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Cicciomessere Roberto - 1 luglio 1982
L'ITALIA ARMATA: Capitolo 18 - Giustizia militare

SOMMARIO: Negli anni 1981 e 1982 aumentati soprattutto gli stipendi. Anche per questo sono aumentate le promozioni, così che i quadri risultano sovraffollati ai vertici e carenti nei ranghi inferiori. - Impossibile, comunque, il riassetto degli organici senza la riforma, nella parte sostanziale, del codice penale militare del 1941, con l'eliminazione dell'intera materia delittuosa compresa nella legislazione penale ordinaria. - La legge del '77 sulla disciplina militare non ha intaccato la struttura verticistica e autoritaria delle forze armate. Essa è servita a strozzare il movimento dei militari democratici, ed è stata in sostanza un favore gratuito reso dalla maggioranza, pci compreso, ai generali, non ricambiato neppure con un minimo di riconoscimento del potere di controllo del Parlamento sul ministero della Difesa. - La proposta radicale tendente a delimitare obiettivamente la specificità militare che richiederebbe una particolare condotta, contingentemente limitativa, ma mai esclusiva dei diritti del

cittadino in divisa. - Senonché la legislazione si muove in direzione opposta: infatti il disegno di legge di delega per la riforma del codice penale militare dilata, anziché restringere le fattispecie delittuose assorbendo molti dei reati oggi considerati ordinari. - Mancanza di dati relativi all'attività della magistratura militare. Tuttavia le cifre confermano il carattere »disciplinare della giustizia militare. L'89,1% dei detenuti militari sono soggetti che rifiutano il servizio, disertano o non rispondono alla chiamata (sono in sostanza obiettori, sebbene talvolta in forme atipiche)".

("L'ITALIA ARMATA" - Rapporto sul ministero della guerra - di Roberto Cicciomessere - Gammalibri, Milano, luglio 1982)

Struttura verticistica per una giustizia di »capi

Le spese per la giustizia militare sono iscritte, nello stato di previsione del Ministero della difesa, nei capitoli 1094 (Spese di giustizia militare) e 1599 (Stipendi, retribuzioni ed altri assegni fissi al personale della magistratura militare).

Negli ultimi dieci anni gli stanziamenti, per competenza, hanno avuto il seguente andamento (in milioni):

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TABELLA N. 48

Cap. 1094 Cap. 1599 incremento %

1973 37 - -

1974 37 - -

1975 37 - -

1976 37 - -

1977 37 1.084 -

1978 70 1.199 10,6

1979 70 1.213 1,1

1980 70 1.311 8,0

1981 70 1.784 36,0

1982 70 2.470 36,4

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Le spese per gli stipendi hanno subito un aumento negli anni 1981 e 1982 in relazione agli aumenti della indennità integrativa, speciale concessa del resto anche agli altri militari, e in seguito all'approvazione della legge 7 maggio 1981, n. 180, recante modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace (+ 275 milioni).

Confrontiamo adesso il numero dei magistrati effettivi con i posti disponibili in organico, per gli ultimi tre anni (fino al 1· aprile 1981):

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TABELLA N. 49

QUALIFICHE NUMERO DEI POSTI

Orga- 1· Orga- 1º Orga- 1·

nico giugno nico aprile nico aprile

1979 1980 1981

"Magistrati militari"

Procuratore generale 1 3 1 1 1 1

Sostituto proc. generale 5 19 5 37 5 35

Procuratore militare 10 4 4

Vice procurat. militare 15 13 22

Sostituto proc. militare 70 3 69 9 69

Sostituto proc. militare 3 1 7

Sostituto proc. militare 3 5

TOTALE 76 56 75 70 75 69

Nota:

al 1· aprile 1976, a fronte di un organico di 85 unità, risultavano coperti 68 posti.

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La tabella precedente mostra una costante esuberanza di sostituti procuratori generali che superano l'organico, nei tre anni considerati, rispettivamente di 14, 32 e 30 unità, e una carenza di personale delle qualifiche inferiori (procuratori militari e sostituti) che risulta inferiore, rispetto all'organico, di 46 unità nel 1979, 37 unità nel 1980 e 36 unità nel 1981.

E' evidente che questo affollamento ai vertici della carriera è strettamente connesso a banali questioni di stipendio. In ogni caso la legge 7 maggio 1981, n. 180, contenente modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace, ha »sanato la situazione prima indicata portando a 103 unità il ruolo organico dei magistrati militari.

Dobbiamo peraltro ricordare che la »riforma dei tribunali militari è intervenuta con più di trent'anni di ritardo rispetto alle scadenze costituzionali indicate nella sesta disposizione transitoria, solo per »evitare il referendum promosso dal partito radicale.

La situazione della giustizia militare non potrà, del resto, considerarsi stabilizzata, anche per ciò che riguarda l'assetto degli organici e la previsione degli uffici, finché non si provvederà alla riforma del codice penale militare del 1941, nella parte sostanziale, con l'abolizione di un gran numero di fattispecie di reato militare che, spesso, rappresentano doppioni di identiche fattispecie di reato ordinario. La giurisdizione militare interviene così in presenza dell'unico presupposto della qualifica di militare dell'agente.

La riduzione dei reati militari a poche ed essenziali fattispecie, con l'eliminazione delle altre, alle quali corrispondono fattispecie del codice penale ordinario, è condizione per ridurre l'esercizio della giurisdizione penale militare entro limiti tollerabili con il concetto della stretta esigenza della sua specialità.

A questo proposito il gruppo parlamentare radicale ha presentato un progetto di legge sin dal febbraio 1980 (n. 1393 - Norme di attuazione delle libertà e garanzie costituzionali previste per i militari, modificazioni del codice penale militare di pace) »al fine di restituire dignità ai cittadini in divisa e con essa garantire ulteriori possibilità di controllo democratico su una così delicata istituzione da parte dei suoi stessi componenti, eliminando tutti quegli ostacoli che attualmente impediscono loro il libero esercizio dei diritti costituzionali e, in definitiva, per portare finalmente la Costituzione nelle caserme dalle quali è tutt'oggi espulsa .

Non si può, infatti, affermare che la legge del '77 contenente »Norme di principio sulla disciplina militare abbia prodotto rilevanti risultati sulla struttura ancor oggi autoritaria e verticistica delle FF AA. Questa nuova normativa è servita infatti solo a strozzare il movimento dei militari democratici, che andava estendendosi fra le Forze Armate, rinchiudendolo all'interno delle logiche corporative della caserma. Il completo fallimento degli organismi di rappresentanza, a cui la legge non attribuisce alcun potere, testimonia oggi il gravissimo errore delle sinistre storiche che facilitarono l'azione delle gerarchie militari per stroncare sul nascere il pubblico dibattito sul ruolo delle FF.AA., che il Movimento aveva iniziato ad affrontare con indiscutibile coraggio, consentendo, con la legge sui »principi di normalizzare la situazione e di restituire alla casta militare l'intera gestione discrezionale e insindacabile della »difesa .

Pericolosa dilatazione dei reati militari

Non si può del resto dire che questo favore reso dalla »grande maggioranza e, in particolare, dal PCI, ai generali, sia stato ricambiato con il riconoscimento del potere di controllo del Parlamento sull'Amministrazione della difesa. Nei capitoli precedenti l'abbiamo ampiamente dimostrato.

Ritornando alla problematica della giustizia militare dobbiamo riaffermare che l'errore »ideologico che fino ad oggi ha impedito un reale adeguamento del diritto militare ai principi costituzionali trova la sua fonte nella teoria della »diversità naturale dei militari, che sarebbe conseguente alla »particolare missione degli appartenenti alle FF.AA.

Il tentativo, quindi, operato dalla proposta di legge del gruppo radicale è proprio quello di riferirsi alla »funzione dei militari, distinguendo quelle attività che obiettivamente determinano la necessità di particolari regole di condotta che possano, in talune circostanze limitare, ma mai escludere, i diritti del cittadino in divisa. La limitazione della »specialità militare alle »situazioni operative è una procedura logica che può restringere in termini tollerabili la competenza dei tribunali militari. Solo in riferimento a queste situazioni è possibile, secondo il relatore di minoranza, applicare la legge penale militare, dopo averla abbondantemente scremata dalle fattispecie di reato già previste dalla legge ordinaria.

Si deve però esprimere grave preoccupazione per i sintomi di un indirizzo legislativo opposto, come è dato desumere dal disegno di legge di delega alla riforma del codice penale militare approvato dal Senato, in prima lettura, che comporta una pericolosa dilatazione della caratterizzazione come reati militari di fatti oggi considerati solo come reati ordinari. Basti pensare alla creazione della nuova categoria dei reati militari colposi contro la persona.

La connessione tra ampiezza della previsione punitiva, come reato militare, di fatti e comportamenti di militari e della giurisdizione penale militare con la dimensione dell'organismo giudiziario militare è evidente. Proprio per questo dobbiamo registrare resistenze inammissibili da parte degli ambienti della magistratura penale militare che, con spirito corporativo e moventi estranei alla efficienza giudiziaria, premono per una dilatazione della loro giurisdizione, trovando pieno consenso tra le forze di maggioranza e da parte del Ministro socialista della difesa.

Ci troviamo quindi davanti al pericoloso tentativo d'involuzione della dottrina giuridica e di conferma della giurisdizione penale militare come »giustizia separata di un corpo separato .

Ben più angusti e definiti sono i limiti della giurisdizione speciale consentiti e previsti dalla Costituzione.

In ogni caso la più attendibile verifica degli effetti del supposto processo di »democratizzazione degli istituti giuridici militari potrebbe venire dalla valutazione delle statistiche sull'attività dei tribunali militari in questi due ultimi anni.

Non possiamo però analizzare l'andamento della »giustizia speciale militare poiché non sono disponibili i dati sui procedimenti giudiziari per gli anni 1980 e 1981.

Ci limitiamo quindi ad allegare i dati relativi agli anni 1975, 1976, 1977, 1978 e 1979 con i commenti del relatore di minoranza e del collega Mauro Mellini.

A questo proposito dobbiamo rilevare che il Ministro Lagorio non ha mantenuto le promesse a proposito della pubblicizzazione di queste informazioni essenziali per valutare i risultati della »riforma dell'ordinamento giudiziario militare. Il Ministro della difesa infatti, nel fornire i prospetti che alleghiamo, rispondeva ad una specifica domanda del relatore di minoranza affermando che »per quanto riguarda l'inserimento, finora non effettuato, dei dati concernenti l'attività giudiziaria militare negli annuari statistici dell'Istat, confermo che, da parte della Difesa, non esiste alcuna preclusione, fatta esclusione per l'esito di indagini relative ai delitti di spionaggio, in ordine ai quali è vietata la divulgazione di notizie ai sensi del regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161 .

Dal 26 agosto 1980, data di pubblicazione della citata risposta del Ministro Lagorio, ad oggi, nessun dato è stato fornito dall'Istat per cui non sono disponibili, nelle pubblicazioni relative alle statistiche giudiziarie, le cifre sull'attività della magistratura militare.

Gli unici dati disponibili relativi ad un periodo successivo al 1979, sono quelli riportati dall'Annuario ISTRID.

Si riferiscono ai detenuti militari, al 20 settembre 1980, articolati in relazione al reato che gli è stato contestato.

Prevalenza dei »disertori nelle carceri militari

Le cifre confermano il carattere »disciplinare della giustizia militare e la prevalenza, fra i detenuti, di coloro che, in forme diverse, rifiutano il servizio militare. Infatti l'89,1% dei detenuti militari è ristretto nelle carceri per il rifiuto del servizio militare, per diserzione e mancanza alla chiamata.

Particolarmente significativo è l'aumento, rispetto ai periodi precedenti, dei detenuti militari incriminati per »procurata infermità . Si tratta ancora una volta di tentativi maldestri di evitare il servizio militare.

Sempre in riferimento all'impalcatura giuridica, di segno autoritario, su cui si fonda la struttura militare, è particolarmente grave che il Ministro socialista della difesa non abbia provveduto a modificare le norme che regolano l'impiego delle FF.AA. nei servizi di ordine pubblico. E questo proprio nel momento in cui più insistenti sono divenute le spinte per utilizzare i militari nella »guerra contro i terroristi.

Sono infatti ancora in vigore le »disposizioni concernenti il concorso delle forze armate nell'ordine pubblico contenute nelle norme »per il servizio di presidio .

La citata normativa mostra, a tutta evidenza, la fonte ideologica che l'ha ispirata. Basterebbe rileggere quanto contenuto nell'art. 296, sull'»impiego del fuoco : »... il fuoco dovrà essere diretto contro gli individui che appaiono più pericolosi, che incitano alla violenza e, possibilmente, contro i capi dei dimostranti, cercando di evitare di far fuoco indiscriminatamente sulla folla .

Sappiamo del resto che la citata normativa non ha mai trovato, per fortuna, alcuna applicazione negli ultimi trent'anni, anche perché è prevalsa, salvo alcune eccezioni (Alto Adige, Sardegna, Reggio Calabria), la convinzione sulla inopportunità dell'impiego delle Forze Armate nei servizi di ordine pubblico.

Ma la tentazione, a partire dal precedente alibi, di conservare »per ogni evenienza le disposizioni prima citate, è preoccupante.

Non è quindi ammissibile la disattenzione mostrata, non soltanto dal Governo, ma anche da parte delle forze politiche di opposizione democratica, a queste truculente norme di stampo fascista.

 
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