La Commissione parlamentare ha davanti due strade: fare opera di verità o di destabilizzazionedi Franco de Cataldo
SOMMARIO: A nove mesi dall'insediamento della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2, le prime conclusioni: il meccanismo messo in moto da Licio Gelli non avrebbe potuto produrre i risultati che ha prodotto se non avesse agito in un ambiente gia' di per se' disposto a nutrirsi di principi contrari ai canoni di moralita' e correttezza cui devono ispirarsi le istituzioni. L'Italia e' una gigantesca P2: dall'editoria alla finanza, alla Magistratura, dalla criminalita' comune al traffico d'armi ai piu' gravi episodi terroristici, non c'e' vicenda in cui l'ombra della P2 non incomba sinistra.
(NOTIZIE RADICALI N. 9, 30 giugno 1982)
Allorché, con il rinvenimento ed il sequestro presso Gelli di una copiosa documentazione riguardante sia gli iscritti alla loggia massonica P2 ed altri argomenti di grande rilevanza nazionale, esplose il relativo affaire, si aprì subito una polemica, che percorre partiti e gruppi di opinione, non tanto sul valore della carte ritrovate, certamente enorme, ma sull'uso che delle stesse era stato fatto, sia dagli inquirenti che dalle autorità, compreso il governo ed il Parlamento. Di fronte alla facile posizione di coloro che, sostenuti da una larga maggioranza della opinione pubblica spesso propensa a condannare anche sulla base delle informazioni sommarie, ritenevano che il materiale ritrovato di per sé consentiva una serie di iniziative tendenti a intervenire in modo sostanzialmente punitivo nei confronti di quelli i cui nomi erano compresi nelle liste di Gelli, e perfino di altri, che pur non comparendo in quegli elenchi, tuttavia per ragioni di comunione di interessi, o di affinità politica, o addirittura e
lettiva non potevano essere "della banda", con riserva in un momento successivo di verificare complicità e legami, ci furono pochi i quali ritennero che anche, starei per dire perfino, in casi come quello scoperto dai giudici di Milano, pregiudiziale occorreva attenersi al principio del rispetto della persona umana, della ricerca obiettiva delle prove, del riconoscimento della presunzione di non colpevolezza contenuto, prima ancora che nella Costituzione, nei valori di civiltà di cui si è portatori.
Questi ultimi, in un clima certamente non sereno e arroventato, in cui perfino un governo venne costretto a dimettersi non si sa bene per quale motivo, ed un altro non appena insediato propose e fece approvare una delle leggi più illiberali della storia della nostra Repubblica - quella che decreta lo scioglimento delle società segrete - vennero sprezzantemente definiti "garantisti", dando a questo termine un significato deteriore quasi che fossero complici di Gelli e delle sue malefatte o, al più, degli ingenui Don Chisciotte in difesa di principi certamente inapplicabili nel caso in specie.
Si pretese che quelle certe dovessero servire a tutti i regolamenti di conti, politici e non, che, prima ancora di verificarne nei limiti del possibile la loro attendibilità, venissero usate per un'opera di "pulizia", certamente necessaria nelle istituzioni e nel Paese.
Io fui tra coloro che ritennero che, sia pure nella adozione immediata di tutte quelle iniziative e misure che servissero a cautelare lo Stato e le istituzioni da eventuali pregiudizi, bisognasse, prima di tutto, lavorare su quella documentazione, studiarla, accertarne la efficacia probatoria, cercare di avere il quadro completo per poter poi efficacemente e giustamente intervenire.
Ed anche per quanto concerneva quei famosi novecentocinquanta nomi della lista resi pubblici dal Parlamento, bisognava verificare le loro azioni od omissioni prima di condannarli sia moralmente che politicamente, e giuridicamente.
Fui davvero in scarsa compagnia, allora, anche se confortante (mi piace ricordare Leonardo Sciascia); perfino nel partito radicale e nel gruppo vi furono voci, talune molto autorevoli, che affermarono il mio essere un "garantismo" privo di senso, niente affatto motivato. Il gruppo tuttavia, quasi unanime, mi designò a far parte della istituenda commissione di indagine sulla P2, pur conoscendo la mia posizione e pur sapendo che certi canoni fondamentali, il rispetto dei diritti dei singoli, il segreto istruttorio, non li avrei comunque violati.
A distanza di nove mesi dall'insediamento della Commissione, posso trarre le prime conclusioni su quanto fin qui accertato. Esse sono davvero inquietanti per quanto concerne la salute della nostra società, perché mi sembra dimostrato ormai con sufficiente certezza che il meccanismo messo in moto da Gelli non avrebbe prodotto i risultati che ha prodotto se non avesse agito in un ambiente disposto a nutrirsi di principi contrari ai canoni di moralità e di correttezza cui devono ispirarsi le istituzioni. Non si potrebbe comprendere, diversamente, come il nome di Gelli sia presente in tutti gli avvenimenti succedutisi in questi anni nel nostro Paese, da quelli politici, agli affari, al terrorismo.
Poiché è certe che nessun Gelli, da solo o in compagnia di Ortolani e di Calvi, abbia potuto essere l'artefice di tutto quanto gli si addebita, bisogna concludere che è il nostro Paese una gigantesca P2, dove uomini senza scrupoli operano al di fuori ed al di sopra delle leggi e delle regole di convivenza civile, ricorrendo al delitto, alla corruzione, al falso, nell'interesse di pochi.
E quanto è emerso in questi mesi, allorché la Commissione ha dovuto seguire le piste più disparate, in tutte potendosi rinvenire la mano di Gelli, o di suoi complici. Dalla editoria alla finanza, dalle più alte istituzioni alla magistratura, dalla criminalità comune al traffico d'armi, e perfino in gravi episodi terroristici non c'è vicenda in cui l'ombra della P2 non incomba sinistra.
Ma, ciò che appare di grande importanza, non sono i nomi contenuti nel famoso elenco o, almeno, gran parte di essi, quelli che contano. Dalle indagini emergono altri nomi, alcuni noti, altri finora sconosciuti, molto impegnati nella organizzazione e nella realizzazione di oscure trame.
Se la Commissione saprà fare il suo dovere fino in fondo, senza lasciarsi trascinare e fuorviare da interessi di parte, e mirerà unicamente all'accertamento della verità, molti veli sugli avvenimenti degli ultimi anni saranno squarciati, molte domande conturbanti riceveranno risposta. Diversamente, si sarà fatta opera di strumentalizzazione o di insabbiamento, che servirà a rendere ancora più oscura la comprensione di fenomeni gravi ed eversivi come quello della organizzazione di Licio Gelli.