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Spadaccia Gianfranco - 28 maggio 1982
DOPO LE FALKLAND
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Per la prima volta sono venute a conflitto due potenze, entrambe appartenenti al mondo "occidentale", con rango di "media potenza", forti eserciti e armi sofisticate. Ma non si tratta solo del conflitto armato per il possesso di isole sperdute nell'Oceano. La guerra delle Falkland ha mobilitato l'attenzione del complesso militare - industriale, inverando la strategia della guerra limitata finora confinata ai paesi del Terzo e Quarto mondo: le Falkland sono state il banco di prova di nuovi e sofisticati sistemi d'arma. Torna minaccioso il ricordo della guerra di Spagna, quando si sperimento' la tecnologia militare della seconda guerra mondiale. Un colpo probabilmente definitivo alla speranza di fondare, nell'Onu e con l'Onu, un vero diritto internazionale. Il vuoto della politica europea, e nell'Europa, l'Italia eccelle per mediocrita' levantina. Dopo le Falkland, assisteremo al riarmo convenzionale, mentre il cosiddetto movimento per la pace continuera' a sfogarsi con l'anti - americanismo e la pro

testa per il riarmo nucleare.

(NOTIZIE RADICALI N. 6, 28 maggio 1982)

Le Falkland non sono un episodio bellico qualsiasi, dei tanti che hanno accompagnato questo lungo intervallo di non pace e di non guerra. Per la prima volta infatti due Paesi, entrambi in qualche modo appartenenti al mondo occidentale, entrambi con rango di media potenza, entrambi con forti eserciti e armi sofisticate, sono entrati direttamente in conflitto, impegnando decine di migliaia di uomini, armi tecnologicamente avanzate, per liberare o occupare isole in cui vivono 1.800 abitanti.

Dietro le isolate avventure del leader dei generali torturatori e della "lady di ferro", dietro le solidarietà internazionali che si sono realizzate, intorno a ciascuno dei due Paesi, dietro allo sconvolgimento e alla lacerazione delle alleanze, dietro il forsennato e impotente agitarsi della diplomazia, c'è molto di più. Non si tratta soltanto del conflitto armato di due Paesi per il possesso di piccole isole sperdute nell'Oceano.

C'è innanzitutto, il mobilitarsi dell'attenzione dell'intero "complesso militare-industriale", non soltanto argentino o britannico. La strategia della guerra limitata, la cui possibilità era rimasta confinata fino ad oggi al Medio Oriente o a Paesi sottosviluppati del Terzo e del Quarto Mondo, ha fatto con le Falkland un nuovo gigantesco passo avanti, trovando applicazione in un teatro bellico fino ad oggi inimmaginabile.

Gli Stati maggiori e le potenti lobbies dell'industria bellica, che l'hanno a lungo vagheggiata, coltivata, propagandata, non possono che compiacersene. Dopo le Falkland nulla sarà come prima nel campo della strategia militare e in quello della politica del riarmo.

Le Falkland sono state e sono per l'industria bellica un eccezionale banco di prova e di sperimentazioni dei nuovi e più sofisticati armamenti. Nei giorni successivi all'affondamento di alcune navi britanniche la televisione italiana propagandava con sistemi di vera e propria campagna pubblicitaria i sistemi di difesa antimissilistica di cacciatorpediniere prodotti da cantieri navali italiani. Il tema era: industria navale italiana all'avanguardia della tecnologia bellica. E implicito era il discorso: se la marina inglese avesse avuto i nostri sistemi missile-antimissile, se avesse avuto le nostre navi, non sarebbe stata messa in crisi. Forse per questo avevamo violato l'embargo delle forniture facendo pervenire - via Perù - i sofisticatissimi missili che hanno inferto duri colpi alla marina inglese; per meglio dimostrarlo. Non siamo forse il quinto paese esportatore di sistemi d'arma?

Torna minaccioso il ricordo della guerra di Spagna dove si sperimentò la tecnologia della seconda guerra mondiale. E anche allora le democrazie stettero a guardare, prese dai loro calcoli mercantili e dalla loro miopia politica: il problema non le riguardava, riguardava solo la Spagna.

Dietro le Falkland, c'è anche il colpo probabilmente definitivo inferto ad ogni residua speranza di fondare, nell'ONU e con l'ONU, un vero diritto internazionale. I principali avversari di questo obiettivo che era stata la grande, universale speranza dopo la seconda guerra mondiale sono state e sono le due superpotenze che aspirano ad essere gli unici arbitri del governo del mondo. Ed anche l'Europa - luogo di divisione e di irresponsabilità internazionale - ha dato, con il suo vuoto di politica e di potenza un formidabile contributo in questa direzione. E, nell'Europa, l'Italia eccelle per la sua mediocrità levantina. Quando si rinuncia alle sanzioni, si cede il passo alle armi. Le sanzioni all'Argentina andavano accompagnate alla minaccia delle sanzioni alla Gran Bretagna. Ritirarle equivaleva perdere ogni strumento di pressione negoziale sull'Argentina e, a maggior ragione, sulla Gran Bretagna. L'unica bussola d'orientamento è stata offerta dal volume del nostro export con l'Argentina e dagli "affari" ita

liani e italo-argentini. Su questi calcoli levantini sembra fondarsi la nuova politica "nazional-popolare" inaugurata dal Craxi, con il consenso democristiano e comunista.

Dopo le Falkland subiremo una nuova spinta, per effetto di tutti questi fattori, al riarmo convenzionale, con nuove enormi distruzioni di risorse, mentre il cosiddetto movimento per la pace continuerà a sfogarsi con l'anti-americanismo e a indirizzare le sue proteste verso il solo riarmo nucleare.

Il 1982 sarà ricordato come un altro anno di sterminio e di morte per l'accrescersi dell'olocausto della fame, per la morte della speranza di Solidarnosc in Polonia e di democrazia in Salvador, per i massacri delle Falkland e per quelli, necessariamente conseguenti, inevitabili, quasi dalle Falkland legittimati, di Israele in Libano.

Dobbiamo lottare perché i prossimi tre anni non assomiglino sempre più tragicamente agli anni '37, '38, '39.

 
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