di Angiolo BandinelliSOMMARIO. Nella crisi, anzi nello "sfacelo" della cultura marxista e delle ideologie non c'è bisogno - per ricostruire i valori - di tornare alle tesi del "diritto di natura", o ad un "nuovo giusnaturalismo o contrattualismo". "Rispetto ai diritti dell'uomo, il problema grave del nostro tempo non è già quello di fondarli, ma di proteggerli", ha scritto N. Bobbio. Il tema, dunque, non è filosofico ma giuridico. Il problema del fondamento ha avuto soluzione con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948. L'universalismo dei nuovi valori ha sua base e giustificazione non in una "eterna natura originaria" ma in una "lenta conquista" della storia. E non è un caso se, assieme alla crisi dello Stato, assistiamo oggi anche alla crisi delle grandi istanze sovranazionali - ONU in testa - nate dalla guerra. La crisi è voluta dal "risorgere prepotente degli egoismi nazionali".
(DIRITTO DI RESISTENZA E NONVIOLENZA, Giornate di studio di Critica Liberale, Lavinio, dicembre 1982, Atti - Ripubblicato in "IL RADICALE IMPUNITO - Diritti civili, Nonviolenza, Europa", Stampa Alternativa, 1990)
Non sono portato ad ipotesi di ritorno al "diritto di natura", ad un nuovo giusnaturalismo o contrattualismo anche se, nello sfacelo della cultura marxista, di questi ritorni se ne contano già parecchi e certi segnali hanno pure, nella stanchezza e nelle delusioni che denunciano, un qualche senso che va preso in considerazione. Chiamato a scegliere tra queste teorizzazioni, non saprei quale preferire; amerei rifarmi, allora, alla coerenza incomparabilmente più autorevole di Carlo Antoni, il quale in epoche non sospette rivendicò la legittimità del ritorno al diritto di natura per respingere le pretese assolutiste dello storicismo e per cercare insieme riparo alla crisi heideggeriana dei valori, che già allora faceva vacillare le certezze della società borghese.
Non c'è forse bisogno di arrivare a tanto. Abbiamo oggi gli strumenti concettuali, politici e storici per mettere a fuoco alcuni punti, e per fondare le pretese che abbiamo visto affermate nel preambolo statutario. In un suo recente saggio (9), Norberto Bobbio dichiarava di dover ritenere che "rispetto ai diritti dell'uomo, il problema grave del nostro tempo è non già quello di fondarli, ma di proteggerli". "Il problema che ci sta davanti - aggiungeva - non è filosofico, ma giuridico, e in più largo senso politico". Perché? Ma perché - sottolineava il filosofo - il problema del fondamento "ha avuto la sua soluzione con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948". Tale dichiarazione si regge sull'unica prova "con cui un sistema di valori può essere considerato umanamente fondato e quindi riconosciuto: e questa prova è il consenso generale circa la sua validità".
Tale universalismo non ha le sue solide radici in una eterna natura originaria o "razionale", dell'uomo, ma solo, come dice Bobbio, in una "lenta conquista" della storia. Non è però una conquista astratta, che resta nel limbo di iperurani princìpi. A quella dichiarazione altre ne sono poi seguite, rafforzandola e ampliandone la giurisdizione, intrecciandola in un sistema di valori, e ormai anche di comportamenti, in settori i più diversi, da quello del lavoro a quello dell'infanzia, fino - e cito non casualmente - alla "Convenzione per la prevenzione e la repressione del genocidio" approvata dalla Assemblea Generale il 9 dicembre 1958; e su di esse si è dispiegato un ventaglio spettacoloso di lotte, di avanzamenti, che formano parte imponente della storia di liberazione dei popoli, delle classi come degli individui, in questo dopoguerra. E non è un caso se, accanto alla crisi negli Stati, nello Stato, oggi noi constatiamo anche la crisi profonda di queste istanze internazionali e sovrannazionali - ONU in tes
ta - la cui esistenza avviò il dialogo tra gli uomini che ha reso possibile la definizione di quei princìpi quali obiettivi di un progresso non impossibile. La crisi è voluta dal risorgere prepotente degli egoismi nazionali più pericolosi e retrivi, per colpa dei quali rischia di essere disperso un patrimonio di certezze e di speranze importanti per la crescita del diritto e dei diritti dell'uomo; rischia di diventare grottesco anche il ricordo del Tribunale di Norimberga, che condannò i responsabili dei delitti nazisti; rischia di saltare, in definitiva, l'ONU e rischiano quindi di regredire al più primitivo bellum contra omnes i rapporti tra Stati.
9) Norberto Bobbio: "Il problema della guerra e le vie della pace", Il Mulino, 1979.