona, nonché altri appartenenti al medesimo clan mafioso, come gli Inzerillo.

Non c'è dubbio alcuno, dalle documentazioni e testimonianze prese in esame dalla Commissione, che tutta l'organizzazione della fuga da New York (per esempio, l'apprestamento del falso passaporto), poi la sua realizzazione pratica con vari passaggi a Vienna, ad Atene, a Brindisi e nel catanese, quindi l'attività messa in atto a Palermo da Sindona, sia stata svolta nell'ambito di una rete mafiosa, intendendosi con questo termine non già una generica dizione di ambiente, ma una precisa indicazione dei centri organizzati del business criminale. Al riguardo va ancora precisato che probabilmente, nel periodo siciliano della vicenda Sindona, si sovrappone e si sussegue l'azione di due diversi clan mafiosi, il primo che ha l'esponente di maggior rilievo in Joseph Macaluso, titolare di una serie di attività economico finanziarie legali illegali nel newyorkese, e il secondo (a partire dal trasferimento di Sindona il 6 settembre dalla casa di Paola Longo, amica del Miceli Crimi, alla casa degli Spatola) facente capo a

John Gambino, un importante boss mafioso di Cosa Nostra, nipote del più tristemente celebre Charles Gambino.

Sappiamo che da Palermo Sindona e il suo gruppo di accoliti custodi svolgono una intensa attività di contatti, telefonate e lettere, fatte spedire anche dagli Stati Uniti a firma del sedicente gruppo rapinatore, tutte indirizzate a stabilire collegamenti, effettuare minacce e ottenere documenti. Sindona incontra alcuni esponenti della massoneria siciliana, tra cui il dottor Michele Barresi, presidente di una loggia molto particolare, la "Camea", cui apparteneva anche il Vitale, e Salvatore Bellassai, braccio destro della P2 di Gelli in Sicilia nel medesimo periodo un'opera ancora più vasta di collega menti massonici viene esplicata dal Miceli Crimi, del quale si sono già ricordati i viaggi ad Arezzo e gli incontri con Lici Gelli.

Telefonate e lettere sono indirizzate da Sindona ad altri membri della équipe sindoniana, a Pier Sandro Magnoni, ai legali e a esponenti mafiosi al di qua e al di là dell'Atlantico. Dopo una serie di telefonate estorsive agli avvocati Gambin e Guzzi, in una lettera indirizzata a quest'ultimo, scritta d Sindona ma che doveva apparire come lettera dei rapitori, sequestrata al postino Vincenzo Spatola il 9 ottobre mentre stava recapitando, sono contenuti con precisione il tipo di documenti alla cui ricerca Sindona era teso e di cui faceva gran parlare con tutti i suoi complici di avventure.

Sindona chiedeva a Guzzi di mettere a disposizione dei presunti rapitori materiale documentario concernente operazioni di qualsiasi tipo, lecite e illecite, riguardanti il gruppo, partiti e personalità politiche, importanti società italia quelle irregolari ai danni dei piccoli azionisti, e ogni cosa irregolare riguardante il Vaticano, Snia Viscosa, Montedison, Agnelli, Musini, Rovelli, Bonomi, Monti... e quanto al fosse stato possibile reperire sulle passate connessioni del gruppo sindoniano con il potere politico e finanziario italiano, i bilanci falsi, i pagamenti accertati attraverso società estere, gli scandali fiscali riguardanti i big della finanza, l'affare Fidia Montecatini Vetrocoke, e qualche nome fra i più importanti della cosiddetta "lista dei 500". Qualche giorno prima della consegna della lettera che conteneva molto verosimilmente tutti i termini che sarebbero dovuti servire come base dei ricatti tentati o da tentare, alcune azioni criminali di intimidazione venivano messe in atto, da parte di

manodopera mafiosa dello stesso clan che teneva Sindona in Sicilia, nei confronti del banchiere Enrico Cuccia, la cui porta di casa a Milano veniva bruciata, e di sua figlia che riceveva minacce telefoniche.

6.3. I dati dell'"avventura siciliana".

I dati dunque dell'avventura siciliana di Sindona sono tutti disponibili per consentire l'interpretazione di una vicenda così intricata nella quale entra persino il ferimento effettuato dal Miceli Crimi al Sindona, in presenza del Gambino, pochi giorni prima del rientro e della sua riapparizione a New York.

Primo - Sindona deve scomparire dalla scena americana e simulare un rapimento, ma oltre a ciò deve anche recarsi in Italia (Sicilia), e forse anche in altri Paesi europei quali l'Austria;

Secondo - L'operazione sparizione è concordata e organizzata con alcuni centri importanti del business mafioso siculo americano che, attraverso John Gambino, segue direttamente tutta l'operazione sparizione;

Terzo - Sindona enuncia tre ragioni intrecciate per giustificare il suo viaggio in Sicilia: operare per la riunificazione e la mobilitazione massonica in difesa di alcuni interessi politici; procedere di conseguenza a un'azione separatista siciliana, in accordo con alcuni ambienti del Pentagono, per determinare il distacco da un'Italia ormai in preda alla sinistra; cercare documenti che sarebbero potuti servire alla sua difesa politica e giudiziaria in Italia e negli Stati Uniti

Quarto - Dei tre motivi originariamente addotti, durante il viaggio cadono i primi due (mobilitazione massonica e iniziativa separatista), mentre rimane il terzo della ricerca dei documenti, che costituisce l'oggetto delle lettere e telefonate dello stesso Sindona e del Miceli Crimi;

Quinto - il collegamento durante il periodo siciliano è tenuto principalmente con ambienti massonici eversivi e particolarmente con il "maestro" della P2, Licio Gelli. Partecipa all'interno dell'avventura un personaggio come il Vitale, sospettato di collegamenti con i Servizi segreti americani;

Sesto - il rientro negli Stati Uniti si compie sotto la stretta tutela mafiosa del clan di John Gambino, che nella prima fase del viaggio sembra svolgere un ruolo minore in confronto a quello del Miceli Crimi.

6.4. Sindona prigioniero della mafia.

Dalla esemplificazione dei dati dell'enigma del viaggio siciliano, si possono avanzare alcune ipotesi interpretative. Dopo l'accelerazione del corso negativo delle proprie vicende giudiziarie in Italia e negli Stati Uniti, doveva ormai essere chiaro a Sindona e ai suoi amici che le minacce ricattatorie poste in essere progressivamente tra il 1976 e il 1979 non sortivano effetti. E ciò riguardava non solo il Sindona che metteva in opera ogni possibile azione per difendere se stesso, ma anche coloro i quali erano coinvolti negli affari sindoniani e quindi collegati alla sorte del bancarottiere per quanto riguardava gli aspetti finanziari dell'impero.

Si può allora supporre, ma più di un indizio convalida questa supposizione, che il legame finanziario fra business mafioso organizzato e gruppo sindoniano fosse assai stretto. Di più, si può arguire che le finanziarie sindoniane servissero per canalizzare e "pulire" il danaro sporco dei siculo americani implicati nei grandi traffici criminali. Tutti i mafiosi coinvolti nel soggiorno siciliano risultano del resto sotto incriminazione della magistratura per traffico di stupefacenti e simili collegate attività. Si può ancora ritenere che nel crollo finanziario di Sindona siano rimasti coinvolti capitali affidatigli dalla mafia, e che il bancarottiere abbia per anni - dopo i suoi fallimenti - fatto credere ai suoi soci clienti siculo-americani di avere in mano la possibilità di ribaltare la situazione, rientrando così in possesso delle chiavi di utilizzazione di quel che restava del suo impero finanziario con dentro gli interessi mafiosi.

Se queste ipotesi sono fondate, allora una interpretazione di una delle dimensioni del viaggio in Sicilia è che Sindona assicura alla mafia di avere in mano qualche carta da giocare in Europa e in Italia, e che quindi diveniva a tal fine necessario compiere un viaggio. Di conseguenza Sindona in un primo tempo è aiutato dai mafiosi nella ricerca e nella individuazione dei loro interessi (forse in questa chiave deve spiegarsi la sosta in Austria), ma in un secondo momento appare chiaro che Sindona non ha nulla da offrire ai suoi partners. Allora entra in scena direttamente John Gambino che tiene sotto stretta tutela Sindona per ottenere insieme allo stesso bancarottiere documenti necessari per effettuare ricatti nei confronti delle forze politiche italiane. Non potendo ribaltare la situazione e riappropriarsi del proprio denaro, la mafia cerca di entrare almeno in possesso di quel che Sindona stesso assicurava avere un valore, quello di strumenti del ricatto, e cioè la documentazione delle illegittime connessi

oni fra sistema Sindona, mondo politico, establishment finanziario e Vaticano.

6.5. L'intervento della Massoneria e le ipotesi di destabilizzazione.

La chiave per comprendere l'altra dimensione dello strano viaggio siciliano sta nella Massoneria di Miceli Crimi e di Gelli e nei loro rapporti con i Servizi segreti. Non c'è dubbio che Sindona da sempre avesse dei contatti con ambienti dei Servizi americani. E quando si nominano i Servizi, non si deve ritenere che la CIA sia qualcosa di estremamente compatto e centralizzato. Vi possono essere tante maniere di essere "amici" dei Servizi, o di una parte di essi, senza scomodare gli alti livelli. Del resto, dall'acquisto del Rome Daily American insieme con Mark Antonucci, ai rapporti con l'ambasciata americana di Roma al tempo di Graham Martin e di Robert Cunnigham, ex agente della CIA, all'offerta di un milione di dollari al Committee for the Reelection of the President (Nixon) nel 1972, alle connessioni con gli ambienti della finanza d'assalto texan nixoniana (John B. Connally, David M. Kennedy), non è un mistero per nessuno quali fossero le simpatie sindoniane. Probabilmente, in qualche ambiente del Pentago

no o dei Servizi, non erano del tutto fuori d'orizzonte progetti di destabilizzazione di un'Italia che si era spostata a sinistra, facendo leva sulle filiere italiane e internazionali che puntavano sugli stessi obiettivi. Tra queste si deve sicuramente annoverare una certa massoneria piduista, con i relativi collegamenti americani, rappresentati da quella loggia "Gran Madre dell'Universo" di Henry Clausen, del cui rapporto con i Servizi americani è ricorrente la voce.

Che Sindona possa aver inserito i suoi problemi in questa atmosfera e in questo giro è assai verosimile. L'uomo che può aver rappresentato il collegamento operativo è proprio quel Miceli Crimi, misterioso personaggio frequentatore della mafia, proveniente dagli ambienti della polizia siciliana e con una troppo rapida fortuna negli Stati Uniti, dove si trasferisce improvvisamente alla fine degli anni Sessanta, ancorché attivo esponente massonico in USA, in vaghe operazioni riunificatrici in Italia e in misteriosi incontri internazionali. A questo proposito si deve ricordare quanto emerso in Commissione su un incontro internazionale di massoni, cui il Miceli Crimi partecipò a bordo di una imbarcazione al largo di Ustica, di cui si ha traccia nelle testimonianze rese in Commissione.

Sindona può aver usato i vaghi progetti di un intervento massonico destabilizzatore, con l'uso della manodopera mafiosa in Sicilia, per inserire i propri problemi di ribaltamento della negativa situazione in un quadro più ampio, dandogli nel contempo "dignità", per così dire, di progetto politico. Che abbia ricevuto l'appoggio in simili progetti di agenzie ufficiali americane è assai cervellotico; che, invece, ne possa aver discusso in termini generali con qualche elemento di quelle agenzie può essere verosimilmente congetturato.

Così, dietro lo schermo fumoso di tali imprese e progetti, lo scopo unico che finisce per avere la permanenza siciliana di Sindona, prima aiutato e poi prigioniero della mafia, è l'effettuazione di un ricatto ultimativo attraverso la ricerca e l'utilizzazione di documenti, nonché il relativo allargamento delle alleanze con ambienti equivoci e criminali.

Prigioniero della mafia di Gambino, che esige il pagamento del conto per il danaro affidato all'impero sindoniano crollato, Sindona, avvalendosi del collegamento di Miceli Crimi, probabilmente chiede consiglio a Gelli sul da farsi in quella circostanza; e con Gelli concorda la ricerca dei documenti sulla base dei quali mettere in atto ricatti alla classe dominante italiana. Ed è ancor più probabile, che sia lo stesso Gelli a fare le ultime possibili mosse. Quando il "maestro" della P2 dice in chiave a Miceli Crimi che ha fatto qualcosa per la situazione di Sindona i cui effetti si sarebbero visti presto, forse dà notizia di qualcosa di cui non abbiamo conosciuto nulla ma che può essere avvenuto perché sarebbe in linea con tutto quanto Sindona e i suoi amici hanno fatto per anni: si tratta del tentativo, messo in opera da Gelli, di ricattare una parte della classe dominante stabilendo un contatto con metodi mafiosi per conto di Sindona con la Democrazia cristiana o con qualche suo importante esponente.

6.6. La parabola di Sindona: dall'incontro con Paolo VI alla chiesa che lo rinnega.

Con la fine dell'avventura siciliana, anche lo scontro che vede Sindona in prima fila nell'ambito delle modalità di azione del potere occulto termina. Ma non termina la più ampia attività del "governo invisibile" all'interno del quale tutta l'avventura siciliana di Sindona si inquadra a pieno titolo. E' solo la persona di Sindona che cade, e non il sistema di potere in cui si è potuto sviluppare un simile fenomeno: e la persona è in disgrazia perché una volta tanto la giustizia ha fatto, se pure con ritardi e intralci, il suo corso.

A questo punto molti hanno cercato di slacciare i propri legami con il sistema sindoniano: la Democrazia cristiana, che forse ha resistito al ricatto finale dopo aver accettato di sottoporsi, con alcuni suoi esponenti, in primo luogo Andreotti, alle pressioni di anni di azione sindoniana; la mafia, che ha cercato di avere qualcosa come una documentazione per ricattare chi la potesse ripagare di quel che probabilmente ha perso con il crack in America e in Italia; e, infine, il Vaticano.

»Caro carissimo Gelli scrive l'11 febbraio 1980 il piduista Philip Guarino da Washington »oh, come desidero vederti. Le cose del nostro amico sono peggiorate. Anche la Chiesa lo ha abbandonato. Due settimane fa tutto sembrava bene quando i cardinali hanno dichiarato di dare testimonianza in favore di Michele. Poi tutto d'un tratto il segretario di stato del Vaticano, S.E. Casaroli, ha proibito a S.E. Caprio e Guerri di dare testimonianza in favore di Michele . Al che Licio Gelli risponde a Guarino, 1'8 aprile 1980: »La mia esperienza della psicologia umana mi dice che, per certi strati dell'umanità, è una legge naturale quella di aiutare i più forti e colpire i più deboli: e così anche la chiesa non poteva non rinnegare l'uomo che, tempo addietro, aveva definito come "mandato dalla Provvidenza" .

Fra i protagonisti del governo invisibile il Vaticano occupa un posto di rilievo. L'incontro con Paolo VI apre le fortune di Sindona, che sono chiuse dalla Chiesa di Roma che lo rinnega.

 
Argomenti correlati:
gammalibri
corruzione
commissione d'inchiesta
p2
commissione
servizi segreti
dc
sicilia
usa
macaluso joseph
cosa nostra
gelli licio
cia
stampa questo documento invia questa pagina per mail