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De Vito Francesco - 14 novembre 1982
San Marco scaccia il Diavolo
di Francesco De Vito

SOMMARIO: Puntuale resoconto e analisi delle vicende precedenti al Congresso radicale (XXVII) di Bologna del 1982 e della "secessione" dal partito, avvenuta in Congresso, di alcuni deputati (Giuseppe Rippa e Franco De Cataldo), andati ad aggiungersi agli altri già distaccatisi nel corso dell'anno per confluire o nel gruppo misto o nell'area socialista.

In apertura, si riferisce la frase pronunciata al Congresso da Marco Pannella nel momento in cui si rifiutava di candidarsi alla segreteria del partito per sciogliersi - affermava -"dall'obbligo di vincere sempre". Dopo aver dato conto dei risultati del Congresso, l'a. ricorda le "rotture" emerse, durante i suoi lavori, su due fronti: quello rappresentato dall'area di exsocialisti o di nuova sinistra confluiti nel '79 nelle liste della rosa, e quello dall'area di "militanti storici" che si battevano "per dare al partito una struttura meno informale e una guida meno leaderistica". Secondo l'informato e preciso a., regista di queste rotture potrebbe essere un Pannella insofferente delle critiche rivoltegli per la "chiusura settaria verso l'area socialista" e per la "scelta onnicomprensiva" del tema della fame nel mondo: e proprio il congresso sarebbe stata la sede scelta per consumare la rottura.

(L'ESPRESSO, 14 novembre 1982)

Bologna. »Non sono candidato alla segreteria, voglio sciogliermi dall'obbligo di vincere sempre . La dichiarazione perentoria di Marco Pannella lasciò interdetto lo stato maggiore radicale riunito in una sala dell'Hotel Crest, alla periferia della città, la notte di domenica 31 ottobre. »Come vuol dire , gli chiesero in molti, »che il partito può perdere e tu no? . L'indomani mattina, giorno di tutti i santi, nel vicino palazzo dei Congressi, Laura Radiconcini diede voce al pensiero di molti delegati: »Ci hai portato con il motoscafo in mezzo al mare e ora ci dici: remate. Finisci il viaggio tu . San Marco percorse più volte a lunghe falcate lo spazio dietro il palco della presidenza, quasi a dimostrare che stava pensando intensamente sul da farsi. Poi si impadronì del microfono e per due lunghissime ore lasciò tutti col fiato sospeso: »Si candida? Non si candida? . Alla fine si candidò, adducendo a motivo della scelta che alla seduta finale del congresso erano presenti oltre ottocento iscritti, la quota più

alta in tutta la storia del Partito radicale, e il 93 per cento di loro avevano votato la mozione con la primo posto la lotta contro la fame nel mondo.

Un successo innegabile, che non sana però le rotture emerse in questo XXVII congresso radicale. Sono rotture su due fronti, l'uno rappresentato da quell'area di ex esponenti socialisti o di nuova sinistra che nel '79 erano confluiti nelle liste della rosa; l'altro rappresentato da un'area di militanti storici che più si sono battuti per dare al partito una struttura meno informale e una guida meno leaderistica.

Dal primo versante, la denuncia più puntuale è venuta da Marco Boato, che ha rievocato la difficile convivenza, ora giunta al definitivo divorzio, tra ``radicali deputati e deputati radicali''. »Dopo aver vinto la sfida elettorale del 1979 in forza di una proposta aperta, caratteristica sia nella composizione pluralistica delle liste sia nell'ipotesi istituzionale del governo ombra, il gruppo dirigente radicale si è sempre più chiuso in se stesso, perseguendo uno sforzo fallimentare di omologazione delle diverse esperienze politiche e culturali all'interno del gruppo parlamentare e portando avanti una strategia di sbarramento rispetto a tutte le altre forze della sinistra . Un altro deputato, ex Lotta continua, Mimmo Pinto, ha invitato i radicali a togliersi gli occhiali neri: »Non basta a togliere il buio dal mondo, ma serve a guardare il colore vero delle cose . Boato e Pinto, insieme a un terzo parlamentare, Aldo Ajello, aderiranno ora al gruppo misto, all'interno del quale costituiranno una équipe che si

occuperà prevalentemente di questioni istituzionali. Quando si voterà, confluiranno nelle liste socialiste. In questo modo i deputati radicali si riducono a tredici, da diciotto che erano. Infatti oltre a Pinto, Boato e Ajello altri due, Marisa Galli e Pio Baldelli, sono già da tempo nella sinistra indipendente. Ad essi va aggiunto il deputato europeo Maria Antonietta Macciocchi, che ha aderito al gruppo socialista.

Sul fronte dei radicali storici, la secessione è stata guidata dai deputati Giuseppe Rippa e Franco De Cataldo, che insieme a una pattuglia di seguaci hanno abbandonato il congresso al secondo giorno dei lavori. I due deputati non hanno ancora scelto se lasciare o no il gruppo radicale. Lo decideranno al termine di un'assemblea nazionale che si svolge a Roma in questa settimana.

Grande regista di queste rotture è, secondo Marco Pannella, Bettino Craxi. A riprova, il segretario radicale ha citato un incontro riservato tra Rippa e il segretario socialista all'Hotel Raphael, quattro giorni prima del congresso. Rippa non smentisce la circostanza, ma replica: »Sarebbe come se io rivelassi che Gianfranco Spadaccia e Francesco Rutelli si incontrano un anno fa con Roberto Calvi, pur sapendo che lo presero a parolacce. Con Craxi ho avuto una conversazione molto amichevole, abbiamo discusso di questioni generali, non di tattica congressuale .

Resta il fatto che una delle critiche rivolte dai secessionisti alla gestione pannelliana riguarda la chiusura settaria verso l'area socialista. Un'altra critica investe la lotta contro la fame nel mondo come scelta onnicomprensiva, e coinvolge anche settori che non hanno abbandonato il congresso: una mozione di Gianluca Melega, che proponeva di affiancare a Pannella un cosegretario che si occupasse di tutte le altre questioni, ha riscosso il 27 per cento dei consensi.

Il congresso è stata la sede in cui la rottura sui due versanti si è consumata. Ma era nell'aria da tempo. Né Pannella ha fatto nulla per evitarla. A chi era in procinto di abbandonare il congresso ha chiuso la porta in faccia. Ad Emma Bonino, nella sua relazione di presidente del gruppo parlamentare, ha invitato Boato e Pinto ad emigrare altrove. Una scelta di disfarsi dei contestatori per avere un movimento più duttile, che mette in conto anche una non presentazione alle elezioni? La Bonino ha posto il problema se il Parlamento sia ancora una trincea praticabile. Pannella ha proposto di disertare le elezioni se in cambio viene approvata la legge per salvare tre milioni di vite. Ma cancellare la rosa dalla scheda elettorale non è decisione che può essere presa a cuor leggero. Provocherebbe fratture ben più profonde di quelle odierne.

 
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