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Pannella Marco - 5 agosto 1982
TUTTI A BOLOGNA: per la vita, la pace, non mollare
27· Congresso del Partito Radicale

di Marco Pannella

SOMMARIO: Mentre si estende e si consolida la mobilitazione per assicurare la sopravvivenza e la vita di almeno tre milioni di persone "subito" (e quindi nel 1983), vi sono alcuni radicali che si sono specializzati nel ridicolizzarla o ritenerla irrilevante. Su questo nodo, dovra' pronunciarsi il Congresso. Il Partito ha provveduto ad inviare ad ogni iscritto il testo di una petizione sul quale raccogliere adesioni e sottoscrizioni. Chi ha vissuto le lotte radicali degli anni '70, sa quanto piu' forte si sia oggi sul fronte della lotta per la conquista di una politica di vita, di pace, di giustizia e liberta', non solo sul piano nazionale ma almeno europeo. Il timore che nei due giorni decisivi del prossimo Congresso radicale, molti compagni non valutino l'immensa portata della posta in gioco e non sappiano davvero essere davvero amici e compagni, nei soli giorni in cui questo esige convivialita' e presenza personale, per decidere se si debba e si possa tornare ad essere insieme o lasciarsi. Se cosi' non sar

a', la speranza di battere la sventura di una politica impazzita, corrotta e violenta, di creare un Partito radicale del 1983 all'altezza delle sue tradizioni e delle necessita' del presente, potra' essere salva, e con essa molto, il meglio di ciascuno di noi.

(NOTIZIE RADICALI N. 31, 5 agosto 1982)

Sono oltre millecinquecento i Sindaci italiani, democristiani, socialisti, comunisti, che hanno già sottoscritto una nuova petizione al Parlamento perché venga confermata, e non cassata nella sostanza, la richiesta contenuta nella proposta di legge di iniziativa popolare presentata dal Sindaco Tognoli e da oltre 1.300 suoi colleghi. La richiesta è quella di stabilire ogni misura finanziaria e normativa per garantire "subito" la salvezza di almeno tre milioni di persone sul punto di essere sterminate per fame e malnutrizione. "Subito", cioè, ormai, nel 1983.

Vi sono alcuni radicali che si sono venuti specializzando nel ridicolizzare o nel ritenere irrilevante la mobilitazione dei Premi Nobel, quella del Parlamento Europeo, quella di migliaia di Sindaci e borgomastri europei, quella di centinaia di cardinali, arcivescovi e vescovi di tutto il mondo, quella di centinaia di deputati e di numerosi ministri del nostro firmamento politico-parlamentare. Per costoro, non valgono - ugualmente - le manifestazioni con decine di migliaia di partecipanti, le decine di migliaia di telegrammi, telex, telefonate, lettere da parte di donne ed uomini: tanto meno le centinaia, di azioni nonviolente, di digiuni, di scioperi della sete e della fame; il lavoro parlamentare se rivolto alla lotta contro l'olocausto, o quello di convegni europei nella stessa direzione. Tutto sarebbe logoro, attivistico, propagandistico, utopistico, mistico, velleitario, in due parole: inutile e sbagliato.

Ho una diversa considerazione del valore di questa battaglia e delle deliberazioni del Partito, che l'hanno sostenuta se non sempre preceduta; dei risultati che sono stati acquisiti e che si possono raggiungere. Sarà necessario che il congresso una buona volta si pronunci, per tagliare il nodo di questa questione.

E' anche per questo che, attendendo il Congresso di Bologna dove sceglieremo con maggior chiarezza, rigore e puntualità le diverse vie future che sono le nostre, il Partito ha inviato a tutti i suoi iscritti (e solamente, ad essi, come il "dossier" sulla RAI-TV), uno stampato con il testo della petizione-appello in corso di sottoscrizione nazionale da parte di sindaci, parroci, intellettuali, politici, con l'elenco nominativo di tutti coloro che l'hanno già sottoscritto.

Abbiamo così inteso fornire uno strumento ed una responsabilità di lavoro, utile e per molti versi indispensabile. Ogni iscritto al Partito potrà meglio in tal modo, se lo vorrà, divenire un sollecitatore di adesioni, di scelte politiche e civili da parte degli eletti locali, dei parroci, dei politici, di associazioni di vario genere, potendo usare come strumento di pressione e mezzo di convincimento la forza puntuale e già acquisita da questa iniziativa. In migliaia abbiamo appreso a scendere nelle strade e nelle piazze, a manifestare, a sottoscrivere e far sottoscrivere iniziative da centinaia di migliaia di persone, a usare i mezzi altrimenti neutri che abbiamo nelle nostre abitazioni (telefoni, radio, fino alla parola, alle famiglie, agli amici) per prefigurare, nell'oggi, quel che speriamo, e dargli voce, mano, corpo davvero meglio, e tutti armarci della nostra intera panoplia democratica e nonviolenta.

Avevamo notato e fatto notare che i risultati che abbiamo raggiunto quest'anno (e quello che abbiamo, a due riprese, mancato di poco: L'ammissione effettiva del decreto di vita per milioni di nostri simili, che invece sono oggi morti, sterminati dalla politica deliberata di riarmo e di corruzione di questa classe politica) lo sono stati attraverso l'impegno "a pieno tempo", o anche solamente "a pieno tempo libero", di pochissime decine di noi in quest'anno e quello - davvero impagabile e grande - di alcune migliaia per alcune settimane di questa estate. Questa constatazione non è una recriminazione. Io stesso, da Segretario del Partito, ho in realtà fornito una parte non maggioritaria del mio tempo, della mia vita a questo obiettivo prioritario, a questa necessaria priorità. Questa realtà che abbiamo vissuta è quella che è stata: se questa esperienza diverrà ora anche maggiore intelligenza, maggior consapevolezza, maggior forza nello sperare e nel vivere, se il congresso di Bologna sarà capace e vorrà a ciò

dedicare i propri lavori e le decisioni statutarie, saremo almeno in centinaia a operare nella direzione e con l'intensa convinzione e chiarezza di una ventina di noi.

Chi ha vissuto e creato gli anni della lotta per i diritti civili, per la vittoria sul divorzio, per avviare ed imporre quella - pur parziale - contro l'aborto clandestino di massa e di classe, per ottenere la sola convocazione dei primi nostri referendum (dal 1970 - anno dopo anno - fino al 1976, al 1978), sa quanto più avanti, immensamente più forti, oggettivamente, ci troviamo ad essere oggi sul fronte della lotta per la conquista di un apolitica di vita, di pace, di giustizia e di libertà su un fronte che è ormai - politicamente - non solamente nazionale ma almeno europeo contro l'olocausto.

Noi ci troviamo, allora, ad essere pochissimi amici e compagni, per lustri, anni, stagioni intere. Alcuni comprensibilmente scoraggiati, sul filo degli anni compirono altre scelte. Ma allora il regime non aveva la necessità di colpirci ogni momento, di liberarsi di noi: tutt'al più tentava di soffocarci sul nascere, di difendersi dal fastidio del nostro apparentemente velleitario agitarci. A migliaia, i radicali del primo partito, quello degli anni cinquanta, i compagni dell'Unione Goliardica Italiana e dell'UNURI (l'unico Movimento democratico studentesco degno di questo nome che da sempre il nostro paese abbia conosciuto) stabilirono che le nostre monomanie, il nostro irrealismo, fossero sterili e patetici, destinati all'insignificanza ed alla sconfitta. Restammo, fra il 1962 ed il 1966, meno di un centinaio di militanti, meno di una trentina effettivi, impegnati a pieno tempo libero.

Fra il 1966 ed il 1970 "crescemmo" fino ad essere quasi trecento iscritti, molti dei quali compagni della LID che ci raggiungevano per gratitudine e amicizia. Coloro che oggi ci scagliano contro il nostro passato, laudatori di un tempo trascorso che non hanno conosciuto e non conoscono usano contro molti di noi, "radicali storici" (non meno che contro gli straordinari iscritti "nuovi", "radiofonici", che hanno costituito il partito di quest'anno) esattamente, letteralmente, argomenti che venivano usati da tutti gli italiani, vicini o lontani, con qualche eccezione, per poter poi esser altro che radicali. Ho il dovere di dirglielo.

Queste voci, per noi, non possono che giungerci come appartenenti al passato; non al nostro presente di allora che è anche il nostro presente di oggi. Questo vale, ne sono sicuro, per chiunque riesce a serbare intatte le ragioni vere, puntuali, della loro adesione al Partito. Guardavo, sere fa, in una triste e povera riunione romana, giovani compagni che sembravano ridotti ad attorcigliarsi a un partito solo loro come un serpente attorno alla sua preda, dimentichi dell'allegria e della felicità conviviale, della forza della loro adesione "radiofonica", pur così vicina. E provavo, per loro, il dolore di un già vissuto mille volte, e più che mai negli anni infausti del 68, non a caso eretti oggi a mito di questa società, che ben presto ne fece l'alleato più cieco e disperato.

Io temo che a Bologna, specie per i due giorni di decisioni conlcusive del Congresso, domenica 31 ottobre lunedì 1 novembre, i compagni del Partito non valutino l'immensa portata della posta in gioco e non sappiamo essere davvero compagni, amici, nei soli giorni in cui questo esige sicuramente convivialità e presenza personale, l'uno accanto all'altro, per decidere né più né meno se si debba o si possa tornare ad essere assieme o lasciarsi, ed è questo, almeno per ciascuno, quel che il congresso deciderà.

Se così non fosse, se saremo tutti con le idee e le speranze comuni e di ciascuno, presenti (presenti e - lo preciso volentieri - votanti al momento delle delibere e delle elezioni degli organi statutari) la speranza di battere la sventura di una politica impazzita, corrotta e violenta di morte e di ingiustizia, di concepire e creare anche per il 1983 un Partito Radicale all'altezza delle sue tradizioni e delle necessità di un presente per tanti versi tremendo, ebbene questa speranza potrà esser salva, e molto, il meglio, di ciascuno di noi con essa. A Bologna, compagni! A Bologna, per un lungo, felice arrivederci.

 
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