GLI AMICI DELLA TERRA 1977-1982BOLOGNA, OTTOBRE 1982
SOMMARIO: La relazione degli "Amici della Terra" al XXVII Congresso del Partito radicale di Bologna (28, 29, 30, 31 ottobre e 1· novembre 1982).
INDICE:
1. UNA VITTORIA RADICALE
- Premessa
- Il treno nucleare è perduto
- L'atomo quello sconosciuto
- Un po' per caso, un po' per prova
2. LE AZIONI DEL 1977
- Successo in tre fasi
- Il primo anno di lotte
- Bilancio politico del '77
3. IL REFERENDUM ANTINUCLEARE
- Ripiegamento nel Partito
- La richiesta di referendum
- Due anni decisivi
4. L'IMPEGNO Dl STUDIO E Dl PROGRAMMA
5. UN NUOVO CENTRO POLITICO
- Finanziamenti e autofinanziamento
- Il modello della lobby
1. UNA VITTORIA RADICALE
Premessa
Innovando una tradizione di separazione dal Partito, forniamo con questa relazione un'informazione complessiva sulle attività degli Amici della Terra, sui risultati raggiunti e sulle prospettive di azione, in riferimento ai nuovi termini della questione energetica in Italia.
Non si tratta di un rendiconto neutrale: i fatti che questa relazione ricostruisce, i problemi che pone, sono intrinsecamente legati alla storia del Partito radicale. Entriamo nel merito dei problemi interni del Partito che direttamente ci riguardano, a cominciare da teoria e pratica delle autonomie nell'area radicale.
La crescita degli ultimi anni ha provocato nel Partito un processo di profondo mutamento. Abitudini e strutture collaudate in anni di lavoro politico sono divenute obsolete, e ciò ha prodotto in parte del gruppo dirigente una reazione di autodifesa, un atteggiamento di conservazione che ha relegato ogni novità nel ``sommerso''. E' tempo di portare alla luce questo ``sommerso'', anche perché in esso non ci sono soltanto errori o distorsioni ma anche prefigurazioni di indirizzi omogenei al modello teorico statutario.
Come centro politico autonomo, gli AdT sono stati accusati, di volta in volta, di sopraffazione politica ai danni del partito, di sottrazione di competenze, di essere centro di potere, ente assistito, sigla inesistente, presenza inquinata e inquinante. La polemica che taluni radicali conducono da anni tende a negare validità politica al nostro esperimento, presentandolo come uno dei frutti bacati del ``metodo della cooptazione'' e dell'uso del finanziamento pubblico.
Questa relazione offre una lettura diversa, e per niente modesta. Essa ricostruisce la storia-di una grande affermazione politica radicale, della nascita di un nuovo centro politico, della ripresa di un metodo di analisi e di intervento, anche in campo economico, che viene dalla grande tradizione del radicalismo italiano, da Salvemini a Ernesto Rossi. E' la storia dell'unica nuova campagna radicale promossa negli ultimi sei anni al di fuori dell'iniziativa di Marco Pannella. Le nostre analisi e le nostre posizioni programmatiche sono oggi di uso comune tra i soggetti della politica radicale.
Forniamo in questo documento gli elementi essenziali per una seria valutazione: un bilancio politico della campagna antinucleare; una cronistoria delle azioni intraprese dal 1977 ad oggi; ruolo e caratteristiche degli AdT e loro rapporto con il PR; programmi.
Il treno nucleare è perduto
Abbiamo conseguito in sei anni un sostanziale successo. Dal ``tutto nucleare'' di Donat Cattin siamo via via passati al nucleare ``limitato e controllato'' del Pci, a quello ``residuale'' del Psi, per finire al nucleare marginale dell'ultimo Piano energetico nazionale. Indietro non si torna. L'abbiamo detto e motivato, nel marzo scorso, alla nostra conferenza sui piani di emergenza: la posizione di chi vedeva nell'energia nucleare l'ipotesi strategica centrale del nostro sistema energetico è stata politicamente battuta.
Rinviamo agli atti della conferenza (1) per un'analisi motivata. Ci limitiamo qui a richiamare un dato quantitativo: il PEN del 1975 prevedeva 20 centrali nucleari per il 1985, Caorso esclusa; e oggi siamo a zero. Prevedeva per il 1990 da 46 a 62 centrali, e al massimo ne entreranno in funzione 2 e altre 4 potranno essere messe in costruzione. Vedete il crollo rovinoso di questo programma.
Ma c'è un elemento ancor più determinante: il ritardo accumulato in questi anni dall'industria italiana è irrecuperabile. I nuclearisti - grande industria, sindacati, partiti - non sono morti, cercano anzi la rivincita e possono causare, con qualche colpo di coda, lo spreco di qualche centrale in più; non possono però rovesciare una situazione che vede il piano nucleare italiano definitivamente fuori tempo.
Tra tutti i paesi industrializzati, siamo l'unico privo di un rilevante sviluppo nucleare; e non è certo un male. E' grave però che il governo, la classe dirigente non siano stati in grado di sviluppare in questi anni una qualsiasi politica energetica, limitandosi a gestire (male) l'approvvigionamento di combustibili. Il costo dell'energia importata ha sfiorato nel 1981 i 32 mila miliardi. Nel prossimo decennio per importazioni e investimenti per il PEN spenderemo circa 500 mila miliardi in moneta costante. Non possiamo più contentarci di dire: siamo opposizione, non spetta a noi indicare il da farsi, poiché lo sfascio energetico non può non riguardare una forza politica con ambizione ``di governo''. Dobbiamo definire e far crescere una politica alternativa dell'energia: battendo il piano nucleare ci siamo conquistati la possibilità di farlo.
Siamo già stati accusati di integralismo per aver attribuito agli Amici della Terra e ai radicali il merito prevalente della sconfitta dei nucleari. Certo il nostro giudizio può essere smentito; poggia però su una cronistoria di azioni che non si può contestare con semplici opinioni ma con altri fatti, altrettanto forti. Una lettura attenta di questa cronistoria può servire inoltre a chiarire, a chi interessa, quanto di questo successo sia da attribuire agli Amici della Terra, quanto al Partito radicale, quanto al Gruppo parlamentare.
Non eravamo affatto ottimisti quando, nel 1977, scrivevamo per "Notizie Radicali" il resoconto delle nostre prime iniziative: ``Comincia il `viaggio' contro il nucleare''. A cose fatte, tutto sembra più facile; ma sei anni fa la questione nucleare sembrava chiusa in partenza, prima ancora che se ne potesse discutere.
(1) ``Nucleare a carte scoperte'', disponibili in congresso presso il Centro Gutemberg.
L'atomo quello sconosciuto
Ci trovavamo di fronte, nel 1977, a un piano nucleare con ambizioni ``francesi''. E tutto era già stato deciso: la legge sulle localizzazioni nucleari era stata approvata nel 1975, e alla fine dello stesso anno il Cipe aveva deliberato la localizzazione delle prime otto centrali. Già realizzate anche le condizioni industriali di attuazione: la ristrutturazione del comparto termoelettromeccanico e nucleare, l'acquisizione delle licenze estere, gli accordi internazionali per il ciclo del combustibile, la partecipazione al reattore veloce francese Superphénix, il rilancio dei progetti speciali PEC e CIRENE.
Le condizioni politiche erano ancora più scoraggianti: delle grandi lotte ecologiste in atto negli altri paesi giungevano vaghissimi echi; l'informazione filtrava (come oggi) solo le notizie degli uffici stampa dei nucleari; i partiti, i sindacati, le industrie, gli enti energetici erano uniti a difesa dell'atomo, con la benedizione del Vaticano.
L'atomo era sostanzialmente sconosciuto ai politici (e ai radicali). Chi aveva un po' di memoria, anzi, reagiva con disagio ai primi accenni di critica antinucleare: fino agli anni '60 l'atomo era stato ``di sinistra'', sinonimo di tecnologia e intelligenza, di progresso, di civiltà. Permanevano nella nostra cultura i riflessi lontani del blocco creatosi a difesa di Ippolito e in cui, tra tanti esponenti della cultura e della politica, spiccavano i grandi nomi del Movimento Salvemini: Parri, Rossi, Piccardi...
Quando, all'indomani delle elezioni del 1976, i partiti dell'unità nazionale sottoscrissero l'accordo programmatico per il varo del piano nucleare, erano convinti di non incontrare ostacoli. Le proteste di Montalto di Castro non preoccupavano: il ``dissenso dei campanili'', Trieste, il Trentino, erano ancora di là da venire, e i partiti erano ancora sicuri della loro presa sull'elettorato. E poi, sul nucleare, non erano tutti d'accordo? Persino i rivoluzionari del Pdup... Quanto ai radicali, stavano preparando gli 8 referendum e comunque non si interessavano di economia.
Un po' per caso, un po' per prova
L'impegno radicale sull'energia nacque da una serie di coincidenze. Sul finire del 1976 il Gruppo parlamentare radicale, che cominciava a ricevere richieste d'intervento a Montalto, girò il problema ai redattori di "Prova radicale". Per caso, costoro si stavano riavendo dallo stupore di aver accettato di fare una rivista di partito senza soldi né giornalisti; stavano cioè decidendo di chiudere le pubblicazioni e di trovarsi un'occasione diversa di lavoro politico. Non sapendo nulla di energia, e non avendo quindi posizioni precostituite, decisero di studiarsi resoconti stenografici dell'indagine conoscitiva sull'energia che la Commissione industria della Camera aveva iniziato il 17 novembre 1976, sotto la presidenza di Loris Fortuna. Intendevano così verificare con quali elementi di conoscenza il Parlamento si apprestava a varare il piano nucleare, e in quale misura erano o no giustificate le critiche degli antinucleari (tra cui, al primo posto, Giovan Battista Zorzoli, oggi responsabile della commissione en
ergia del Pci e consigliere d'amministrazione dell'Enea).
I documenti rivelarono un'incredibile approssimazione, l'assenza di qualsiasi elemento di programmazione energetica, l'infeudamento totale alla grande industria, le audizioni ridotte a una passerella di nucleari. I risultati dell'inchiesta vennero pubblicati in un numero speciale di "Prova radicale", in edicola a fine febbraio '77. Fu l'ultimo numero della rivista. Non c'erano soldi, e i redattori decisero di riciclarsi sul nucleare. Presero contatto con il comitato cittadino di Montalto e cominciarono a partecipare a incontri, dibattiti, contraddittori, convinti ormai della necessità di un intervento radicale.
Essendo il Partito assorbito dalla preparazione della campagna referendaria, il problema venne discusso con il Gruppo parlamentare. Si decise così di intervenire in extremis nell'indagine conoscitiva della Commissione industria, elaborando il documento ``50 interrogativi senza risposta sul problema nucleare'', e pubblicando la pagina a pagamento su "Repubblica" del 31 marzo 1977 dal titolo ``Aiuto!''. Emma Bonino assicurò soprattutto nei primi mesi un aiuto determinante agli ex redattori di "Prova".
2. LE AZIONI DEL 1977
Successo in tre fasi
La neutralizzazione del piano nucleare è stata realizzata con un'escalation di iniziative che, dopo un avvio bruciante nel '77, ha toccato via via i livelli e i metodi più diversi di azione politica: in Parlamento, nelle Regioni, nel paese; con manifestazioni, cartellonate, studi, convegni; a livello nazionale e locale, a Caorso, a Montalto, in Basilicata, in Molise; costringendo al confronto partiti, ``movimento'', tecnici al più alto livello; tallonando le scadenze dei nucleari, e imponendo i propri temi; promuovendo critiche e denunce, ed elaborando proposte in positivo.
Possiamo individuare tre fasi principali:
- il 1977, in cui con un ventaglio organico di azioni si rompe l'unanimità dei partiti, si introduce la critica antinucleare nelle istituzioni, si dà un primo alt all'offensiva dei nucleari;
- il 1978-'80, in cui la richiesta di referendum nazionale sulla legge 393 porta il dibattito al suo punto più alto e paralizza i nucleari; è in questo periodo che si guadagna un ritardo irrecuperabile nell'avvio del piano nucleare;
- il 1980-'82, in cui si promuove l'attività di studio e di programma (in parte contemporanea alla campagna referendaria); si introduce in Italia l'opzione energetica ``dolce'' con le due conferenze internazionali di Amory Lovins; si realizzano studi e contraddittori sui problemi di sicurezza al più alto livello tecnico; si assicura al Gruppo parlamentare una consulenza continua che rende possibili successi importanti come il distacco della DISP dal Cnen e il blocco dell'art. 17 sugli incentivi ai comuni per le centrali nucleari; si elaborano le prime linee-guida di un programma complessivo sull'energia.
In tutte le fasi siamo riusciti a collaborare con il Gruppo parlamentare (dal 1979, inoltre, un rappresentante degli Amici della Terra è stato invitato a tutti i seminari del Gruppo). Più complesso il discorso sul Partito, su cui torneremo più avanti. Per semplificare, diremo che il partito ha espresso solo iniziative locali: la marcia su Caorso, prima manifestazione ecologica, e successive; le richieste di referendum regionali in Lombardia, Piemonte e Puglia; le campagne contro le centrali nucleari di Latina e del Garigliano; l'intervento importante di quest'anno a Avetrana. Quanto al PR federale, è stato assente nel 1977; ha fatto sua la proposta di referendum sulla 393 inserendola nel pacchetto dei 10 referendum; nel 1979-'80 ha finanziato alcuni nostri progetti di studi; ma non ha mai assunto impegni diretti. Nel 1982, infine, il consiglio federale ha deliberato l'impegno del Partito contro il nucleare.
Il primo anno di lotte
Febbraio 1977. Esce nelle edicole il numero speciale di "Prova radicale" dedicato all'indagine conoscitiva sull'energia condotta dalla Commissione industria della Camera. Contiene un primo complesso d'informazioni sulla politica nucleare in Italia.
Marzo 1977. I redattori di "Prova", con la collaborazione di alcuni compagni antinucleari, elaborano un documento critico: ``50 interrogativi senza risposta sul problema nucleare'', in base all'analisi già condotta sul materiale della Commissione industria. Il documento, sollecitato da Pannella e presentato da Emma Bonino all'ultima audizione dell'indagine conoscitiva, preoccupa tecnici e politici nuclearisti e induce la presidenza della Commissione a elaborare in risposta un lungo dossier; il tutto è inserito nei due volumi degli atti dell'indagine. Più tardi le 50 domande vengono pubblicate con rilievo dall'"Europeo".
31 marzo 1977. Il Gruppo parlamentare radicale pubblica una pagina a pagamento su "Repubblica" dal titolo ``Aiuto!''. Si denunciano le manovre in corso sul nucleare e si sollecitano i cittadini a inviare lettere e telegrammi alla presidenza della Commissione industria e alla presidenza della Camera.
Si chiede che il piano nucleare venga discusso in aula, e che si conceda una pausa di riflessione.
``Noi, deputate e deputati radicali, sappiamo di non sapere: non sappiamo ancora, non siamo ancora certi che il programma nucleare che si vuole imporre anche al nostro paese significhi certezza o pericolo di morte e di miseria; certezza o pericolo di una società sempre più folle, incontrollabile, antiumanistica. Diciamo di non saperlo ancora, anche se in tutto il mondo scienziati, forze politiche, popolazioni intere lo sostengono o lo temono''.
L'omertà tra i partiti è rotta. La questione nucleare viene sottratta alla Commissione industria e presentata in tutti i suoi aspetti irrisolti all'opinione pubblica. D'ora in avanti i partiti dovranno fare i conti con un pericolo imprevisto: che cioè il dissenso antinucleare si traduca in voti all'unico partito di opposizione. In poco più di un mese giungono al Gruppo 5 mila lettere, telegrammi, cartoline. Costituiscono un indirizzario di partenza per le azioni antinucleari, che cominciano già ad attirare simpatizzanti non radicali.
24 aprile 1977. Il Partito radicale della Lombardia, malgrado sia in pieno svolgimento la campagna degli 8 referendum, organizza una grande marcia da Cremona a Caorso, con la partecipazione di migliaia di militanti radicali e della nuova sinistra. Il 28 aprile la Commissione industria della Camera approva il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'energia. Tutti i partiti votano a favore (i radicali non sono rappresentati in Commissione). Il documento abbassa da 20 a 12 il numero di centrali da costruire entro il 1985.
30 aprile-1· maggio 1977. Emma Bonino e Mario Signorino partecipano alla conferenza di Salisburgo ``Per un futuro non nucleare''; sono presenti i maggiori leader ed esperti del movimento ecologico internazionale, da Amory Lovins a Walter Patterson, da Robert Jungk a Brice Lalonde, da Bernard Laponche, dirigente della Cfdt, a Robert Pollard, da Petra Kelly a Peter Weish a Siegfried Christiansen.
E' la prima volta che militanti antinucleari italiani prendono contatto a fini operativi con il movimento ecologista internazionale. Si stringono accordi per un grande convegno da tenere a Roma a breve scadenza. Prima di partire si promuove una manifestazione ``alla radicale'' con Robert Jungk davanti alla sede della contemporanea conferenza della Società Nucleare Europea.
30 giugno 1977. Manifestazione-concerto a Montalto di Castro, con la partecipazione dello scienziato nucleare americano Robert Pollard, del deputato socialista Giuseppe Tocco e di Emma Bonino. Concerto di Gino Paoli.
1-2-3 luglio 1977. Si tiene a Roma, alla Sala Borromini, il convegno ecologista internazionale ``Per un modello alternativo di società, no alla scelta nucleare''. Vi partecipano, tra gli altri, Brice Lalonde, Robert Pollard, Peter Sonderegger, Konradin Kreuzer, Rainer Beeretz e Bernard Laponche. Per l'Italia sono presenti tutti coloro che hanno condotto le prime lotte antinucleari: il comitato cittadino di Montalto, gli Amici della Maremma, con Caracciolo e Carlo Muscetta, gruppi antinucleari di varie regioni. La presidenza è tenuta da Adriano Buzzati Traverso e Aurelio Peccei. Intervengono i pochi esperti antinucleari nostrani: Giorgio Nebbia, Virginio Bettini, Vittorio Silvestrini e il geologo Floriano Villa.
Il convegno si chiude, il 3 luglio, con una manifestazione-concerto a Piazza Navona cui intervengono migliaia di persone.
Sia il convegno che i due concerti (a Roma e a Montalto) sono stati interamente autofinanziati; determinante la donazione di 10 milioni da parte della signora Giulia Maria Crespi.
3 luglio 1977. A conclusione del convegno alla Sala Borromini viene fondata formalmente la ``Lega per l'energia alternativa e la lotta antinucleare''. Della presidenza fanno parte Virginio Bettini, Pietro Blasi, Emma Bonino, Adriano Buzzati Traverso, Carlo Muscetta, Giorgio Nebbia, Arturo Osio, Marco Pannella, Aurelio Peccei, Stefano Rodotà e Giuseppe Tocco. Nella segreteria i radicali sono rappresentati da Rosa Filippini, Mario Signorino e Luca Boneschi.
La Lega antinucleare adotta come simbolo lo ``Smiling Sun'', con la scritta ``Nucleare? No, grazie''. Prodotto dal movimento antinucleare danese Organisationen til Oplysning om Atomkraft (OOA), è stato da noi ``scoperto'' alla conferenza di Salisburgo. Ci impegniamo a fare distributori per l'Italia, pagando le relative royalties e registrando il marchio, su incarico dell'OOA, all'ufficio brevetti.
Luglio 1977. La Lega antinucleare raccoglie 400 firme di scienziati e tecnici italiani per un appello di moratoria nucleare. L'appello viene presentato in una conferenza stampa.
L'estate trascorre nella preparazione delle azioni in vista del dibattito parlamentare sul piano nucleare, e nella partecipazione alle manifestazioni antinucleari a Montalto di Castro.
28 settembre - 5 ottobre 1977. Si discute in aula, alla Camera, il Piano energetico nazionale. La Lega è l'unica organizzazione antinucleare a muoversi. Per l'occasione ha preparato un complesso di iniziative dentro e fuori il Parlamento; ha elaborato il materiale per gli interventi dei deputati radicali e il testo della risoluzione radicale; assicura inoltre la presenza in tribuna, durante la relazione di Donat Cattin, di 40 esperti indipendenti e di rappresentanti del Comitato cittadino di Montalto, che subito dopo partecipano a una conferenza stampa nella sede del Gruppo parlamentare. Sono presenti, tra gli altri, Aurelio Peccei, Adriano Buzzati Traverso e Floriano Villa.
28 settembre 1977. Contemporaneamente all'azione in Parlamento, la Lega organizza la prima manifestazione di massa in bicicletta. A Roma, dalle sedi dell'Enel e del Cnen 2 mila manifestanti in bici, radicali e aderenti ai vari gruppi ecologici, sfilano per le strade della città fino al Parlamento e infine a Piazza Navona per la manifestazione finale. Lo stesso giorno, in appoggio, i radicali di Milano organizzano una ``biciclettata ecologica''.
5 ottobre 1977. Il giorno della votazione parlamentare sul PEN la Lega tiene un sit-in di protesta davanti alla Camera, con la partecipazione di ecologisti e radicali.
La Camera approva a maggioranza una risoluzione Dc-Pci-Psdi-Pri, schizofrenicamente scissa in due parti non comunicanti: è dedicata in gran parte al disegno di una manovra energetica complessiva basata sul risparmio energetico e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, priva però di impegni operativi. Di nucleare parla solo nella parte finale, ove si afferma che ``si ritiene necessario un ricorso equilibrato e controllato alla energia nucleare''. Su quest'ultima parte il Psi si astiene.
Ottobre 1977. La Lega pubblica il primo manuale ecologista: ``Nucleare? No, grazie!'', in parte tratto dagli atti del convegno internazionale di luglio. Del libro vengono fatte 3 ristampe per un totale di 10 mila copie, vendute attraverso il circuito militante. Il ricavato della vendita del libro, assieme a quello della vendita di adesivi e poster con lo ``Smiling Sun'', consentono alla Lega di impiantare e finanziare la propria sede, in Piazza Sforza Cesarini, a Roma.
Viene promossa la formazione di un collegio di avvocati per preparare ricorsi al TAR contro l'avvio dei lavori a Montalto di Castro. L'avvocato Corrado De Martini s'incarica del coordinamento.
26 novembre 1977. Sollecitati da Brice Lalonde, i promotori della Lee a antinucleare partecipano, a Bruxelles, al congresso annuale dei Friends of the Earth International (FOEI), e vengono ammessi a far parte dell'organizzazione come sezione italiana.
In seguito a ciò, la Lega assume la denominazione di Amici della Terra.
29 novembre 1977. A chiusura del congresso dei FOEI, gli Amici della Terra italiani intervengono, assieme a tutte le organizzazioni raccolte nel Bureau Européen de l'Environnement, alle hearings pubbliche organizzate dalla CEE sull'energia nucleare. Nel corso del dibattito rivelano dei documenti su un progetto Euratom di condizionamento dell'opinione pubblica italiana a favore del nucleare. L'eco dell'iniziativa è accresciuta dalla conferenza stampa che Emma Bonino tiene contemporaneamente a Roma, nella sede del Gruppo parlamentare.
Dicembre 1977. Con la collaborazione dei radicali di Alessandria e di Torino si organizza una ``settimana antinucleare'' in Piemonte, in opposizione alla prevista localizzazione di una centrale nella regione.
Bilancio politico del '77
L'esito di queste azioni è notevole. Il problema nucleare assume rilievo politico nazionale. L'``importazione'' di leader ed esperti ecologisti europei, la fondazione del primo organismo nazionale antinucleare, e l'impegno in esso di esponenti radicali, inducono nei partiti della sinistra l'incubo delle vittorie elettorali già conseguite dai ``verdi'' in Europa.
Radicale diventa sinonimo di ecologista. Il Psi se ne preoccupa più di tutti: ``E'soprattutto fra i socialisti - scrive Luigi Nicolini su "Mondoperaio" nel settembre '77 - che un eventuale movimento politico di ecologisti pescherebbe voti, a sinistra. Non nel Pci che dimostra di volersi muovere per tamponare presto ogni possibile fuga; non fra radicali che sui problemi ecologici ora tengono cattedra''.
L'intervento radicale in Parlamento è molto efficace. Il Psi si rimangia il 99 per cento delle sue posizioni filonucleari; in un documento della direzione condiziona il sì all'avvio del piano nucleare a una revisione in senso liberale della legge 393 sulle localizzazioni, all'elaborazione della carta dei siti, alla pubblicizzazione della documentazione tecnica sui reattori, a possibilità ``effettive'' di controllo e garanzia della sicurezza. Il nucleare viene degradato a ``fonte residuale''.
Il Pci ammorbidisce le sue posizioni, fa rientrare il sì ai reattori veloci e la piena adesione al documento Fortuna; continua a sostenere il nucleare ma ``limitato e controllato'', vale a dire a copertura dei buchi energetici a breve-medio termine.
La risoluzione approvata dalla Camera il 5 ottobre formalizza per la prima volta la schizofrenia dei nucleari: definisce infatti solo per il nucleare dei programmi d'investimento, ma afferma formalmente che la priorità spetta al risparmio e alle fonti rinnovabili. L'"Unità" è costretta a mentire, e titola: ``Energia: la scelta è per il risparmio e le risorse interne'' (6 ottobre).
Formalmente, dunque, i nucleari hanno vinto, pagando solo il prezzo di una diminuzione del numero delle centrali. In realtà hanno subìto un primo scacco, la cui portata si rivelerà solo in futuro. Lo schieramento politico a favore del nucleare, prima unanimistico, è ora gravemente incrinato: spinto dalla paura della concorrenza radicale, il Psi ha ritirato l'appoggio al piano di Donat Cattin, e d'ora in avanti ostenterà simpatie per gli antinucleari. Fortissimo in Parlamento, il blocco nucleare si sente minoritario nel paese: non ha la forza di imporre le misure che approva in Parlamento. Il fenomeno si accentua alla periferia: le localizzazioni si bloccano, e il piano di Donat Cattin rimane sulla carta.
In conclusione, se l'esistenza di un organismo politico si misura dalla portata e dagli effetti delle sue iniziative, è innegabile che nel corso del '77 è nato nell'area radicale un nuovo centro politico.
Se la memoria non inganna, al congresso radicale di Bologna, nella relazione del segretario federale non c'è neanche un accenno agli Amici della Terra. E' l'inizio di un silenzio ``ufficiale'' durato fino all'anno scorso.
3. IL REFERENDUM ANTINUCLEARE
Ripiegamento nel Partito
Con il cambio della sigla, gli Amici della Terra attuano anche un mutamento di immagine e di collocazione politica, rinunciando all'ipotesi di una rappresentanza unitaria del movimento antinucleare. Si sono già manifestati rischi di paralisi dovuti ai vizi assembleari e unanimistici del ``movimento'', e le preclusioni antiradicali di gran parte di esso. In queste condizioni si sarebbe potuto mantenere la leadership solo a costo di ridurre l'attività all'organizzazione di qualche manifestazione e di escludere ogni collaborazione con il Partito radicale. L'esperienza della LOC e del MLD sono in proposito inequivocabili.
Nel luglio 1978 si forma il Comitato per il controllo delle scelte energetiche, che assume la rappresentanza di tutti i gruppi locali antinucleari. Gli AdT, malgrado alcuni contrasti interni, si danno una collocazione autonoma come espressione dell'area radicale.
Assumono dunque come referente politico il Partito: il problema è ora come impegnarlo; e non è facile. Non sembra di poterlo superare chiedendo una formalizzazione del rapporto attraverso la federazione: gli AdT sono ancora in una fase di avvio, rappresentano una realtà fluida la cui durata va tutta verificata; la federazione con il Partito sarebbe perciò un fatto prematuro o confuso o meramente formale, oppure la rinuncia in partenza all'autonomia.
Da parte sua il Partito, che intanto ha sospeso le attività federali e chiuso la sede centrale, non appare disponibile. Si delinea una inspiegabile ostilità, o quanto meno diffidenza, del suo gruppo dirigente nei confronti delle nuove iniziative. Si finisce così con il non discutere mai il problema mentre all'esterno gli AdT, in collaborazione con il Gruppo parlamentare, determinano la politica e l'immagine del Partito su un problema di grande rilievo.
Per tutto il '78, i radicali che hanno promosso gli AdT si muovono nell'ambiguità. Non avendo ancora maturato una piena identificazione con le loro nuove responsabilità, decidono di impegnarsi direttamente nel Partito alla ricerca di uno spazio politico che gli consenta di coinvolgerlo sul nuovo tema.
E' un vero e proprio ripiegamento nel PR, che provoca un netto rallentamento delle attività antinucleari. Nella prima metà del '78 gli AdT promuovono una serie di manifestazioni in Basilicata contro il progetto di localizzazione del deposito nazionale di scorie radioattive a Nova Siri. L'impegno dura dalla primavera all'estate, e s'interrompe quando subentrano gli autonomi e il Comitato per le scelte energetiche (il deposito di scorie, in ogni modo, non si farà).
Vengono inoltre organizzati dibattiti a Roma, a Milano e altrove con proiezione di un film sul ritrattamento del combustibile nucleare realizzato dal sindacato socialista francese (Cfdt); si cura infine la stampa di alcuni scritti di Amory Lovins, che verranno diffusi anch'essi attraverso il circuito militante delle associazioni e dei tavoli radicali.
Impegnati di più nel Partito, gli AdT ``passano'' ai radicali del Lazio le loro analisi e posizioni sull'energia. Avviano, con l'impegno dell'avvocato De Martini, un'analisi della praticabilità dei referendum regionali e comunali, che verrà successivamente ripresa e sviluppata da Giuseppe Calderisi. Dall'altra parte, intervengono attivamente nel dibattito politico interno, entrando in collisione con i dirigenti del Partito.
In vista del congresso annuale, si organizza assieme al Partito radicale del Lazio una riunione interregionale sui problemi dell'energia, e si stampa il numero unico ``Ecologia radicale''. In realtà l'ecologia è adoperata in modo strumentale; i problemi interni di partito hanno infatti preso il sopravvento su quelli specifici degli Amici della Terra e, dal momento che il gruppo dirigente del Partito appare chiuso alle nuove tematiche, si punta a un ricambio.
Il congresso di Bari è un momento generale di crisi. I temi dell'energia e dell'ecologia si fanno spazio per la prima volta in un congresso radicale, l'impegno antinucleare viene inserito nella mozione conclusiva. Ma è un fatto formale, che si perde nelle polemiche provocate dalla rottura dell'unità del gruppo dirigente. I responsabili radicali degli AdT partecipano attivamente a queste polemiche; favoriscono anzi la ``candidatura impossibile'' di Emma Bonino alla segreteria federale (impossibile per l'assenza dell'interessata) che, partita come manovra di disturbo, pesa in misura imprevista sulla conclusione del congresso. E subito dopo danno seguito all'opposizione appena accennata a Bari impegnandosi (con Rosa Filippini, che lascia per un anno gli AdT) nella direzione del Partito radicale del Lazio. La parentesi di partito finisce qui; gli Amici della Terra tornano ad occuparsi di politica antinucleare; ma non riusciranno più a superare lo stato di separazione conflittuale che in quest'anno si è determina
to.
La richiesta di referendum
La situazione politica aiuta a liberarsi dall'introversione nelle polemiche di partito. All'inizio dell'inverno, mentre un referendum in Austria fa segnare la prima sconfitta dei nucleari, parte in Italia il tentativo più serio di avviare il Piano energetico nazionale: decreto legge per la localizzazione di una centrale nucleare in Molise, primo black-out dell'Enel, tagli nelle forniture di elettricità alle industrie, il ministro Prodi che minaccia un decretone legge per tutte le centrali.
Di fronte a questa manovra, le risposte a livello locale (ad esempio, i referendum consultivi chiesti dai radicali in Lombardia, Piemonte e Puglia) appaiono del tutto inadeguate. Occorre un'iniziativa politica di portata nazionale e soprattutto tempestiva: c'è il rischio infatti che si moltiplichino black-out e decreti legge.
Gli Amici della Terra decidono di indire un referendum per l'abrogazione delle norme della legge 393 (quella sulle localizzazioni nucleari) che limitano i poteri degli enti locali. L'iniziativa sorprende sia il Partito radicale, sia il ``movimento'' antinucleare. L'operazione infatti è maturata nella più assoluta discrezione.
Nel decidere il referendum, gli AdT hanno fissato alcune condizioni:
1) Coinvolgere nell'iniziativa il ``movimento'' appare difficile e troppo costoso. Significherebbe infatti avviare una serie defatigante di assemblee, lasciando per mesi campo libero ai nucleari, e accettare inoltre l'emarginazione formale del Partito radicale da una campagna che è l'unico in grado di realizzare. Meglio avviare l'azione al di fuori del ``movimento'', riservandosi di sollecitarne subito dopo una partecipazione paritaria.
2) L'indizione del referendum è di fatto una proposta politica rivolta al Partito radicale; nessun'altra forza politica, infatti, è in grado di assicurare la raccolta delle firme.
3) E' sconsigliabile discutere preventivamente l'iniziativa con il Partito: nel clima di esasperata litigiosità creatosi dopo Bari, si rischierebbe di perdersi nel gioco delle reciproche rivalità e antipatie, a danno di un giudizio politico sereno e, soprattutto, della tempestività dell'iniziativa (persino l'intervento degli AdT in Molise, in appoggio alle opposizioni locali contro il decreto legge, provoca un'iniziativa parallela dei dirigenti del PR, con il conseguente abbandono del campo da parte degli AdT). Non dispiace d'altronde rispondere alle polemiche di partito con un'azione politica importante e ostentando assoluta indipendenza.
Per assicurare il massimo rilievo al referendum e marcarne la connotazione radicale, si chiede e si ottiene l'adesione di Marco Pannella e di Emma Bonino. Il 29 novembre '78 si comunica la notizia al Partito nel corso di una riunione dei radicali del Lazio.
Il 1· dicembre '78 gli Amici della Terra presentano in Cassazione la richiesta di referendum abrogativo della legge 393 del 2 agosto 1975 sulle localizzazioni delle centrali nucleari. Tra i firmatari ricordiamo Mario Signorino, Marco Pannella, Emma Bonino, Loris Fortuna e Aurelio Peccei.
Due anni decisivi
L'iniziativa è tempestiva e di grande efficacia. Viene data con grande evidenza da tutti i giornali, la "Repubblica" dedica il paginone centrale a un contraddittorio tra Pannella e Ippolito. Partiti, industriali e lobbisti del nucleare entrano in grande agitazione.
La minaccia del referendum, che slitterà poi di un anno a causa delle elezioni anticipate, paralizzerà i nucleari per due anni. Fino alla sentenza di inammissibilità della Corte costituzionale, del 4 Febbraio 1981, non si registra alcun tentativo serio di localizzare le centrali.
Nel Pci i più accaniti falchi nuclearisti cominciano a cedere spazio alle colombe (di qui il successivo cambio della guardia, al vertice della commissione energia, tra Maschiella e Zorzoli).
Da parte sua, il Psi accentua le aperture agli antinucleari e aggrava ulteriormente la crisi del blocco nucleare. L'adesione di Loris Fortuna, presidente della Commissione industria della Camera, al comitato promotore del referendum è un segno del mutamento di clima all'interno del partito.
A posteriori si può dire che questi due anni di paralisi dei nucleari indicano che il referendum è stato probabilmente la mossa risolutiva: anche se poi non si andrà al voto, non sarà più possibile per i nucleari recuperare il ritardo accumulato.
Dopo la richiesta di referendum, gli Amici della Terra si ritrovano sotto il tiro incrociato del ``movimento'', da una parte, e del Partito radicale dall'altra.
Per il ``movimento'' è comprensibile. Il referendum, infatti, sanziona la leadership politica degli Amici della Terra e mette in scacco il Comitato per le scelte energetiche ponendogli un'alternativa sgradita: o supera la pregiudiziale antiradicale entrando nel comitato promotore del referendum, ma non in posizione privilegiata; oppure si suicida politicamente estraniandosi dall'iniziativa antinucleare più importante e certamente, nel bene e nel male, decisiva.
Come i socialisti nella prima guerra mondiale, il Comitato si rifugia nel ``non aderire né sabotare'', cioè nella non scelta. Neanche negli anni successivi, a referendum caduto, riuscirà a risollevarsi da questa sconfitta politica. Oggi, quel che resta del ``movimento'' è politicamente marginale, sempre più subalterno alla Lega Ambiente dell'Arci.
Il discorso è più complesso per il Partito radicale. Il referendum antinucleare era, manifestamente, un fatto positivo. Rimetteva in movimento la politica radicale dopo la stasi del congresso di Bari, riaccendendo in forma efficace una nuova campagna referendaria. Ecco infatti che, alla vigilia delle elezioni politiche anticipate, e subito dopo la chiusura positiva della precedente campagna, mentre in Parlamento detengono il monopolio dell'opposizione, i radicali ripartono con una grande iniziativa su un tema nuovo, di politica economica oltre che di democrazia, e potenzialmente maggioritario. Si rilancia l'immagine di un partito dinamico, vera fabbrica di idee e di lotte politiche. In queste condizioni, le critiche che accolgono la presentazione del referendum degli AdT sono da ascrivere alle difficoltà interne del gruppo dirigente del Partito.
Per gli Amici della Terra il referendum è l'occasione di un rilancio di immagine e di adesioni. Nei confronti del Partito, il loro peso politico è indubbiamente aumentato, ma vengono ormai identificati come fazione. La polemica contro i soggetti autonomi si fa sempre più pesante.
4. L'IMPEGNO Dl STUDIO E Dl PROGRAMMA
La complessità del problema e l'assenza di una seria documentazione ufficiale spingono gli AdT in una direzione finora poco praticata dai radicali: la rivalutazione del momento tecnico-scientifico come base dell'iniziativa politica. Vengono così individuati due filoni principali: i problemi della sicurezza nucleare, l'elaborazione di nuovi indirizzi di politica energetica.
Dal 17 al 20 maggio 1979 si tiene a Roma, nell'aula magna dell'università, la prima Conferenza internazionale sulle energie rinnovabili ``Energia dolce per l'Europa'': una prima occasione d'incontro tra maggiori esperti indipendenti di energie rinnovabili, sotto la supervisione di Amory Lovins.
Partecipano, tra gli altri, David Brooks, David Brower, Jim Harding, Richard Holt, Dennis Meadows, Manfred Siebker, Bent Sorensen, Haruchi Tsuchiya, Peter Weish.
Alla seduta finale della conferenza interviene anche Marco Pannella.
Il costo dell'organizzazione è coperto con contributi del Partito radicale, della Tecneco, dell'Ipsep (International Project for Soft Energy Paths) e degli stessi AdT.
Contemporaneamente viene avviato lo ``Studio sulla sicurezza del reattore di Caorso'', commissionato alla società americana di consulenza MHB Technical Associates. La difficoltà maggiore - l'indisponibilità della documentazione tecnica relativa ai reattori nucleari, finora coperta dal segreto - viene superata dopo tre mesi di pressioni e di continue denunce (fra l'altro, alla conferenza nazionale dell'Enel a Siena, a fine giugno, e a un convegno comunista sul PEN che si tiene a Milano ai primi di luglio con la partecipazione di Corbellini). E' il nuovo presidente dell'Enel ad accettare il rischio del confronto, provvedendo in pieno agosto alla consegna dei documenti. In settembre l'MHB può cominciare lo studio. Il costo viene coperto con un contributo del Partito radicale.
Un altro progetto - una ricerca idrogeologica sull'acqua in Sicilia riceve quest'anno un primo finanziamento dal Gruppo parlamentare radicale.
Malgrado i rapporti tesi, i due progetti vengono giudicati seri e importanti dai dirigenti del Partito. Non per questo il PR appare interessato alla loro utilizzazione politica; sicché, una volta ultimati gli studi, vanno avanti solo le iniziative che gli AdT avviano direttamente e da soli (ne è un chiaro esempio il mancato uso dello studio sull'acqua in Sicilia, considerato fin dall'inizio d'interesse e di competenza del Partito).
Nella seconda metà del '79 gli AdT si ritrovano coinvolti in un processo di scissione coperta che, dopo avere investito i radicali del Lazio, si estenderà a tutto il Partito. E' un'ulteriore spinta ad allentare rapporti con il PR e ad aprirsi all'esterno, a stringere rapporti con altre forze politiche, con enti e industrie. Aumenta di conseguenza l'autofinanziamento; anche se, ancora per il 1980, il Partito continua a finanziare gli studi avviati l'anno prima.
Nel gennaio 1980 gli AdT partecipano in forze alla Conferenza nazionale sulla sicurezza nucleare promossa dal governo a Venezia. Durante i lavori producono un'agenzia stampa in cui rendono noti documenti importanti, come il Rapporto Polvani sui piani di emergenza e il Rapporto Rogovin sull'incidente di Three Mile Island. Partecipano inoltre, insieme a due dirigenti dell'MHB e al deputato Crivellini, al dibattito generale anticipando i primi risultati dello studio sulla sicurezza di Caorso.
In febbraio gli AdT pubblicano, con la Etas Kompas, il rapporto al presidente Carter sull'incidente di TMI redatto dalla commissione Kemeny. E' un testo di capitale importanza per un approccio realistico ai problemi della sicurezza.
Nel febbraio '80 è ultimato lo ``Studio sulla sicurezza del reattore di Caorso'' realizzato dall'MHB; si stampa l'edizione italiana.
Nel numero del 19 maggio '80, "Panorama" dedica allo studio la copertina e un inserto speciale.
Il 16 e 17 maggio '80 si tiene il convegno nazionale sul ``Rischio nucleare'', nel corso del quale lo studio dell'MHB viene discusso in contraddittorio con i tecnici dell'Enel e del Cnen.
Il convegno è organizzato dagli AdT con il patrocinio e il finanziamento della Regione Lazio. Il presidente della Giunta regionale apre i lavori con una relazione: un avallo di grande importanza che ``ufficializza'' lo studio dell'MHB e obbliga al contraddittorio i due enti energetici. Da una parte, Richard Hubbard e Dale Bridenbaugh dell'MHB. Dall'altra, sei dei maggiori tecnici nucleari dell'Enel (Franco Velonà, Maurizio Mirone, Giuseppe Russino) e del Cnen (Claudio Sennis, Remo Galvagni, Giuseppe Pietrangeli).
La presidenza della conferenza è tenuta da Aurelio Peccei, membro dell'Advisory Council dei Friends of the Earth e presidente del ``Club di Roma''.
Il contraddittorio si svolge secondo regole rigide concordate preventivamente dagli AdT con Enel, Cnen e MHB. La novità dell'iniziativa e l'alto livello tecnico del dibattito riscuotono interesse e riconoscimenti negli stessi ambienti nucleari.
Come prevedibile, il dibattito non avvicina le divergenti valutazioni sulla probabilità di incidente grave a Caorso. I nucleari, pero, non oppongono alla stima dell'MHB un'altra stima altrettanto elaborata e documentata. Si può dire, tuttavia, che la pregiudiziale contro la credibilità degli incidenti catastrofici viene definitivamente superata.
E' l'episodio più impegnativo dell'azione antinucleare in Italia: per la prima volta gli antinucleari si impadroniscono degli strumenti e della metodologia scientifica dei nucleari e, applicandole correttamente, ne dimostrano l'uso distorto, neutralizzandole. Da allora il Rasmussen viene di fatto abbandonato come punto abituale di riferimento nelle valutazioni del rischio.
Alla raccolta delle firme sui referendum gli AdT, dunque, partecipano con una campagna sul nucleare centrata sullo studio dell'MHB e completata con la pubblicazione di quattro pagine autogestite su "Panorama", sul referendum antinucleare.
E' l'unico spazio conquistato sulla stampa a favore di un referendum.
Dal 16 al 19 gennaio 1981 si tiene a Roma la 2ª Conferenza internazionale sulle energie rinnovabili. Essa si svolge come un seminario di lavoro e si chiude con una seduta pubblica in Campidoglio, con la partecipazione del sindaco di Roma, Luigi Petroselli, che ha assicurato il patrocinio e il parziale finanziamento dell'iniziativa.
Il 1981 è una fase di lavoro pesante, lungo e oscuro: in pratica gli AdT si dedicano esclusivamente all'azione di supporto del l'azione parlamentare condotta dai deputati Tessari e Roccella in Commissione industria. Sono in discussione, infatti, provvedimenti di grande rilievo: il DDL n. 2383 sul risparmio energetico, la riforma del Cnen, il Piano energetico nazionale, l'art. 17 che prevede contributi ai comuni che ospitano centrali nucleari, il rifinanziamento dei progetti PEC e CIRENE.
E' un lavoro tanto più necessario, in quanto il ``movimento'' antinucleare non interviene in alcun modo in queste scadenze, come al solito.
L'elaborazione programmatica, accelerata a causa del lavoro parlamentare, viene sistematizzata, sia pure in una prima forma sintetica, in un documento di critica del piano energetico nazionale, che a distanza di due anni mantiene intatta la sua validità di metodologia e di contenuti.
Nel luglio '81 viene realizzato il dossier ``Proposte parlamentari contro la crisi energetica''.
Nel gennaio 1982 viene elaborato e presentato alla Camera, nel corso della discussione sui provvedimenti di legge sul Cnen-Enea, un dossier sul reattore veloce sperimentale PEC, uno dei massimi esempi di sprechi e di inefficienza del sistema nucleare italiano. Attualmente il governo ha deciso un riesame completo sulla validità del progetto PEC e CIRENE.
Nel 1982 gli AdT si impegnano nella ricerca di una collaborazione diretta con il Partito radicale, in cui la segreteria Pannella assicura condizioni di apertura prima inesistenti. Fra l'altro, il partito impegna i suoi organi statutari, con apposita delibera del consiglio federale in funzione vicaria del congresso, sul tema dell'energia. Si concorda così con gli organi dirigenti del Partito e con il Gruppo parlamentare un'iniziativa di portata nazionale.
Nel febbraio 1982 viene ultimato uno studio sui criteri di emergenza adottati negli Stati Uniti. Come quello su Caorso, anche questo lavoro viene realizzato dalla MHB e finanziato dal Partito radicale. Come quello su Caorso, anche questo studio non è fine a se stesso, tanto meno si esaurisce in un mero interesse scientifico: ha infatti una utilità pratica e politica diretta, perché serve a impostare una critica puntuale dei piani di emergenza italiani e a proporre soluzioni alternative.
Il 16 febbraio '82 viene pubblicata su "Repubblica" una manchette del Gruppo parlamentare, in cui si denuncia il tentativo di corruzione legalizzata portato avanti con l'art. 17 del DDL sul risparmio energetico, che stabilisce incentivi ai comuni candidati a ospitare centrali nucleari e modifica in senso autoritario la legge 393 sulle localizzazioni.
Il ritardo che l'opposizione radicale provoca in Parlamento è già, di per sé, un grosso successo. La mancata approvazione dell'art. 17 rende infatti possibile le azioni di quest'anno contro la localizzazione di centrali nucleari in varie regioni.
In marzo i deputati Tessari e Roccella ottengono un successo significativo con il distacco della DISP dal Cnen. In pratica costringono gli altri partiti a realizzare quel che loro stessi sostengono da anni, ma che in pratica nessuno vuole. Particolarmente ambiguo è il ruolo dei comunisti, a parole grandi sostenitori del distacco e, nei fatti, partigiani di un rinvio sine die di esso. Poi, incredibilmente, dopo essere stati costretti a una veloce inversione di marcia dalla manovra radicale, che trascina i rappresentanti socialisti, i comunisti osano rivendicare a sé il merito del distacco della DISP...
Il 27 e 28 Marzo 1982 si svolge a Milano, al Museo nazionale della scienza e della tecnica, la conferenza nazionale ``Nucleare a carte scoperte'', organizzata dagli Amici della Terra in collaborazione con il PR e il Gruppo. Nel corso della conferenza viene presentato e discusso lo studio dell'MHB sui piani d'emergenza, in contraddittorio con l'Enel e il Cnen-Enea, che ancora una volta partecipano con rappresentanze al più alto livello. (Gli atti della conferenza sono disponibili in congresso).
E' anche l'occasione per precisare e rilanciare una posizione radicale complessiva sui nuovi termini del problema energetico (vedi in particolare, la relazione introduttiva del presidente degli AdT e l'intervento del segretario del Partito radicale).
Viene ultimato quest'anno, sotto il controllo del professor Carlo Schaerf, uno studio sugli effetti di una guerra nucleare in Italia promosso da Adriano Buzzati Traverso e finanziato dagli Amici della Terra. Lo studio serve da base per un libro di Buzzati Traverso, ``Morte nucleare in Italia'', pubblicato da Laterza; il testo tecnico completo è in corso di pubblicazione.
5. UN NUOVO CENTRO POLITICO
I programmi in corso
Dopo il drastico ridimensionamento del piano nucleare, il nostro lavoro continua a svilupparsi nelle due direzioni di: opposizione al nucleare ed elaborazione programmatica. Dobbiamo tuttavia marcare la crescente importanza che va assumendo l'impegno per la definizione di un programma complessivo sull'energia, vale a dire, la definizione di uno scenario possibile per il futuro e un programma ``di governo'' che consenta di muoversi verso di esso.
Appare tuttavia sempre più difficile limitare il discorso al settore energetico, senza compiere il salto ormai irrinviabile verso l'elaborazione di un progetto complessivo di uso razionale delle risorse.
E' questo, del resto, un elemento centrale della posizione ecologista: non ideologia della natura né, com'è stato detto, ``fascismo della salute e dell'ambiente'', ma progetto politico di nuovi modelli di vita, di società, di produzione, di consumo; e, soprattutto, scelta di tecnologie.
Questo compito è tanto più urgente e importante, in quanto l'opzione ecologica rischia oggi di essere cancellata dalla recessione, dall'inflazione, dalla disoccupazione. L'ecologia torna ad essere considerata, come il protezionismo dei beni ambientali e culturali negli anni del boom edilizio, un lusso salottiero, un fattore aggravante della crisi. E tutto questo mentre diventa sempre più scandaloso l'immobilismo sui problemi dell'ambiente e delle risorse: la disapplicazione ormai permanente della legge Merli sulle acque, il dissesto idrogeologico, la distruzione del paesaggio e dei beni culturali nel Mezzogiorno, l'inquinamento, la penuria di acqua... La recessione sta agendo da alibi per compromettere irreversibilmente, per i prossimi decenni, la qualità della vita.
"Risorse". Al primo punto dell'agenda per il 1983 poniamo dunque la definizione di un programma per l'uso razionale delle risorse ambientali e delle tecnologie (dissesto idrogeologico, inquinamento, acqua, beni culturali e ambientali, agricoltura e aree remote, alimentazione, trasporti, turismo, salute, ecc.).
Rientra in questo programma il dossier che stiamo preparando sui termini tecnici e politici della penuria di acqua in Sicilia, per cui sono stati ultimati da tempo gli studi idrogeologici.
"Energia". Sarebbero necessari tre-quattro grossi studi, con un investimento di circa mezzo miliardo, per ricavare in tempi brevi un organico programma energetico. Abbiamo perciò deciso di procedere per gradi, prevedendo per il prossimo anno:
a) la definizione delle linee-guida per una nuova politica dell'energia;
b) l'elaborazione di un piano nazionale di cogenerazione (produzione combinata di elettricità e calore) in contrapposizione al programma di grandi centrali nucleari e a carbone dell'Enel; la società di consulenza svizzera Infras sta ultimando lo studio di fattibilità;
c) la definizione di una proposta di legge per l'istituzione di un'Agenzia nazionale per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili;
d) un grande progetto dimostrativo, nel campo delle economie di energia e delle fonti rinnovabili, in un'area circoscritta (un'isola).
"Centrali nucleari". Verrà sviluppato e completato l'apparato tecnico-politico necessario per condurre con puntualità ed efficacia l'opposizione alle installazioni nucleari. Identifichiamo nella centrale di Caorso l'unica grande centrale nucleare funzionante in Italia - il banco di prova di questa battaglia. A Caorso sono presenti in modo chiarissimo, e talvolta scandaloso, le carenze del sistema tecnico-industriale-politico nazionale: scelta poco responsabile della localizzazione; insoddisfacente progettazione e realizzazione dell'impianto; gestione gravemente inadeguata della centrale; piano di emergenza insufficiente e inattuabile.
Con lo ``Studio sulla sicurezza del reattore di Caorso'', fatto realizzare nel 1980 all'MHB Technical Associates di San José, abbiamo dimostrato la scarsa affidabilità dell'impianto e le conseguenze gravissime di un ipotetico incidente. Con il secondo studio dell'MHB sui criteri di emergenza, abbiamo dimostrato che il piano di emergenza di Caorso non è in grado di fronteggiare un incidente grave. Abbiamo ora incaricato l'MHB di completare il lavoro elaborando, in un nuovo studio, una valutazione complessiva dell'impianto e del piano di emergenza, e indicando tutti i provvedimenti da adottare per portare l'impianto a un livello di rischio accettabile. Lo studio costituirà un punto di riferimento valido per ogni altra centrale.
Abbiamo inoltre chiesto al Centro Calamandrei di predisporre l'avvio di un'azione giuridica per imporre l'adozione di questi provvedimenti, fino all'ipotesi estrema della chiusura della centrale.
"Informazione". Dobbiamo segnalare innanzitutto gli investimenti effettuati per assicurarci i necessari supporti tecnici. Abbiamo infatti avviato la predisposizione di un archivio sull'energia a gestione computerizzata e ci siamo assicurati uno dei sistemi più avanzati di videoscrittura, che verrà presto collegato a un piccolo calcolatore per la gestione e l'elaborazione dei dati. Tali sistemi si aggiungono ai supporti tecnici preesistenti per l'attività di stampa e di rilegatura di testi e possono essere utilizzati dai vari soggetti dell'area radicale, in quanto coprono tutte le attività di composizione e stampa (eccettuate le alte tirature), di gestione ed elaborazione dati.
Quanto alla produzione e diffusione delle informazioni, abbiamo di recente stampato gli atti della nostra conferenza di Milano sui piani di emergenza, che sono disponibili in questo Congresso. Abbiamo poi in programma una serie di dossier sul problema energetico.
Abbiamo infine chiesto al Centro Calamandrei di elaborare, avvalendosi dei giuristi ad esso collegati, una proposta di legge per il libero accesso ai documenti della pubblica amministrazione, delle industrie e degli enti pubblici: per abolire cioè il cosiddetto segreto amministrativo. Tra le attività di quest'anno, segnaliamo infine la collaborazione fornita al Partito radicale il numero speciale di "Notizie radicali" e la manifestazione-concerto preparati in occasione del referendum antinucleare di Avetrana; nonché l'aiuto finanziario fornito per la realizzazione dello studio già citato sugli effetti di una guerra nucleare in Italia, i cui risultati sono stati pubblicizzati da Adriano Buzzati Traverso nel suo recente libro ``Morte nucleare in Italia'' (Laterza).
Finanziamenti e autofinanziamento
Dal 1977 al 1981 gli Amici della Terra hanno avuto un volume di spesa pari a 420 milioni di lire, di cui 85 milioni per spese di struttura e il resto per studi e iniziative.
Si è fatto fronte a queste uscite nel seguente modo:
- con l'autofinanziamento, per un totale di 235 milioni;
- con finanziamenti del Partito radicale (115 milioni) e del Gruppo parlamentare radicale (75 milioni) per un totale di 190 milioni.
Il finanziamento del PR è stato dato negli anni '79 e '80 per finanziare: a) lo ``Studio sulla sicurezza del reattore di Caorso'' dell'MHB (70 milioni); b) la prima conferenza internazionale sulle energie dolci (15 milioni, il 50% del costo totale); c) lo studio idrogeologico sul problema dell'acqua in Sicilia (contributo parziale di 30 milioni). Nel 1977, nel 1978 e nel 1981 il PR non ha dato alcun finanziamento. Il finanziamento dato dal Gruppo parlamentare radicale dal 1977 al 1981 è stato così destinato: 29 milioni per l'attività di consulenza; 46 milioni per il completamento dello studio idrico sulla Sicilia.
Nel 1982 il Gruppo parlamentare ha dato un finanziamento di 50 milioni: 20 milioni per attività di consulenza e di elaborazione di dossier; 5 milioni per il documento-inchiesta sul PEC, il reattore veloce italiano; 25 milioni per attività in via di realizzazione.
Nel 1982 il Partito radicale ha finanziato non un singolo progetto come negli anni precedenti, ma un complesso di studi e di attività, per un totale di 200 milioni. Di conseguenza, per la prima volta quest'anno gli AdT hanno coperto le spese di struttura e di gestione con il finanziamento del Partito radicale. E' evidente infatti che, quando una struttura è impegnata completamente in un programma di attività finanziate da un unico committente, non potendosi dedicare ad altri progetti deve ricavare da quel programma i mezzi per sostenersi (a meno, naturalmente, di non ricorrere a fondi neri).
E' un problema, ma non certo insuperabile. La destinazione stessa degli stanziamenti, infatti, richiede che vengano avviate grosse iniziative di autofinanziamento. A parte lo studio dell'MHB su Caorso, per il quale non è prevedibile trovare altri finanziatori, sui progetti più impegnativi il PR ha dato solo un finanziamento di partenza.
Ad esempio, per il piano nazionale di cogenerazione i 30 milioni dati dal PR coprono soltanto lo studio di fattibilità. La ricerca vera e propria, del costo di circa 200 milioni, dovrà essere autofinanziata. Analogo discorso per il piano di autonomia energetica di un'isola: il PR ha dato 10 milioni per lo studio di fattibilità, mentre la ricerca completa, del costo preventivato di 600 milioni, dovrà essere autofinanziata.
Il finanziamento dato dal Partito radicale nel corso del 1982 è stato così destinato:
- studio dell'MHB sui piani di emergenza, 10 milioni (realizzato);
- Conferenza nazionale di Milano ``Nucleare a carte scoperte'', 40 milioni (già realizzata);
- studio di fattibilità per l'autonomia energetica di un'isola, 10 milioni (già realizzato);
- studio di fattibilità per un piano nazionale di cogenerazione, 30 milioni (sarà ultimato il 10 novembre);
- archivio sull'energia e le risorse a gestione computerizzata, 20 milioni (in corso di realizzazione, tempo previsto un anno);
- sistema di videoscrittura, 10 milioni (contributo parziale);
- studio finale dell'MHB sul reattore e il piano di emergenza di Caorso, 60 milioni (già avviato, durata 6 mesi);
- avvio di un'azione giuridica su Caorso, 10 milioni (commissionata);
- serie di dossier sul problema energetico, 10 milioni (contributo parziale, lavoro in corso di realizzazione).
Ricapitolando, dal 1977 al 1982 le entrate degli Amici della Terra sono così suddivise:
"autofinanziamento" 235 milioni (96 milioni, contributi e vendita materiale; 50 milioni, Eni; 46 milioni, Regione Lazio; 24 milioni, Comune di Roma; 11 milioni, "Panorama"; 8 milioni, Tecneco);
"finanziamento del Partito radicale" a progetti, 315 milioni;
"finanziamento del Gruppo parlamentare radicale", 125 milioni.
Il flusso delle entrate ha avuto la seguente cadenza annuale:
1977: 20 milioni (autofinanziamento);
1978: 20 milioni (autofinanziamento);
1979: 116 milioni (autofinanziamento 35 milioni, PR 35, Gruppo 46);
1980: 160 milioni (autofinanziamento 80 milioni, PR 80 milioni);
1981: 109 milioni (autofinanziamento 80 milioni, Gruppo 29);
1982: 250 milioni (PR 200 milioni, Gruppo 50).
E' importante notare che i primi due anni di vita degli AdT non sono stati sostenuti da alcun finanziamento né del Partito né del Gruppo. Eppure sono stati anni di intensa attività politica, quelli in cui sono state poste le premesse del blocco definitivo del piano nucleare. Se ci si fosse limitati all'attività militante, l'entità delle spese da affrontare sarebbe rimasta insignificante. La complessità e la difficoltà, anche tecniche, dei problemi hanno consigliato invece di fare un salto di qualità, promuovendo studi e progetti scientifici e creando una struttura costosa (per le abitudini radicali) anche se esile. Negli anni successivi, gli studi e le iniziative hanno assorbito i quattro quinti della spesa; il che significa che la struttura si è sempre mantenuta al riparo da possibili contrazioni delle entrate, limitandosi a decidere in base ad esse l'entità e il numero dei progetti da realizzare.
E' da notare anche che i finanziamenti del Partito radicale sono stati sempre assegnati a progetti precisi e mai, genericamente, agli Amici della Terra. Ciò vuol dire che potevano, di volta in volta, essere concessi o negati, e che questo al massimo avrebbe comportato lo slittamento di un singolo progetto. Questo vale anche per il futuro.
Degli studi tecnici commissionati in passato, uno solo è rimasto finora senza seguito: quello sul problema idrico in Sicilia. Fin dall'inizio abbiamo sostenuto che lo studio avrebbe avuto senso solo se inserito in una campagna condotta direttamente dal Partito; e su questo punto abbiamo sollecitato più volte, in passato, i dirigenti del Partito e il Gruppo. Per lo stesso motivo, abbiamo scartato finora l'ipotesi di una nostra iniziativa autonoma o in accordo con altre forze politiche, che sarebbe certo più agevole e ``conveniente''. Per sbloccare la situazione, abbiamo comunque deciso di preparare un dossier completo sul problema.
Il modello della lobby
Abbiamo messo in rilievo, in misura forse eccessiva, i conflitti che hanno punteggiato in questi anni i rapporti tra Amici della Terra e Partito radicale. Non c'è risposta migliore alla critiche di scarsa autonomia che periodicamente ci vengono rivolte. Coloro che adesso ci muovono questa critica non si sognavano certo di accusarci di scarsa autonomia quando, ad esempio, prendemmo l'iniziativa del referendum antinucleare... Ma non è questo il problema.
Un interrogativo più interessante potrebbe essere: gli AdT rappresentano una diminuzione o un arricchimento della politica radicale? Sono una realtà negativa o addirittura corrotta, oppure costituiscono invece un'esperienza positiva?
Dall'insieme delle nostre iniziative possiamo trarre alcuni punti fermi:
siamo riusciti a determinare effetti rilevanti nella politica energetica italiana, fino al sostanziale blocco del piano nucleare del '75 (li abbiamo ottenuti, ovviamente, utilizzando il peso politico del Partito e del Gruppo: non stiamo attribuendoci medaglie ma rivendicando idee, proposte, iniziative; vale a dire, un progetto politico);
abbiamo affermato, nel paese più ancora che nel PR, una nuova battaglia politica radicale: l'unica che, negli ultimi sei anni, non sia nata da un'indicazione di Marco Pannella; la prima azione radicale sul terreno economico;
sul problema energetico, abbiamo elaborato un'analisi e le grandi linee di un programma, che sono ormai di uso comune tra gli attori della politica radicale;
abbiamo creato e sviluppato, con decisione autonoma, con il nostro lavoro e i nostri mezzi, una struttura esile ma adeguata al particolare impegno - tecnico e politico - richiesto dalla complessità dei problemi. Una struttura costosa, perché gli studi vengono realizzati da consulenti esterni; perché i nostri interventi sono molto più impegnativi delle tradizionali manifestazioni di piazza; perché abbiamo bisogno di supporti tecnologicamente avanzati per elaborare e gestire una base adeguata d'informazioni; perché dobbiamo impiegare molto del nostro tempo nel funzionamento di questa struttura, in particolare nell'elaborazione delle informazioni, nella progettazione, avvio e realizzazione di progetti a media-lunga scadenza.
Fisicamente, gli Amici della Terra sono oggi una dozzina di persone, radicali e non, impegnate in varia misura, dal part-time al tempo pieno, in una sede nazionale a Roma. Troppo poche per fare un ``soggetto politico''? Forse, come pochi sono certamente quel centinaio di militanti che oggi fanno il Partito radicale.
Le scelte concrete che abbiamo adottato strada facendo, in risposta ai problemi che via via si ponevano, nel rapporto continuo con le vicende della politica radicale, hanno prodotto un tipo di organizzazione politica anomala per l'Italia. Non la tradizionale associazione radicale, e neanche un centro studi, tantomeno un ``movimento'': piuttosto un centro politico di iniziative e di elaborazioni programmatiche, che ha innestato nei metodi d'azione radicali esperienze di derivazione anglosassone.
Potremmo parlare, con maggiore precisione, di una ``lobby'' democratica, con una microstruttura manageriale e con una miscela metodologica assai efficace, risultante dalla combinazione di iniziativa politica e di elementi tecnici.
Come ogni sperimentazione aperta, anche la nostra ha assunto forme talora eccessive: soprattutto il disinteresse totale per le campagne di iscrizione, dettato principalmente dal timore di rimanere legati all'equivoco di un associazionismo militante alla cui efficacia non crediamo più.
Questa ``lobby'', che all'inizio ha agito esclusivamente sul PR, negli ultimi anni si è mossa prevalentemente fuori dall'area radicale, realizzando confronti diretti con gli enti energetici e le forze politiche. Ha sfruttato per questo, sistematicamente, l'ambiguità del proprio ruolo: di essere cioè centro di elaborazione della politica radicale sull'energia e, insieme, soggetto autonomo che può prescindere, nella propria azione, dal Partito radicale e dal Gruppo. Sappiamo bene quanto valga essere l'unica organizzazione antinucleare che ``dispone'' di 16 deputati...
La nostra esperienza ci ha convinto che è necessario andar oltre molti luoghi comuni sul modo di far politica.
Spesso si mettono in contrapposizione elementi che non sono necessariamente incompatibili: i militanti che pensano contro i militanti che agiscono, la cartellonata contro lo studio, la politica contro la tecnica, l'azione parlamentare contro l'iniziativa nel paese, la militanza politica contro il lavoro in una struttura.
Ci è capitato invece di doverci muovere su diversi piani, in diversi modi e in tutte le sedi che siamo riusciti ad attivare; tenendo sempre presente tutto lo scacchiere radicale: il Partito per il referendum, il Gruppo per le scadenze parlamentari, come oggi l'autonoma azione del Partito per Avetrana. I risultati migliori li abbiamo però ottenuti quando abbiamo adoperato i ``tradizionali'' metodi radicali - manifestazioni, referendum - integrati da supporti, anche tecnici, di seria informazione e di analisi. L'attività di studio, infatti, non è in alternativa all'azione politica, ma ne rappresenta un presupposto, un completamento e uno sviluppo. In un settore come quello energetico, essa è indispensabile per non farsi superare dai fatti o dagli avversari. Da sola, però, non caverebbe un ragno dal buco.
Non è prudente idealizzare, infatti, i mezzi e i supporti dell'attività politica: conta solo la capacità progettuale. Da questo punto di vista, che cosa è più inutile dei convegni? Eppure abbiamo potuto trasformarli in iniziative politiche, di denuncia e di proposta: mai sono stati generici confronti che lasciano il tempo che trovano, tavole rotonde di esperti che esibiscono conoscenze tecniche slegate da ogni progetto politico.
Tra i requisiti della politica radicale c'è il rifiuto del funzionariato di partito. Oggi taluni affermano che il funzionariato esiste anche tra i radicali, ma trasferito, decentrato dal Partito ai soggetti autonomi.
Se ci si riferisce agli AdT, si può solo parlare di professionalità. Non quella delle manovre di potere, di sottogoverno o di schieramento, tipica dei professionisti della politica; ma piuttosto quella dei problemi concreti, quale può formarsi solo negli organismi politici nati per agire su questioni specifiche: la professionalità del ``lobbista'' che insegue un problema concreto ed è capace in ogni momento di riconvertirsi, del tutto diversa da quella di un impiegato tuttofare qual è il funzionario di partito.
Non si intravvede alcuna controindicazione, neanche teorica, alla ``professionalità dei problemi''; comincia ad essere anzi indispensabile alla crescita della politica radicale. Un discorso analogo vale anche per le attività di struttura o di supporto tecnico e di studio: si tratta infatti di professionalità del tutto omologhe, e quindi riconvertibili, a quelle richieste nelle normali attività produttive e sociali. Non quindi una professione ``separata'', come quella del funzionario di partito che trova riscontri soltanto nella burocrazia ministeriale.
Anche sul problema delle vere o false autonomie s'è fatta molta confusione. La polemica che viene condotta contro i soggetti autonomi, solo in minima parte è davvero determinata dai problemi e dalle contraddizioni che accompagnano lo sviluppo di questi soggetti nell'area radicale.
Dal momento che punto forte di queste polemiche è la ``denuncia'' di un fatto dichiarato e documentato, frutto di decisioni politiche pubbliche - l'investimento di quote del finanziamento pubblico nell'attività di soggetti autonomi - esiste evidentemente un problema di scarsa tranquillità o di sudditanza culturale nei confronti del denaro, che viene vissuto come nei partiti tradizionali: mezzo cioè di corruzione e di clientela. E' sottinteso che il denaro dato per decisione politica, solo in linea secondaria serve ad attuare progetti: in realtà è strumento di potere o di ``sistemazione'' personale. E', quindi, corruzione: chi mi dà del denaro, mi corrompe.
Da questo punto di vista, gli Amici della Terra (scorrettamente confusi, senza alcuna distinzione, con radio radicali, televisioni private, fondazioni giuridiche) sono stati corrotti, oltre che dal Partito radicale, da comunisti, socialisti, Eni, Regione Lazio, Comune di Roma, Panorama, e da tutti gli acquirenti di libri, adesivi e simili. Ma da chi dipendiamo, allora: dal Pci, dal Psi, dai petrolieri? E da chi, di preciso, tra i radicali? Siamo comandati a bacchetta dal Tesoriere che ha deciso il finanziamento? Sarebbe così facile scegliere altre collocazioni politiche, e vivere di finanziamenti veri, grassi, adeguati, sicuri. E' bene chiarire che in futuro faremo di tutto per farci corrompere anche dall'Enel, dall'Enea, dalla Finmeccanica: facendo andare avanti così progetti e iniziative che in questi anni non sono stati privi di effetti politici.
La nostra impressione è che l'aggressività nei confronti di un centro politico autonomo come il nostro derivi dalla sua indipendenza da gerarchie di partito e da esiti congressuali; vale a dire, dall'impossibilità di controllarlo. Ma c'è anche qualcosa di più serio, e quindi più preoccupante: una diffidenza di fondo nei confronti delle autonomie teorizzate nello statuto radicale. In qualche parte del gruppo dirigente del Partito si dev'essere prodotto un gap culturale rispetto alle linee guida dello statuto.
Solo così si può spiegare come mai, negli ultimi anni, si sia affrontato il processo di mutamento nel Partito senza il supporto essenziale di approfondimenti e aggiornamenti teorici. Un gruppo dirigente, infatti, non può fare teoria di prassi in cui non crede e che deve quindi subire.
Così, nel dibattito sulla ``forma partito'' che si è sviluppato negli ultimi anni, si confrontano due posizioni inconciliabili: una statica e omologa a quella dei partiti tradizionali, tesa alla difesa delle esperienze e delle realizzazioni acquisite; l'altra aperta ai mutamenti e alle sperimentazioni, secondo un'interpretazione spinta della norma statutaria delle diversità e delle autonomie. Non c'è alcuna comunicazione tra le due posizioni, nessun confronto; e non può esserci compromesso.
E' possibile che la politica radicale non soffra dell'eccessivo proliferare di progetti e di soggetti politici autonomi, ma piuttosto del limitato sviluppo di queste realtà.